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OTTO TECNICI E DODICI POLITICI, LA SQUADRA DI DRAGHI DIVENTA UN’AMMUCCHIATA: VENTI MINISTRI, DUE PER PARTITO

Febbraio 6th, 2021 Riccardo Fucile

CONTE ESTERI O GIUSTIZIA, PATUANELLI E DI MAIO… NEL PD IN POLE FRANCESCHINI, ORLANDO E GUERINI…GIORGETTI E MOLINARI SE ENTRA LA LEGA

Un governo con venti ministri: otto tecnici e dodici politici. Lo schema circola già  sui tavoli della Camera, è oggetto di ragionamento dei leader di partito, ed è un’ipotesi di lavoro “concreta” che fa seguito alla disponibilità  del premier incaricato Mario Draghi ad aprire la sua squadra ai rappresentanti delle forze che lo sostengono, per consolidare la maggioranza e, perchè no, per dare un segnale non ostile a un Parlamento che in parte si è sentito commissariato dall’avvento dell’ex presidente della Bce.
Draghi, sia chiaro, non ha ancora messo mano alla squadra, ma prima che finisca il primo giro di consultazioni (e si entri probabilmente in un secondo), gli ufficiali di collegamento fra lui e lo schieramento che dovrà  sostenerlo hanno disegnato il mix “perfetto”.
Che è poi un tentativo di conciliare il pragmatismo di “Supermario”, che non rinuncerà  all’apporto di esterni di fiducia nei posti chiave dell’esecutivo, e il caro vecchio manuale Cencelli.
I 12 posti per i politici, infatti, riflettono il peso dei singoli partiti che dovrebbero sostenere Draghi: 3 ai 5Stelle, 2 a testa per Pd, Fi e Lega, uno per Italia Viva e Leu, uno per i gruppi minori.
Le incognite sono tante, e la prima riguarda ovviamente la presenza contemporanea di esponenti di soggetti politici finora lontanissimi. Ma nessuno vuole rinunciare a metterci la faccia, se l’operazione si compirà .
Neppure la Lega, come ha fatto sapere Salvini, e il Carroccio due nomi da offrire a Draghi li avrebbe già : quello di Giancarlo Giorgetti, il grande sponsor dell’ingresso in maggioranza, e quello del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari.
Giorgetti, in ottimi rapporti con Draghi, potrebbe andare allo Sviluppo economico, se non all’Economia. Ma per il dicastero di via XX settembre Draghi punta su un tecnico (un dirigente di Bankitalia come Daniele Franco o Federico Signorini, Dario Scannapieco della Bei), anche per dare un senso al sacrificio di un politico stimato come l’uscente del Pd Roberto Gualtieri, che rumors (da lui smentiti) vorrebbero in corsa come sindaco di Roma.
Per i 5 Stelle si profila un tris sorprendente: Giuseppe Conte presta sempre più l’orecchio a chi gli suggerisce di passare dal ruolo di premier a quello di ministro del governo successivo (come fece per ultimo Lamberto Dini nel 1996). Ma l’ipotesi più naturale, quella degli Esteri, cozza con le brame di riconferma di Luigi Di Maio. E allora si affaccia un’alternativa suggestiva: l'”avvocato del popolo” alla Giustizia, terreno di scontro su cui è caduto il suo governo. Ma per il ruolo di Guardasigilli è in lizza un tecnico di valore come l’ex presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia. Il terzo nome dei 5S potrebbe essere quello di Stefano Patuanelli, che garantirebbe la tenuta del gruppo al Senato.
Il Pd è appeso alle decisioni del suo segretario, Nicola Zingaretti, che non ha confermato (ma neppure escluso) di volere entrare nel governo Draghi, scelta che comporterebbe le dimissioni dalla presidenza della Regione Lazio.
Dal destino di Zingaretti dipende quello di Andrea Orlando, che potrebbe succedergli alla guida del partito o fare il ministro. Altre due figure di peso attendono l’evolversi degli eventi: una è quella di Dario Franceschini, che potrebbe mantenere un posto nell’esecutivo o spostarsi verso un incarico istituzionale, come la presidenza della Camera, in una variante allo schema che vedrebbe M5S proporre per la squadra di Draghi il nome di Roberto Fico.
L’altro capocorrente del Pd in bilico è il ministro della Difesa uscente Lorenzo Guerini, cui però potrebbe essere chiesto di ricoprire la delicata carica di sottosegretario con delega ai Servizi.
Ruolo per cui sarebbe in corsa anche l’ex capo della Polizia Alessandro Pansa: l’alternativa di peso per lui sarebbe la delega agli Interni, che Draghi vuole affidare a un esterno (e in pole rimane l’uscente Luciana Lamorgese).
Forza Italia si butta con impeto nell’avventura ed è pronta a mettersi in gioco con una donna (derby fra le capigruppo Gelmini e Bernini) e con il vicepresidente Antonio Tajani.
Leu è intenzionato a confermare Roberto Speranza in un ruolo centrale come la Salute, per Iv almeno un poker di nomi (Faraone, Rosato, Bellanova, Bonetti). E del team di Draghi potrebbe far parte anche un esponente dei gruppi minori di ispirazione europeista: Bruno Tabacci o Carlo Calenda.
Sempre che alla fine si trovi la quadra, e che questo esperimento tecnico- politico abbia le premesse per funzionare. Alla fine sarà  Draghi, allergico a tempi lunghi e compromessi, a tracciare il volto del suo governo di unità  nazionale. Nella piena autonomia che Mattarella gli ha riconosciuto.

