Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
ABBIAMO LASCIATO MARCIRE IL CONFLITTO LIBICO A CAUSA DELLA NOSTRA OSSESSIONE MIGRATORIA, ORA SIAMO TAGLIATI FUORI
A Pozzallo la notte di Natale sono sbarcati 32 libici, tutti appartenenti alla classe media, laureati, istruiti e senza segni di torture.
Come volevasi dimostrare, si tratta dell’avanguardia di ciò che sta per accadere e che chi scrive denuncia da anni.
Presto ad arrivare sulle nostre coste non saranno più poveri “avventurieri” africani o asiatici alla ricerca di una porta d’entrata in Europa. Saranno i libici stessi a lasciare il loro Paese in preda della guerra. Non ci sarà nessuno a trattenerli. Che potremo fare noi?
L’aver lasciato marcire il conflitto libico a causa della nostra ossessione migratoria, ci ha fatto perdere di vista la cosa più importante: più la guerra avanza e più la Libia assomiglia alla Siria (dalla quale, ricordiamolo, sono fuggite 10 milioni di persone…). Dovevamo fare politica e operare per ricreare uno Stato in Libia. Ci siamo accontentati di trattare con ambigue milizie, troppo deboli per essere utili a qualcosa ma abbastanza mafiose per promettere mari e monti.
La Libia sta assomigliando sempre di più alla Siria: da un conflitto di bassa intensità limitato alla frizione tra gruppi d’interesse armati e contrapposti, a una guerra aperta, con armi pesanti, combattuta da miliziani di varie nazionalità , importati da padrini coinvolti.
Haftar è alleato all’Egitto, ai Paesi del Golfo e alla Russia. Con lui ormai combattono essenzialmente somali, sudanesi e mercenari provenienti da altri jihad o contro-jihad; con Serraj stanno arrivando i ribelli siriani filo-turchi.
Sull’altro fronte la stessa Russia ha inviato i contractors della Wagner, dalle molte nazionalità e comunque soldati privati.
La guerra in Siria si è “privatizzata” da tempo e i siriani stessi ne hanno perso abbondantemente il controllo, incluso lo stesso Assad che si regge su una coalizione dove ci sono anche afghani, pakistani, iraniani, libanesi ed ex combattenti di altri scenari di guerra.
Lo stesso può accadere ai libici: perdere il controllo della propria terra in favore di estranei interessati alle sue risorse. Il jihad globale ha permesso di internazionalizzare il conflitto in Medio Oriente e di espanderlo verso il Mediterraneo e l’Africa sub-sahariana, con un intreccio tra lotta sunniti vs sciiti e sunniti tra di loro.
Non è chiaro chi ne uscirà vincitore anche perchè Russia e Turchia, pur se su fronti contrapposti, hanno già dimostrato di sapere cooperare, trovando via via accordi rispettosi dei reciproci interessi e fungendo da “security providers”. È paradossale che Mosca e Ankara riescano dove Parigi e Roma hanno finora fallito…
Ciò che dovremo capire in fretta è che se la guerra di Libia si trasforma in conflitto globale, saranno altri a dire l’ultima parola, in particolare russi e turchi ma anche egiziani e arabi del Golfo.
Prevenirlo sarebbe l’unica cosa da fare, con un’azione congiunta dell’Ue, che sappia tuttavia prendere in realistica considerazione almeno gli interessi della Turchia. Altrimenti avremo basi navali straniere sotto casa… E non avremo risolto nemmeno la questione migratoria perchè se fuggono i libici, si spostano tutti qui in Italia: non hanno alternative. E non ci sarà nessuno che li potrà trattenere.
Che beffa per l’Italia! Ci voleva e ci vuole ben altro che trattenere dei poveracci in orridi centri di detenzione: ci voleva una politica seria sulla Libia.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE EMERITO DELLA CONSULTA CONTRO LA RIFORMA DELLA PRESCRIZIONE: “L’UNICO INTERESSE DI M5S E PD E NON FAR CADERE IL GOVERNO, LA RIFORMA E’ CHIARAMENTE INCOSTITUZIONALE”
“Ho la sensazione che alla base di questa riforma ci sia uno scambio politico, per la serie ‘io
ti do una cosa, tu me ne dai un’altra’, e un’esigenza di identità e di facciata, non l’interesse reale per il funzionamento della giustizia”. Non c’è solo un problema di contenuti nella riforma della prescrizione che sta per andare in vigore, secondo Giovanni Maria Flick. Per l’ex ministro della Giustizia e presidente emerito della Corte costituzionale, i rilievi principali da fare alla norma voluta dal ministro pentastellato Alfonso Bonafede sono di metodo.
