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TARQUINIA, NUOVI SEQUESTRI AGLI OLIGARCHI RUSSI: ANCHE UNA CHIESA ORTODOSSA NELLA LISTA DEI BENI CONGELATI

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

RICONDUCIBILE A ARKADY ROTENBERG (IMPORTANTE UOMO D’AFFARI RUSSO CHE HA LEGAMI PERSONALI STRETTI CON IL PRESIDENTE PUTIN) … REQUISITE ANCHE VILLE IN COSTA SMERALDA PER 53,6 MILIONI DI EURO E UNA MERCEDES DA 66MILA EURO

Ville in Costa Smeralda per 53,6 milioni di euro, una Mercedes da 66mila euro e persino una chiesa ortodossa a Tarquinia.
Solo nelle ultime tre settimane la Guardia di finanza ha eseguito altri quattro congelamenti nei confronti di oligarchi e società russe che appoggiano il presidente Vladimir Putin, per un totale di 54,4 milioni di euro, che vanno a sommarsi al miliardo e 700 milioni già congelato dal 23 febbraio al 31 maggio scorso.
A seguito infatti della crisi russo-ucraina e della conseguente escalation militare, la Finanza – come membro del Comitato di sicurezza finanziaria del ministero dell’Economia – ha avviato mirati accertamenti economico-patrimoniali sulle persone e sulle società inserite nella black-list dell’Unione europea. Le verifiche hanno riguardato oltre 1.100 persone che «hanno contribuito a compromettere o minacciare l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina».
Dal bilancio operativo, diffuso in occasione del 248esimo anniversario della fondazione del Corpo, emerge che dall’inizio della guerra a oggi, in Italia, sono state eseguite nei confronti di 19 soggetti misure di congelamento di beni presenti sul nostro territorio, tra yacht, auto, quote societarie, terreni e persino una scultura da 230mila euro.
È stata congelata dai finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria una Mercedes classe E, situata in provincia di Milano, del valore di circa 66.000 euro, di proprietà di Vtb Bank Pjsc: istituto finanziario di «importanza sistemica per il governo della Federazione russa».
Successivamente sono stati congelate quattro villini nel territorio di Arzachena, in Sardegna, del valore di 50milioni di euro, riconducibili a Gulbakhor Ismailova: sorella dell’oligarca pro-Cremlino Alisher Usmanov, a cui quest’ ultimo ha trasferito alcuni suoi beni, come lo yacht Dilbar da 600 milioni, ormeggiato ad Amburgo e sequestrato dalla Germania.
Ad Arkady Rotenberg (importante uomo d’affari russo che ha legami personali stretti con il presidente Putin), è stata invece di recente congelata una quota del 50% di beni immobili situati in provincia di Viterbo e del valore complessivo di circa 625.000 euro. Tra questi c’è anche la Chiesa di Sant’ Antonio Abate, a Tarquinia, adibita a luogo di culto ortodosso e sotto il vincolo del Mibact.
Infine, due giorni fa, a Boris Rotenberg (imprenditore miliardario russo membro del consiglio di amministrazione della Smp Bank e fratello di Arkady Rotenberg), la Finanza ha congelato una villa e un garage a Porto Cervo del valore di 3.675.000 euro; e una quota pari al 50% del capitale sociale (pari a complessivi 60.000 euro) della Aurora 31 srl. Il restante 50% del capitale della società proprietaria dell’omonimo albergo situato nel centro di Roma, è già oggetto di provvedimento di congelamento emesso nel 2016 nei confronti del fratello Arkady Rotenberg.
Nel corso degli anni, la Guardia di finanza ha progressivamente esteso il proprio network internazionale che può ora contare in particolare a seguito di un articolato processo di revisione organizzativa avviato nell’ultimo biennio dal II Reparto del Comando generale, guidato dal generale Cosimo Di Gesù, su 23 esperti presso le principali missioni diplomatiche italiane all’estero; 2 ufficiali di collegamento presso organismi internazionali e collaterali esteri; un ufficiale di supporto alla figura dell’esperto.
La Finanza è attiva su 75 Paesi e 6 organizzazioni internazionali, divenendo l’amministrazione nazionale del comparto economico-finanziario con la più qualificata presenza presso le ambasciate italiane. Il Corpo attua forme di raccordo informativo e investigativo attraverso la cooperazione di polizia (per il tramite del Ministero dell’Interno), fiscale e doganale, nonché su base spontanea (attraverso accordi con organismi collaterali esteri). Parallelamente è impegnato nel soccorso e nell’assistenza alla popolazione civile ucraina insieme alla Protezione civile: dall’inizio del conflitto sono stati eseguiti 15 voli a favore di 144 pazienti (di cui 102 pediatrici) e 183 accompagnatori.
(da agenzie)

