Destra di Popolo.net

ORA SI SCOPRE CHE LA “DONAZIONE” DEI CAMICI ALLA REGIONE LOMBARDIA NON E’ MAI STATA FORMALMENTE ACCETTATA

Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile

NESSUN ATTO FORMALE HA MAI REGISTRATO LA TARDIVA DONAZIONE, NON ESISTE ALCUNA DELIBERA, IN TEORIA E’ ANCORA UNA VENDITA… LA PROVA CHE FONTANA SAPEVA TUTTO

Il Corriere della Sera oggi torna sulla storia dei camici “donati” alla Regione Lombardia da Dama SPA, la ditta del cognato di Attilio Fontana Andrea Dini, per farci sapere che nessun atto formale ha mai registrato proprio la famosa donazione.
L’ultima paradossale scoperta, nella serie di pasticci che costellano la fornitura dei camici sanitari alla centrale acquisti regionale «Aria   spa» diretta da Filippo Bongiovanni, è che qui non si trova, perchè non è proprio mai esistita, alcuna delibera con la quale la Regione abbia accettato la trasformazione in «donazione» (comunicata in un mail del 20 maggio dalla Dama Spa di Andrea Dini, cognato del presidente Attilio Fontana) della «fornitura» invece pattuita il 16 aprile come affidamento diretto di 75 mila camici e 7 mila set sanitari, dei quali 49 mila camici e 7 mila set consegnati sino a quel giorno.
A Dini giunse solo da Bongiovanni un riscontro di ricezione della mail e un grazie di cortesia, certo non valevole come assenso a una formalizzata modifica del rapporto commerciale.
Il risultato è dunque che a tutt’oggi a rigore continua a valere quella fornitura, che a maggior ragione vincolerebbe Dini a fornire alla Regione anche i pattuiti 25.000 camici restanti, base dell’ipotesi di reato di «frode in pubbliche forniture» contestata ai tre.
Non a caso Dini sta ora valutando l’opzione di metterli a disposizione.
Il quotidiano poi ricorda che, a differenza di quanto ha sempre affermato, Fontana sapeva tutto dall’inizio:
Il 7 giugno, all’anticipazione della trasmissione (Report, ndr), Fontana scandisce (tra una minaccia di querela e una diffida ad andare in onda) la sua posizione: «Non sapevo nulla della procedura e non sono mai intervenuto in alcun modo». Nessuna delle due affermazioni è vera. Proprio il suo assessore Cattaneo, consapevole della parentela e del fatto che potesse apparire inopportuna, sin dall’inizio gli ha rappresentato la presenza del cognato tra i fornitori emergenziali, senza raccogliere alcuna contrarietà  da Fontana. Che poi però, quando un mese dopo intuisce che la notizia potrebbe uscire e nuocergli, il 17 maggio chiede al cognato di rinunciare all’affare. Che sia per il lucro mancante e per i costi di riconversione già  sopportati dal cognato, sta di fatto che Fontana si sente in dovere di risarcirlo in un modo singolare: il 19 maggio (il giorno prima della rinuncia poi del cognato ai pagamenti della Regione) ordina alla «Unione Fiduciaria», che gli gestisce appunto un mandato fiduciario indicato a pagina 3 della dichiarazione patrimoniale sul sito online regionale, di bonificare 250.000 euro alla società  del cognato, di cui (asseritamente a sua insaputa) si è fatto dare l’Iban dalla dirigenza di «Aria spa».