(da La Repubblica”)

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COSA SI NASCONDE DIETRO L’ENNESIMA GIRAVOLTA DI SALVINI SU DRAGHI: ACCREDITARSI COME “MODERATO” PRESSO I POTERI FORTI INTERNAZIONALI E LE CANCELLERIE EUROPEE

Febbraio 6th, 2021 Riccardo Fucile

FONTI LEGA: “DEVE TIMBRARE IL CARTELLINO E MOSTRARSI CON SENSO ISTITUZIONALE PER POTER ASPIRARE A PALAZZO CHIGI”… “INTANTO DRAGHI GLI TOGLIE LE CASTAGNE DAL FUOCO E POI TRA UN ANNO DRAGHI SARA’ AL POSTO DI MATTARELLA”

“La nostra visione dell’Italia sotto molti aspetti coincide”. Matteo Salvini esce dalla consultazione con Mario Draghi visibilmente soddisfatto. La Lega di fatto si considera a bordo del governo, “senza veti”.
“Al centro del confronto — spiega il leader del Carroccio — ci sono stati sviluppo, imprese, crescita, cantieri e turismo. Noi non poniamo condizioni, a differenza di altri che dicono no a Salvini, alla Lega e ai sovranisti”.
“Dobbiamo condividere un pezzo di strada tutti insieme — sottolinea -, un pezzo di strada che evidentemente non sarà  lungo. E poi torneremo a confrontarci alle elezioni.
Perchè questa svolta improvvisa da parte del leader leghista?
“Perchè, senza ‘timbrare il cartellino’ ora, per Matteo non sarebbe stato possibile approdare in futuro a Palazzo Chigi”, spiegano dall’inner circle del Capitano. Insomma, l’operazione Draghi serve a Salvini per avere piena legittimazione agli occhi dei poteri forti nazionali e, soprattutto internazionali (Vaticano compreso), tanto più ora che il trumpismo è in via di estinzione e il partito cerca nuove sponde.
La Lega, dunque, partecipando al Governo Draghi vorrà  dimostrare di avere senso istituzionale e capacità  di governo: un modo anche per prepararsi a guidare il centrodestra per tranquillizzare grandi investitori e cancellerie internazionali, a cominciare da quelle di Parigi e Berlino.
In più, fanno notare le medesime fonti, Mario Draghi, mettendo in sicurezza il paese, toglierà  le castagne dal fuoco a qualsiasi governo verrà  dopo di lui.
Insomma, continuano da via Bellerio: “Matteo ha capito che soltanto dopo aver dato una mano a Mario Draghi potrà  aspirare a guidare il Paese da Palazzo Chigi, magari ricevendo l’incarico proprio dalle mani dello stesso Draghi che nel frattempo potrebbe essere salito al Quirinale”.
E farselo nemico non sarebbe certo stata una buona mossa politica.Ecco cosa si nasconde dietro la svolta della Lega su Draghi: qual è il vero obiettivo di Matteo Salvini