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COS’E’ L’ENCLAVE DI KALININGRAD

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

I MOTIVI PER CUI E’ COSI’ IMPORTANTE

Perché è così importante per Mosca questa exclave, il cui capoluogo è distante oltre mille chilometri in linea d’aria? Diciamo che è un relitto della Seconda guerra mondiale che con Putin ha visto crescere il proprio ruolo geostrategico. Ma ha sbagliato tutti i suoi conti: senza più la benevola neutralità di Svezia e Finlandia, terrorizzate per anni dal Cremlino, muoversi in quelle acque prive di una “autostrada internazionale” è diventato impossibile
L’exclave russa di Kaliningrad è un prodotto dell’epoca di Stalin: fin dalla conferenza di Teheran nel dicembre 1943 il Cremlino rese palese la volontà di voler occupare in modo permanente questa porzione di territorio stretta fra la Polonia, la Lituania e il Mar Baltico, e abitata per quasi sette secoli dai tedeschi.
L’oblast di Kaliningrad, per capire di che cosa si tratta, ha una superficie più o meno uguale a quella della Calabria e attualmente ha una popolazione residente – quasi per il 90% etnicamente russa – pari all’incirca alla città di Torino.
Da un lato si affaccia per 145 chilometri sul Mar Baltico, mentre sugli altri lati confina con l’Unione europea. Questo punto è molto importante: non sono la Polonia o la Lituania a decidere sul traffico di persone, merci, capitali e servizi fra questi Paesi e Kaliningrad, ma è la Commissione europea.
Insomma, Varsavia e Vilnius sono solo esecutori di decisioni prese da tutti i Paesi e dal “governo dell’Unione”, ma di fatto si trovano in prima linea direttamente. Mosca minacciando Vilnius – invece che Bruxelles – dice a nuora perché suocera intenda
Perché è così importante per Mosca questa exclave, il cui capoluogo è distante oltre mille chilometri in linea d’aria? Diciamo che è un relitto della Seconda guerra mondiale e della prima parte della Guerra Fredda che l’Unione Sovietica degli ultimi anni e la Federazione russa dopo il 1991 hanno stentato a riconoscere per quello che era il suo – troppo ambizioso – ruolo all’inizio.
In pratica, tre generazioni fa la presenza umana e militare dei sovietici a Kaliningrad serviva all’Urss per tenere un piede nel cuore dell’Europa, con un numero di battaglioni sufficienti a “regolare i conti” con la Germania orientale – come poi accadde nel 1953 – e con la Polonia, nel caso in cui avessero tentato di staccarsi dall’orbita sovietica. Doveva anche – e soprattutto – servire a trasformare il Mar Baltico in un “lago russo”, grazie alla presenza di basi dalla Germania fino a Leningrado: così, senza troppi complimenti, la marina sovietica – che nell’ex capitale zarista aveva uno dei suoi porti più strategici – poteva agevolmente proiettarsi verso l’estremo opposto del Mar Baltico e da lì, approfittando della neutralità svedese, affacciarsi sul Mar Nero.
§Fra l’altro, Kaliningrad non richiedeva neppure alcuna fortificazione: fra gli alleati di Washington e Londra, solo la Danimarca aveva una forza navale un po’ consistente. Per il resto, il non allineamento di Svezia e Finlandia dava ai sovietici carta bianca nel Baltico. Il quale, vale la pena ricordarlo, ha una lunghezza di circa 1.600 chilometri, il 60% in più della nostra Penisola, mentre come larghezza media non arriva a 200 chilometri. In parole povere, non offre acque internazionali in cui transitare ma impone di volta in volta di chiedere il permesso per far passare navi commerciali o incrociatori.
Con la fine dell’Urss, non sono mancati dubbi sulla sostenibilità della gestione di questo fazzoletto di terra: Lituania, Polonia e anche Germania non si sono dimostrate troppo interessate a prenderla, anche a causa di quasi 1 milione di russi al suo interno, potenzialmente un “cavallo di troia” di Mosca.
Così, col ritorno di Putin al Cremlino, nel 2012, è aumentato in modo impressionante il ruolo geostrategico del piccolo oblast, che rappresenta meno dell’uno per mille del territorio russo: Mosca ha investito moltissimo nel farne una base per la marina e le forze missilistiche.
Nel farlo, ha spostato molto a est la linea mediana dei suoi interessi in quell’area, cercando di tagliare i Baltici – e l’isola svedese di Gotland – dal mondo occidentale.
Possiamo dire che Putin ha sbagliato tutti i suoi conti: senza più la benevola neutralità di Svezia e Finlandia, terrorizzate per anni dal Cremlino, muoversi in quelle acque prive di una “autostrada internazionale” è diventato impossibile. Al di là di questa crisi estiva, c’è da dubitare che l’oblast possa sopravvivere senza la possibilità di ricevere combustibili per il trasporto e il riscaldamento, oltre a pezzi di ricambio, per via navale e terrestre.
Anzi, persino per via aerea, dato che comunque i velivoli russi o in transito da e per la Russia devono richiedere il permesso ai baltici, ai polacchi e agli scandinavi, tutti Paesi “bullizzati” da Mosca da tempo.
Insomma, questa storia dimostra come una risorsa importante, se gestita senza giudizio, possa perdere completamente il suo valore.
Così, non è da escludere che i discendenti di quasi mezzo milione di russi trasferiti con la forza qui negli anni Quaranta possano nei prossimi mesi essere spostati verso Est per non farli congelare. Ma chi se la sente di escludere che la Russia decida, per provocazione, di lanciare dei missili ipersonici dalle rampe posizionate a Kaliningrad verso l’Ucraina, violando lo spazio aereo lituano così come fanno i Nord Coreani col Giappone?
(da agenzie)

