Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
“FORZA ITALIA È SPACCATA IN DUE, SALVINI HA MEZZA LEGA CONTRO E RISCHIA DI PERDERE ANCHE LA LOMBARDIA. DA SOLI DOVE VANNO SENZA FRATELLI D’ITALIA? STANDO AL GOVERNO HANNO LA FORZA DEL POTERE, SE SCHERZANO SERGIO MATTARELLA GLI PIAZZA SUBITO UN BEL GOVERNO TECNICO E SONO FINITI”
«Il governo Meloni si fa 5 anni. La debolezza dei due alleati minori della coalizione, Salvini e Berlusconi, è la sua forza. Alla fine dovranno digerire la Meloni e possono fare un po’ di scena ma non più di tanto. Anche perché Mattarella non scherza, gli piazza un bel governo tecnico. E loro sono finiti».
Roberto D’Agostino, giornalista poliedrico, fondatore di Dagospia, il sito di retroscena di politica e affari, dice chiaro e tondo: «Tutte le discussioni, le alzate di testa servono a fare ammuina. Il tetto al contante a 10mila euro? Ma no, la Meloni lo mette a 3 mila».
Facciamo un primo bilancio. Intanto, il presidente o la presidente Meloni?
E chi se ne frega, viviamo in una società fluida, in cui ciascuno sceglie il genere che gli pare. Io se domani mi sveglio e mi sento Samantha con l’h nessuno mi può rompere. Se Giorgia Meloni si vuole far chiamare «il presidente» facesse pure.
La Meloni ha detto che alzerà il tetto del denaro contante, la Lega ha chiesto a 10 mila euro.
Questa è la proposta del famoso leghista no euro Alberto Bagnai. Oggi il tetto è a 2 mila, a gennaio dovrebbe andare a mille. La Meloni vuole avere l’asse con Matteo Salvini per limitare Forza Italia e quindi ha aperto a rivedere il tetto. Ma finirà che sarà di 3 mila euro.
Perché 3mila?
Perché lo so, è una mia informazione. La Meloni deve destreggiarsi tra i due picchiatelli che le stanno di lato, i due vicepremier, deve fare un po’ di equilibrismi, cedere qualcosa, salvo trovare subito i contrappesi per ribilanciare tutto. Ma di ciccia lei non concede nulla. E lo vedrete sulla flat tax e sulle pensioni: i soldi non ci stanno.
Forza Italia ha provocato una mezza crisi ancora prima del giuramento del governo.
Ma dove va Forza Italia. Doveva avere la Giustizia e non l’ha avuta, la Sanità e zero, ha avuto Antonio Tajani agli Esteri, che con Licia Ronzulli non è che vada d’amore e d’accordo. Gilberto Pichetto Fratin all’Ambiente e sicurezza energetica, che deve portarsi come consulente il ministro che c’era prima lui, Roberto Cingolani. E poi gli altri, tutti ministeri minori. Tutta scena.
Che vita avrà il governo? Le impuntature di Berlusconi, le fughe in avanti di Salvini...
La forza di questo governo è proprio la sua debolezza. Questi si fanno 5 anni. La Meloni ha il 26%, Salvini ha l’8% e meno Berlusconi. I due alleati minori da soli dove vanno senza Fratelli d’Italia? Ora stando al governo hanno la forza del potere, se scherzano Sergio Mattarella gli piazza subito un bel governo tecnico e sono finiti. Salvini ha mezza Lega contro, Veneto e Friuli non hanno un ministro al governo. Ora ha pure la grana della Lombardia, perché Letizia Moratti con la sua lista fa il 20%, ha Beppe Sala che l’appoggia e pure Azione. Se il Pd non fa sciocchezze, Salvini perde la sua regione. Se sta al governo ha potere, poi dove va.
Salvini ha scucito ministeri di peso.
Sull’economia ha Giancarlo Giorgetti, perché la Meloni pensava avrebbe avuto la copertura di Mario Draghi che invece non ci pensa proprio.
Con Giorgetti il draghiano?
Quando si è trattato di decidere se far cadere o meno l’esecutivo, Giorgetti si è subito riallineato a Salvini. E queste cose l’ex presidente Bce se le lega al dito.
Salvini ha le Infrastrutture.
Ma non gestirà i fondi del Pnrr ed è limitato dai poteri della Guardia costiera e del Ministero del Mare. Insomma, la Meloni quando concede qualcosa prevede sempre contrappesi.
