Destra di Popolo.net

IL CAOS SULLA NOMINA SMENTITA DI LETIZIA MORATTI A MILANO-CORTINA 2026

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

LA MORATTI STOPPA IL TENTATIVO DEL CENTRODESTRA DI DARLE UN INCARICO DI PRESTIGIO PER EVITARE CHE SI PRESENTI ALLE REGIONALI IN LOMBARDIA CONTRO FONTANA

È arrivata la smentita di Letizia Moratti sulla sua nomina come amministratrice delegata delle Olimpiadi Milano Cortina 2026.
«La dottoressa Letizia Moratti smentisce la sussistenza della notizia sulla sua nomina come ad delle Olimpiadi Milano Cortina», spiega il suo staff, aggiungendo – inoltre – che «qualsiasi decisione della vicepresidente della Lombardia sarà comunicata esclusivamente dal suo ufficio stampa. Ogni altra notizia a lei inerente è destituita di fondamento».
Prima della smentita della diretta interessata, era arrivata anche quella del sindaco di Milano Giuseppe Sala: «Leggo che Letizia Moratti sarebbe stata scelta come nuovo AD di Milano-Cortina. Non mi risulta», scrive su Twitter. «In ogni caso – aggiunge – non può essere fatta una scelta così delicata per risolvere i problemi del centrodestra in Lombardia. Ogni altra parola è inutile».
La vicenda
Secondo Repubblica, Letizia Moratti era stata scelta come amministratore delegato della Fondazione olimpica Milano-Cortina 2026, archiviando così qualsiasi ipotesi sulla sua candidatura alla presidenza della regione Lombardia.
La vicepresidente e assessora al Welfare lombarda, avrebbe dovuto prendere il posto di Vincenzo Novari che in questi anni non aveva avuto buoni rapporti con il presidente della fondazione olimpica Giovanni Malagò e neppure con il Cio. Mancava solo la sua conferma, che però non è arrivata. Al suo posto, la smentita, nonostante nella Fondazione, c’era la convinzione – come riportava Rep – che avrebbe accettato.
Il governo
La decisione su chi puntare come amministratore delegato per Milano-Cortina era entrata nel governo grazie a Mario Draghi, su richiesta anche degli organizzatori dei giochi invernali, dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale – il 10 agosto scorso – del decreto di attuazione.
Dopo tanti tentennamenti sulla scelta di un nome che mettesse d’accordo tutti, da Zaia a Sala fino a Malagò e Fontana, la scelta era ricaduta su Andrea Abodi, prima ancora che Giorgia Meloni lo nominasse ministro per le politiche giovanili e lo sport nel nuovo esecutivo.
Il nome, però, non era piaciuto all’allora premier Mario Draghi, tanto da passare la palla della scelta di un nominativo al nuovo governo Meloni. Una decisione, quella di Letizia Moratti come ad dei giochi invernali 2026, che sarebbe stata accolta con favore da Attilio Fontana che avrebbe potuto ricandidarsi come governatore della regione Lombardia senza avere più rivali all’interno della coalizione di centrodestra.
(da Open)

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LA MELONI TIENE IL PIEDE IN DUE SCARPE: ENTRA A PALAZZO CHIGI CON UN MODELLO “DERBY” E SI PRESENTA AL GIURAMENTO CON UN DECOLLETE’ CON TACCO