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AVVISATE PUTIN CHE LA FINLANDIA HA LUCIDATO LE MUNIZIONI: HELSINKI HA VECCHI CONTI IN SOSPESO CON L’EX UNIONE SOVIETICA

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

“SE AGGREDITI COMBATTEREMO, SAREMMO UN OSSO DURO DA ROMPERE”… CON UNA POPOLAZIONE DI 5,5 MILIONI DI ABITANTI, IL PAESE HA UNA FORZA CHE IN TEMPO DI GUERRA PUÒ CONTARE SU CIRCA 280 MILA SOLDATI, MA CHE PUÒ CRESCERE FINO A 870 MILA CON I RISERVISTI

«Saremmo un osso duro da rompere». Il generale Timo Kivinen non ha dubbi sulla motivazione dei finlandesi a combattere. Helsinki ha vecchi conti in sospeso con l’ex Unione Sovietica e si sta preparando per un assalto russo da decenni.
Se dovesse accadere, il Paese «combatterà duramente», ha affermato il capo delle forze armate. «Abbiamo sviluppato la nostra difesa militare proprio per questo tipo di guerra che si sta conducendo in Ucraina – ha detto Kivinen -, con un uso massiccio di potenza di fuoco, forze di terra e anche forze aeree».
La Finlandia della premier Sanna Marin lancia a Putin un messaggio dal «fronte Nord» e mostra preventivamente i muscoli. A metà maggio scorso, Helsinki ha ufficialmente presentato la domanda di adesione alla Nato, insieme alla Svezia.
Mosca vede questa richiesta come una minaccia: il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha annunciato che entro la fine dell’anno verranno creati dodici nuovi distretti militari al confine occidentale della Russia.
L’allontanamento della Finlandia dalla tradizionale neutralità comporterebbe, infatti, un deterioramento delle precedenti relazioni di buon vicinato, dice Mosca.
La Repubblica scandinava ha costruito una delle artiglierie più potenti d’Europa e ha accumulato una scorta di missili da crociera con una portata fino a 370 chilometri. Spende il 2% del Pil per la difesa, che sarebbe una delle cifre più alte anche tra i membri Nato.
Sta scorrendo una lunga lista della spesa in termini di armamenti: ha acquisito quattro nuove navi da guerra e 64 caccia F-35 dalla Lockheed Martin, la più grande compagnia di difesa del mondo.
Intende acquistare fino a 2.000 droni, che si aggiungono alle armi antiaeree ad alta quota. E, dettaglio non da poco, sta erigendo fortificazioni lungo il confine con la Russia. Confine che si estende per 1.300 chilometri.
Negli Anni 40, Helsinki ha combattuto due guerre con l’ex Unione sovietica, in quei conflitti ha perso 100 mila uomini e un decimo del suo territorio. Da allora, ha mantenuto un alto grado di preparazione militare.
Oggi, con una popolazione di 5,5 milioni di abitanti, ha una forza che in tempo di guerra può contare su circa 280 mila soldati, ma che può crescere fino a 870 mila con i riservisti.
Forte anche del fatto di non avere eliminato il servizio militare, come hanno invece scelto di fare molti altri Paesi occidentali dopo la conclusione della Guerra Fredda.