(da agenzie)

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IL PROFESSOR GALLI SMENTISCE SALVINI: “I MIGRANTI SONO PIU’ CONTROLLATI DI ALTRI”

Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile

“SAREBBE MEGLIO CONTROLLARE I VIAGGIATORI INTERCONTINENTALI”

Lei studia i virus da una vita e in tutto il mondo. S’immaginava di gestire una pandemia in Italia?
Che sperassi di non dovermi mai confrontare con quest’eventualità  è umano — ci risponde Massimo Galli, past president della Società  italiana di malattie infettive e tropicali nonchè direttore della terza divisione di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano —, ma che non me l’attendessi no: credo di far parte del club ristretto che da tempo si occupa di queste possibili eventualità . L’Oms parla di malattia X da un po’ di tempo… Aggiungiamoci pure che una pandemia gli italiani l’hanno già  vissuta, anche se l’hanno rimossa. Mi riferisco all’Hiv degli anni Ottanta. Era tutta un’altra storia per modalità  di diffusione, ma c’era tutto quello che c’è oggi, compresa l’esposizione mediatica, che allora si legava allo scandalo, a un vero e proprio stigma, con la conseguenza che alcuni gruppi sociali non erano più considerate persone ma «categorie a rischio». Però vi era una differenza importante: quel virus ti dava la possibilità  di compiere un percorso con il malato che, in una prima fase fu così, finivi per dover accompagnare alla morte. Conservo nella mia mente una galleria di volti che non dimentico neanche adesso, dopo trent’anni. Al contrario, nei mesi scorsi abbiamo curato migliaia di persone che se ne sono andate senza che potessimo conoscerle. Arrivavano a ondate, li vedevi che spesso non erano i condizione di parlare, dovevi cercare di creare un qualche rapporto con i famigliari, che spesso abitavano in altre città … Il personale sanitario, a tutti i livelli è stato fantastico. È stato fatto di tutto per essere comunque vicini alla persona che muore. Specie per i più giovani, infermieri e medici, non è stato facile.
Teme che in autunno il Covid 19 ci farà  rivivere quest’esperienza?
Non l’ha ordinato il medico. Il virus è presente in Italia e in altri Paesi che hanno rapporti continui con l’Italia e può darci dei seri problemi, tuttavia non ritengo che si possa arrivare a una situazione simile a quella che abbiamo vissuto tra febbraio e aprile.
Il virus si è indebolito?
Ci siamo rafforzati noi: il sistema sanitario è più preparato a riconoscerlo e non gli permetterà  di circolare indisturbato per settimane. Il coronavirus non si è modificato più di tanto sul piano genetico, non è nè più nè meno cattivo, ma ci sono persone infettate che infettano di meno gli altri e poi ci sono i superdiffusori. Il problema sono sostanzialmente loro, che sono spesso asintomatici, ma capaci di diffondere il virus, e che sono probabilmente all’origine dei focolai recenti.
I profughi che arrivano con i barconi sono un problema epidemiologico?
Tra le persone in arrivo sono le più controllate. Alcuni sfuggono ma non sfuggono solo loro: sfuggono ai controlli — e persino alla quarantena — molte persone che arrivano da Paesi Schengen dove l’infezione è ben presente. Occorrerebbe controllare meglio i viaggiatori intercontinentali che arrivano dalle zone in cui l’epidemia ancora imperversa.
Qual è il punto debole del nostro Paese?
La medicina territoriale. Si è disinvestito per anni. Invece, è la medicina territoriale che garantisce la capacità  vaccinale e che fa prevenzione. E poi la medicina scolastica. Smantellata. Le pare che sia stato tanto intelligente cancellare questo servizio?
Cosa pensa delle ipotesi che circolano sul nuovo anno scolastico?
Mantenere il distanziamento tra i ragazzi è una missione impossibile e l’idea di riempire le aule di banchi inutili è uno spreco. Servono dei protocolli sanitari: misurazione della febbre e test rapidi ripetuti nel tempo, resi possibili dall’evoluzione che avranno nei prossimi mesi il test salivare e quello sul secreto nasale che danno una risposta in pochi minuti e mi auguro possano consentire la rapida identificazione dei soggetti infetti. Riportiamo i medici nelle scuole.
Ritiene utile vaccinare gli italiani contro l’influenza?
Mi spiace per i no vax — anzi, non mi dispiace affatto, semmai mi spiace che si dia loro tanto ascolto — ma la vaccinazione di massa agevolerebbe la sanità  nel discernere i casi di Covid-19 dagli altri. La consiglio per gli ultra 65enni ma la estenderei ai bambini e ad alcuni luoghi di lavoro. È inaccettabile che chi lavora in ospedale o in una Rsa e non si vaccini. Se dipendesse da me, disporrei una campagna vaccinale per l’influenza associata al pungidito per individuare l’infezione da Covid-19 e quello per l’epatite C.