“Le esigenze della politica non possono arrivare al punto di sconvolgere l’assetto della giustizia”, dice il professore ad HuffPost.
E le necessità cui fa riferimento riguardano la tenuta stessa della maggioranza. Tra i 5 stelle, che hanno voluto e difeso lo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio, e le altre anime del governo, non c’è infatti accordo sul tema. Non c’è stato stato in passato, perchè quando la norma è nata il Pd era all’opposizione e gridava alla sua incostituzionalità . Non c’è neanche ora che i dem fanno parte della maggioranza.
Mentre Italia Viva minaccia di votare la proposta di Forza Italia che bloccherebbe la ‘nuova’ prescrizione targata 5 stelle e i dem che presentano una loro ‘controriforma’, salvo poi augurarsi che non sia mai votata, la legge voluta da Bonafede sarà pienamente operativa dal primo gennaio. Senza che ancora ci sia un accordo su come riformare tutto il sistema della giustizia. Un passaggio, questo, che – spiega il costituzionalista – sarebbe necessario per garantire ai cittadini processi più veloci. E più snelli. “Si sta per scrivere una pagina molto problematica della storia della giustizia – sostiene il professore – perchè si interviene a colpi di sciabola, senza guardare al sistema nel suo complesso, quando sarebbe da ripensare interamente il tema del processo”. E il sistema, per Flick, andrebbe riformato sostanzialmente attraverso tre step: depenalizzazione, ripensamento dei riti alternativi, più efficiente organizzazione degli uffici.
Professore, la riforma che sta per entrare in vigore non la convince affatto e non l’ha mai nascosto. Cosa la preoccupa di più?
Il metodo. Questo è un intervento legislativo sbagliato e mi pare che alla base ci sia non l’interesse reale per la giustizia, ma un’esigenza di identità e di facciata. Uno scambio tra posizioni politiche, per la serie ‘io ti do una cosa, tu me ne dai un’altra’.
Si riferisce a quello che potrebbe sembrare un ‘baratto’ tra riforma delle intercettazioni e nuove regole sulla prescrizione, tra Pd e 5 stelle?
Esatto, peraltro uno scambio non tra cose concrete – come in un certo senso è stato quello tra Lega e M5s sulla legittima difesa – ma tra una promessa e un dato già acquisito (e non è uno scambio alla pari). Comunque, mi pare che la preoccupazione di fondo sia non far cadere il governo. La politica ha le sue esigenze, certo. Non sono sicuro, però, che queste possano essere spinte al punto di sconvolgere l’assetto ordinamentale della giustizia. Che sia in atto un meccanismo del genere è confermato dalle esternazioni di autorevoli esponenti della maggioranza.
A chi si riferisce?
C’è la tendenza a dire: ‘la riforma non può funzionare, ma gli avvocati troveranno il modo di mandarla alla Consulta e quest’ultima certamente la dichiarerà incostituzionale’, se non vi sarà una velocizzazione del processo. Ecco, l’idea di concorrere a varare una norma che sarà certamente bocciata dalla Corte Costituzionale mi pare al di là e al di fuori dell’equilibrio dei poteri.
O, forse, anche un modo di scappare da una responsabilità ?
È un escamotage per sottrarsi a quello che è un compito del Parlamento: legiferare. Peraltro, mi sento di aggiungere che questa riforma non risolverà granchè, anzi.
Che rischi comporta sospendere la prescrizione dopo il primo grado di giudizio senza mettere mano al processo penale?
Quello di imprimere il marchio della perennità ad alcuni procedimenti, mentre invece il cittadino avrebbe diritto a non rimanere in giudizio tutta la vita. Dobbiamo, peraltro, ricordare che almeno nel 50% dei casi, la prescrizione si verifica prima del dibattimento. L’estinzione per prescrizione, bisogna aggiungere, spesso arriva non per l’attività degli avvocati, cui pure si dà spesso la colpa, ma perchè ci sono troppi tempi morti nel processo. Perchè c’è un ‘armadio della memoria’ che viene a crearsi negli uffici giudiziari.