(da TPI)

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SALVINI MINISTRO NEL GOVERNO DRAGHI?

Febbraio 6th, 2021 Riccardo Fucile

SAREBBE UN BEL BIGLIETTO DA VISITA NOMINARE UN MINISTRO IMPUTATO IN DUE PROCESSI PER SEQUESTRO DI PERSONA AGGRAVATO… SECONDO “LA STAMPA” SALVINI DECIDERA’ SE DARE LA FIDUCIA O MENO IN BASE AL SUO INGRESSO O MENO NELL’ESECUTIVO

Ieri Salvini si era prodotto nell’ennesima acrobazia politica spiegando a SKyTg24 di voler governare con tutti: “Mi dispiace che ci siano alcuni che stanno ponendo dei veti sulla Lega. A me non interessa chi c’è dentro, io penso al bene del Paese” mentre poche ore prima aveva posto un veto netto ai 5 Stelle.
La Lega entrerà  davvero nel governo Draghi? Se così fosse i rumors spiegano che ci sarebbero due ministeri pronti per il Carroccio.
Se per Repubblica i nomi designati sono quelli di Giorgetti e di Molinari La Stampa spiega che il leader della Lega potrebbe decidere se dare la fiducia a Mario Draghi o meno in base a un altro fattore. Il suo ingresso diretto nell’esecutivo:
Giorgetti teme che Salvini possa decidere all’improvviso di rimanere all’opposizione. Il segretario del Carroccio è spaventato dalla prospettiva di perdere consensi a destra, a favore di Giorgia Meloni, e di non avere abbastanza garanzie sui temi per lui identitari: immigrazione e pensioni. Per esempio, che farà  Draghi di Quota100, una delle riforme più detestate dall’Europa? La risposta gliel’ha già  fornita Giorgetti: perchè dovrebbe cancellarla proprio adesso, se scade tra un anno? Il leader sa che la maggioranza schiacciante del suo partito si è espressa a favore di Draghi, parlamentari, capigruppo, governatori del Nord, il veneto Luca Zaia in testa.
C’è un’enorme pressione da parte degli imprenditori e dei mondi economici vicini al Carroccio. E «all’apostolo delle èlite» (copyright Alessandro Di Battista) alla fine si sono convertiti persino gli ex no-euro leghisti come Alberto Bagnai e Claudio Borghi. Ma c’è anche un altro movente a determinare le scelte di Salvini: potrebbe essere lui in persona a entrare come ministro per la quota leghista, e non Giorgetti come sembra scontato ai più.

(da “NextQuotidiano”)

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SONDAGGIO IPSOS: RENZI NE ESCE PEGGIO DI TUTTI

Febbraio 6th, 2021 Riccardo Fucile

CONTE QUELLO CHE NE ESCE MEGLIO

Nel consueto sondaggio di Nando Pagnoncelli sul Corriere della sera il 48% ritiene che Matteo Renzi sia il politico ad uscire peggio come immagine dalla crisi di governo.
Gli italiani si sono espressi sugli attori di questa singolare crisi politica. E, paradossalmente Renzi è quello che ne esce peggio e chi ne esce meglio è il suo nemico, il premier uscente Conte.
“Conte prevale nella graduatoria di coloro che ne escono meglio (viene citato dal 28%), seguito da Meloni (10%) e Salvini (9%), quindi Zingaretti e Renzi appaiati al 5%, Fico (4%), Berlusconi (3%) e Di Maio (2%). Uno su tre (35%) non indica alcun esponente che si sia distinto positivamente, e questo la dice lunga su come stiano vivendo la situazione – scrive Pagnoncelli-
Nella graduatoria tra chi è uscito peggio Renzi prevale nettamente (viene menzionato da quasi un italiano su due), seguito da Conte (12%), Salvini e Di Maio (7%), Zingaretti (4%), Meloni (2%), Berlusconi e Fico, entrambi con l’1%, mentre il 18% non ne indica nemmeno uno”.

