Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
NORDIO PROVA A DIFENDERE IL SOTTOSEGRETARIO, MA IL DAP È STATO CHIARISSIMO: GLI ATTI CITATI IN PARLAMENTO DA DONZELLI ERANO “A DIVULGAZIONE LIMITATA”, CIOÈ CON L’OBBLIGO DI RIMANERE ALL’INTERNO DELL’AMMINISTRAZIONE CHE LO RICEVE
“A divulgazione limitata”. Il futuro del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro dipende dall’interpretazione che ministero e procura di Roma intenderanno dare alla dicitura apposta sulla nota che accompagnava le carte riguardanti la detenzione di Alfredo Cospito.
Quelle che Delmastro, al contrario di quanto ha sostenuto con Repubblica («gli ho solo sintetizzato alcuni fatti») ha passato integralmente al deputato Giovanni Donzelli, coinquilino e collega di partito in Fratelli D’Italia, perché le brandisse in Aula contro l’opposizione. Fregandosene delle informazioni sensibili che contenevano.
Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non ha dubbi: «Non sono divulgabili né cedibili a terzi, pur non essendo secretate ». Si comprende, dunque, perché il ministro Carlo Nordio, nel tentativo di salvare il sottosegretario meloniano, sia costretto a buttarsi sul giuridichese .
L’arzigogolo, però, serve solo a prendere tempo. Anche perché i colloqui tra boss mafiosi e un anarco- insurrezionalista relegati al 41 bis per loro natura lo sono. A maggior ragione se l’iter di quelle carte è partito con il protocollo “riservato”.
Repubblica è in grado di ricostruire le fasi del viaggio del plico: lunedì mattina presso la sede romana del Gruppo operativo mobile (Gom), che sono i poliziotti che gestiscono i detenuti al 41 bis, viene raccolta la documentazione relativa a Cospito. È il ministro che la vuole con urgenza, perché deve riferire in Aula
Il plico è composto da una nota introduttiva del generale Mauro D’Amico, capo del Gom, e dagli allegati con le relazioni di servizio che contengono le conversazioni dell’anarchico durante l’ora di socialità con altri tre reclusi. D’Amico decide di protocollare l’incartamento come “riservato” e di farlo portare al Dap da un suo collaboratore di fiducia in motocicletta. Sarà la segreteria generale del Dap a spedirlo poi al ministero. Ma c’è un intoppo.
Al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria hanno fretta, da via Arenula continuano a chiamare perché la moto tarda ad arrivare. Quindi accade che dagli uffici del Gom […] parta una mail diretta al capo segreteria del Dap con la sola nota introduttiva del generale D’Amico. A quel punto, però, i responsabili del protocollo suggeriscono di declassificare il plico cartaceo da “riservato” (visibile solo ai destinatari) a “a divulgazione limitata” (quindi con l’obbligo di rimanere all’interno dell’amministrazione che lo riceve). Il motivo è semplice: niente di riservato può essere trasmesso via email ordinaria.
Ma che c’è nel plico? Le annotazioni danno conto di come Cospito scambiasse opinioni sul suo sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis. Ce n’è una particolarmente interessante. Siamo al 23 dicembre quando un agente del Gom applicato alla terza sezione del carcere sassarese viene chiamato «per portare Cospito a colloquio con il proprio difensore», si legge nella relazione di servizio. Mentre lo accompagna, l’anarchico si rivolge a Presta e dice: «Bisogna creare conflitti, serve un movimento sociale progressista, bisogna cambiare la società tanto a livello politico non si fa nulla e il parlamento non serve».
Lo ’ndranghetista lo incoraggia: «Devi mantenere l’andamento altrimenti poi si dimenticano. Bisogna attirare l’attenzione». L’agente del Gom annota la risposta di Cospito: «Sì ma ormai un colpo di Stato non serve neanche più, neppure con il fascismo si otterrebbe qualcosa, bisogna proprio cambiare la società. Sto male fisicamente, ma psicologicamente sono contento di ciò che sto facendo, gliela faccio pagare, perché se mi succede qualcosa, questi qualcosa dovranno pur pagare. Fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma tra qualche giorno».