In un sondaggio condotto il 18 maggio dal ministero della Difesa di Helsinki, l’82% degli intervistati si è detto disposto a unirsi alla difesa nazionale, se il Paese fosse invaso. Con le tensioni su Kaliningrad di questi giorni, la Russia sta già mettendo in campo un’escalation: l’Estonia ha riferito ieri che due caccia Sukhoi Su-35 di Mosca hanno violato lo spazio aereo nel Mar Baltico. È il quarto incidente di quest’anno. Helsinki non vuole farsi cogliere impreparata.
Intanto, ieri, la Germania di Olaf Scholz dopo molte esitazioni (compresa la titubanza durante il vertice a Kiev con Draghi e Macron ) ha finalmente fatto sapere la sua lista di armi per l’Ucraina. Ci sono 500 missili antiaerei Stinger, 100 mitragliatrici e 16 milioni di munizioni.
E poi gli obici semoventi PzH 2000, più tre lanciarazzi multipli Mars II, che l’esercito di Berlino fornirà a Kiev, dopo aver addestrato i soldati di Zelensky. Secondo un ex generale della Bundeswehr, «queste armi potrebbero rappresentare un punto di svolta» per Kiev nella controffensiva contro le truppe di Putin.
(da La Stampa)

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CON IL MINISTRO 61 PARLAMENTARI MA APPENDINO SI SFILA

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

DEI 61 PARLAMENTARI SCISSIONISTI, SOLO 21 SONO AL SECONDO MANDATO… IN ARRIVO ANCHE AZZOLINA E FRACCARO

Sessantuno parlamentari in meno, d’un colpo. Il giorno dopo il big bang degli scissionisti dimaiani, il Movimento si ritrova con le truppe precisamente dimezzate rispetto ai 333 eletti conquistati grazie allo storico exploit alle Politiche 2018.
Ben 51 deputati e 10 senatori hanno mollato il leader Giuseppe Conte, per passare a Insieme per il futuro e ai nuovi gruppi parlamentari dei fedelissimi del ministro degli Esteri, che, arrivato ai vertici istituzionali dopo una scalata populista, da tempo ha cambiato radicalmente pelle virando verso il campo moderato e della responsabilità.
Questo nuovo profilo, diventato sempre più marcato dopo l’invasione russa, in contrapposizione a quello del ritorno alle origini «duro e puro» di Conte, è stata la chiave decisiva per convincere le truppe a seguire il ministro. E pallottoliere alla mano, in questa diaspora grillina, non sembra nemmeno avere influito lo stop al terzo mandato imposto dal fondatore «Beppe»: dei 61 scissionisti, ben 40 sono al primo mandato.
Dopo l’addio annunciato prima al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e poi a favore di telecamere, ieri la nuova creatura politica del ministro ha incassato le adesioni di due eurodeputate: Daniela Rondinelli e Chiara Maria Gemma.
A breve, nonostante i registi dell’operazione neghino una campagna acquisti, potrebbero arrivare anche l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e l’ex sottosegretario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro.
Mentre l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino, entrata nella girandola dei nomi, chiude di netto: «Di Maio e diversi parlamentari hanno fatto una scelta che non condivido assolutamente, ma che non cancella quanto fatto e vissuto insieme in tutti questi anni. Che, nel bene e nel male, ci ha portato ad essere ciò che siamo».
(da il Corriere della Sera)