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

E’ L’IMMAGINE DELLA DESTRA ASOCIALE: PRENDE I VOTI DEL POPOLINO PER POI ENTRARE NEI SALOTTI BUONI

Cantava Nino Manfredi “basta un par de scarpe nuove pe’ girà tutto il mondo”. La premier non ha avuto bisogno di traduzione.
Ha colto il messaggio, conosce il dialetto romano, e voilà, ecco le scarpe per girà tutto il mondo.
E nel mezzo della cerimonia più importante della sua storia politica ha alzato il livello: ha messo i tacchi. All’improvviso.
Si presenta con un un modello nero lucido, senza tacco, modello ‘Derby’. C’è il picchetto d’onore, la premier entra nel cortile di palazzo Chigi, poi deve salire per la cerimonia della campanella. Ci sono scale, c’è l’emozione, ci sono le telecamere. “Una cosa impattante emotivamente”. Troppo. Il pericolo caduta è dietro l’angolo. Meglio volare bassi. E restare con i piedi per terra.
Un’ora di colloquio a quattr’occhi con il Presidente del Consiglio uscente, Mario Draghi. C’è la cerimonia nel salone dei Galeoni di palazzo Chigi. Esce Meloni dal salone e le paure sono passate.
E suonando la campanella mostra, sotto al completo pantalone, un paio dècolletè elegante a tacco basso.
C’era appena stato il passaggio di consegne.
(da agenzie)

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FRANCO CARDINI: “GOVERNO FIGLIO DEL MANUALE CENCELLI E DELL’ANSIA DI LEGITTIMAZIONE DELLA MELONI”

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

“I QUADRI DI FDI SONO SCADENTI, MELONI AL SERVIZIO DELL’ESTABLISHMENT”… “PER IL POTERE E’ DIVENTA PIU’ ATLANTISTA DEGLI ATLANTISTI”… “INVECE CHE LA LOTTA AI MIGRANTI LA FACCIA AGLI EVASORI FISCALI”

“Non mi aspettavo nulla di meglio dalla squadra di governo: è figlia del manuale Cencelli e dell’ansia da legittimazione di Giorgia Meloni”. Franco Cardini è un apprezzato storico e saggista che condivide la militanza giovanile con molti dei volti noti di Fratelli d’Italia, avendo avuto in tasca la tessera del Movimento sociale italiano (parliamo degli anni 50 e 60).
Conferma la stima per Meloni (“le voglio bene”), ma scorre con disincanto la lista dei ministri, conseguenza della necessità “di essere al tempo stesso volpe e leonessa”, per citare Machiavelli. E cioè non tradire la propria storia – portando con sé alcuni fedelissimi – ma assecondare anche le richieste di rassicurazione dell’establishment e delle cancellerie internazionali.
Professor Cardini, che impressione le ha fatto la squadra scelta da Meloni?
Mi aspettavo qualcosa di simile, perché sapevo che la mia amica Giorgia ha alle spalle dei “quadri” generalmente scadenti. Ha preso qualche buon nome, come Crosetto o Valditara, e per qualche altro si è affidata al manuale Cencelli, come per Bernini all’Università. Sappiamo benissimo poi che sul ministero degli Esteri pesa il pensiero di Washington e dunque non mi meraviglio che ci sia finito Tajani
Meloni ha sofferto un’ansia da legittimazione nei confronti dell’establishment?
Sì, ma capisco sia così, è giusto se vuole governare. Per un motivo semplice: nel 2014 Meloni fece un discorso contro le sanzioni alla Russia; credete che se non si fosse rimangiata quelle parole avrebbe potuto fare la presidente del Consiglio? Tutto ha un costo e il suo costo è stato diventare più atlantista degli atlantisti. E con questa mossa ha fregato anche quelli che confidavano di poterla fermare accusandola di fascismo.
La “protezione” di Draghi ha aiutato?
Senz’altro. Molti dei suoi non l’avranno capita, ma da questo punto di vista Meloni ha dovuto essere volpe e leonessa, come direbbe Machiavelli.
Anche a costo di cambiare idea su alcuni dei temi chiave della sua ascesa? All’economia, per esempio, appare difficile che Giorgetti possa scostarsi molto dall’indirizzo di Draghi.
Per motivi che mi sfuggono, Giorgetti – così come Calenda, anche se con meno meriti – gode di grande credito. Ma sull’economia mi pare che Meloni non potrà andare dietro a Lega e FI come faceva una volta, come quando insistevano sulla flat tax, che tra l’altro è un principio sbagliato sia per motivi tecnici che sociali. E mi auguro che non affronti la crisi imminente con la retorica dei porti chiusi e della colpa agli immigrati tanto cara a Salvini.
Molti degli attuali ministri erano nell’ultimo governo Berlusconi, 15 anni fa. Che segnale è?
Di uno scarso ricambio nella classe dirigente dei partiti, prima di tutto. Abbiamo una classe politica deteriorata, che in questi anni ha confuso semplicità e semplicismo, un male comune a gran parte della nostra stampa, come si è visto soprattutto nelle prime settimane di guerra.
Sulla guerra in Ucraina lei è molto distante da Meloni. Da mesi si batte per la pace e lo stop all’invio di armi.
Per me Meloni è una serva atlantica, mentre io per lei sono un servo del tiranno (ride, ndr). Questo però sarà un rischio per la premier nei prossimi mesi: sempre più italiani, con la tremenda crisi in arrivo, non riusciranno a fare la spesa e si diffonderà sempre più il malcontento per essersi infilati in una guerra per fare un piacere a Biden. Credo che a quel punto, senza rinnegare il suo atlantismo ma interpretandolo in maniera critica, Meloni dovrà porsi il problema di come sfilarsi da questa guerra, ridiscutendo il ruolo dell’Italia.
Sarà la guerra a decidere il destino politico di Meloni? A cos’altro dovrà prestare attenzione?
Non dovrà cedere alle provocazioni sul fascismo, pur sapendo che qualunque cosa dirà sarà attaccabile. Tra poco ci sarà il centenario della marcia su Roma: da una parte l’accuseranno di essere ipocrita e di aver rinnegato per finta il fascismo, dall’altra diranno che è ancora una nostalgica. Non dovrà snaturarsi, difendendo con fermezza le proprie idee. L’altro rischio è quello legato al mondo cattolico. Non può permettersi di perdere quest’appoggio e dunque dovrà evitare di fare l’errore di Salvini, che finì per mettersi contro il Vaticano per rincorrere la campagna anti-migranti. Se posso dare un consiglio a Meloni, invece che con i migranti rispolveri una dura lotta all’evasione fiscale.
(da il Fatto Quotidiano)