Prima che Cospito si allontani, Presta aggiunge: «Sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e ci levassero l’ergastolo ostativo». Ecco la parte citata, parola per parola, da Donzelli alla Camera durante il suo intervento di martedì. Dimostrando, quindi, di avere avuto accesso diretto alla documentazione che doveva essere “a limitata divulgazione”.
(da “la Repubblica”)
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Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
DALL’ALTRA FAZZOLARI, CHE FA QUADRATO INTORNO AI COMPAGNI DI PARTITO ED È FAUTORE DELLA LINEA DURA CONTRO L’OPPOSIZIONE. IL MINISTRO NORDIO, ASSEDIATO, STA NEL MEZZO, MA STA ASPETTANDO L’ASSIST DELLA PROCURA DI ROMA PER LIBERARSI DEL DETESTATO DELMASTRO (PIAZZATO A VIA ARENULA DALLA MELONI PER CONTROLLARLO)
Dietro la vicenda Donzelli-Delmastro si consumano due scontri: a Palazzo Chigi e in via Arenula. Nella sede del governo c’è chi vorrebbe frenare, e persino censurare e chi invece rilanciare l’offensiva contro l’opposizione.
Sullo sfondo c’è il fascicolo aperto dalla Procura di Roma. Ma la partita decisiva avviene all’interno del ministero della Giustizia. L’indagine interna decisa da Carlo Nordio era chiave per determinare il fatto se il deputato Giovanni Donzelli e il sottosegretario fossero stati solo improvvidi nel divulgare le informazioni che arrivavano dal Dap, oppure se ci fosse qualcosa di più grave nel la loro condotta.
Alla fine Nordio ha optato per un’assoluzione, anche se non completa. Da via Arenula arrivano voci di un pressing fortissimo sul ministro per chiudere più in fretta possibile la vicenda. Al centro dei veleni di Fratelli d’Italia finisce il suo capo di gabinetto, Alberto Rizzo, convinto che l’operato del sottosegretario fosse censurabile.
A Palazzo Chigi, sin dalle prime ore dopo lo scoppio dello scandalo, ci sono due linee: da una parte il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano e dall’altra il sottosegretario per l’Attuazione del programma di governo Giovanbattista Fazzolari. Il primo si è infuriato per forma e contenuto dell’attacco di Donzelli all’opposizione.
Mentre il secondo insiste nel far quadrato intorno ai compagni di partito e, anzi, è fautore di una linea dura. Basta leggere le dichiarazioni di ieri di Fazzolari, forse il più fidato consigliere di Meloni, per rendersene conto: «Stiamo assistendo a una preoccupante escalation. Anche frutto della poca fermezza con cui alcune forze politiche e parte della stampa hanno preso le distanze da questi criminali. Il Governo non si lascia intimidire e non cede alle richieste di trattativa Stato-terroristi anarchici che qualcuno auspica».
Insomma, dal cuore di Palazzo Chigi si rilancia l’accusa al Partito democratico di aver di fatto da sponda alla criminalità organizzata. Ma qualche stanza più in là si esprimono molti dubbi: se si chiede all’opposizione di abbassare i toni, come ha fatto la stessa Meloni intervenendo in televisione la sera, non si può allo stesso tempo far passare il messaggio che dietro un ex ministro della Giustizia, come Andrea Orlando o la capogruppo del Pd alla Camera, Debora Serracchiani, stiano di fatto spalleggiando le richieste della mafia contro il carcere duro.La premier ancora una volta ha evitato di trattare il tema.
(da La Stampa)
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Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
SUL CASO, SILENZIO ASSOLUTO DA PARTE DI GIORGIA MELONI. ANCHE SE È LA PRIMA A ESSERE CONSAPEVOLE DI QUANTO SIA UNA DIFESA SCIVOLOSA
Più facile che Giorgia Meloni telefoni in diretta a un talk show che si presenti in conferenza stampa dopo un Consiglio dei ministri. Anche ieri ha disertato. Sul caso Donzelli-Delmastro silenzio assoluto. Le esternazioni della presidente del Consiglio restano confinate in ambiti più controllati: le dichiarazioni a margine di convegni o appuntamenti internazionali il diario di Giorgia, i canali social e Rete 4. Dove ieri la presidente del Consiglio è stata ospite del programma Dritto e rovescio , condotto da Paolo Del Debbio, a 24 ore dall’altra imprevista sortita sul medesimo canale Mediaset.