(da “Avvenire”)

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IL GOVERNO SCOPRE CHE ESISTE IL PERICOLO DI UN ESODO DI MASSA DALLA TUNISIA, MA IMPEDISCE AI TURISTI ITALIANI DI ANDARCI IN VACANZA, AFFOSSANDO UNA ECONOMIA ALLO STREMO

Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile

NON ESISTE UN PROBLEMA MIGRANTI, ESISTE UN PROBLEMA TUNISIA: SONO GIA’ 4.000 QUELLI SBARCATI DA INIZIO ANNO… LAMORGESE OGGI A TUNISI PER ARGINARE LE PARTENZE CON UN PIANO DI AIUTI CHE POTEVANO ESSERE PROPOSTI GIA’ DUE ANNI FA

Se c’è un Paese che in questo momento inquieta l’Italia al di là  del Mediterraneo è la Tunisia. Sono soprattutto tunisini i migranti che sbarcano a Lampedusa in piccoli gruppi nelle ultime settimane, le partenze sono in costante aumento mentre nel paese la crisi politica e sociale morde sempre di più.
Ieri si è costituito il nuovo Governo, il presidente Kais Saied ha affidato l’incarico di premier all’attuale ministro dell’Interno Hichem Mechichi, che ora ha un mese di tempo per formare l’esecutivo.
Tunisi è la capitale di un Paese allo stremo, da cui molti vogliono partire, destinazione Europa. Prima destinazione Italia. A Tunisi arriva oggi in visita ufficiale Luciana Lamorgese proprio per provare a tamponare la situazione, che rischia di creare un problema grave all’Italia.
“Qui c’è il rischio di un esodo tale da ricordare quello dall’Albania del 1991, un problema serissimo da affrontare a livello di Governo” dicono dirigenti del Viminale, parole riportate oggi dalla Stampa che danno il senso della preoccupazione italiana.
Nel 2011 arrivarono in 28 mila dalla Tunisia.
Oggi uno dei pochi paesi con cui l’Italia ha accordi di rimpatrio. Ma al Viminale vedono crescere i numeri giorno dopo giorno: ne hanno contati quasi 4 mila fino al 24 luglio dal Paese che può vedere Lampedusa dalle sue coste e può raggiungerle in un paio d’ore di gommone.
Lamorgese porterà  anche l’impegno italiano per investimenti europei in Tunisia per stimolare l’occupazione interna, anche perchè “in Italia questi ragazzi non hanno prospettive occupazionali” è il senso del messaggio che la ministra trasmetterà  ai leader tunisini.
Ma va detta la verità : Lamorgese fa fin troppo nell’ambito delle sue competenze.
Quello che è mancato è un impegno tempestivo del Ministro degli esteri sia del Conte 1 che del Conte 2. Un piano di investimenti in Tunisia avrebbe dato respiro all’economia locale e creato ricchezze anche per le nostre aziende, basti pensare alla vetusta rete ferroviaria tunisina, tutta la rifare.
Invece siamo riusciti a danneggiare un Paese amico, impedendo persino a decine di migliaia di italiani di recarsi in vacanza in Tunisia (quando loro ci hanno invece aperto le porte) pur in presenza di casi Covid a livelli ridicoli.
E ora ci lamentiamo se tanti giovani, ridotti alla fame per la mancata stagione turistica, arrivano a Lampedusa.