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ALLE CASSE DEL M5S L’ESODO COSTERÀ OLTRE 2,5 MILIONI

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

PER OGNI ELETTO IL M5S INCASSA 58.000 EURO L’ANNO, I CONTI SONO PRESTO FATTI

Il tesoriere del M5S Claudio Cominardi fa di conto, mentre il partito avvampa intorno alla scissione guidata da Luigi Di Maio. Come lo zio Lallo dell’Amarcord di Fellini, che continua a mangiare la sua coscia di pollo di fronte ai parenti che urlano, litigano e si minacciano, Cominardi si rifugia nei numeri, per capire il costo economico che il partito di Giuseppe Conte dovrà pagare. Non va scambiato per disinteresse.
Quei numeri hanno un peso per il futuro e le prospettive del partito, perché da qui alla fine della legislatura – secondo le prime stime – la perdita per i 5 stelle ammonterebbe a 2 milioni e 600 mila euro.
Alla Camera, dove si contano già 50 addii, le perdite sono più dolorose. Per ogni eletto, Montecitorio versa infatti al gruppo M5S circa 52 mila euro l’anno. La tesoriera dei deputati pentastellati, Francesca Galizia, porta a Cominardi i primi risultati: per i prossimi 8 mesi di legislatura, sono circa 36 mila euro in meno per ogni parlamentare uscito, quindi 1 milione e 800 mila euro. Serviranno dei tagli, dice Galizia, «sui contratti di collaborazione e sulle consulenze esterne: quelli li rivedremo immediatamente».
D’altronde meno deputati vuol dire anche meno lavoro da fare, ma «per il momento – assicura – non toccheremo i contratti dei dipendenti. Per ora non abbiamo questa necessità».
La cifra aumenta, contando anche i senatori in uscita, a quasi 2 milioni e 200 mila euro in meno per i gruppi parlamentari. E poi ci sono i soldi che finiscono nelle casse del partito.
Ogni parlamentare in uscita fa mancare nel bilancio del Movimento 12 mila euro l’anno. Si tratta dei mille euro che ogni eletto dovrebbe restituire al partito ogni mese.
Ed ecco i conti di Cominardi. Gli scissionisti sono 62, tra Camera e Senato, ma uno di loro arriva da Coraggio Italia, quindi sono 61: fanno 732 mila euro all’anno. «Aspetta, abbiamo ripreso Fenu» – «Il senatore? » – «Sì, dice che non va più con Di Maio. Resta con noi! ».
Un po’ poco per stappare lo champagne, ma almeno il conto scende a 720 mila euro l’anno. «Come non detto, abbiamo appena perso due europarlamentari».
Per gli 8 mesi che mancano alla fine della legislatura, diventano 416 mila euro in meno. Con i soldi tolti ai gruppi, complessivamente si superano i 2 milioni e 600 mila euro. Sempre che l’emorragia di parlamentari si fermi. E questa è una scommessa su cui Cominardi, forse, non punterebbe nemmeno un euro.
(da la Stampa)

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S-CORAGGIO ITALIA: ALLA CAMERA È STATO SCIOLTO IL GRUPPO DI BRUGNARO E TOTI, “CORAGGIO ITALIA”, PERCHÉ NON HA PIÙ IL NUMERO MINIMO DI VENTI DEPUTATI, PREVISTO DAL REGOLAMENTO

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

È L’EFFETTO DOMINO DELLA CREAZIONE DI “INSIEME PER IL FUTURO”: ORA CHE SUCCEDERÀ? FARANNO UN POLO UNICO?

Coraggio Italia non esiste più.
Il presidente della Camera Roberto Fico ha annunciato che il gruppo di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti a Montecitorio è stato sciolto.
La formazione, ha detto il presidente dell’Aula, “non risulta più composta dal prescritto numero minimo di venti deputati dal regolamento” e che “conseguentemente. I restanti componenti da oggi sono iscritti al gruppo Misto, mentre Giorgio Silli che era stato eletto segretario di presidenza in rappresentanza di quel gruppo cessa dalle funzioni”.
Un epilogo annunciato ieri da Repubblica provocato dall’effetto domino innescato dalla scissione di Di Maio e dalla creazione del suo gruppo Insieme per il Futuro.
Con le defezioni di due esponenti di Coraggio Italia (di cui uno passato al gruppo dell’ex 5Stelle), la formazione di Toti e Brugnaro è scesa a 18 deputati e, dunque, è stata sciolta.
Ora bisognerà vedere se gli esponenti centristi tenteranno di organizzarsi in altro modo, considerando che l’idea è di creare un polo che inglobi la nuova formazione di Di Maio. Il tentativo è di infittire i contatti con l’ex 5S Pizzarotti e con il sindaco di Milano Beppe Sala in vista delle Politiche del 2023.
(da agenzie)