La telefonata in diretta a Barbara Palombelli, conduttrice di Stasera Italia ,è stata la sproporzione tra l’episodio, una domanda sgradita di Palombelli agli ospiti sul caso Cospito, e la scelta di Meloni di intervenire a programma in corso per contestare il quesito. Ce n’era bisogno? O ha solo testimoniato un nervosismo crescente a Palazzo Chigi?
Di certo, alla cornetta, c’era una Meloni meno spigliata e brillante del solito, chissà se più per scansare il fantasma delle incursioni berlusconiane o per l’intima consapevolezza del rischio di un passo falso: «Chiamavo per questo… siccome è una questione un po’ delicata… lei ha chiesto del governo che sta eccitando la piazza… ma è una materia che, che… che compete… alla giustizia… atteso che il governo non ha fatto niente… abbiamo anarchici che minacciano le istituzioni e la domanda è sul governo che sta eccitando la piazza?».
Meloni ne ha approfittato anche per un invito alla responsabilità e alla moderazione («Il governo non ha alzato i toni e non ha mai eccitato la piazza»), invito che forse avrebbe sortito miglior effetto se la presidente del Consiglio avesse telefonato per tempo al fedelissimo Donzelli anziché a Palombelli: accusare in aula l’opposizione di fiancheggiare anarco-terroristi e mafiosi non aiuta ad abbassare i toni del dibattito pubblico.
Con la telefonata in diretta è dunque partita l’operazione “responsabilità”, per salvare gli incendiari Delmastro e Donzelli, troppo vicini alla leader per essere sacrificati.
Anche se Meloni è la prima a essere consapevole di quanto sia una difesa scivolosa e non necessariamente vittoriosa: ecco perché ieri sera, ospite di Del Debbio, ha parlato del caso Cospito, confermando l’indisponibilità del governo a intervenire per lenire il regime carcerario del leader anarco-insurrezionalista, ma ha evitato con cura di parlare del vero inciampo del duo Donzelli- Delmastro
Fa impressione pensare che appena un anno fa di questi tempi, subito dopo la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, da Rete 4 Meloni fu bandita per qualche settimana, lei e tutti i Fratelli d’Italia […] Berlusconi si era infuriato per questa dichiarazione di Meloni: «A Silvio non devo nulla».Meloni, dunque, continua a tacere su Donzelli e Delmastro . C’è di certo la volonta di far decantare il caso, forse pure quella di non inchiodarsi a una difesa pubblica che potrebbe non reggere alla prova dei fatti.
(da la Repubblica)
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Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
LA SORELLA D’ITALIA MADDALENA MORGANTE MEGLIO DELL’UFFICIO STAMPA DI ROSA CHEMICAL
Ignoravo l’esistenza del o della cantante Rosa Chemical fino a quando la deputata Maddalena Morgante si è alzata nell’aula di Montecitorio per chiederne l’esclusione dal prossimo Festival di Sanremo.
Forse la parlamentare di Fratelli d’Italia è un abilissimo ufficio-stampa, perché da qualche ora di Rosa Chemical parlano tutti.
Ma se così non fosse, e la Morgante avesse veramente deciso di utilizzare il palcoscenico della Camera per invocare una censura nei confronti dell’amore fluido di cui Chemical è interprete?
Allora bisognerebbe darle una notizia: da alcuni mesi il partito di cui fa parte non è più seduto sui banchi dell’opposizione.
Finché si sta all’opposizione è naturale che ci si batta per affermare la propria identità, rimodellando il mondo in base ai propri gusti.
Quando però si va al potere, le cose cambiano. Si devono governare gli esseri umani non come si vorrebbe che fossero, ma come sono davvero, senza visioni da Stato totalitario che ficca il naso sotto le lenzuola dei governati, suggerendo di quali preferenze sessuali e di genere si possa parlare o tacere in tv.