Che succederà a Forza Italia?
Fin quando c’è Berlusconi restano dove stanno, e il Cavaliere sarà affidabile anche perché ci sono i figli a vigilare, e hanno il loro peso, ed è tornato in campo anche Gianni Letta. Poi Forza Italia si sfalderà, qualcuno con Salvini, qualcuno con Matteo Renzi, la maggioranza di FI salirà sul carro del vincitore, su Fratelli d’Italia.
Insomma, che ci aspetta?
Ci saranno un po’ di provocazioni, alcune concessioni. Ma i due alleati minori abbasseranno le penne. Ripeto, non possono fare diversamente, non hanno alternative. Con chi si alleano? Con chi fanno un nuovo governo? Il Pd è in coma profondo, morso ai fianchi dal M5s, c’è Renzi, ma ha il 6 per cento da dividere con Carlo Calenda. La Meloni ha il coltello dalla parte del manico.
Che leader è la Meloni?
Bisogna vederla ora sui fatti, per esempio che fa sulle partecipate, che nomine fa. E sulla sua squadra deve stare attenta, e riconoscere di chi si può fidare, tenendo conto anche dell’opportunità, che nella politica ha la sua importanza. Tutto il resto è ammuina che serve a fare i giornali.
(da Italia Oggi)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
HA VINTO L’ITALIA DEI BOTTEGAI E DELLA NEGAZIONE DELL’EMERGENZA… BASTA NON CONTARE PIU’ I DECESSI GIORNALIERI E SI MUORE FELICI E CONTENTI
Il governo Meloni è pronto a cancellare le multe ai No vax. Rinunciando
all’incasso di un milione e 800 mila euro per le sanzioni comminate a chi ha aggirato l’obbligo vaccinale.
Ma dal primo novembre il ministro della Sanità Orazio Schillaci eliminerà anche le mascherine negli ospedali e nelle Rsa, oltre che in ambulatori e centri diagnostici.
Ovvero gli unici luoghi in cui erano ancora obbligatorie.
L’obbligo vaccinale in vigore fino al 31 dicembre non verrà rinnovato. Mentre sul lavoro potrebbe rimanere in vigore l’obbligo di mascherina per i colleghi che non rispettano la distanza di sicurezza.
Su questo una decisione si prenderà il 4 novembre. «Oggi la malattia è completamente diversa da una volta. E quindi stiamo facendo in modo che ci possa essere un ritorno a una maggiore liberalizzazione», ha detto ieri Schillaci.
Le quattro misure
Il governo si muove per le quattro misure che cancellano le regole dell’emergenza Coronavirus: dal primo novembre decadrà automaticamente l’obbligo di mascherine in ospedali e Rsa e non sarà rinnovato; nel decreto Aiuti sarà inserita una norma per cancellare le multe ai non vaccinati over 50 che non hanno proceduto all’immunizzazione entro il 15 giugno; l’obbligo per i sanitari scade il 31 dicembre; non sarà rinnovato; sul lavoro privato una decisione è attesa per il 4 novembre.
In maggioranza, fa sapere oggi la Repubblica, c’è anche chi pressa per bloccare subito l’obbligo vaccinale.
Intanto gli Ordini e le Asl sono fermi nelle procedure di identificazione e di sanzione di chi non si vaccina. Bloccare le sospensioni permetterebbe di far rientrare subito al lavoro i medici nel frattempo sanzionati. Sul Green pass, difeso dall’attuale ministro nei mesi scorsi, vige ancora l’obbligo di presentazione nelle strutture sanitarie. Ma ormai nessuno lo chiede più.
(da agenzie)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
LA SPINTA CHE HA RISCHIATO DI FARLA RUZZOLARE E LA REAZIONE
Prima della “festa” per la fiducia ottenuta anche al Senato, la nuova Presidente del Consiglio dei Ministri si è resa protagonista di due mezze disavventure immortalate dalle telecamere puntate su di lei a Palazzo Madama.
Prima un piccolo “incidente” in fasi di saluto con due presenti, poi Matteo Salvini che la spinge e rischia di far cadere Giorgia Meloni per le scale dell’Aula. Due momenti differenti che, però, sono state immortalate e registrate.
Il primo “incidente” è stato provocato da un bacio a tre. Mentre due parlamentari si stavano congratulando con Giorgia Meloni perché a breve, dopo il voto di fiducia, sarebbe diventata ufficialmente la nuova Presidente del Consiglio dei Ministri con una dichiarata maggioranza parlamentare, è scattato il saluto con i baci sulla guancia di rito. Ma qualcosa è andato storto e la reazione della leader di Fratelli d’Italia è tutta un programma.
