Destra di Popolo.net

IL PROPRIETARIO DELL’AZOVSTAL FA CAUSA ALLA RUSSIA PER LA DISTRUZIONE E IL SACCHEGGIO DELL’ACCIAIERIA

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

AZIONE LEGALE ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI PER UN RISARCIMENTO DANNI MILIONARIO … POSSIBILE IL PIGNORAMENTO DI BENI RUSSI IN EUROPA

Guerra in Ucraina e battaglie legali: il proprietario dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, l’oligarca ucraino Rinat Akhmetov, ha intentato una causa contro la Russia presso la Corte europea dei diritti umani (Cedu).
Lo ha dichiarato lo stesso Akhmetov in una nota pubblicata sul sito della holding Scm.
L’uomo d’affari chiede alla Cedu di ritenere la Russia responsabile per la distruzione delle infrastrutture ucraine, nonché per il saccheggio e la rimozione delle merci esportate dal Paese.
Akhmetov chiede anche alla corte di adottare misure provvisorie urgenti che impediscano un ulteriore blocco dei porti ucraini, il saccheggio, l’esportazione di grano dall’Ucraina e l’acciaio prodotto dalle imprese della Scm. Per la violazione dei diritti di proprietà Akhmetov chiede il risarcimento dei danni alla Russia.
«Il male non può rimanere impunito. I crimini della Russia contro l’Ucraina e ogni ucraino sono eclatanti. I responsabili devono essere puniti. Io, con l’aiuto dei migliori avvocati ucraini e americani, ho sporto denuncia alla Corte europea dei diritti dell’uomo per il risarcimento dei danni. Questa causa è una delle prime azioni legali internazionali contro la Russia, il cui scopo è fermare le attività criminali dell’aggressore russo, la distruzione dell’economia ucraina e il saccheggio dei beni ucraini», ha affermato Akhmetov.
(da Globalist)

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TOSI SI TOGLIE I MACIGNI DALLE SCARPE: “SBOARINA HA SCELTO DI PERDERE. LA RESPONSABILITÀ POLITICA È DI GIORGIA MELONI, CHE HA PUNTATO SUL CANDIDATO SBAGLIATO”

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

“IL PREMIER DEVE ESSERE UNA FIGURA EUROPEISTA, ATLANTISTA, PRAGMATICA E NON POPULISTA. LA MELONI HA TANTI VOTI MA NON HA QUESTE CARATTERISTICHE”