Un armadio che, è opinione diffusa, va svuotato. Come?
Inserendo meno fascicoli al suo interno, forse. Attraverso una depenalizzazione. Il diritto penale deve essere inteso come extrema ratio. Bisognerebbe quindi ridurre il numero dei reati e, soprattutto, non crearne di nuovi. Vede, è stato fatto prima in questo modo con la corruzione, ora si prospetta con l’evasione fiscale. C’è un allarme sociale? Si fa nascere un nuovo reato, quando invece bisognerebbe innanzitutto prevenire. Ciò non aiuta ad accelerare il lavoro in primis delle procure. In generale, comunque, i processi sono troppi perchè possano arrivare tutti a soluzione in tempi celeri. Per risolvere questo problema non bastano circolari e direttive, credo che l’unico in condizioni di poter dettare cosa fare o non fare, debba essere il legislatore, non il Csm nè tantomeno i capi degli uffici. Perchè la scelta sulla priorità da dare ai processi ha, inevitabilmente, implicazioni di politica sociale e criminale. Ma il legislatore o vuole fare la riforma a tutti i costi o vuole lasciare che ci pensi la supplenza della Corte costituzionale. Certamente bisogna anche incidere su una migliore organizzazione degli uffici, ma c’è, poi, un altro passo da fare.
Quale?
Penso ai riti alternativi, che dovrebbero rendere meno macchinosi alcuni processi, ma che sono stati depotenziati attraverso interventi non organici. Il cosiddetto giudizio abbreviato, per esempio, è diventato una specie di paradossale giudizio allungato. Bisognerebbe verificare se si può evitare di costruire per tutti i reati lo stesso tipo di processo. È evidente che ci sono casi che possono essere risolti attraverso procedimenti più snelli rispetto ad altri. In sostanza, è da ripensare completamente il funzionamento del processo, ma non a colpi di sciabola, come è stato fatto.
Nella riforma di Bonafede non viene fatta alcuna distinzione tra sentenza di assoluzione e di condanna. Lo stop alla prescrizione scatta a prescindere. Come giudica questo punto?
La Costituzione afferma che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, ciò presuppone che tutti vengano trattati allo stesso modo. Io non credo che la valutazione diversa del giudice di primo grado possa costituire una ragione sufficiente per un trattamento diverso, anche se capisco che a primo impatto l’assoluzione renda maggiormente inaccettabile il trascorrere di troppo tempo fino all’arrivo della sentenza definitiva. Tuttavia, dobbiamo ricordare sempre quello che dice la Carta.
Però la Costituzione prescrive anche la ragionevole durata del processo. Se alla nuova prescrizione non sarà affiancata una riforma del processo penale, viene da pensare che difficilmente questo principio sarà garantito. Le cosa pensa a questo proposito?
Su questo punto, a volte anche volutamente, c’è un grande equivoco. Sovente viene scaricata sugli avvocati la responsabilità della durata eccessiva del processo. Questa, invece, è dello Stato, che da un lato non mette a disposizione risorse e strumenti, dall’altro lato non disciplina le garanzie difensive in modo che queste non possano essere strumentalizzate. In ogni caso, è bene ribadire che non si possono sacrificare le garanzie difensive alla ragionevole durata del processo può pensare di concepire la prescrizione come un fiore che spunta in una landa di cemento. Non si può dire, come però è stato detto, ‘la blocco, così abbrevio il processo’. Perchè così non si sta abbreviando un bel niente. Anzi, il rischio è che accadrà l’esatto contrario.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
TRATTIENE 25.000 EURO PER CAUSE LEGALI IN CORSO, MA QUALCOSA NON TORNA
Oggi il senatore Michele Mario Giarrusso ha deciso di interrompere il silenzio sui suoi rendiconti in un’intervista rilasciata a Claudio Bozza sul Corriere della Sera in cui ha spiegato che non ha restituito i famosi 25mila euro che dovrebbe dare al MoVimento 5 Stelle per un motivo piuttosto cogente: «Perchè questi soldi li ho dovuti accantonare per affrontare cause civili e penali che sono state intentate contro di me per quanto ho fatto nell’ambito della mia attività politica. Quella penale più rilevante, per cui sono stato rinviato a giudizio, riguarda la querela sporta dall’allora candidata sindaca di Agira, per un post sul blog di Beppe Grillo in cui denunciavo le ombre mafiose nella campagna elettorale del Pd di Enna. Per un altra causa civile a Porto Empedocle mi vengono invece chiesti 50 mila euro…».