Poi, durante le fasi di votazione – mentre stava avvenendo la “chiama” per dire “sì o no” alla fiducia al nuovo esecutivo -, ecco che Matteo Salvini spinge Meloni e rischia di farla cadere.
La nuova Presidente del Consiglio e il leader della Lega stavano parlando con Silvio Berlusconi nella zona dell’emiciclo destinata ai senatori di Forza Italia. Poi è arrivata la “chiama” del segretario della Lega che per correre a rispondere ha travolto la leader di Fratelli d’Italia rischiando di farla cadere per le scale di Palazzo Madama.
E anche in questo caso la reazione di Meloni è stata immortalata dall’occhio indiscreto delle telecamere. Dopo esser stata colpita (senza che il leghista si fosse accorto del danno che la sua andatura stava provocando), la Presidente del Consiglio si è voltata verso di lui gridando qualcosa che possiamo riassumere così: “Matteo, ma che stai facendo?”.
(da NextQuotidiano)
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Ottobre 27th, 2022 Riccardo Fucile
NON SA NEANCHE CHE LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI E’ GIA’ LEGATA ALLE CIFRE INCASSATE E NON ALLE CONTESTAZIONI
La premier durante il discorso programmatico ha sostenuto che serve
una modifica degli attuali parametri. Il presupposto da cui parte è falso, come già chiarito otto anni fa nella risposta a un’interrogazione parlamentare di Enrico Zanetti (che infatti l’ha smentita). La convenzione con il ministero dell’Economia prevede, come stabilito dalla legge, che i parametri di attribuzione dei premi siano legati alle entrate effettive da attività di contrasto all’evasione e promozione della compliance
La prima a smentirla, martedì pomeriggio, è stata la deputata dem Marianna Madia. Mercoledì è arrivata anche la precisazione di Enrico Zanetti, ex deputato di Scelta civica e viceministro dell’Economia del governo Renzi, che l’argomento lo conosce bene perché nel 2014 era caduto anche lui nell’errore e l’Agenzia delle Entrate gli aveva riservato una risposta piccata.
Gli addetti ai lavori che gravitano intorno all’amministrazione finanziaria tacciono, ma la frase di Giorgia Meloni sulla necessità di “una modifica dei criteri di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate“ li ha fatti saltare sulla sedia. Perché quello che ha detto la premier durante il discorso programmatico alla Camera, sostenendo che quei criteri vanno “ancorati agli importi effettivamente incassati e non alle semplici contestazioni, come incredibilmente avvenuto finora“, parte da presupposti falsi.
Un attacco al fisco senza fondamento, dunque, che strizza l’occhio a chi considera la lotta all’evasione un intralcio all’attività economica.
Tutto torna visto che il nuovo governo intende esordire con un condono (in linea con il predecessore), innalzare il tetto all’uso del contante e concentrare le azioni di recupero su “evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva”, quando in Italia il nero è un fenomeno di massa, pervasivo tra i lavoratori autonomi.
“Il tema non è quello di passare dal considerare gli importi delle semplici contestazioni al considerare gli importi dell’effettivo incassato, perché è così già da 20 anni“, ha scritto mercoledì Zanetti su facebook (per poi contestare la mancanza di “discriminazione qualitativa delle attività di controllo”). Come aveva avuto modo di spiegargli l’Agenzia replicando a una sua interrogazione parlamentare, infatti, già la norma del 1997 che ha introdotto i primi incentivi al personale delle Entrate li legava al recupero del gettito evaso – cioè ai soldi davvero entrati nelle casse pubbliche – e non al mero invio di avvisi di accertamento per somme dovute ma con chance di recupero incerte. Una svolta decisa proprio per (cercare di) superare la tendenza a privilegiare gli accertamenti “virtuali”, ricorda un ex altissimo dirigente.
In seguito la relazione tra ministero dell’Economia e Agenzia e di conseguenza anche i parametri di attribuzione dei premi sono stati via via regolati dalle convenzioni triennali previste dal decreto legislativo del 1999, quello che ha istituito le agenzie fiscali.