All’indomani della vittoria di Damiano Tommasi, che riconsegna dopo quindici anni le chiavi della città di Verona al centrosinistra, Flavio Tosi non usa mezzi termini per commentare una sconfitta figlia delle divisioni.
«Federico Sboarina ha scelto di perdere – spiega l’ex primo cittadino scaligero – e la responsabilità politica di questo risultato è chiara».
A chi si riferisce?
«È stata Giorgia Meloni ad impuntarsi sul candidato sbagliato, come è successo anche a Catanzaro e a Parma. Dico sbagliato perché se al primo turno un sindaco uscente prende il 32% vuol dire che qualche problema nell’amministrazione della città lo ha avuto. E poi non ha saputo gestirlo».
In che senso?
«Rinunciare al 23 per cento dei voti è stato irragionevole. È vero che io e Sboarina non siamo in buoni rapporti, ma sono un uomo di partito e consideravo il primo turno come una sorta di primaria: se uno dei due va al ballottaggio l’altro lo sostiene. Il 13 giugno gli ho offerto l’apparentamento dicendo che il risultato era pericoloso».
Cosa le ha detto?
«Mi ha risposto con arroganza che avrebbe vinto da solo. Gli ho scritto anche la sera del 18, il giorno prima della scadenza. Mi ha detto che l’obiettivo doveva essere quello di far prendere meno seggi possibili al centrosinistra in consiglio comunale. Ma bisognava vincere. A parti inverse io avrei accettato».
Poi avreste dovuto governare assieme
«Il sindaco sarebbe stato lui. Nel mio primo mandato avevo tutti i partiti del centrodestra alleati e non mi sentivo commissariato. Un sindaco che ha questa paura è un sindaco debole e quindi sbagliato».
Perché insiste con questo aggettivo?
«In questi anni Sboarina ha bloccato la città. A novembre scorso era uscito un bando di fondi del Pnrr da 4,3 miliardi sul trasporto pubblico per i comuni con più di 100mila abitanti: Padova ha partecipato e si è portata a casa 335 milioni per la mobilità, mentre Verona è rimasta a guardare».
Le divisioni si possono ricomporre?
«Il problema è che la Meloni rivendica la leadership perché ha più voti, ma il premier non è automaticamente il capo del partito più forte, altrimenti Marine Le Pen farebbe il primo ministro in Francia. Il premier deve essere una figura europeista, atlantista, pragmatica e non populista. La Meloni ha tanti voti ma non ha queste caratteristiche».
E chi sarebbe la persona adatta?
«Non sono io a fare i nomi, ma se Draghi dovesse farsi una tessera di partito sicuramente sarebbe quella di Forza Italia. Siamo noi il riferimento del centrodestra europeo e di quell’area liberale e riformista che è maggioritaria nel Paese. Dopo la pandemia è cambiato il modo di votare, oggi i cittadini vogliono responsabilità, serietà e competenza».
A proposito, come vi comporterete in consiglio comunale?
«Come minoranza continueremo ad essere pragmatici e così giudicheremo la politica che porterà avanti Damiano Tommasi, facendo l’interesse della città, anche dall’opposizione».
E il suo futuro come lo vede?
«Ho sulle spalle anni di lavoro sul territorio, esperienza ed entusiasmo che ora sono a disposizione di Forza Italia e del presidente Berlusconi. Poi sarà il partito a decidere come spenderli».
(da il Giornale)

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NEI SONDAGGI TRA UN VOTO E L’ALTRO IL CENTRODESTRA NON HA RIVALI. MA QUANDO DEVE MISURARSI NELLE ELEZIONI VERE, FA CILECCA

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

TROPPE RIVALITÀ, TROPPE ANIME DIVISE E NESSUNO CHE SAPPIA PIÙ TENERE QUESTI MONDI INSIEME…BERLUSCONI, MELONI E SALVINI SI PARLERANNO? IL PRANZO PUO’ FINIRE A TORTE IN FACCIA, LE PREMESSE CI SONO