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IL PIANTO GRECO DI CROSETTO: “NON VOLEVO FARE IL MINISTRO PERCHÉ PER ME SIGNIFICA DIMINUIRE ALMENO DEL 95% LE MIE ENTRATE”

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

NESSUNO TI HA OBBLIGATO. LAMENTARSI PER UNO STIPENDIO DI 14.000 EURO AL MESE E’ UNO SCHIAFFO A CHI LAVORA E A CHI UN LAVORO DIGNITOSO NON CE L’HA

Guido Crosetto lo ha ribadito fino alla nausea in campagna elettorale che non avrebbe voluto avere un ruolo istituzionale nel governo guidato da Giorgia Meloni e lo ribadisce ancora una volta, spiegando le ragioni che per lui sono soprattutto economiche.
«Io non volevo fare il ministro – sostiene – perché per me significa diminuire almeno del 95% le mie legittime e sudate entrate, ma forse di più». Eppure ieri si è trovato a giurare come ministro della Difesa ammettendo che «sento una grande responsabilità sulle spalle, sono consapevole delle difficoltà da affrontare per l’impegno preso. Sentiamo su di noi il peso di 60 milioni di cittadini e chi assume questo ruolo dismette la casacca di partito per rappresentare tutto il Paese».
All’insistenza della leader di Fratelli d’Italia ha iniziato a rispondere con qualche apertura, ma mettendo fin da subito in chiaro quelli che sarebbero potuti essere gli attacchi al suo ruolo: troppe partecipazioni nelle aziende e interessi nella Difesa e nell’Aerospazio essendo stato fino a pochi giorni fa presidente dell’Aiad, la federazione confindustriale che cura gli interessi delle aziende dei due settori.
«Poi ho detto che avrei potuto per sacrificio accettare il super Mise. Alla fine, dopo l’uscita di Berlusconi (gli audio diffusi da LaPresse sul riavvicinamento con Putin, ndr), ci voleva qualcuno alla Difesa che avesse una posizione internazionale inattaccabile. Ci voleva per la presidenza della Repubblica principalmente», ammette Crosetto.
Il gigante di Marene, consigliere ascoltatissimo e fidato della premier, aveva avvisato: «Io stesso ho detto “pensate agli attacchi sull’opportunità”. Non sul conflitto che non esiste perché io già da oggi non ho più cariche o altro. L’unico conflitto vero è quello con la tranquillità economica familiare».
E infatti ieri è subito entrato nel ruolo, difendendo la collocazione dell’Italia nella Nato. «Mi pare che il presidente Meloni sia stata molto chiara da mesi.
(da agenzie)