(da agenzie)

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CHE ACCOPPIATA: SALVINI E BRIATORE CHE SE LA PRENDONO CON CHI “NON HA MAI LAVORATO”

Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile

UN FANCAZZISTA E UNO CHE PARLA CON SULLO SFONDO LA PARETE STUCCATA IN ORO, TIPICA DI CHI E’ VICINO AL PROLETARIATO

In un video pubblicato da Matteo Salvini su Twitter possiamo ammirare un intervento di Flavio Briatore a Stasera Italia in cui si spiega che “Questi qui non hanno mai lavorato un’ora nella loro vita, loro vivono in una bubble, sono tutti regazzini che non hanno mai fatto un cavolo e guidano il treno”.
Praticamente “non hanno mai lavorato” come Salvini e sono ragazzini che non hanno mai fatto niente tranne un governo con il Capitano.
Poi, per carità , è vero che c’è chi vive in una bolla di lusso…
Mentre per esempio quella parete stuccata con oro che compare alle spalle dell’imprenditore è tipica di chi invece è vicino al proletariato.

(da “NextQuotidiano”)

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L’ASSEMBRAMENTO NELLA DISCOTECA DI JESOLO SUSCITA INDIGNAZIONE, MA SONO TUTTE COSI’, L’IPOCRISIA E’ STATA RIAPRIRLE

Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile

ALLO STADIO NON SI PUO’ ENTRARE E IN DISCOTECA TUTTI ATTACCATI: LA SOLITA PAGLIACCIATA ALL’ITALIANA PER FARE UNA MARCHETTA ALLA CATEGORIA

In un video pubblicato su Facebook si mostra la prima serata di riapertura del muretto di jesolo, la storica discoteca di Jesolo, che sabato ha inaugurato la stagione.
Si è trattato di una serata attesissima, con il dj Marco Carola, tra i più conosciuti al mondo e con l’evento sold out già  da alcuni giorni.
Tutto è filato liscio, ma solo fino all’alba, riferisce oggi il Gazzettino:
I problemi sono sorti all’alba, tra il caldo e lo “sbraco” delle mascherine con le ultime canzoni.
Da quel momento numerosi giovani si sono ammassati sotto la consolle per ballare, tutti o quasi senza indossare alcun dispositivo. Una scena immortalata con i telefonini proprio da qualcuno che si trovava alla consolle, con i video trasmessi in diretta nei social, scatenando una valanga di critiche nei confronti del locale.
Quanto basta per avviare ufficialmente il dibattito sulla riapertura delle discoteche, dove ovviamente si continua ad andare per ballare e fare aggregazione. Due concetti che però non si conciliano con le norme anti-contagio.
Di riflesso si riapre anche la questione dei controlli nei locali, che evidentemente devono essere garantii fino al momento della chiusura. In ogni caso le polemiche non sono mancate. Diversi i commenti contro il locale apparsi online, compresi quelli di chi sottolineava il grande sforzo di molti operatori per garantire il rispetto di tutte le norme. Ma anche il rischio di vanificare i tanti sforzi fatti nei mesi scorsi, soprattutto durante il lockdown.
Tito Pinton, storico gestore del Muretto che sabato sera si trovava a Riccione, dove gestisce un altro locale: «Io dico che abbiamo avviato un protocollo rigoroso — spiega — riducendo la capienza, aumentando il numero della sicurezza, controllando a tutti la temperatura corporea al momento dell’ingresso. Il nostro personale ha invitato tutti a rispettare le regole, forse alla fine qualcuno si è fatto prendere dall’entusiasmo: i ragazzi quando ballano si tolgono la mascherina, noi abbiamo fatto di tutto per fargliela indossare. Però queste sono situazioni che accadono ovunque, non solo da noi: nelle altre discoteche è uguale, bisogna dirlo».
Ha ragione, non esiste la possibilità  reale di impedire le violazioni al distanziamento in una discoteca se fai entrare centinaia di persone. Semplicemente le discoteche non dovevano essere riaperte.