Come la linea dell’orizzonte: più il centrodestra insegue la vittoria e più questa, dispettosamente, si allontana.
In autunno le Amministrative erano state un bagno di sangue perfino a Roma, dove eleggere il sindaco sembrava facile quanto segnare un rigore a porta vuota; colpa delle liti, si disse, che avevano impedito di scegliere il candidato adatto.
Domenica ai ballottaggi altro calcio di rigore, e di nuovo il centrodestra l’ha fallito anche dove, vedi Verona o Catanzaro, sbagliare mira era praticamente impossibile.
Come otto mesi fa Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi riconoscono che così non si fa strada, e ieri è stato un coro: «Voltiamo pagina, smettiamola di bisticciare, incontriamoci, parliamo». Ma vedersi per parlare di cosa? Qui nasce il problema.
Nel centrodestra c’è tutto da chiarire, da cima a fondo. Come atteggiarsi tra Russia e America. Quali strategie adottare in Europa. Che atteggiamento tenere rispetto a Mario Draghi. Il programma da presentare alle Politiche del 2023. Chi guiderebbe nel caso il governo e con quale squadra ministeriale
Sono le domande in fondo banali che qualunque elettore si pone.
Ma fino adesso non sono arrivate risposte; soltanto invidie e ripicche; battibecchi pubblici e silenzi privati; sgambetti e colpi bassi.
L’incertezza sulle prospettive ha generato sfiducia tra gli elettori; l’analisi dei flussi, svolta tempestivamente dall’Istituto Cattaneo, documenta che il massimo di astensionismo si è registrato a destra; in attesa di tempi migliori, più di qualcuno se n’è andato al mare.
Ora finalmente si parleranno. Berlusconi mette casa a disposizione per un incontro conviviale. Salvini, sentito al telefono, gli ha già dato l’ok; oggi o domani Silvio consulterà Meloni che sulla carta è disponibile, anzi non vede l’ora, così assicura. Però, da persona pragmatica qual è, detesta i voli pindarici.
Più che rivolgere lo sguardo alle prospettive lontane, agli scenari del futuribile, Giorgia concentrerebbe l’attenzione sulle prossime e più immediate scadenze, in modo da non sbagliare il terzo rigore consecutivo quando dopo l’estate si tornerà alle urne per le Regionali in Sicilia. Meloni chiede, anzi pretende chiarezza sul destino del governatore uscente Nello Musumeci, che lei sostiene a spada tratta ma Forza Italia e Lega vedono come fumo negli occhi per certi atteggiamenti “duceschi”.
Meloni battaglierà per averla vinta.
Dunque il timore è che, invece di consacrare la ritrovata unità di intenti, il pranzo berlusconiano possa finire come nei cortometraggi del cinema muto: a torte in faccia. Le premesse ci sono eccome.
Basta ascoltare i commenti sul voto. Berlusconi predica l’unità, salvo razzolare malissimo quando segnala che la destra vince se si affida a candidati di centro, vale a dire i suoi.
Saranno contenti i Fratelli d’Italia, trasformati nei portatori d’acqua dei “berluscones”. Meloni in un video bersaglia Salvini senza farne il nome, che però è trasparente: lo accusa di avere sabotato il candidato sindaco di Verona, di averlo mollato mentre ancora avrebbe potuto recuperare lo svantaggio, e Matteo (racconta chi gli sta intorno) si è dovuto mordere la lingua: avrebbe avuto voglia di rispondere a tono, rinfacciandole una fila di prepotenze, di “ukase” accompagnate da mancanza di coraggio come quando Sboarina ha rifiutato di apparentarsi con Tosi, e lei avrebbe dovuto prenderlo per le orecchie anziché allargare le braccia.
Un Capo con la maiuscola deve assumersi le proprie responsabilità. Ma poi, per quieto vivere, Salvini ha preferito incontrare il presunto nemico Giancarlo Giorgetti e, insieme, confermare ad Attilio Fontana che nessuno gli sfilerà la poltrona, sarà di nuovo lui (non Letizia Moratti) a guidare la Regione Lombardia, elettori permettendo
Le somme si tireranno dopo le urne perché nulla è scontato, nemmeno il primato della Meloni che «sfonda solo sui giornaloni ma non tra gli elettori», si consolano a Via Bellerio, quasi fosse per loro una buona novella.
In sintesi: nei sondaggi tra un voto e l’altro il centrodestra non ha rivali. Ma quando deve misurarsi nelle elezioni vere, quello schieramento fa da un po’ di tempo cilecca.
Troppe rivalità tra i leader, troppa confusione di idee, troppe anime divise.
Guido Crosetto ne fa il censimento: «C’è la destra populista, la liberale, la cattolica, la libertaria, la fascista, l’antifascista, di tutto».
Tramontato l’astro del Cavaliere, nessuno che sappia più tenere questi mondi insieme.
(da la Stampa)

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GRILLO HA MESSO TERMINE ALLA RICREAZIONE DELL’ASILO MARIUCCIA: “CARO GIUSEPPE, SI RESTA AL GOVERNO. ANCHE SE NOI USCIAMO, DRAGHI RIMANE IN PIEDI A PALAZZO CHIGI, QUINDI DIVENTIAMO ININFLUENTI, IL PD CI RIPUDIA E CONTEREMO MENO DI QUEL POCO CHE CONTIAMO ADESSO”

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

“IL LIMITE AI DUE MANDATI DEVE RESTARE “SENZA DEROGHE”. QUAL È IL CRITERIO PER FARE UNA DISTINZIONE: L’ANZIANITÀ, L’AMICIZIA, LA SIMPATIA?… GRILLO A BONAFEDE, ARRIVATO AL SECONDO GIRO DI BOA: “ALFONSO, DAI. TORNERAI A FARE L’AVVOCATO”