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GIORGIA SI CHIUDE NEL SUO “CERCHIO MAGICO”

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

NELLA SQUADRA CHE PORTERÀ A PALAZZO CHIGI CI SARÀ L’ASSISTENZA PATRIZIA SCURTI, ALLA COMUNICAZIONE, LA STORICA ADDETTA STAMPA GIOVANNA IANNIELLO… IL SOCIAL MEDIA MANAGER SARÀ TOMMASO LONGOBARDI, CRESCIUTO ALLA CASALEGGIO ASSOCIATI, FAZZOLARI SI OCCUPERÀ DELL’ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA

Ai fedelissimi Giorgia Meloni non rinuncia. È un metodo che vale per i ministri e che sarà replicato nella squadra più ristretta di collaboratori che la accompagnerà nell’avventura di Palazzo Chigi. Uomini e donne che lavorano con la leader della destra da anni, in alcuni casi da lustri. A partire dall’assistente che la segue come un’ombra, Patrizia Scurti.
Sulla carta “direttore amministrativo”, in realtà amica e consigliera “ereditata” da Gianfranco Fini. Il suo filtro con l’esterno. «È la mia padrona», confidò Meloni a Milano durante la convention di FdI, quando ritrovandosi con la gola secca fu soccorsa con un bicchiere d’acqua proprio da Patrizia.
Avrà un ruolo centrale nella comunicazione anche Giovanna Ianniello, storica addetta stampa della premier. Probabile che anche Paolo Quadrozzi, giornalista in servizio per Fratelli d’Italia, rimanga nello staff. Nel frattempo, sembra in dirittura d’arrivo lo scouting per la figura di portavoce. Nel frattempo ha già trovato conferma nell’inner circle del presidente del Consiglio il social media manager Tommaso Longobardi, il motore della “bestia” meloniana cresciuto alla Casaleggio associati.
Un ruggito che già in campagna elettorale si era addolcito, però: «Abbiamo conservato l’anima da partito d’opposizione – ha ammesso Longobardi soltanto qualche settimana fa – ma chiaramente con lo sguardo rivolto al post-elezioni: quindi tanti contenuti su punti programmatici, idee e proposte. Il registro comunicativo sui social chiaramente avrà un altro timbro da partito ed esponente di governo».
Tutti nomi poco visibili della famiglia politica di Giorgia Meloni, ma comunque fondamentali per alimentare la macchina.
I più noti invece – da Lollobrigida a Crosetto, da Ciriani a Fitto – sono al governo o potrebbero entrarci nei prossimi giorni. Come il senatore Giovanbattista Fazzolari, che si occuperà dell’attuazione del programma, con ogni probabilità con la qualifica di sottosegretario.
E poi c’è la consigliera più fidata, la sorella Arianna. Nel suo libro, la neo-premier l’ha definita semplicemente «la persona migliore che abbia mai conosciuto». Per Arianna Meloni, che ha sempre fatto politica senza cariche elettive, si profila ora un ruolo di vertice nel partito. Effetti collaterali della svolta di governo dell’ex pasionaria della Garbatella che ha appena conquistato Palazzo Chigi.
(da la Repubblica)