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VOGLIONO SALVARE IL LEGHISTA: SOSPESO IL PROCESSO SALVINI-RACKETE

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

“DECIDA IL SENATO SULL’INSINDACABILITA’ DELLE FRASI DI SALVINI”…SE SEI PARLAMENTARE PUOI DIFFAMARE CHIUNQUE

È stato sospeso il processo milanese al leader della Lega Matteo Salvini accusato di diffamazione aggravata nei confronti di Carola Rackete, l’ex comandante della Sea Watch 3.
E questo perché il giudice monocratico Maria Burza ha trasmesso gli atti processuali al Senato per valutare se le frasi contro l’attivista tedesca, pronunciate via social nell’estate 2019, rientrino nell’insindacabilità delle opinioni espresse da un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni.
Saranno quindi i colleghi di Salvini a Palazzo Madama a valutare l’entità dell’espressione «sbruffoncella di questa comandante», «criminale tedesca», «ricca» e «viziata comunista».
Il giudice ha accolto parzialmente una delle eccezioni preliminari formulate dall’avvocato Claudia Eccher nella scorsa udienza del 9 giugno.
La legale di Salvini aveva chiesto il proscioglimento immediato dall’accusa sollevando una «causa di non punibilità», dovuta alla «insindacabilità» di quelle dichiarazioni ritenute un «messaggio politico» espresso nel «pieno esercizio» delle sue funzioni di senatore.
Secondo la difesa, rientravano nel contesto della manifestazione del pensiero di azione politica le frasi usate da Salvini sui social e riferite a Rackete, che era stata arrestata per poche ore per aver violato gli ordini delle autorità italiane (fu scagionata dalle accuse) in quanto aveva portato, il 29 giugno 2019, la Sea Watch 3 nel porto di Lampedusa per fare sbarcare i 53 migranti che erano a bordo della nave da più di due settimane.
«Non sono frasi che attengono ad un discorso di politica, anche del Ministero dell’epoca, ma veri e propri attacchi alla persona, alla sua dignità, espressioni di denigrazione, è stata un’aggressione diretta alla persona», aveva replicato il pm Giancarla Serafini, chiedendo che quell’eccezione preliminare di immediato proscioglimento venisse respinta.
«Siamo di fronte non alla frase brutta, ma ad un discorso di odio costruito da un soggetto che sfrutta la propria carica», aveva affermato, poi, l’avvocato di parte civile Salvo Tesoriero, legale col collega Alessandro Gamberini dell’attivista tedesca.
(da agenzie)

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NON SIAMO FUORI DAL TUNNEL: I NUOVI CASI COVID SONO AUMENTATI DEL 58.9% RISPETTO ALLA SETTIMANA PRECEDENTE, COSÌ COME I RICOVERI ORDINARI (+14,4%) E LE TERAPIE INTENSIVE (+12,6%).

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

LE NUOVE VARIANTI SPINGONO SU ANCHE I CASI DI REINFEZIONE: SONO OLTRE 532MILA, PARI AL 4% DEL TOTALE DEI CASI… IMPANTANATE LE VACCINAZIONI: CI SONO 4,03 MILIONI DI NON VACCINATI E 4,05 MILIONI DI VULNERABILI SENZA QUARTA DOSE