Giarrusso ha anche aggiunto altro: «Io sono ottimista sull’esito di tutte le cause, perchè sono dalla parte della ragione. Però l’esito resta imprevedibile: così ho comunicato al mio capogruppo che devo accantonare i soldi, perchè mi sta per arrivare un cospicuo saldo dai miei legali».
E già qui la posizione di Giarrusso si fa curiosa, perchè se davvero si sente dalla parte della ragione perchè trattiene l’intera somma?
In più c’è da considerare che Giarrusso è avvocato: pare davvero curioso che abbia trovato un collega pronto a chiedergli “un cospicuo saldo”, come dice lui.
Ma queste per ora sono considerazioni ancora premature, visto che per stessa ammissione del senatore lui non ha ancora saldato nulla.
Più interessante è andare a vedere per cosa Giarrusso ha paura di pagare spese legali in cause per diffamazione.
Lui fa soltanto un breve accenno a quanto accaduto, ma forse la questione merita un approfondimento. La storia che riguarda Agira comincia quando in un post sul blog di Grillo il 23 maggio 2015 intitolato “La mafia al tempo del PD” (e nel frattempo tolto dal sito di Beppe) Giarrusso scrisse, tra le altre cose, questo:
E’ inammissibile e intollerabile che nel 2015 sia ancora possibile esibire in maniera così plateale comportamenti e soggetti denotanti contiguità con gli ambienti mafiosi, per di più in una campagna elettorale.
Ps: il colmo del paradosso Piddino è che la giornalista che ha firmato il pezzo di Repubblica sull’arresto del boss Di Fazio e del Giannetto è la stessa Michela Giuffrida eurodeputato del PD presente, oltre che in piazza, sullo stesso balcone insieme a Crisafulli e Giannetto.”
Come ha raccontato l’Espresso, per quelle parole Mario Michele Giarrusso deve affrontare una querela per diffamazione aggravata.
A denunciare Giarrusso è stata Maria Greco, deputata Pd e sindaco di Agira. E Giarrusso ha chiesto l’insindacabilità in quanto parlamentare, ma Crisafulli ha poi smentito di essere stato su quel balcone, mentre a carico del dipendente comunale — malgrado una condanna per porto illegale di armi, quella per favoreggiamento (2 anni, condonati) e una denuncia per traffico di stupefacenti — non risultano condanne per reati di mafia. Ora però viene il bello.
Nella sua memoria difensiva Giarrusso ha chiesto l’archiviazione oppure che le sue parole fossero ritenute insindacabili, in quanto espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari.
Successivamente Giarrusso pubblicò una serie di post su Facebook per spiegare perchè volesse chiedere l’insindacabilità , dopodichè rinunciò all’immunità e la pagina fb del M5S pubblicò un post in cui il senatore spiegava che avrebbe votato no alla richiesta da lui stesso presentata.
Giarrusso e la storia di Porto Empedocle
La storia di Porto Empedocle invece arriva dopo che Giarrusso, in questo intervento su Facebook pubblicato il 31 marzo 2019, se l’era presa con Filippo Caci. Quest’ultimo ha annunciato nei giorni successivi che avrebbe citato in giudizio Giarrusso, come dichiarato dall’avvocato di Caci, Luigi Troja:
Nell’interesse del sig. Filippo Caci, comunico quanto segue
A seguito del calunnioso e diffamatorio intervento di domenica 31 marzo 2019, del sen. Mario Michele Giarrusso, del Movimento 5 Stelle, in un pubblico intervento, il sig. Filippo Caci ha proposto querela e denuncia alla Procura della Repubblica per tutti i reati che potranno essere ravvisati. Poichè inoltre, appare probabile che il predetto parlamentare invocherà , finchè sarà in carica, l’immunità parlamentare per non sottoporsi al giusto processo penale, contro lo stesso sarà immediatamente iniziata anche l’azione dinanzi il competente Giudice civile per il risarcimento del danno.
Le affermazioni del Giarrusso lasciano sconcertati non solo per la loro grave portata diffamatoria e calunniosa, ma anche per la gratuità di certe affermazioni che cercano solo di avvelenare gli animi degli empedoclini ed aizzare i cittadini con tesi assolutamente inconferenti. Il predetto Giarrusso ha inoltre inteso invocare l’intervento di istituzioni repubblicane a proprio piacimento e solo a tutela dei propri sodali.