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“L’AGENDA LA FARANNO LE EMERGENZE, E L’EMERGENZA NUMERO UNO OGGI È IL CAROVITA”: GIORGETTI MANDA IL PRIMO PIZZINO A SALVINI CHE VUOLE CANCELLARE LA LEGGE FORNERO E NUOVI SCOSTAMENTI DI BILANCIO

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

ORA NELLE CASSE DELLO STATO C’E’ UNA DECINA DI MILIARDI: SARANNO SPESI PER PROROGARE A DICEMBRE GLI SCONTI SULL’ENERGIA A FAMIGLIE E IMPRESE

La poltrona più delicata che c’è alla fine è toccata a lui, il bocconiano di Cazzago Brabbia, 794 anime strette fra una palude e un lago minore del varesotto nel quale ama pescare.
Giancarlo Giorgetti da oggi dovrà navigare fra partiti e conti pubblici. Il suo segretario (Matteo Salvini) ha iniziato a battere il chiodo prima ancora che il governo nascesse: un giorno sì e l’altro pure invoca deficit per affrontare il caro-bollette e mandare gli italiani in pensione prima possibile, terrorizzato all’idea di passare alla storia per aver buttato dalla finestra una legge (la Fornero) rientrata dalla porta.
Giorgetti, second best di Giorgia Meloni al Tesoro (avrebbe preferito il tecnico Fabio Panetta) non avrà nemmeno il tempo di pensare. La legge Finanziaria avrebbe dovuto essere sui tavoli della Commissione europea già una decina di giorni fa.
Entro fine anno c’è da rispettare gli obiettivi del piano nazionale delle riforme (vale venti miliardi di euro di finanziamenti) e c’è da decidere se e come accontentare Salvini. «L’agenda la faranno le emergenze, e l’emergenza numero uno oggi è il carovita», andava dicendo ieri Giorgetti a chi fra gli stucchi del Quirinale chiedeva lumi sulle priorità.
Silenzioso, prudente, eterodosso ma pronto sempre a tornare fra le righe dell’ultimo partito leninista d’Italia, Giorgetti ha già fatto sapere che sarà ancor più silenzioso di quanto normalmente non sia. E in effetti per far tornare i conti senza mandare a sbattere il governo Meloni quella del silenzio potrebbe rivelarsi una dote essenziale. Dopo aver speso più di sessanta miliardi di euro per affrontare le conseguenze della guerra in Ucraina ora nelle casse dello Stato è rimasto poco: una decina di miliardi.
Giorgetti li dovrà spendere subito per prorogare a dicembre gli sconti sull’energia a famiglie e imprese. Ha a disposizione un’altra dote da dieci miliardi per la Finanziaria del 2023. Pochissimi per affrontare la situazione senza nuovo deficit: l’ultimo documento di finanza pubblica scrive nero su bianco che ormai siamo dentro la recessione. Se non bastasse, l’inflazione è sopra l’otto per cento e i tassi di interesse sui titoli pubblici al cinque.
Giorgetti sa che se desse retta alle sirene della spesa facile farebbe fare a Meloni la fine prematura di Liz Truss, costretta alle dimissioni dopo l’annuncio del Cancelliere dello scacchiere Kwasi Kwarteng di una manovra in deficit da 160 miliardi di sterline. A chi sui mercati tratta il debito italiano le sole parole «deficit» e «pensioni» fanno rizzare i capelli.
E siccome il debito italiano resta fra i più alti del globo, il ministro del Tesoro non potrà non tenerne conto.
Allo stesso tempo Giorgetti, che la politica la mastica da più di trent’ anni, sa che non potrà nemmeno ignorare le richieste di chi (Salvini), pur trattandolo come un esterno nel Cencelli dei ministri, di deficit e pensioni vuole si parli. «Dovrà accentuare il suo profilo di autonomia», argomenta un investitore internazionale sotto la garanzia dell’anonimato. Per evitare la recessione senza far saltare i conti Giorgetti sarà costretto a un mix di aumenti e tagli di spesa. Meloni gli ha già indicato qualche via d’uscita: una sforbiciatina al reddito di cittadinanza di chi lo riceve e non ne avrebbe necessità, una più pesante ai bonus edilizi cari ai Cinquestelle, costati alla casse pubbliche decine di miliardi.
In ogni caso queste due voci non basteranno. La sola rivalutazione delle pensioni in essere (erose dall’inflazione) costa miliardi. Se a questi aggiungiamo gli stipendi del pubblico impiego (ci sono i contratti in scadenza) e quanto necessario a sostenere gli stipendi bassi (c’è da finanziare un taglio programmato ai contributi previdenziali dei datori di lavoro) Giorgetti ne ha già abbastanza per un severo mal di testa.
Per attraversare la cruna dell’ago avrà bisogno della piena fiducia di Meloni e di qualche alleato. Uno di questi potrebbe essere Giulio Tremonti, al quale la premier vuole affidare la presidenza della Commissione Bilancio della Camera. Sono le curve della Storia: negli anni ruggenti dell’allora ministro di Sondrio, era lui (Giorgetti) a far sì che manovre e decreti passassero senza danni dalle aule di Montecitorio.
(da agenzie)