(da agenzie)

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ELLY SCHLEIN APPREZZA DRAGHI, MA METTE I PALETTI: “NON C’E’ SPAZIO PER I SOVRANISTI”

Febbraio 6th, 2021 Riccardo Fucile

“LE PRIORITA’ DELL’ITALIA SONO INCOMPATIBILI CON LE POSIZIONI ANTI-EUROPEISTE DELLA LEGA”… E’ UNA DEI POCHI POLITICI DI SINISTRA CHE HA UNA VISIONE E NON PENSA ALLE POLTRONE

Non una chiusura ma nemmeno un’apertura al buio: “Draghi è una figura indiscutibilmente di alto profilo, ma prima di giudicare il nuovo governo bisogna capire quali saranno il programma e la composizione”.
Così Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna. “Non ho mai pensato – aggiunge – che destra e sinistra siano categorie superate. E nei prossimi mesi serviranno precise scelte politiche. Le priorità  dell’Italia, a partire dal contrasto a disuguaglianze, precarietà  e crisi climatica, così come quelle del Recovery Fund, sono incompatibili con le posizioni euroscettiche della Lega”.
E se la Lega insistesse? “Se il programma del premier punta su ciò che serve al Paese non c’è spazio per la destra sovranista”, sottolinea.
Quali sono le priorità ? “Sanità , scuola pubblica, vaccini. Cosa si vuol fare sul blocco dei licenziamenti e degli sfratti? L’emergenza sociale provocata dal Covid impone scelte coraggiose”, evidenzia.
“Penso che bisogna fare in fretta, perchè i problemi sono enormi e non possono aspettare”. Come si è arrivati a questo? “Con una crisi al buio aperta irresponsabilmente da Italia Viva. Matteo Renzi ha tentato di fare saltare l’asse Pd-Leu-M5S, e quindi Giuseppe Conte. Una crisi che la gente ha fatto fatica a capire, e che ha avvertito come cinica”, spiega.
Il centrosinistra ne esce ammaccato? “È importante che l’asse Pd-Leu-M5S tenga e decida insieme. Non perchè sia sufficiente, ma perchè al suo interno già  tanti condividono una visione del futuro, e dovranno alzare la voce su redistribuzione delle ricchezze, del sapere e delle potere”, conclude. –

(da Globalist)

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UN GOVERNO “POLITICO” NON PUO’ MAI ESSERE UN GOVERNO DI TUTTI

Febbraio 6th, 2021 Riccardo Fucile

UN GOVERNO ISTITUZIONALE DEVE SOLO AFFRONTARE L’EMERGENZA PANDEMIA E LA LEGGE ELETTORALE, POI SI DEVE VOTARE… UN GOVERNO POLITICO CON TUTTI DENTRO E’ UN PARADOSSO: COME SI FA A GESTIRE IL RECOVERY CON IDEE E VALORI DIFFERENTI?