Lo show romano di Beppe Grillo è stata la prova verificata che di Elevato ce n’è uno solo. Il solo a possedere un intuito politico e una leadership sociale: con quattro lazzi ha messo termine alla ricreazione dell’asilo Mariuccia messo su da Giuseppe Conte.
Primo punto: Caro Giuseppe, si resta al governo. Anche se noi usciamo, e facciamo felici Travaglio e Di Battista, Draghi rimane in piedi a palazzo Chigi, quindi diventiamo ininfluenti, il Pd ci ripudia e conteremo meno di quel poco che contiamo adesso.
Secondo punto: Caro Conte, il limite ai due mandati deve restare “un tema identitario imprescindibile” e “senza deroghe”. Qual è il criterio per fare una distinzione sulle deroghe: l’anzianità, l’amicizia, la simpatia? Tu dici che, senza deroghe, ci sarebbe un esodo verso Di Maio? Ma anche Luigino non riuscirà mai ad eleggerli tutti, anche Di Maio avrà presto i suoi problemi.
Terzo punto: Caro avvocato, una deroga al limite dei due mandati per sbloccare la candidatura di Giancarlo Cancelleri in Sicilia, te la puoi sognare. Griillo si ricorda benissimo che quando si aprì uno scontro contro di lui, il comitato di garanzia era formato da Cancellieri, Roberta Lombardi e da Crimi. Permaloso com’è, l’Elevato non permetterà mai a Cancellieri di ricandidarsi al terzo mandato. Non solo: se Cancellieri non verrà candidato, Conte prende l’1% in Sicilia.
Ancora: malgrado le supercazzole che spara dalla Gruber, Conte non vuole il ritorno di Dibba perché andrebbe ad oscurare Taverna e Crimi.
Ultimo punto: Egregio avvocato, se ti interessa ancora fare il presidente del Movimento, devi seguire quello che ti dico io. Amen.
(da Dagoreport)

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BUFALE RUSSE FATTE CIRCOLARE DAI SOVRANISTI: NO, QUESTO NON E’ UN COMBATTENTE DEL BATTAGLIONE AZOV

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

NAZISTA BIELORUSSO PREGIUDICATO SPACCIATO PER SOLDATO UCRAINO

Quella di spacciare personaggi cosparsi di tatuaggi nazisti per membri dell’amministrazione o dell’esercito ucraino, sembra ormai una tradizione della propaganda filo-russa.
Lo avevamo già visto in altri casi. Per esempio, quello del presunto capo della polizia di Kiev, rivelatosi essere un pregiudicato di San Pietroburgo, che secondo fonti estoni sarebbe stato già utilizzato da Mosca per inquinare le manifestazioni politiche nel 2017.
Oggi tocca a un altro uomo, ritenuto membro battaglione Azov.
Anche in questo caso abbiamo l’esibizione di immagini repellenti, dove il personaggio si presenta con una divisa nazista tatuata sul corpo.
Le condivisioni Facebook hanno raggiunto anche le pagine italiane Anche stavolta però ci troviamo di fronte a un autogol clamoroso.
Per chi ha fretta:
L’immagine di un uomo con tatuaggi nazisti viene condivisa presentandolo come un membro del battaglione Azov, senza fornire prove a supporto.
Una ricerca per immagini dei colleghi di Ellinika Hoaxes porta alle fonti della polizia di Minsk.
Si tratta di un pregiudicato noto in Bielorussia, per altro arrestato di recente.
Analisi
Secondo i colleghi greci di Ellinika Hoaxes il primo a rilanciare le immagini del presunto nazista ucraino è stato il giornalista Thanasis Avgerinos.
Ma la fonte originale è un canale Telegram della Bielorussia, “Centro” Э “του, (Centro per la lotta all’estremismo in Bielorussia). Ricordiamo che il Paese ha agevolato il passaggio delle truppe russe dirette a Kiev, concedendone il passaggio attraverso il loro territorio
Nelle narrazioni che circolano nelle condivisioni Facebook italiane sembra sufficiente esibire tatuaggi nazisti per essere automaticamente membri del battaglione Azov. Vere fonti a supporto non pervenute.
L’uomo era stato arrestato il 16 giugno scorso a Minsk. Sappiamo che si è pure scusato con le autorità bielorusse, sostenendo di aver cambiato idea: “Sono nato nel 1986. Sono stato più volte condannato ai sensi dell’articolo 207, comma 1, e 339, comma 3. Chiedo scusa ai veterani per i miei tatuaggi e prometto in un prossimo futuro di rimuoverli o di coprire i simboli fascisti, cui ho rinunciato”.
Gli articoli a cui fa riferimento sono proprio quelli del Codice penale bielorusso (207 e 339).
Conclusioni
In nessun modo le foto in circolazione su Facebook dimostrano che l’uomo coi tatuaggi nazisti sia ucraino, tanto meno che possa far parte del battaglione Azov, dati i trascorsi giudiziari e il recente arresto.
Dalla fonte originale, come illustrato dai colleghi greci a cui va il merito del fact-checking, sappiamo soltanto che «il 36enne è stato arrestato da un servizio speciale del ministero dell’Interno bielorusso nella capitale della Bielorussia, Minsk, il 16 giugno 2022. Le sue foto sono trapelate sui social media dopo il loro annuncio su un canale bielorusso gestito dal “Centro per la lotta all’estremismo in Bielorussia».
(da Open)