Contagi in rapida risalita (255.442 in 7 giorni, +58,9% rispetto alla settimana precedente), aumentano anche ricoveri ordinari (+14,4%) e terapie intensive (+12,6%).
Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe rileva nella settimana 15-21 giugno rileva una situazione in evoluzione con le altre curve in flessione, in particolare i decessi che tornano a scendere sensibilmente (-19%). «Assistiamo a una netta impennata dei nuovi casi settimanali con una media che supera i 36 mila casi al giorno» afferma Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe.
«Una netta ripresa della circolazione virale in tutto il Paese a cui ha contribuito la progressiva diffusione delle varianti BA.4 e BA.5 e che ha portato effetti già evidenti anche sugli ospedali: in particolare, in area medica dove in 10 giorni si registra un incremento di oltre 700 posti letto occupati da pazienti Covid». Di qui un invito alla cautela: «È impossibile stimare l’entità di questa risalita d’inizio estate. In più, lo stallo della campagna vaccinale ha generato una popolazione attualmente suscettibile all’infezione molto estesa: 4,03 milioni di non vaccinati, 5,51 milioni senza terza dose e 4,05 milioni di persone vulnerabili senza quarta dose».
In questa fase è fondamentale «ridurre la circolazione virale, in particolare indossando la mascherina nei locali al chiuso e potenziare la campagna vaccinale in tutte le persone a rischio di malattia grave. Non solo: bisogna evitare di disorientare la popolazione con proposte antiscientifiche e rischiose per la salute pubblica, quale l’abolizione dell’isolamento per i positivi»
Il monitoraggio nella settimana 15-21 giugno rileva, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (255.442 contro 160.751): l’incremento percentuale si registra in tutte le Regioni (dal +31,3% della Valle D’Aosta al +91,5% del Friuli-Venezia Giulia). Tornano a scendere i decessi (337 contro 416), con una media di 48 vittime al giorno rispetto ai 59 della settimana precedente. Scendono leggermente anche gli attualmente positivi (599.930 contro 603.882) e le persone in isolamento domiciliare (594.921 contro 599.500), in calo rispettivamente di -0,7% e 0,8%. Peggiora la situazione negli ospedali dove aumentano i ricoveri con sintomi (4.803 contro 4.199) e le terapie intensive (206 contro 183)
Il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid è del 7,5% in area medica e del 2,2% in area critica. «In lieve aumento gli ingressi in terapia intensiva – spiega Marco Mosti di Gimbe – con una media mobile di 23 ingressi al giorno rispetto ai 20 della settimana precedente». In aumento il numero dei tamponi totali (1.300.905, +12,6% rispetto alla settimana precedente), con un tasso di positività che sale al 9,5% per i tamponi molecolari e al 23% per gli antigenici rapidi.
Nuove varianti
La flash survey dell’Istituto superiore di sanità condotta su campioni del 7 giugno conferma l’aumentata prevalenza delle sotto-varianti BA.4 e BA.5, rispettivamente all’11,4% (range 0-32,3%) e al 23,2% (range 8-100%), a scapito della BA.2 che scende al 63% (range 0% – 85,7%). Cartabellotta sottolinea che la «cadenza mensile delle flash survey» e un «campionamento statistico insufficiente» non permette di «rispondere tempestivamente alla diffusione di nuove varianti».
Al momento, BA.4 e BA.5 non si associano ad una maggior gravità della malattia, ma sono più trasmissibili di BA.2 ed aumentano la probabilità di reinfezione visto che hanno maggiori capacità di evadere la protezione immunitaria da vaccino o guarigione. «L’eventuale impatto sui ricoveri ospedalieri delle nuove varianti – commenta Cartabellotta –dipende dall’entità nell’aumento dei casi, oltre che dai tassi di copertura vaccinale della popolazione con tre dosi, o della quarta dose nelle persone vulnerabili».
Reinfezioni
Secondo l’ultimo report dell’Iss, nel periodo 24 agosto 2021-12 giugno 2022 sono state registrate in Italia oltre 532 mila reinfezioni, pari al 4% del totale dei casi. La loro incidenza nella settimana 9-15 giugno si è attestata al 7,4% (13.152 reinfezioni), in aumento rispetto alla settimana precedente (6,3%). «Il rischio di reinfezione – spiega Cartabellotta – è maggiore per alcune categorie: le persone d’età 12-49 anni rispetto agli over 50, le donne rispetto agli uomini, le persone con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni, le persone non vaccinate (che presentano il rischio maggiore di reinfezione) o vaccinate con almeno una dose da oltre 120 giorni, gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione»
Vaccini
Al 22 giugno, l’88,1% della platea (50.797.838 persone) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+8.611 rispetto alla settimana precedente) e l’86,6% ( 49.920.755 persone) ha completato il ciclo vaccinale (+13.047 rispetto alla settimana precedente).Nella settimana 15-21 giugno diminuiscono i nuovi vaccinati: 2.981 rispetto ai 3.253 della settimana precedente (-8,4%). Sono 6,85 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, di cui 4,03 milioni attualmente vaccinabili e 2,82 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da meno di sei mesi.
Quarta dose
Al 22 giugno sono state somministrate 316.667 quarte dosi a persone immunocompromesse, con un tasso di copertura nazionale del 40% e una media di 1.862 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 2.283 della scorsa settimana (-18,4%). Al 22 giugno sono state somministrate 845.043 quarte dosi a over 80, fragili (60-79 anni) e ospiti Rsa, con un tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 19,1% e una media mobile di 5.669 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 6.820 della scorsa settimana (-16,9%).
(da il Corriere della Sera)