Ogni convenzione prevede l’erogazione di una quota incentivante all’ente oggi guidato da Ernesto Maria Ruffini al raggiungimento di una serie di obiettivi suddivisi in aree di intervento. La fetta più grossa, in base al decreto del 2015 che ha riformato le norme sull’incentivazione del personale, è correlata al “maggior gettito incassato” grazie a promozione dell’adempimento spontaneo, controlli fiscali e stop a rimborsi e crediti di imposta non dovuti. Maggior gettito reale, dunque.
La convenzione attualmente in vigore, firmata a fine 2021 e valida fino al 2023, cita la famigerata “maggiore imposta accertata” ma solo tra gli “ulteriori elementi informativi” da tenere in considerazione.
La tabella con gli indicatori che contano nella valutazione dei risultati dell’Agenzia relativi al contrasto all’evasione non ne fa cenno: a rilevare sono, appunto, solo le “entrate complessive da attività di contrasto” (l’obiettivo 2022 era di 15,87 miliardi), affiancate da percentuali di successo relative ai casi in cui l’atto viene impugnato e si finisce in commissione tributaria (si punta per esempio a un 69% di sentenze definitive totalmente favorevoli all’Agenzia).
La parte specificamente dedicata al sistema incentivante del personale contiene 37 indicatori: il peso maggiore (28%) spetta a quelli che misurano gli sforzi per favorire la compliance, vale a dire l’adesione più o meno spontanea in seguito all’invio di lettere bonarie, seguiti (con un peso del 16,7%) da quelli che valutano la qualità dei servizi erogati (rimborsi, tempi di lavorazione delle pratiche), mentre solo un 10% viene attribuito al numero di controlli sostanziali, molto diminuiti negli ultimi anni ma indispensabili se si vuol ottenere un minimo effetto deterrenza.
(da agenzie)
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Ottobre 27th, 2022 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DEGLI ESTERI UCRAINO HA RISPOSTO RICORDANDO LE POSIZIONI FILO-RUSSE DI ROMEO: “IN PRECEDENZA HA PRESENTATO AL PARLAMENTO UNA RICHIESTA DI RICONOSCIMENTO DELLA CRIMEA RUSSA. CERTI POLITICI VOGLIONO PIACERE A PUTIN”
Kiev risponde al leghista Massimiliano Romeo e lo accusa di fare il gioco di Putin.
Durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia al governo Meloni di ieri, il senatore ha affermato, a proposito della guerra in Ucraina: “Si fa fatica a sentire ‘decideranno gli ucraini’. È la comunità internazionale che deve decidere per loro”.
Un passaggio che ha fatto rumore e che non è piaciuto affatto ai ministri di Volodymyr Zelensky, attentissimi in questa fase alle prime mosse della premier Giorgia Meloni e dei suoi alleati.
La replica è stata affidata a Oleg Nikolenko, portavoce del ministro degli Esteri ucraino Dymitro Kuleba. “In precedenza questo senatore ha presentato al Parlamento una richiesta di riconoscimento della Crimea russa”, dice Nikolenko. “Quasi tutti i Paesi troveranno politici che cercheranno di piacere a Putin. Allo stesso tempo, dovrebbero rendersi conto che diffondendo narrazioni russe stanno incoraggiando la Russia a continuare i crimini contro l’Ucraina”
(da La Repubblica)
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Ottobre 27th, 2022 Riccardo Fucile
DRAGHI SI ERA RACCOMANDATO: “INNALZARE ANCORA IL TETTO DEL CONTANTE INCENTIVEREBBE L’EVASIONE E IL RICICLAGGIO”
Carlo Nordio, ministro della Giustizia, da magistrato ha combattuto per
tantissimi anni la criminalità. Sa cosa sono i reati di evasione fiscale e di riciclaggio. E, dunque, cosa pensa della proposta di Matteo Salvini di alzare il contante a 10 mila euro?
Il ministro non ha voglia di rispondere. Allunga il passo verso la buvette del Senato: «L’unica risposta che darò è allo spritz che prenderò tra poco».
C’è imbarazzo dentro Fratelli d’Italia. Poca voglia di parlare, di commentare l’ultima trovata solitaria – e non concordata con gli alleati – del leader leghista.
Eppure, Meloni in qualche modo ha avvallato e legittimato in Aula il disegno di legge già depositato dalla Lega, sostenendo che non esiste alcuna correlazione tra l’intensità al limite del contante e la diffusione dell’economia sommersa. In realtà tra i dirigenti e i ministri di FdI emerge un atteggiamento contraddittorio, dettato molto probabilmente dalla necessità di non farsi vedere spiazzati dal blitz di Salvini.