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RUSSIA CRIMINALE: ARRESTATO IVA YASHIN, UNO DEI PRINCIPALI OPPOSITORI DI PUTIN

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

L’ACCUSA E’ DI “DISOBBEDIENZA ALLA POLIZIA”

Guerra in Ucraina e repressione in Russia: lya Yashin, uno dei principali oppositori russi, è stato fermato ieri sera mentre si trovava in un parco del centro di Mosca assieme alla giornalista Irina Babloyan: lo riferisce il Moscow Times citando la reporter.
Babloyan ha poi dichiarato di aver saputo che Yashin è stato accusato di disobbedienza alla polizia, motivo per il quale rischia fino a 15 giorni di reclusione. Le accuse rivolte a Yashin sono ovviamente ritenute di matrice politica. Vadim Prokhorov, avvocato del dissidente, ha dichiarato che non gli è stato consentito di vedere il suo assistito in commissariato.
Yashin, 38 anni, ha condannato l’invasione dell’Ucraina ordinata da Putin ed è tra le poche figure di spicco dell’opposizione a non aver lasciato la Russia. Il governo russo sta inasprendo sempre più la censura e la repressione del dissenso. A marzo in Russia è pure entrata in vigore una «legge bavaglio» che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni sulle forze armate che dovessero essere ritenute «false» dalle autorità russe.
(da agenzie)

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IL CENTRODESTRA CONFERMA UNA MINORE CAPACITÀ DI MOBILITARE IL PROPRIO ELETTORATO NEI BALLOTTAGGI

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

GLI ELETTORI SOVRANISTI SONO DEI VERI MILITANTI, GUAI A PERDERE UNA DOMENICA PER L’IDEALE: PRIMA L’ITALIA? NO, “PRIMA LA VACANZA”