(da “NextQuotidiano”)

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NONOSTANTE IL SEQUESTRO, LA SCALA DEI TURCHI CONTINUA A ESSERE PRESA D’ASSALTO DAI TURISTI

Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile

IL SITO SICILIANO E’ A RISCHIO CROLLO, MA UNA MANICA DI COGLIONI CONTINUA A FREQUENTARLO, VIOLANDO I SIGILLI… I CONTROLLI SONO SALTUARI, I DENUNCIATI UN CENTINAIO: METTETELI IN GALERA E BUTTATE LA CHIAVE

Dalla fine dello scorso mese di febbraio, la Scala dei turchi di Agrigento è stata posta sotto sequestro. Il sito siciliano, con il suo fondale bianco che riflette la luce del sole dando un effetto ottico fuori dal comune, è stato chiuso per via della sua scarsa cura — la magistratura sta indagando sulle responsabilità  — e per l’alto rischio di crolli.
Insomma, la bellezza di quello che è un vero e proprio monumento è a rischio proprio per colpa della mano dell’uomo. Ma, nonostante i sigilli, i turisti continuano ad arrivare a frotte: alcuni anche solo per scattare una foto, altri con tanto di ombrelloni per passare una giornata al mare.
«Lo scorso 27 febbraio la Procura di Agrigento ha posto sotto sequestro la Scala dei turchi, poichè era ritenuta pericolosa, per via dei frequenti crolli — denuncia la delegazione agrigentina dell’Associazione Mareamico -. Da quel giorno nessuno si è occupato della necessaria guardiania, al fine di impedire ai visitatori di commettere il grave reato penale di ‘violazione dei sigilli’, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Arrivata l’estate il sito è stato preso d’assedio e violato di continuo. Tutto ciò ha già  portato, inevitabilmente, alla denuncia di più di 100 persone». Ecco una foto dell’ultimo fine settimana, tra curiosi e villeggianti con ombrellone.
«Nell’ultima domenica di luglio il monumento è stato nuovamente preso d’assalto dai visitatori e sono dovuti intervenire i Carabinieri e la Capitaneria di Porto per riportare l’ordine — spiega ancora l’Associazione Mareamico -. Questa volta, oltre che entrare per un veloce selfie ricordo, tanti erano tranquillamente distesi al sole ed alcuni hanno incredibilmente piantato pure un ombrellone nella marna. Così non si può andare avanti».

(da “NextQuotidiano”)

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INTERVISTA A GIULIANO AMATO: “IL GOVERNO NON PUO’ FARE DA SOLO”

Luglio 26th, 2020 Riccardo Fucile

“IL RECOVERY RICHIEDE UN RUOLO DEL PARLAMENTO”… “QUALI RIFORME? SIAMO BRAVI A DARE SUSSIDI MA PER CRESCERE SERVE ALTRO”