Di tali dichiarazioni lesive della dignità e del decoro del sig. Filippo Caci, il Giarrusso Mario Michele dovrà rispondere dinanzi la Legge e la Giustizia.
Ma qui un’altra domanda sorge spontanea: se la citazione al tribunale civile è stata annunciata soltanto il 6 aprile 2019, perchè Giarrusso non restituisce da gennaio 2019? E se la storia della querela della sindaca di Agira risale al 2016, perchè Giarrusso ha restituito nel 2017 e nel 2018?
P.S.: Ovviamente è un vero peccato che queste domande non siano state rivolte a Giarrusso nell’intervista rilasciata al Corriere: entrambe le storie sono pubbliche.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
E’ LA QUINTA VITTIMA IN CITTA’ IN UN ANNO… MA L’IMPORTANTE E’ MONTARE GLI ANELLI DI FERRO “ANTIBIVACCO” PER IMPEDIRE LORO DI SDRAIARSI IN NOME DEL “DECORO” SOVRANISTA DEL CAZZO
Boateng Kofie, senzatetto ghanese di 39 anni, è stato trovato morto di freddo il 28
dicembre tra i giardinetti di Porta Vescovo a Verona.
Sul corpo non sono stati rinvenuti segni di violenza. L’uomo era solito dormire alla stazione di Porta Vescovo ed era conosciuto dai volontari della Ronda della Carità che alla sera gli portavano un pasto caldo.
Da un anno e mezzo Boateng Kofie viveva su quella panchina dove erano stati montati degli anelli di ferro “antibivacco” che gli impedivano di potersi sdraiare per riposare. La Polfer lo aveva allontanato dalla stazione per questioni di “decoro”.
Si tratta del quinto senzatetto trovato morto nell’ultimo anno a Verona.
Ma la storia non finisce qui. Perchè ieri notte, dopo che il corpo dell’uomo è stato portato via, qualcuno ha deciso, passando davanti alla panchina, di dare fuoco alle coperte e ai cartoni che Kofie usava per scaldarsi.
Succede proprio questo in uno dei paesi più grandi e ricchi d’Europa.
Succede che in nome del decoro si rinunci all’umanità .
(da agenzie)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
FIRMANO TUTTI INSIEME UN ESPOSTO PER DENUNCIARE DUE MINORENNI CHE SOTTOPONEVANO UN LORO COMPAGNO A VIOLENZE
L’arresto e il collocamento in comunità è stato disposto per due minorenni ritenuti autori di gravi atti di bullismo a carico di un loro compagno di classe nell’ambito di un’indagine della squadra mobile di Perugia (uno dei ragazzi era già sottoposto al provvedimento restrittivo per altri fatti).
In particolare sono ritenuti responsabili di offese, ingiurie, percosse, pugni alla schiena, ma anche dello spegnimento di sigarette sul collo del coetaneo. L’indagine è partita dopo una segnalazione dei compagni di classe.
In base a quanto riferito dalla polizia la vita del ragazzo si era trasformata “in un vero e proprio incubo”.
Il ragazzo aveva ricorrenti crisi di pianto e si è trovato costretto a cambiare abitudini, rinunciando a muoversi tra gli stessi padiglioni della scuola ed evitando addirittura di andare in bagno per il terrore di incontrare i bulli. Gli attacchi avvenivano dentro e fuori le mura di una scuola di Perugia.
Quanto successo ha però innescato la reazione dei compagni di classe che, tutti insieme hanno sottoscritto un esposto per segnalare la situazione del compagno di classe inviandolo alla direzione scolastica che lo ha quindi trasmesso alla Questura di Perugia.
(da agenzie)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
E’ ORA CHE LA POLIZIA POSTALE PROCEDA ALL’IDENTIFICAZIONE E ALLA DENUNCIA DEI LEONI DA TASTIERA, COMPRESO UN AGENTE DI POLIZIA CHE LE DA’ DELLA PUTTANA… E’ ORA DI DEPURARE LE FOGNE
A denunciare gli insulti sessisti che compaiono sul profilo Facebook di Matteo Salvini è lo
stesso M5S: «Gli attacchi sessisti dei fan di Matteo Salvini che sui social si sono scagliati contro la ministra Lucia Azzolina sono vergognosi e disarmanti — dichiarano le parlamentari e i parlamentari pentastellate del gruppo Pari Opportunità di Camera e Senato -. Ancora una volta dobbiamo assistere a delle vere e proprie discriminazioni di genere nei confronti delle donne, che non vengono valutate in base alle loro competenze, ma solo in base al sesso».