Il centrodestra, anche a queste elezioni amministrative, ha confermato una minore capacità di mobilitare il proprio elettorato.
E questa dinamica, specie nella contrapposizione secca dei ballottaggi, ha favorito l’ampia affermazione dei candidati sindaci del centrosinistra. Specie al secondo turno, infatti, l’astensionismo ha coinvolto molti più sostenitori di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia; mentre il Pd, con o senza M5S, ha dimostrato di avere candidati più attrattivi.
È la fotografia scattata dall’Istituto Cattaneo, analizzando i flussi elettorali.
In 3 delle 4 città considerate in questa analisi (Monza, Parma, Alessandria e Catanzaro), il candidato di centrodestra ha visto diminuire i suoi voti (in valore assoluto).
«Lo stesso fenomeno si verifica anche altrove, come a Sesto San Giovanni, dove pure il centrodestra ha vinto, o a Piacenza, dove il centrosinistra ha incrementato il vantaggio che già aveva – sottolineano i ricercatori del Cattaneo -: ciò rende plausibile l’ipotesi che la causa sia da ricercare non solo in dinamiche di tipo locale ma nasca anche da ragioni nazionali», che spingono l’elettorato di centrodestra a disertare le urne in occasione di competizioni considerate meno rilevanti.
Mettendo a confronto i flussi tra macro-aree politiche dalle elezioni europee del 2019 ai ballottaggi odierni, l’analisi rileva che «l’elettorato di centrodestra subisce perdite verso il non-voto più consistenti di quelle del centrosinistra; una parte notevole di chi nel 2019 aveva votato M5S si disperde nel non-voto; i passaggi di campo da centrodestra a un candidato di centrosinistra (o viceversa) sono abbastanza limitati (e perlopiù equivalenti) nelle città del Nord (Alessandria, Monza, Parma), mentre sono molto consistenti in quella del Sud (Catanzaro)».
«A Monza – sostiene ancora il Cattaneo – l’affluenza è calata di circa dieci punti percentuali (dal 46,6% al 36,8%). Tra primo e secondo turno si sono inoltre ribaltate le gerarchie tra i candidati del centrodestra e del centrosinistra.
Al primo turno era in testa Allevi (centrodestra). Al ballottaggio ha invece vinto Pilotto (centrosinistra). In due settimane, mentre Pilotto ha leggermente incrementato il suo pacchetto di voti (da 17.767 a 18.307), Allevi ha perso per strada più di 3.000 voti (da 20.891 a 17.445)». Il secondo turno di Alessandria presenta le medesime dinamiche di Monza. Simile è stato il calo dell’affluenza (da 46,7 a 37,1%).
Anche ad Alessandria il candidato di centrodestra (che era sindaco uscente) ha perso un po’ di voti rispetto al primo turno: due settimane fa avevano votato per Cuttica di Revigliasco 13.805 alessandrini, ieri lo hanno fatto 12.225. Al contrario, il candidato di centrosinistra ha incrementato il proprio bacino elettorale, passando da 13.214 a 14.590. Anche nel Comune piemontese, come a Monza, si è dunque verificato un ribaltamento di situazione rispetto al primo turno.
A Parma la vittoria netta di Guerra ha ribadito e ampliato quanto emerso dalle urne due settimane fa. Il calo dell’affluenza è stato piuttosto forte (oltre 12 punti percentuali, dal 51,8% al 39,2%). Rispetto al primo turno, entrambi i candidati (Guerra e Vignali) incrementano i propri voti (il primo passa da 32.567 a 37.319, il secondo da 15.666 a 19.062).
(da agenzie)

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ARRIVERÀ ALL’UCRAINA, GIÀ AI PRIMI DI LUGLIO, IL SISTEMA NASAMS, MISSILI TERRA-ARIA A MEDIO E LUNGO RAGGIO

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

OLTRE A QUESTO, ARRIVERANNO MUNIZIONI PER I 100 HOWITZER M777 E RADAR HI-TECH… LA NATO PORTA LA SUA FORZA DI REAZIONE RAPIDA DA 40 A 300 MILA UOMINI