Professor Giuliano Amato, l’accordo sul Recovery Fund faticosamente raggiunto a Bruxelles è una pietra miliare nel destino europeo o i Paesi “solidali” cantano vittoria prematuramente?
È da quanto è nata la Comunità  Europea che dopo aver raggiunto un accordo in direzione della maggiore solidarietà , ma non soltanto, bisogna aspettare la fase attuativa. Non è una novità . D’altra parte, se qualcuno non ha titolo a esprimere scetticismo sulla fase attuativa siamo noi italiani: specialisti in riforme che riempiono le pagine della Gazzetta Ufficiale e restano sulla carta.
Quindi, chi vivrà  vedrà ?
Fatte queste premesse, considero il Recovery Fund un passaggio molto importante sulla strada del processo di integrazione europea. È un grosso passo adottato non a freddo bensì nel pieno di una situazione eccezionale. Del resto, durante la crisi finanziaria iniziata nel 2008, l’Europa si era già  inventata una strumentazione di cui fa parte il Quantitative Easing. E per molti anni si era parlato di iniziative comuni da finanziare con il debito comune, ma questa ipotesi era sempre stata rifiutata. Pesava l’ipoteca di Paesi come l’Italia che ci vedevano un modo per coprire i propri debiti nazionali.
Cosa è cambiato, adesso?
La vicenda tragica del Covid ha generalizzato l’esigenza di una spesa con cui gli Stati membri possano affrontare un nemico comune. È stata la pandemia a giustificare la nascita di un debito comune. Vede, tante volte in passato i sostenitori dell’idea di debito comune ricordavano che gli Usa al momento della loro nascita hanno accettato la proposta di Hamilton sull’emissione di titoli del neonato Tesoro per coprire il debito degli Stati federali. A loro veniva fatta l’obiezione che il debito americano l’avevano creato tutti gli Stati insieme con la guerra di indipendenza dalla Gran Bretagna. Ebbene, questa è la prima volta che l’Europa vive l’esperienza simile di un debito che si è originato in modo comune.
L’Italia dovrebbe accettare anche i soldi del Mes?
Non entro nel dibattito politico.
Chi avrà  maggior potere decisionale, in concreto, sul Recovery Fund: la Commissione o i Governi nazionali?
Leggendo le conclusioni del Consiglio Europeo è facile capire l’esito del braccio di ferro tra chi voleva il cosiddetto freno d’emergenza a totale disposizione dei singoli Stati e chi invece riconosceva ad essi il potere di attivarlo lasciando però la decisione non al potere di veto dei singoli bensì alla Commissione Europea. Ebbene, la decisione è in mano alla Commissione. Si evince dall’ultima riga che pone il meccanismo in linea con l’articolo 17 del Trattato sull’Unione Europea e con l’articolo 317 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea: sono le norme che definiscono proprio i poteri della Commissione.
Al di là  degli interessi italiani, questo è un dato positivo per tutti?
Molto. Sono da sempre diffidente verso i meccanismi intergovernativi e lo spazio di crescita che hanno registrato in questi anni. Vedo finalmente un segno che si torna nella direzione opposta. Il veleno che ha maggiormente contribuito a paralizzare l’integrazione europea è proprio quello dei meccanismi intergovernativi.
A chi va il merito dell’intesa sul Recovery Fund? Alla “svolta” imposta da Angela Merkel? Alla capacità  di negoziare di Giuseppe Conte? Alle istituzioni europee?
Non ero presente e non posso dare pagelle. Sono un vecchio ammiratore delle qualità  di Angela Merkel, e se dovessi attribuire un merito lo darei a chi le ha consentito di rimettersi in buona salute negli ultimi mesi. Nella mia esperienza, difficilmente la buona politica riesce a svilupparsi quando manca la salute.