Giovambattista Fazzolari, regista del programma, e probabile prossimo sottosegretario a Palazzo Chigi, conferma che l’aumento del tetto sarà già nella prima legge di Bilancio. Il punto, però, è di quanto aumenterà
Ormai Mario Draghi è solo spettatore dei tormenti politici della nuova legislatura. Ma ricorda molto bene il precedente di Salvini, quando con Forza Italia la Lega, a inizio 2022, impose per via parlamentare l’aumento da mille a duemila euro, in sede di esame delle modifiche all’ultimo decreto milleproroghe, mentre il governo Draghi aveva espresso parere contrario.
In tante occasioni, Draghi ha avuto modo di far sapere cosa pensa della proposta della destra di aumentare il tetto. Lo ha detto ai partiti che componevano la sua maggioranza e lo ha suggerito a Meloni e all’attuale ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, draghiano di ferro ma vincolato alla fede leghista: «Innalzarlo ancora incentiverebbe l’evasione e il riciclaggio».
La correlazione è stata analizzata in un recente paper di Bankitalia, di fine 2021, intitolato “Pecunia olet. L’uso del contante e l’economia sommersa”. Non c’è alcun dubbio, secondo Draghi, che i due fenomeni siano legati. Tanto più se si arrivasse a cinque volte il tetto attuale. L’ex banchiere non è più a Palazzo Chigi. Ma di sicuro Giorgetti ricorda bene quei suggerimenti.
(da agenzie)
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Ottobre 27th, 2022 Riccardo Fucile
UNA CONCENTRAZIONE DI DELEGHE INUSUALE NELLE SUE MANI (EX DC, EX CDU. EX FORZA ITALIA, EX CONSERVATORI RIFORMISTI, EX NOI CON L’ITALIA, ORA FDI)
L’ordito riguarda la ripartizione degli uffici, ma la trama è politica. L’ordito è fatto di una distribuzione di deleghe che accentra a Palazzo Chigi, legittimamente nelle mani di poche persone vicine alla premier, gran parte della gestione e della vigilanza sull’esecuzione del Piano di ripresa e resilienza. Ma queste persone, a partire dal ministro per le Politiche europee Raffaele Fitto, dovranno compiere alcune scelte politiche di peso e accettarne le conseguenze.
La più importante, probabilmente già entro febbraio, riguarda i cosiddetti «poteri sostitutivi». Dato il ritmo del piano, all’inizio del 2023 andranno individuati gli enti inadempienti nell’attuazione dei progetti, magari perché non hanno bandito le gare. Questi andranno di fatto commissariati sul Pnrr, con il governo che si sostituisce alla politica locale nel progettare, bandire, assegnare e far eseguire.
Un governo profondamente politico come quello di Giorgia Meloni avrà molti occhi addosso su queste scelte, anche da Bruxelles, per capire se le amministrazioni di centrodestra e centrosinistra sono trattate con lo stesso metro.
Di certo la concentrazione di deleghe nelle mani di Fitto è inusuale. Non solo avrà le politiche europee (che sotto Mario Draghi erano del sottosegretario Enzo Amendola), ma anche il coordinamento del Pnrr (che con Draghi erano del suo sottosegretario Garofoli) e la gestione dei fondi europei di coesione (che con Draghi erano della ministra per il Sud Mara Carfagna).
Di sicuro sarà tutto da regolare e potenzialmente fragile il rapporto fra Fitto di Fratelli d’Italia, con la sua accumulazione di veri uffici in uno a Palazzo Chigi, e il ministero dell’Economia guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti.
Qui si trova la struttura che finora è stata il perno e il braccio operativo del piano: il Servizio centrale per il Pnrr presso la Ragioneria dello Stato, guidata da Carmine Di Nuzzo.
Fitto, da parte sua, si è attrezzato circondandosi di funzionari già rodati sul Pnrr: Mario Capolupo come capo del legislativo (aveva lo stesso ruolo al ministero delle Infrastrutture sotto Draghi) e Gilda Siniscalchi come capogabinetto (era capo degli Affari regionali).
Che Meloni abbia scelto l’accentramento in mano a pochi suoi fedelissimi si nota anche dal passaggio delle deleghe al digitale del Pnrr (progetti da 49,8 miliardi) che con Draghi furono di Vittorio Colao. Spetteranno al responsabile per tecnologia e telecomunicazioni di Fratelli d’Italia Alessio Butti, nominato sottosegretario a Palazzo Chigi.