Un governo politico non può essere mai il governo di tutti. E’ un paradosso. Il concetto stesso di “politico” presuppone un insieme coerente di idee e di proposte progettuali che concorrono a comporre una visione di società    cui tendere tramite azioni socio-economiche da mettere in atto in un certo lasso di tempo, che ci si augura sia quello di legislatura.
Un governo politico, dunque, ha un indirizzo ed un verso e si muove in un’area   precisa di valori.
Per questa sua stessa natura il “governo politico” è decisamente inconciliabile con “un governo di tutti” nazionale, trasversale o istituzionale, che sia.
Altrimenti non è “politico” semplicemente.
Il così detto “governo del Presidente” o anche detto “governo   nazionale” è,   al contrario, un governo emergenziale, con un preciso ma limitato obiettivo (in questo caso contingente): – superare la fase cronica della pandemia e della campagna vaccinale, predisporre una legge elettorale coerente con il taglio del numero dei parlamentari e andare alle elezioni –   Stop.
In questo quadro   risulta evidentemente impossibile pensare che “un governo di tutti” possa giungere ad una univoca e coerente definizione delle “scelte politiche” necessarie al Recovery Plan, che è un atto assolutamente e squisitamente politico e di visione, che si deve basare su scelte strutturali, per il rilancio socio economico del nostro paese, in un arco temporale di diversi decenni.
Quindi, sinceramente non so proprio di cosa parlate quando parlate di “governo politico” se a questo governo non date confini e non date perimetri e precise definizioni di area, soprattutto poi se vi vantate di volerne fare un “governo politico di legislatura”.
Tutti dentro, tutti con i propri progetti politici e i propri temi divergenti, ogni uno a tirare verso la propria parte di visione; ma se tutti tirano verso direzioni differenti e divergenti   la situazione che si viene a   verificare è una, l’immobilismo, nella migliore delle ipotesi, oppure un’ altra,   il deflagrare di alcune parti miseramente nel prevalere di altre.
Un suicido politico, dunque, per le parti politicamente più deboli, e un suicidio della politica stessa nel suo significato valoriale, e temo anche un suicidio per il paese, poichè senza una direzione, un verso ed un orizzonte non si procede.
In sintesi, il governo, se deve essere   “politico” deve avere una precisa area, se deve essere “istituzionale” deve avere un preciso tempo, strettamente funzionale ad andare alle elezioni.
L’orizzonte a cui puntare quando ci si mette in cammino non può che essere uno se si vuole davvero procedere in una direzione.

(da “Huffingtonpost”)

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DI BATTISTA: “ACCOZZAGLIA PERICOLOSA, NON MI INCHINO AL TREDICESIMO APOSTOLO”

Febbraio 6th, 2021 Riccardo Fucile

“NON SOSTERRO’ MAI UN GOVERNO CON FORZA ITALIA”

“Non ho cambiato idea. Se fossi in Parlamento non darei la fiducia al Presidente Draghi”, premette Alessandro Di Battista. “Non la darei in virtù di scelte, propriamente politiche, che il Professor Draghi ha preso in passato da Direttore generale del Tesoro (privatizzazioni, svendita patrimonio industriale pubblico italiano, contratti derivati) e da Governatore di Banca d’Italia, quando diede l’OK all’acquisto di Antonveneta da parte di MPS ad un valore folle di mercato”, commenta l’esponente M5s su Facebook.
“Io ho le mie opinioni su” Draghi. “Ognuno ha le proprie. Tuttavia il punto non è neppure lui. Io non potrò mai avallare un’accozzaglia al governo che potrebbe andare da LEU alla Lega – sottolinea Di Battista -. Tutti dentro perchè nessuno ha intenzione di fare opposizione. Oltretutto in democrazia l’opposizione serve, è e necessaria. Invece nulla. Ci saranno ministri politici nel governo Draghi? Non ne ho idea. Fossi in lui non accetterei nessuno ma vedo che diversi partiti già  avanzano richieste. Per quanto mi riguarda io non posso accettare “un assembramento parlamentare” così pericoloso. Non lo posso accettare perchè la stragrande maggioranza delle forze politiche che si stanno inchinando al tredicesimo apostolo non rappresenta le mie idee”.
“Ognuno è fatto come è fatto d’altro canto. In queste ore – prosegue Di Battista – qualcuno mi ha scritto “sei troppo radicale. In politica occorre anche cambiare opinione e plasmarsi sulle situazioni cambiate”. Sarà  anche vero. Ma io non ce la faccio. Io non sosterrò mai un governo sostenuto da Forza Italia”.