La fluidità esiste, è presente dentro la società, e in modo consapevole soprattutto nelle nuove generazioni che la sorella d’Italia vorrebbe proteggere dall’esposizione televisiva di Rosa Chemical.
Il Festival, come i giornali, non crea la realtà. La fotografa.
E da un partito di governo i cittadini pretendono che amministri i nuovi fenomeni, non che si illuda di rimuoverli cestinandone la fotografia.
(da il Corriere della Sera)
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Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
COSPITO DAL CARCERE: “NON C’ENTRO NULLA CON LA MAFIA, VOGLIO CHE VENGA CANCELLATO IL 41 BIS PERCHE’ LEDE LE LIBERTA’ FONDAMENTALI”
Dopo le tensioni degli ultimi giorni sulla battaglia dell’anarchico Alfredo Cospito contro il carcere duro e l’ergastolo ostativo, i sottosegretari alla Giustizia Andrea Delmastro e Andrea Ostellari saranno messi sotto scorta. Delmastro ha la delega al Dap, mentre Ostellari quella al trattamento dei detenuti.
La decisione definitiva sarà presa dal prefetto di Roma nel corso di una riunione prevista per il 10 febbraio. Intanto, già da ieri ai due è stata assegnata una “tutela temporanea”, che consentirà loro di girare su auto blindate, accompagnati da uomini delle forze dell’ordine.
I magistrati visitano Cospito a Opera: è lucido ma in condizioni precarie
Ieri i magistrati della Sorveglianza di Milano hanno avuto un lungo colloquio sia con l’avvocato Flavio Rossi Albertini che con lo stesso Cospito, che si trova in una stanza singola nel centro clinico di Opera e che condivide il cosiddetto “gruppo di socialità” con due detenuti malati. I magistrati hanno anche incontrato e parlato a lungo coi medici.
Cospito – che ha deciso di sospendere anche gli integratori, beve molto e assume sale e zucchero – è apparso lucido, anche se, come evidenziato dalle stesse relazione sanitarie, è in condizioni di salute che possono variare e peggiorare da un momento all’altro e diventare critiche. I medici, comunque, stanno valutando la situazione in modo costante. Un monitoraggio d’ufficio che è in corso anche da parte del Tribunale di Sorveglianza, che ha il dovere, come è stato spiegato, di controllare lo stato di salute di tutti i detenuti e la compatibilità delle condizioni cliniche con la detenzione.
“Non centro nulla con la mafia”
“Non c’entro nulla con la mafia, voglio che venga cancellato il 41 bis per tutti perché è uno strumento che toglie le libertà fondamentali, ho visto mafiosi che sono anziani e malati, persone non più pericolose”. È questo, in sostanza, il pensiero che Alfredo Cospito ripete in queste ore a chi ha avuto modo di vederlo in carcere.
A proposito delle azioni di protesta come forma di sostegno, l’anarchico, in sciopero della fame da oltre 106 giorni, chiarisce che nell’ideologia anarchica “non si giudicano le azioni degli altri” e che le sue sono tesi “individualiste, perché non c’è una organizzazione”.
(da Open)
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Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
IMBARAZZO DEL CARROCCIO
Un post in cui si elogiano gli anarchici per la determinazione è stato scritto sulla propria pagina Facebook da un consigliere comunale pisano della Lega, Alberto Conversano. “Quello che sto per dire non vi piacerà, ma in questo Paese, gli unici a dimostrare di avere ancora le Palle sono gli anarchici (al di là delle motivazioni e modalità). Il messaggio crea subito imbarazzo al Carroccio. Nei commenti di risposta ad alcuni utenti, l’esponente leghista, poi fa riferimento a generiche “situazioni difficili” in cui è il Paese “con famiglie ridotte alla fame” e precisando che il suo post non intende condividere le azioni anarchiche in nome di Alfredo Cospito ma che “quando si vuole ottenere qualcosa si va fino in fondo”.