Il tutto è partito dalla condivisione social fatta da Matteo Salvini nella serata di domenica, quando ha postato un una foto di Lucia Azzolina con una sua dichiarazione sugli esami orali anonimi per il concorso per diventare presidi.
Una frase, decontestualizzata (e che puntava a sottolineare come l’anonimato possa evitare favoritismi di sorta, seppur difficilmente conseguibili per via della natura stessa dell’esame) che ha dato il via libera al sessismo più spinto, risvegliando evidenti frustrazioni sessuali nei lettori di quel post.
Le volgarità si commentano da sole. Sessismo spinto, riferimenti sessuali e a pratiche sessuali. Solo perchè il post di Matteo Salvini non poteva che ammiccare a quel pensiero.
Ma oltre a questa vergogna, in molti definiscono Lucia Azzolina ‘ignorante’. Il suo curriculum parla di due lauree (una in Filosofia, l’altra in Giurisprudenza) oltre a una specializzazione all’insegnamento di storia e filosofia. Ma, ovviamente, le benpensanti dita veloci dei leoni da tastiera del web, sono più ignoranti. Nel senso che ignorano.
Manipolazione della realtà e ammiccamento ai bassi istinti dell’elettorato. Il risultato è che i commenti sono tutti di un certo tipo, ovviamente. Si va dalle più becere allusioni a sfondo sessuale alle considerazioni sulle abilità della ministra fino a quelle di chi dice che per essere arrivata a quel punto «ha fatto molti “lavoretti” e ha soddisfatto molte persone».
Non manca nemmeno quell’italico leone da tastier che già che c’è ne approfitta per gettare un po’ di merda anche su un’altra donna, la deputata del M5S Giulia Sarti vittima di un indegno slut shaming quando vennero diffuse sul Web centinaia di mail private tra cui alcune sue foto intime.
Il fatto che la “battuta”, o meglio l’insulto, sia stato ripetuto centinaia di volte non ferma coloro che continuano a giocare sull’ambivalenza dell’orale per proporre nuove e sconvolgenti iterazioni del sessismo in salsa sovranista.
Quella che sfoggia tutta la sua cultura politica e la sua capacità di fare allusioni parlando di Monica Lewinsky o il grande esperto di fellatio dall’umorismo più pecoreccio che riprendendo la frase sugli orali anonimi scrive «forse gli orali che ha fatto lei erano anonimi visto che stare in ginocchio e guardare in su il viso si vede poco».
Tra i commenti più “votati” e premiati dai seguaci di Salvini spunta anche quello di un esponente delle forze dell’ordine.
Si tratta di un uomo della Polizia di Stato che nel 2012, quando era assistente capo, era salito agli onori delle cronache per la storia dei buoni sentimenti della vecchina ladra di caramelle e che da una sommaria analisi del suo profilo Facebook risulta essere molto impegnato nelle attività del SAP, il Sindacato Autonomo di Polizia.
Il nostro valoroso poliziotto scrive: «Ma dov’è la scuola di reclutamento dei 5s che sforna queste “perle di saggezza?”…sul lungomare di BAIA Domizia?».
Per quei pochi che non lo sapessero Baia Domizia, così come altri paesi della Domiziana come Castel Volturno è tristemente famosa per essere una delle arterie della prostituzione a cielo aperto nonchè di altre forme di criminalità .
Come detto, non è il solo. Sono tanti che fanno finta di non capire e di cadere nell’equivoco o che si lasciando andare ad insulti sessisti.
Per Salvini questo genere di post e di commenti è la norma. E senza dubbio la scelta di quella frase, manipolata il giusto da essere più ammiccante è stata il fattore scatentante di tanto odio.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
ALTRO CHE PAR CONDICIO, GLI STUDI TV SONO OCCUPATI DALLE MILIZIE SOVRANISTE… QUANDO VERRA’ RIPRISTINATO IL PLURALISMO?