Mark Rutte, il premier olandese e leader dei “frugali”, emerso nel ruolo di principale avversario italiano, ha perso o ci aspetta al varco?
I Paesi che fanno valere i propri interessi nazionali sono una dinamica che è sempre esistita nell’Ue. E negli ultimi anni, a causa dell’esasperazione dei nazionalismi, fra tali interessi è entrato anche quello di colpire chi si ritiene immeritevole. Mi aspetto che se l’Italia non sapesse usare con efficacia le risorse del Recovery Fund gli olandesi saranno tra i primi ad alzare la voce. Non sarebbe sorprendente.
La lista di riforme che l’Europa ci chiede fa impressione. Basti pensare a pensioni e giustizia. L’Italia sarà  capace di adempiere, dopo aver procrastinato per decenni?
Attenzione, perchè riforme è ormai una parola magica: è fuor di dubbio che l’Italia ne abbia bisogno, ma è diventata una formula di stile con cui parliamo di ciò che non sappiamo. Per esempio, il sistema pensionistico andrà  messo in migliore equilibrio, ma questo non ci farà  spendere i soldi del Recovery Fund: casomai ce li farà  risparmiare. Per migliorare la gestione dei conti pubblici e della previdenza bisognerà  affrontare il grande tema del “longevity risk” che colpisce tutti i Paesi con l’allungamento della vita. E soprattutto Italia e Giappone che hanno popolazioni più anziane.
Fatto sta che questo Governo si troverà  con una mole inedita di soldi a disposizione. Carlo Cottarelli dice che bisogna sapere spendere. Ha ragione?
Altre riforme pongono la sfida di saper spendere in modo efficace e tempestivo. Molti fondi europei degli anni passati non sono ancora stati spesi. È un paradosso. Sappiamo spendere l’”helicopter money” dei benefici immediati: cassa integrazione, reddito di cittadinanza, bonus. Sono cose positive, ma strumenti dell’emergenza. Per crescere servono infrastrutture. Da vent’anni siamo gli ultimi dell’eurozona per classifiche e previsioni di crescita.
Fino a quando potremo fare finta di ignorare l’entità  del nostro debito pubblico?
Anche grazie, da ultimo, alle misure anti-Covid abbiamo accumulato un debito pari al 160% del nostro Pil. Dobbiamo non solo ridurre il numeratore, ma metterci in condizione di aumentare il denominatore. Gli imprenditori hanno molte colpe, ma hanno ragione nel dire che uno dei fattori che più inceppano la crescita sono i ritardi della Pubblica Amministrazione e delle istituzioni nel far funzionare l’economia italiana.
Colpa della burocrazia? Non è un po’ autoassolutorio per tutti gli altri?
Da un lato c’è la lentezza delle procedure, dall’altro la mancanza di personale in molti uffici che impedisce di sbrigare le pratiche. Servono ora persone con qualità  organizzative e capaci di padroneggiare le nuove tecnologie che sono la grande risorsa per velocizzare e semplificare. Ma certo, se tra tre o quattro anni le scuole continueranno a crollare e i ragazzi ad andare in classe con il cappotto perchè il riscaldamento è rotto, quello di adesso sarà  pure un Fund ma non è Recovery…
A chi spetta gestire le risorse: a Palazzo Chigi tramite il Ciae (Comitato Interministeriale per gli Affari Europei), oppure al Parlamento, con o senza la creazione di una Bicamerale?
Basta togliere l’”oppure”. È ovvio che si tratta di una responsabilità  governativa, ma essendo impregnata di indirizzi è necessario che avvenga con la collaborazione del Parlamento. Noi siamo maestri sulle formule che prevedano il coinvolgimento di commissioni preesistenti o la costituzione ad hoc. Ma questa sarebbe una seria e opportuna espressione della democrazia parlamentare.