Un crocevia delicato diventerà poi quello presidiato da Matteo Salvini al ministero delle Infrastrutture, con progetti per 61 miliardi. A causa dell’inflazione, il ministero ha già chiesto da settimane altri 10 miliardi per poter adeguare ai prezzi correnti. Ma quei fondi non sono già stimati del deficit atteso. A Giorgetti il compito di trovarli. O di dover rintuzzare il suo stesso leader di partito.
(da Il Corriere della Sera)
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Ottobre 27th, 2022 Riccardo Fucile
POSIZIONI FILO-RUSSE, NO VAX E ANTI-NATO: COSI’ I “CATTIVI” LEGITTIMANO “I BUONI” E IL GIOCO E’ FATTO (BASTA AVERE BUONA MEMORIA STORICA)
Il partito di estrema destra Forza Nuova si sta riorganizzando. E lo fa un
anno dopo l’assalto alla sede della Cgil a Roma, avvenuto il 9 ottobre 2021. I suoi dirigenti nazionali si sono riuniti pochi giorni fa per rilanciare il nuovo sito internet e i suoi account social.
Sul web, accanto al logo c’è il motto «Dio, Patria e Famiglia», mentre sullo sfondo il volto di Roberto Fiore, membro storico del gruppo e tornato in libertà dopo i fatti del 9 ottobre 2021,
Chi manca, però, è Giuliano Castellino, nei confronti del quale la Cassazione – il 14 ottobre scorso – aveva confermato il regime di sorveglianza speciale, respingendo il ricorso della difesa del forzanovista contro il decreto emesso dalla Corte di Appello di Roma del 17 giugno 2021.
Al suo posto è stato scelto come vicesegretario Luca Castellini ultras dell’Hellas Verona, anche lui coinvolto nella devastazione della Cgil.
FN si è riunita a Terni «contro il deep state» per il primo evento dalla sua “rinascita”.
I temi sono sempre gli stessi: appoggio alla Russia e ai no-vax e opposizione al diritto all’aborto. Nel mirino del gruppo neofascista, però, è finita di recente anche la nuova presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, definita dai forzanovisti «incoerente» per le posizioni pro-Nato espresse sia al Governo, ma anche in campagna elettorale.
(da agenzie)
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Ottobre 27th, 2022 Riccardo Fucile
PIANTEDOSI DICE CHE BISOGNA EVITARE TENSIONI SOCIALI NEL PAESE? LO DICA A SE STESSO… LE RESPONSABILITA’ DEL RETTORATO CHE NON HA GARANTITO IL CONTRADDITTORIO CHE E’ LA PRASSI DELL’ATENEO
“Le nostre richieste sono chiare: vogliamo le dimissioni immediate della rettrice Polimeni e la garanzia che non verranno mai più fatte entrare le forze dell’ordine nell’ateneo. Richieste semplici, atte a ristabilire livelli minimi di democrazia e vivibilità nell’università, prendendo atto che le massime istituzioni interne alla Sapienza non sono state in grado di garantire la sicurezza degli studenti”.
“Fuori le guardie dall’Università” è il coro scandito dagli studenti all’assemblea convocata nel cortile della Facoltà di Scienze Politiche, durante la quale sono state anche invocate le dimissioni della rettrice Polimeni.
I ragazzi hanno letto un comunicato su quanto accaduto in occasione della protesta contro l’incontro organizzato da Azione universitaria, che aveva invitato a parlare il neo deputato Fabio Roscani e Daniele Capezzone: la piazza è stata convocata – dicono gli studenti – perché “nell’ateneo che esige controparti nelle iniziative”, in questa occasione “l’imparzialità” non è stato “un valore”.
“Ci teniamo a dire – ha aggiunto la studentessa che ha letto la ricostruzione – che le nostre aule non devono essere utilizzate per passerelle politiche”.
Dopo le tensioni con le forze dell’ordine in occasione della protesta contro il convegno promosso dai movimenti di destra, gli studenti hanno organizzato un’assemblea pubblica, ed è massiccia la partecipazione, con centinaia di persone che affollano il cortile della facoltà. Su un altro striscione, calato da una scala si legge: “Vostro il governo. Nostra la rabbia”.
Con il microfono sono stati invitati gli agenti della Digos ad allontanarsi.
(da agenzie)
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