Matteo Salvini è il leader politico più presente nella tv italiana. La occupa anche da quando non è più vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno con una regolarità impressionante che supera con grande distacco gli altri leader politici.
Il Fatto Quotidiano oggi in un articolo di Giandomenico Crapis mette a confronto i maggiori leader italiani per scoprire che il Capitano supera di Maio, quasi doppia Conte e fa cinque volte di più di Zingaretti:
Così accade che per il mese di novembre, secondo i dati diffusi dall’Agcom, rimanendo alle sette principali reti generaliste (le tre della Rai, le tre Mediaset più La7), egli incameri oltre 10 ore di parlato, staccando di gran lunga gli altri soggetti politici e istituzionali.
Il pur molto presente Di Maio, infatti, ottiene “solo”6 ore e 6 minuti, il capo del governo Conte 5 ore e46 minuti (soprattutto nei telegiornali), la sorprendente Meloni 4 ore e 3 minuti, il redivivo Renzi 3 ore e 33.
E una volta tanto la maglia nera del tempo di parola tocca a Berlusconi (1 ora e 28 minuti, di cui la quasi totalità realizzata sulle sue reti), mentre Nicola Zingaretti, tra tiggì e programmi in onda in voce, totalizza poco più di 2 ore.
Ora pure nel mese di ottobre il leader della Lega si era preso la parte del leone con 15 ore e 17’di parlato nei tiggì e nei talk: il 50% in più del premier e il triplo di Di Maio, e così era successo ad agosto, a luglio e via retrocedendo.
Da luglio a novembre lo score del parlato di Salvini è di 111 ore e 21 minuti (realizzato solo sulle sette principali reti); il premier, che è l’unico a non stargli a una distanza siderale, si ferma a poco più di 96 ore, Di Maio è a 43, Zingaretti a 31.
Se questo non è un problema, grande, di pluralismo, allora vorremmo sapere di cosa si tratta.
In tutto questo resta da rimarcare come siano Rete4 e La7 i canali che più di altri porgono i loro microfoni all’ex comunista-padano: su queste due reti ottiene oltre il 70% del tempo di parola totalizzato nel mese di novembre.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
NON HA CONSIDERATO I VIAGGI AEREI E A ROMA E BONACCINI HA BUON GIOCO A REPLICARE
La senatrice Lucia Borgonzoni è la candidata della Lega in Emilia-Romagna, ma come al
solito (è successo anche in Umbria) il grosso della campagna elettorale la fa Matteo Salvini. È lui che batte incessantemente piazze, mercati rionali e borghi sperduti. Alla senatrice invece toccano i post su Facebook dove tenta di cogliere in fallo l’avversario del Partito Democratico, il presidente uscente Stefano Bonaccini. ma non ne azzecca una.
Ad esempio ieri sera l’onorevole Borgonzoni ha scoperto quella che ha definito la “balla chilometrica“. In un video Bonaccini dice infatti che in cinque anni ha fatto più di 800 mila chilometri «per provare a governare bene» l’Emilia-Romagna.
Un dato impossibile secondo l’esponente della Lega visto che calcolatrice alla mano «sono 160.000 km all’anno, ossia 438 al giorno». Se davvero Bonaccini avesse percorso tutta quella strada significherebbe che avrebbe trascorso almeno quattro ore al giorno in macchina o in viaggio (domenica e festivi compresi).
Bonaccini ha risposto questa mattina spiegando che non solo si è spostato, molto, all’interno della Regione ma che è andato “settimanalmente” a Roma in quanto membro della Conferenza Stato Regioni e perchè «spesso vado a Roma per rappresentare gli interessi della nostra Regione, fare accordi coi ministeri, condividere progetti, ottenere finanziamenti: in Emilia-Romagna non arrivano più risorse per diritto divino».
A queste missioni vanno aggiunti i viaggi all’estero che Bonaccini ha fatto in qualità di Presidente per promuovere gli interessi del territorio o per sottoscrivere accordi di collaborazione commerciale o turistica.
In fondo se Salvini ha potuto fare il ministro dell’Interno facendo per un anno campagna elettorale in giro per l’Italia non andando quasi mai in ufficio o ai vertici europei non si capisce perchè Bonaccini la abbia sparata grossa dicendo di aver percorso migliaia di chilometri solo per rendere più competitiva ed efficiente l’Emilia-Romagna.