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LA SCISSIONE FA MALE A DI MAIO E A CONTE: I SONDAGGI DANNO DI MAIO INTORNO AL 3%, IL M5S SOTTO LA SOGLIA DEL 10%

Giugno 23rd, 2022 Riccardo Fucile

MA PER DI MAIO C’E’ LA POSSIBILITA’ DI ENTRARE IN UN RASSEMBLEMENT CHE COMPRENDA ANCHE SALA, NARDELLA E BRUGNARO

Su un punto sono tutti d’accordo: la storia insegna che le scissioni penalizzano sempre chi le fa ma anche chi le subisce. Ora che l’addio di Di Maio al M5S è una realtà, i sondaggisti si chiedono quale peso possa avere questa formazione e se, e quanto, potrà danneggiare Giuseppe Conte.
Per avere delle rilevazioni sul campo bisognerà aspettare come minimo la settimana prossima, ma di certo nessuno si aspetta che un partito del ministro degli Esteri possa fare performance superiori al 3%, a meno che il progetto non sia più allargato come lui stesso ha lasciato intuire ad altre personalità come Beppe Sala, Dario Nardella o Luigi Brugnaro.
Ma a rischiare è anche il M5S che, dopo essere precipitato dal 32% delle Politiche all’attuale 12-13%, ora potrebbe scendere sotto la soglia psicologica del 10%.
§Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos, preferisce non dare delle cifre però sottolinea che il centro, a cui Di Maio sembra guardare, è «un’area molto affollata» e «in un quadro politico tendenzialmente ancora polarizzato non va, tutti compresi, oltre il 15%».
A parlare di consensi molto probabilmente «trascurabili» per un eventuale partito del ministro degli Esteri, è invece Roberto Weber, presidente di Ixè. «Molto meno del 2-3%», sostiene. E il M5S? Dipende da Conte. Potrebbe anche non subire danni anche perché «nel ranking del gradimento dei leader, Draghi è sempre al primo posto ma al secondo c’è lui». «Ma tutto ciò ha bisogno di essere nutrito da atti politici, non da ambiguità», sottolinea.
In effetti, nelle classifiche di apprezzamento dei leader Luigi Di Maio, a differenza del presidente M5S, non ha mai brillato. Allo stesso tempo, però, Conte non è ancora riuscito a tradurre in consensi nelle urne quella stima che registrano le rilevazioni. Inoltre bisogna capire anche quale distribuzione territoriale avranno i voti, visto che M5S è un partito radicato al Sud.
Per Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, la scissione penalizzerà «tantissimo» il Movimento anche perché ora «definitivamente non sono più visti come quelli di Grillo, anche se lui resta garante. Conte doveva essere la congiunzione tra l’ala movimentista e quella governista ma adesso mancano le radici». Il punto è anche quale spazio andrà ad occupare Di Maio. «Lui spiega ancora – rappresenta più quell’area di centro che non è nuova in Italia ma non è più così corposa. I moderati di oggi cercano risposte, non testimonianze», quindi «probabilmente ci troviamo sotto il 2-3%».
Anche Antonio Noto, direttore di Noto sondaggi, preferisce non dare cifre ma ammette che «c’è il rischio» che i pentastellati scendano sotto la doppia cifra perché «Di Maio era più radicato di quanto non sia Conte che è visto un po’ come un estraneo».
Quali performance elettorali potrà fare il ministro degli Esteri, però, dipende anche dal progetto. «È possibile che non nasca un partito di Di Maio ma un partito in cui c’è anche Di Maio e questo cambierebbe il consenso»
E questa ipotesi (seppur leggermente in rialzo) è sostenuta anche da Giovanni Diamanti di YouTrend (che parla di 3/4%). Ovviamente stiamo parlando del “peso” del nome. Perché eventuali alleanze con altri partiti o personalità del mondo della politica potrebbero cambiare le carte in gioco. Come l’ipotesi di un fronte centrista insieme al sindaco di Milano Beppe Sala.
(da agenzie)

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