Il sostegno del G7 all’Ucraina continuerà fino a quando sarà necessario, “as long as it takes”, si legge nel comunicato che i Grandi hanno diffuso dopo aver dialogato al Castello di Elmau con Zelensky collegato in videoconferenza, e si articolerà lungo tre direzioni: la consegna di armamenti ad hoc; nuove sanzioni; e il tetto sul prezzo dell’energia. Partita complessa quest’ ultima, come ha spiegato in un botta e risposta con i giornalisti Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale Usa: «È un metodo nuovo, serio ma complesso, e per questo serve il lavoro di tecnici e la collaborazione fra più ministeri». […]
Sulle armi Washington […] ha anticipato le richieste di Zelensky che ha incalzato i leader dicendo di voler “chiudere la guerra entro l’anno”. Il presidente ucraino nel suo intervento he chiesto l’invio di batterie anti-missile ricordando l’attacco su Kiev di domenica.
Arriverà già ai primi di luglio il sistema Nasams (National Advanced Surfaced to Air Missile Systems), missili terra-aria a medio e lungo raggio. Sono 12 i Paesi che li posseggono, gli Usa li acquisteranno in Norvegia e li gireranno a Kiev.
Oltre a questo, arriveranno munizioni per i 100 howitzer M777 e radar hi-tech. Sullivan ha evidenziato che le armi che giungeranno a Kiev “sono tagliate su misura per le esigenze” attuali. Il Pentagono ha notato un aumento dei raid missilistici, nel solo weekend ne sono stati contati 60.
La questione militare e della sicurezza sarà al centro del summit della Nato che domani si apre a Madrid. Anticipando i temi, ieri Stoltenberg ha sottolineato che «la prima minaccia è tornata a essere la Russia». Per far fronte a questa, la forza di reazione rapida passerà da 40mila effettivi a 300mila, e verrà potenziato il fianco orientale con brigate nei Baltici e in Polonia.
Prima di volare a Madrid (Biden avrà un bilaterale con il premier Sanchez) i Grandi chiuderanno la tre giorni di Elmau Schloss non prima di aver messo a fuoco un altro tema, il nucleare iraniano.
Ci sarà un incontro fra Biden, Macron, Scholz e Johnson, ovvero i Paesi protagonisti dell’intesa del 2015 (insieme a Russia e Cina) con Teheran. Washington ha espressamente detto di voler tornare a quell’accordo e il Qatar si è offerto di mediare un incontro fra inviati Usa e iraniani.
Uno dei punti di dissidio fra i leader è il rapporto con Putin. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto che «le relazioni con la Russia non torneranno quelle di prima», ma è la stessa Germania – affiancata dalla leadership della Ue – a considerare la partecipazione al G20 indonesiano dell’autunno dove Putin ha confermato la sua presenza. Gli americani hanno già in messo in atto in altri consessi il boicottaggio dinanzi alla presenza di inviati russi. E Biden non ha escluso di non andare a Bali se ci sarà Putin. Ma lì, fra 20 capi di Stato di ogni parte del mondo, il capo del Cremlino non sarà così isolato.
(da agenzie)

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CHI SARÀ MAI IL O LA VICEPRESIDENTE DEL M5S CHE GETTA FANGO E VELENO SU GRILLO?