La Borgonzoni invece è una parsimoniosa sui chilometri. Perchè in giro per l’Emilia-Romagna la si vede poco.
Eppure la senatrice si offende quando il sindaco di Milano Beppe Sala ha dichiarato durante un comizio a sostegno di Bonaccini che «se devo dirla alla milanese a me pare che la Borgonzoni non sa neanche da che parte è girata eh, forse per questo quando guarda a Nord vede al confine il Trentino e quando guarda il Sud vede al confine l’Umbria».
Il riferimento qui è alla famosa gaffe della candidata leghista che durante un’intervista radiofonica aveva dimostrato di non conoscere nemmeno quali erano i confini della regione che si candida a governare. Forse la Borgonzoni dovrebbe fare qualche chilometro in più.
Invece ha preferito lamentarsi, suggerire che Sala la aveva offesa in quanto donna (ma l’espressione utilizzata dal sindaco di Milano si usa anche per gli uomini e non è di certo sessista)
A difendere Lucia Borgonzoni fuori dai social ci ha pensato però Matteo Salvini che ieri durante una conferenza stampa a Bologna ha spiegato che la Borgonzoni era assente dicendo che «ha la giustificazione più bella del mondo perchè è con la mamma», che per carità è sicuramente una persona importante ma non quando ti candidi a guidare la Regione (con il papà i rapporti sono più complicati). Ed è sempre Salvini, e non la Borgonzoni, a promettere «sarò in almeno cento piazze da qui al giorno del voto, spero saranno duecento» e che durante quegli eventi la candidata non sarà molto presente: «nei miei eventi conto di incontrare poco Lucia perchè lei incontrerà imprese, ordini professionali, io da segretario starò nelle piazze a incontrare le persone». Perchè così hanno fatto anche in Umbria, dove guarda caso la candidata era sempre una donna e senatrice della Lega. Non si capisce come mai le persone, quelle che vanno in piazza e i cui voti contano tanto quelli “delle imprese” non abbiano il diritto di conoscere, sentire, ascoltare, la candidata presidente. Poi però la Lega è quella che accusa Bonaccini di “nascondere” il simbolo del PD sui manifesti. Far metaforicamente sparire la candidata presidente invece è lecito.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
TIRA ARIA DA CANNA DEL GAS DOPO IL TREND CHE VEDE BONACCINI AUMENTARE IL VANTAGGIO
Le liste dei candidati alle elezioni regionali in Emilia-Romagna sono arrivate e ci sono oltre 300 candidati schierati nelle sei liste che appoggiano la rielezione di Bonaccini. Un numero da record per le urne del 26 gennaio.
E mentre Salvini sforna pizzini per disegnare strategie elettorali, la Lega disegna un cambio di strategia elettorale che prevede prima di tutto il simbolo da rimettere al centro e poi l’annunciato tour nelle piazze, ma senza il ticket con la candidata Lucia Borgonzoni.
Negli occhi ancora altre piazze, quelle delle Sardine, a migliaia, che poco più di un mese fa, il 14 novembre, cambiarono verso alla propaganda sovranista che si arenò al PalaDozza.
L’appuntamento più importante per Salvini sarà il 18 gennaio «a Maranello per un’Emilia che corre e che inventa, l’unico rosso che ci piace insieme al lambrusco è quello della Ferrari». Poi le piazze: «almeno 100, ma punto alle 200».
In piazza, ma senza Lucia Borgonzoni (assente anche ieri): «Io e Lucia ci vedremo poco, facciamo iniziative diverse. Oggi ha la giustificazione perchè è con la mamma. Ma io la vedrò poco: lei incontrerà le categorie e le imprese, io da segretario della Lega incontrerò la gente».
E sui sondaggi che vedono avanti Bonaccini glissa: «Ne ho visto uno Swg dove siamo avanti e la Lega è primo partito, ma in generale non credo ai sondaggi».
La Lega prenderà più voti del Partito Democratico, come è già successo alle elezioni europee. Ma per vincere la regione bisogna che prenda più voti di tutti il candidato governatore (c’è il voto disgiunto) e l’intera coalizione.
Il punto è tutto qui. Per questo Salvini gioca con le parole ma è difficile per lui nascondere il fatto che ad oggi Bonaccini è in vantaggio su Borgonzoni in tutte le rilevazioni che vengono pubblicate.
(da “NextQuotidiano“)
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