(da “Huffingtonpost”)

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AL SENATO 30 RIBELLI M5S CONFIDANO NEL VOTO SU ROUSSEAU PER DIRE NO A DRAGHI IN NOME DI QUEL CHE RIMANE DELLA COERENZA DEL MOVIMENTO

Febbraio 6th, 2021 Riccardo Fucile

LA DISPONIBILITA’ DI CONTE DI ENTRARE NEL GOVERNO DRAGHI E LA RABBIA DEI MILITANTI

Giuseppe Conte nella squadra di governo di Mario Draghi: la telefonata tra Beppe Grillo e il presidente del Consiglio in pectore c’è stata mercoledì scorso, è servita a cambiare gli umori e gli equilibri dentro i 5 Stelle e lì il garante del Movimento si è speso per l’ex capo del governo.
Basterà  questo per convincere i parlamentari, visto che sono una cinquantina gli eletti 5 Stelle contrari all’accordo, con maggiori resistenze (una trentina) al Senato?
Il passaggio è traumatico per molti, non solo sul piano politico ma anche su quello più personale di chi verrà  ridimensionato nelle ambizioni.
Dopodichè sul portale Rousseau gli iscritti dovranno dare il loro assenso all’accordo di governo che salvo colpi di scena verrà  ratificato a seguito del secondo giro di consultazioni, nei primi giorni della prossima settimana. Avvenne lo stesso sia per il “governo del cambiamento” con la Lega che per l’alleanza con Pd e Leu. È un passaggio obbligato per tenere assieme le varie anime del Movimento, che perlomeno e formalmente sul richiamo alla “democrazia diretta” sono tutte concordi. Grillo stesso si spenderà  per far passare il quesito.
“Qualunque sia l’esito, si dovrà  riconoscere che così noi onoreremmo il nostro impegno di attuare la democrazia della partecipazione, della condivisione. Altrimenti saremo accusati di promuovere la democrazia dell’esclusione”, sostiene Nicola Morra, uno di quelli assai critici verso il prossimo assetto di governo.
Preme per questa opzione anche Davide Casaleggio, che del portale ha le chiavi, anche lui ieri a Roma per una serie di incontri con esponenti del Movimento. In tutto questo Alessandro Di Battista è rimasto l’unico big ad opporsi nettamente all’ipotesi Draghi. “Dibba” ha un seguito notevole tra gli attivisti, fu il più votato in occasione degli Stati generali, è il custode ultimo dell’ortodossia antisistema dei 5 Stelle. Chi ci ha parlato in queste ore racconta di un Di Battista desolato, avvilito, nel vedere il Movimento pronto a formalizzare l’ennesima giravolta.
Come detto i problemi principali comunque arrivano dal Senato, dove la pattuglia di indignati è agguerrita e ben nutrita: ma non si sa fin dove si spingeranno i recalcitranti. “Europa e Confindustria strangoleranno il popolo con noi complici, vedrete poi come il malcontento verrà  incanalato dalle destre”, spiega una eletta a Palazzo Madama. La sensazione di alcuni è che “tra le truppe cammellate di Conte e quelle di Di Maio, resta un solo orfano: il M5s”. Secondo Barbara Lezzi “un governo con Berlusconi, Calenda, Renzi, Bonino e Salvini non è un governo politico ma un’attrazione fatale per noi ed una sciagura per gli italiani”. Oppure sentire Danilo Toninelli: “Ma un governo Draghi con i ministri Brunetta, Calenda, Boschi e simili e un tecnico all’Economia potrà  attuare riforme essenziali come l’acqua pubblica, la banca pubblica, il conflitto di interessi, le preferenze, la riforma della Rai e della giustizia, la regolamentazione del lobbying e l’editoria pura? Voi ci credete? Io ovviamente no”. Fin qui però sono solo post per i social. E come le recenti cronache del M5s hanno dimostrato, a cambiare radicalmente idea si fa anche presto.

(da “La Repubblica”)

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