Le parole di Conversano, militare dell’aeronautica, sono state comunque criticate da molti a cominciare dal segretario cittadino del Carroccio, Marcello Lazzeri che all’Ansa ha detto: “Le sue parole, pur se espresse su un profilo personale sono assolutamente da censurare anche per il ruolo pubblico che riveste essendo un consigliere comunale eletto”.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO DI FAZZOLARI: ACCOMPAGNARE ALLA PORTA IL SEGRETARIO GENERALE DI PALAZZO CHIGI CARLO DEODATO E IL SOTTOSEGRETARIO ALFREDO MANTOVANO
Per paura di essere traditi non vogliono essere aiutati. Il governo Meloni ha una teoria e un teorico. E’ la teoria del “vuoto ideale” e il suo teorico è Giovanbattista Fazzolari, che Giorgia Meloni e la sua segretaria particolare, Patrizia Scurti, chiamano il “genio”. Secondo questa teoria ogni collaboratore dei ministri è una possibile talpa, ogni giornalista critico è un emissario dei “poteri forti”, ogni articolo severo contro il governo è la prova di “una missione” per distruggere l’esecutivo. Nel mondo secondo volontà e rappresentazione di Fazzolari ogni multinazionale che vuole essere ricevuta può celare un piano diabolico, una possibile infiltrazione, ogni manager può nascondere un “faccendiere”.
Dopo cento giorni di governo quella che era una giustissima prudenza si sta trasformando in paranoia. A Palazzo Chigi si parla adesso della strategia “reshuffle” di Fazzolari. Significa “rimpasto” di figure. Sono quelle di Carlo Deodato, segretario generale, e Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza.
Meloni di chi si fida eccetto Fazzolari? Le due figure che sono il “contropotere” di Fazzolari sono Deodato e Mantovano e hanno una storia personale che precede questo governo. E’ una storia diversa da quella di Fazzolari. La sua teoria del “vuoto ideale” è stata presa come catechismo. Il “genio” rimane dell’idea che chi appartiene a un’altra famiglia politica difficilmente potrà essere fidato.
In alcuni casi si preferisce non occupare le caselle piuttosto che decidere. Ci sono caselle vuote in ogni ministero
La stessa premier ha una squadra di consiglieri esilissima. A eccezione dei due consiglieri, diplomatico e militare (scelte quasi dovute), la premier ha nominato Renato Loiero come consigliere economico, Francesco Maria Petricone come consigliere parlamentare e quello giuridico (Francesco Saverio Marini).
Al momento le vere angosce provengono dal partito della premier. Si sono accentuate perché sta mancando a Meloni il vero arbitro di partito, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. In FdI spiegano che “c’è una guerra in corso tra Lollobrigida e Fabio Rampelli”.
Il governo Meloni rischia di creare il vuoto reale. Il 25 gennaio è andata via l’economista Fabrizia Lapecorella. Era stata chiamata per dirigere il dipartimento delle politiche europee da Fitto. E’ un ruolo fondamentale. Lapecorella è stata nominata vicesegretaria generale dell’Ocse. Il ruolo lasciato in Italia è al momento scoperto.
Meloni ha un sostituto? Il capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi, è un altro che viene sorvegliato perché ha una “macchia”. Ha lavorato nello scorso governo con il ministro della Lega, Massimo Garavaglia. Alla prova del potere la premier è arrivata pronta? Fantasmi, complotti: “Chi vi paga?”.
(da il Foglio)
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Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
PROTESTE IN TUTTA ITALIA PER IL FREDDO A SCUOLA
I problemi strutturali nelle scuole di tutta Italia hanno causato l’interruzione delle lezioni in diverse città, dopo che gli studenti si sono rifiutati di entrare in classe per via delle temperature estremamente rigide al loro interno. I casi più gravi si sono registrati a Palermo, dove una bambina di 10 anni è stata colpita da ipotermia e costretta al ricovero e per una studentessa universitaria sentitasi male per il freddo è stato necessario l’intervento di un’ambulanza. Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva, ha ricordato il potere dei dirigenti scolastici di sospendere le lezioni fino a che le problematiche non vengano risolte: «in un edificio scolastico gli studenti dovrebbero essere al sicuro e non mettere a repentaglio la propria salute».