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GERMANIA, SFREGIO SU UNA SCUOLA DI AMBURGO: 106 SVASTICHE SU FINESTRE E MURI, FRASI INNEGGIANTI A HITLER

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

FATEGLIELI PULIRE CON LA LINGUA

Centosei svastiche sono comparse sulla facciata di una scuola di Amburgo. Da un giorno all’altro le finestre e i muri esterni del ginnasio “Carl von Ossietzky” si sono riempiti dei simboli nazisti e di scritte contenenti il saluto al dittatore responsabile dell’olocausto: «Heil Hitler». Il tabloid tedesco Bild ha diffuso la notizia con le immagini dell’istituto scolastico imbrattato.
«È la prima volta che succede una cosa del genere», ha dichiarato al giornale il preside della scuola. Attualmente rimane sconosciuto l’artefice dell’imbrattamento. Come fatto sapere dal dirigente, i simboli e le scritte sono state realizzati con uno spray di difficile rimozione: «La scuola ha dovuto dare incarico a una ditta specializzata», ha spiegato.
L’istituto scolastico è dedicato a Carl von Osietzky, un giornalista tedesco, scrittore e pacifista che morì in un lager a 48 anni a causa dei maltrattamenti delle SS.
(da agenzie)

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RUSSIA: ARRIVA LA LEGGE CHE VIETA DI “PARLARE DI RAPPORTI OMOSESSUALI”

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

DELIRI SOVRANISTI: “L’OPERAZIONE SPECIALE SI COMBATTE ANCHE NELLE ANIME”