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGIO IPSOS, LA SIMULAZIONE SUL PROSSIMO PARLAMENTO; I PARTITI PICCOLI POSSONO ESSERE DECISIVI

Luglio 26th, 2020 Riccardo Fucile

GLI EQUILIBRI POTREBBERO MUTARE SI ENTRASSERO LEU, ITALIA VIVA, VERDI E AZIONE

Se la nuova legge elettorale, il Brescellum, verrà  approvata (percorso che appare tutto in salita vista la reticenza all’interno della maggioranza di Italia Viva), la distribuzione dei seggi in Parlamento avverrà  secondo i criteri di un sistema proporzionale.
Come ogni sistema di questo tipo i piccoli partiti potranno anche avere un ruolo fondamentale, ed essere l’ago della bilancia, per garantire la formazione di una maggioranza.
Questo però, nel caso del Brescellum, è subordinato a un elemento cruciale: la soglia di sbarramento. Al momento è al 5%, ma non è detto che non possa scendere al 3%. In questo caso si configurerebbero scenari molto diversi.
È quanto si osserva in una simulazione realizzata da Ipsos per il Corriere della Sera, nella quale vengono delineati tre scenari, tenendo conto che, con la riforma sottoposta al referendum di settembre i seggi alla Camera scenderanno da 630 a 400.
Nella prima ipotesi in un Brescellum (chiamato anche Germanicum per le similitudini con il sistema tedesco) con soglia di sbarramento al 5%, stando agli attuali sondaggi, il centrodestra conquisterebbe la maggioranza con 220 seggi.
Partito di testa si conferma la Lega, con 107 deputati, segue poi Fratelli d’Italia che, con i suoi 82 seggi, confermerebbe un costante guadagno di terreno nei riguardi del Carroccio. Forza Italia invece conquisterebbe 31 seggi.
Sostanziale parità  tra Pd (92 seggi) e M5s (86), 2 per la Sà¼dtiroler Volkspartei.
Nella seconda simulazione abbiamo una soglia di sbarramento al 3% ma, stando agli attuali sondaggi, che vedono Leu ed Europa Verde al 2,9%, Italia viva e Azione al 2,5%, non cambierebbe nulla. Questi partiti resterebbero fuori.
Ma la domanda è: cosa accadrebbe se queste forze riuscissero ad andare oltre il 3%? Lo scenario cambierebbe radicalmente.
Perchè, come si vede nella terza ipotesi, avrebbero tutti diritto a 12 seggi. Trattandosi di partiti collocabili nell’area del centrosinistra ecco che i rapporti di forza cambierebbero, e una eventuale coalizione formata da questi piccoli partiti, più il Pd e il M5s, metterebbe in minoranza il centrodestra.
Resta dunque da domandarsi se a Pd e M5s non convenga davvero venire incontro alle richieste di Italia Viva perchè, approvando il Brescellum così com’è, il risultato appare segnato.

(da agenzie)

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L’EPIDIOLOGO LOPALCO: “I NUOVI CONTAGI NON DIPENDONO CERTO DAI MIGRANTI”

Luglio 26th, 2020 Riccardo Fucile

L’ESPERTO: “IL VIRUS VIAGGIA IN PRIMA CLASSE SUGLI AEREI, NON CERTO SUI BARCONI”

Se per alcuni esponenti dell’opposizione la colpa dei nuovi contagi da Coronavirus è da attribuire, in parte, anche agli sbarchi che hanno ripreso nelle scorse settimane, gli esperti sembrano pensarla diversamente.
Lo aveva già  detto Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità , lo ha ribadito l’epidemiologo Pierluigi Lopalco già  ieri, 25 luglio, in un post su Facebook. Ma oggi torna sulla questione per rispondere a chi — come il capogruppo regionale Fdi, Ignazio Zullo — l’ha accusato di aver abbandonato la scienza per darsi alla politica, in riferimento alla sua candidatura alle regionali.
«Non mi piace la polemica. Ma mi sento in obbligo di rispondere a chi mi ha accusato», scrive Lopalco in un post dal titolo “Virus, barconi e politica” e condivide una serie di lavori scientifici su immigrazione e malattie infettive.
«Mi occupo di questo argomento dal 1997, ho lavorato nei centri di accoglienza dei migranti quando ero ancora specializzando. Diciamo che un po’ di studio ed esperienza sul tema credo di averlo», scrive.
E conclude: «Quando parlo, non so se parlo da scienziato o da politico. Ma quando dico che se la circolazione di Coronavirus riparte non è certo per colpa dei barconi, so quello che sto dicendo».
Già  ieri, 25 luglio, aveva dedicato un post all’argomento. «L’aumento della circolazione avviene sia per ripresa della attività  virale autoctona pre-esistente, sia per importazione di casi da paesi ad elevata attività  e conseguente circolazione autoctona. Perchè i fattori che favoriscono la circolazione — da qualunque parte arrivi il virus — sono fattori locali», aveva spiegato l’epidemiologo.
«Capiamo bene che il caso importato, soprattutto se l’importazione avviene da parte di poveri extracomunitari, faccia notizia», aveva detto con una frecciatina alle opposizioni: «Capiamo anche che alcune forze politiche cavalchino questa tigre non avendo altri argomenti».
Per poi concludere con ironia: «I virus sono individui esigenti: se proprio devono viaggiare, preferiscono farlo in aereo in prima classe piuttosto che sui barconi».

(da agenzie)

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