Questa mattina, a Palermo, gli studenti dell’istituto professionale Pietro Piazza hanno quindi deciso di non entrare in classe, rimanendo davanti alla scuola per protestare contro il gelo nelle aule. In mano reggono uno striscione, sul quale si legge “Non siamo studenti di serie B”. Il loro intento è «attirare l’attenzione del dirigente scolastico e della Città metropolitana, che ha la competenza sull’edilizia scolastica e sulla manutenzione dell’impianto», viene spiegato al megafono. Il rappresentante d’istituto ha dichiarato che «non possiamo continuare a fare lezione in aule gelide, in cui non c’è la temperatura minima per studiare. La caldaia è rotta: pretendiamo che si intervenga immediatamente per risolvere il problema o ci rifiutiamo di entrare in classe a oltranza». E se l’assessore Tamajo ha annunciato interventi a tappeto per risolvere le problematiche di decine di istituti nel capoluogo, le cose non vanno meglio a Messina, dove le problematiche strutturali di numerosi edifici hanno lasciato gli studenti al freddo.
Si tratta, tuttavia, di disagi che non riguardano solamente il Meridione, ma sono distribuite su tutta la penisola. A Firenze, la mattina del 28 gennaio scorso, la preside del liceo Machiavelli-Capponi ha mandato gli alunni a casa per via delle temperature all’interno delle aule, che rendevano impossibile il proseguimento delle lezioni. Nella circolare recapitata ai genitori viene spiegato che “A causa del mancato funzionamento del riscaldamento della sede di piazza Frescobaldi, per la tutela della salute degli alunni e del personale scolastico, le lezioni sono interrotte dalle 9. La spunta per presa visione e adesione è valevole come autorizzazione”. I genitori specificano come la problematica sia tutt’altro che episodica e come riguardi tutte le sedi dell’istituto, al punto che alcuni ragazzi hanno riportato sintomatologie da problematiche legate al raffreddamento, come l’edema pericapillare.
A Oulx, comune di montagna della Valsusa, in Piemonte, alcuni studenti dell’Istituto Des Ambois si sono rifiutati di fare lezione in classe il 24 gennaio scorso, in segno di protesta contro le temperature gelide registrate in aula. Hanno invece organizzato un’assemblea autogestita nell’auditorium della scuola e alle 12 il preside ha mandato tutti a casa. Anche qui, denunciano, i disservizi legati all’impianto di riscaldamento, imputati alla Città Metropolitana di Torino, sono tutt’altro che occasionali, complici anche le problematiche strutturali della scuola (quali finestre rotte o sigillate in modo precario) che contribuiscono alle basse temperature. Nella stessa giornata a Rimini circa duemila studenti sono rimasti a casa per via dei malfunzionamenti nell’impianto di riscaldamento di due istituti, il liceo scientifico Einstein e il tecnico economico Valturio. La Provincia di Rimini, che gestisce i due istituti, ha comunicato che “Il non perfetto funzionamento degli impianti termici dei due istituti, che fanno capo ad un’unica centrale termica, registrato negli ultimi giorni ha reso necessario intervenire per la rimessa in funzione degli stessi e per il ripristino dell’idonea temperatura interna nel plesso scolastico”.
Anche in Liguria la situazione non è diversa: nella scuola elementare Vernazza di Sturla, in provincia di Genova, centinaia di bambini tra i 6 e gli 11 anni sono rimasti a casa dopo che i genitori hanno deciso di sospenderli dalle lezioni sino a che il problema del gelo nelle aule «non sarà risolto definitivamente». A Bordighera, invece, 300 studenti si sono rifiutati di entrare in classe dopo che nelle aule era stata registrata una temperatura di 10 gradi, scesa a 6 in palestra.