Potrebbe essere approvata già il prossimo 27 ottobre la nuova legge della Duma russa che rende illegale solo parlare tra adulti di «rapporti sessuali non tradizionali» e «ogni relazione che non attiene in modo stretto all’eterosessualità».
Come racconta l’inviato del Corriere della Sera a Mosca, Marco Imarisio, una legge simile esiste già dal 2013 in Russia, ma riguarda solo bambini e adolescenti, e proibisce la diffusione tra loro di informazioni sulla cultura gay, gender e Lgbt che possono dare adito a «impostazioni sessuali fuori dalla tradizione».
La norma rifiuta il concetto della parità sociale delle relazioni al di fuori di quelle tra uomo e donna e impone un quadro informativo in cui tutto l’interesse è focalizzato sulla «famiglia tradizionale».
Per chi trasgredisce la legge la sanzione prevista può arrivare anche 80 euro, che diventano dieci volte tanti se a farlo è un pubblico ufficiale o un insegnante. Una casa editrice? 16 mila euro e attività sospesa per 90 giorni. Se si tratta di uno straniero, questo può essere espulso dalla Russia.
Una norma contro la «propaganda» occidentale
La legge – la cui proposta è stata firmata da 390 deputati su 450 – viene vista come un modo di limitare la diffusione del pensiero Occidentale nella Federazione. Nel nuovo testo vengono osteggiate anche la scelta di non avere figli si legge di una «propaganda» dei rapporti sessuali non tradizionali. Tutto ciò avviene perché «l’Operazione militare speciale non si combatte solo sui campi di battaglia, ma anche nei cervelli e nelle anime delle persone. Oggi siamo qui a combattere perché in Russia non ci siano, per citare il nostro presidente, i genitori n.1, n.2 e n.3 al posto di mamma e papà». A dichiararlo è il deputato Alexander Khinshtein di Russia Unita, ex editorialista del quotidiano Moskovskij Komsomolets, e presidente della Commissione per le politiche dell’informazione, che aggiunge: «Quella contro l’Occidente è una lotta di civiltà. Perché la Russia è l’ultimo avamposto nella difesa dei valori tradizionali contro la deviazione sessuale come norma. La presunta cultura LGBT è uno strumento nella guerra ibrida contro il nostro Paese e noi abbiamo il compito di proteggere la nostra società».
«Gender e Lgbt significano perversione»
Khinshtein dichiara, inoltre, che «bisogna proibire per legge l’uso di termini come gender o Lgbt, che in fondo hanno un unico significato: perversione». L’operazione pare non interesserà i grandi classici di Dostoevskij, Tolstoj e Bulgakov ma si abbatterà sulle nuove uscite modificando leggi sulle tecnologie informatiche, i mass media e sull’informazione, sulla pubblicità e sul sostegno statale alla cinematografia. Tra le opere prese di mira dalla legge, spiega Khinshtein, c’è anche Chiamami col tuo nome, del regista italiano Luca Guadagnino, che «mostra in primo piano l’unione spregevole di due corpi maschili». Ancor più clamoroso, per il membro della Duma, è che questa «opera disdicevole» abbia oltre 20 gruppi di appassionati che ne tessono le lodi sul social russo VKontacte.
(da agenzie)

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CROSETTO METTE LE MANI AVANTI: “A RISCHIO LA SICUREZZA NAZIONALE, MOSCA VUOLE COLPIRCI CON LA RABBIA NELLE PIAZZE”

Ottobre 23rd, 2022 Riccardo Fucile

COSI’ SE QUALCUNO CONTESTA IL GOVERNO E’ SOLO COLPA DI PUTIN… QUALCUNO GLI RICORDI CHE LE DISEGUAGLIANZE SOCIALI SONO IN CRESCITA DA BEN PRIMA DELLA GUERRA IN UCRAINA

Le prossime settimane saranno roventi secondo il neo ministro della Difesa Guido Crosetto, che in un’intervista a Repubblica avverte quanto ora sia a rischio «la tenuta sociale ed economica del Paese» su cui la Russia potrebbe far leva per rendere la situazione ancora più esplosiva. L’insieme delle diverse emergenze economiche, con l’inflazione in risalita e il caro energia che sta «incidendo in maniera violenta sui redditi e i risparmi di 60 milioni di italiani e su una parte del sistema produttivo», il rischio concreto è che aumenti in modo incontrollato «povertà e disoccupazione».
Quella che può montare è la «rabbia», dice il fondatore di FdI, legata a motivi esterni, a cominciare dalla «speculazione sulla guerra che sta incidendo di più su gas e materie prime».
A tutto questo si aggiunge «l’intento della Russia di indebolire tutti i Paesi che sostengono l’Ucraina, a partire dall’Italia». Il Cremlino farebbe leva soprattutto «sulle opinioni pubbliche – continua Crosetto – fare attaccare i singoli Paesi dall’interno, dagli elettori, impauriti e scontenti». E lo dimostrerebbe già come i media russi avrebbero descritto il nascente governo Meloni «come debole e diviso e così non è». Questa crisi, spiega ancora il ministro della Difesa: «è economica, ma può diventare un tema di sicurezza nazionale».
(da agenzie)

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