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

SENZA DEROGA AL LIMITE DEL DOPPIO MANDATO, IN TANTI SONO PRONTI A SALTARE SUL CARRO DI LUIGI DI MAIO

“Solita stanza: la 302, quella con il salottino”. Beppe Grillo è arrivato all’hotel Forum. Da qui per anni, che sembravano eterni, ha deciso le sorti del governo e della capitale d’Italia.
Questa volta è diverso, però. Dalla sua finestra si sovrappongono i fasti imperiali dell’Urbe e le rovine del M5s. Sotto un sole giaguaro, solita ressa di telecamere e fotografi in debito di ossigeno. Passano i taxi. Capiscono chi è arrivato. Partono maledizioni: “A’ nfame”.
E pensare che i tassisti furono grandi elettori grillini. Il garante al Forum fa tre incontri: Giuseppe Conte (per il no al terzo mandato), Domenico De Masi (per massimi sistemi) e il tesoriere Claudio Cominardi (per il suo contratto di consulenza, che balla). Grillo è arrivato a Roma con il treno. Si fermerà per due, massimo tre notti.
Ai suoi amici del Forum ha detto: “Vedrete, ci saranno sorprese, ci riprenderemo”. Chissà se ci crede sul serio. C’è questo piccolo particolare della scissione capitanata da Luigi Di Maio, ex prodotto d’eccellenza della casa madre pentastellata. Mentre Grillo e Conte si parlano e pranzano insieme – l’ex premier se ne andrà da un’uscita secondaria per non farsi fotografare – arrivano sul cellulare notizie da Di Maio.
In Campania, tre consiglieri regionali su sei del M5s sono passati a “Insieme per il futuro”. Scelta simile in Abruzzo, dove la capogruppo ed ex candidata alla presidenza della regione Sara Marcozzi ha salutato la vecchia compagnia. Ma questi ormai sono dettagli, che dalle parti del M5s mettono in conto.
Così come nuove uscite parlamentari verso Luigi Di Maio (chissà che farà Alfonso Bonafede, per esempio, da giorni non fa che lamentarsi di Conte anche con i commessi della Camera). E comunque Grillo sta qui perché deve mettere in sicurezza il suo contratto di consulenza da 300 mila euro e per capire con Conte il da farsi.
Dall’incontro con l’ex premier spunta l’ipotesi che potrebbe esserci una deroga per i parlamentari arrivati al secondo mandato. Ma solo per il dieci per cento di loro. Bonus dieci per cento. Da rapidi calcoli ne sono rimasti poco meno di cinquanta e dunque i salvati potrebbero essere cinque: Taverna, Crimi, Fico.
Con una ressa bestiale per gli ultimi due posti: ci sono i ministri D’Incà e Dadone, Sibilia, i malmostosi Bonafede e Fraccaro, gli ex Toninelli e Grillo e una valanga di volti storici che salvo miracoli saranno fuori.
Uno per tutti: Carlo Sibilia. Scatta l’ora del panico generale. Si fanno conti che non tornano mai.
De Masi invece dirà a Grillo che al M5s converrebbe uscire dal governo per rappresentare i dodici milioni di poveri che andranno incontro a un autunno lacrime e sangue.
Uscita da sinistra, nel segno di Jean-Luc Mélenchon. Nel M5s si parla solo del secondo mandato e della possibilità di ritornare alla Camera o in Senato.
A dire il vero anche Conte vorrebbe dare una scossa: cambiare tutto. Anche il simbolo del M5s, magari con il suo nome nello stemma da barrare. Di Maio ha lasciato una casa che sembra andrà in fiamme. Tutti contro tutti. Grillo è atteso nel pomeriggio a Montecitorio per vedere in faccia i componenti nelle singole commissioni.
C’è chi mastica amaro tra i vicepresidenti del M5s: “E’ indagato per traffico d’influenze e vede gli eletti senza dirigenza: non è opportuno, è un errore strategico e politico”.
Sono sfoghi che la nuova guardia contiana si lascia sfuggire in un momento convulso. Ci sarà qualche vicepresidente così coraggioso in grado di dirglielo in faccia?
Alle 16 Roma viene avvolta da una nube tossica: esplodono 50 bombole di Gpl in periferia. Un odore acre che punge occhi e naso arriva fino in centro. La cappa di afa diventa una roba chimica. Nel cortile della Camera cadono coriandoli di cenere. E’ arrivato Grillo.
Un’ala del Palazzo si blocca: paralizzata. I commessi fanno passare solo i parlamentari. Scene già viste, ormai ridicole. L’idea della micro deroga per una cinquina di valorosi, al massimo una settina (tipo ultimo Premio Strega) va in frantumi. Il garante dice ai parlamentari che non vuole toccare la regola del secondo mandato, l’unica specificità di un partito che dal 2018 ha emendato se stesso una decina di volte.
Grillo ribadisce anche che il sostegno al governo Draghi non è in discussione, e pazienza se passerà un “caz… di inceneritore” a Roma. Grillo promette agli esclusi un futuro da prof nella scuola del M5s.
Molti a rischio si guardano negli occhi e si urlano a vicenda: “Cosaaaaa?”. Bisognerà aspettare il voto online. Intanto, spunta Di Maio. Azzimato, nodo perfetto della cravatta: “Le amministrative dimostrano che chi piccona il governo paga un prezzo”. La nube tossica si è spostata dal centro. Ma aleggia ancora sul M5s.
(da “il Foglio”)

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