«L’ente proprietario, in quanto responsabile della manutenzione dell’edificio scolastico e dei suoi impianti, previa segnalazione del Dirigente scolastico, è tenuto ad intervenire tempestivamente, altrimenti studenti, genitori, docenti della scuola, possono mettere in atto anche una diffida nei confronti dell’ente proprietario della scuola» ricorda Bizzarri, che sottolinea come la salute degli studenti negli edifici scolastici non possa essere messa a rischio per cause legate al caro energetico o per il ritardo negli interventi di manutenzione degli impianti.
(da lindipendente.online)
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Febbraio 3rd, 2023 Riccardo Fucile
LA SANITA’ PUBBLICA NON RIESCE A SODDISFARE LE RICHIESTE (COME AL SOLITO)
«Ancora un po’ e questa non l’avrebbe raccontata», è quello che si è sentita dire dal medico la nostra Flavia Amabile quando, come ha raccontato ieri su queste pagine, le è stato diagnosticato un tumore al colon retto. Ancora troppo devono invece aspettare i pazienti che non hanno la possibilità di ricorrere al privato per accorciare le liste d’attesa, che arrivano a due anni per una mammografia, uno per una tac, sei mesi per una risonanza.
Tempi sempre più lunghi perché a causa della pandemia nel 2020 sono saltati due milioni e mezzo di screening oncologici. Che si sono tradotti poi in altri ritardi di 5 mesi per i test del tumore al collo dell’utero, quattro e mezzo per quelli della mammella e 5 mesi e mezzo per il colorettale. Un tempo sospeso che secondo l’Osservatorio nazionale screening sarà la causa di oltre 3.300 carcinomi mammari, 2.700 lesioni cervicali, quasi 1.300 carcinomi colorettali e oltre 7.400 adenomi avanzati. Tutti tumori non intercettati a causa dei mancati appuntamenti con gli screening. Non solo per colpa del Covid, perché le liste d’attesa erano già insostenibili prima della pandemia.
Per contare i danni di queste ritardate diagnosi ci vorranno anni, dicono gli oncologi, ma già ora se ne cominciano a vedere gli effetti. I dati riportati nel volume I numeri del cancro in Italia 2022, a cura dall’Aiom (l’associazione di oncologia medica) e Artum (quella dei registri tumori), lo scorso anno sarebbero 14.100 i tumori diagnosticati in più rispetto a due anni prima. Un aumento determinato dal fatto che alle diagnosi ci si è arrivati più tardi.
Se circa due milioni e mezzo di italiani hanno rischiato di scoprire tardi di avere un cancro causa i tempi lunghi per ottenere un esame diagnostico o anche una semplice visita oncologica (fino a sei mesi di attesa per un appuntamento), anche una volta scoperto di avere un carcinoma la strada continua ad essere in salita.
Perché per accedere alle cure dopo una diagnosi di tumore si arriva ad attendere più di 30 giorni prima di accedere alle cure. È quello che succede al 25% dei malati secondo un’indagine presentata lo scorso anno da Cittadinanzattiva. Solo il 22% viene poi instradato in un percorso terapeutico assistenziale, che significa poi essere presi a tutto tondo in carico da una struttura pubblica, che pianifica terapie ed accertamenti senza lasciarci in balia delle telefonate al centro prenotazioni. Oltre il 73% poi non ha ricevuto alcuna informazione circa la possibilità di eseguire a carico della propria regione un test genomico, essenziale per personalizzare le cure o evitare, quando è possibile, la chemioterapia. Tra chi lo ha fatto solo il 15% è riuscito comunque ad avere il rimborso.
Ma anche le cure non sono uguali per tutti. «Solo due pazienti ultrasettantenni su 10 ricevono i trattamenti oncologici migliori, mentre sotto i 50 anni sono otto su dieci», afferma il professor Francesco Cognetti, direttore di Oncologia al Regina Elena di Roma.
Ieri la Camera ha approvato all’unanimità una mozione che fissa 28 obiettivi per migliorare il contrasto al cancro. «Sono una nostra priorità» ha ribadito il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ricordando che il 40% dei casi e il 50% delle morti «possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili». Gli stili di vita, senz’altro, ma anche quel muro delle liste d’attesa che nessun governo è riuscito fino ad oggi ad abbattere.
(da La Stampa)
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