Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
ASSOCIAZIONE CONSUMATORI: “90 EURO DI TASSA OCCULTA RIPRISTINATA DAL GOVERNO”
Non si ferma il calo dei prezzi dell’energia. E gli effetti si
vedono sulle bollette elettriche: il calo previsto per il prossimo trimestre da Arera, l’autorità per la regolazione dell’energia italiana, è di oltre la metà.
Da aprile a giugno, per le famiglie aderenti al mercato tutelato, il prezzo di riferimento fissato sarà del 55,3% in meno rispetto ai tre mesi precedenti.
L’Arera ha atteso l’approvazione dell’ultimo decreto Aiuti del governo di Giorgia Meloni per intervenire, azzerando gli oneri generali di sistema per la generalità dei clienti gas e confermando il potenziamento dei bonus sociali elettricità e gas per le famiglie con Isee fino a 15 mila euro, che sale a 30 mila per le famiglie con almeno quattro figli a carico.
Ma gli oneri di sistema, come da decisione del ministero dell’Economia, vengono reintrodotti su tutte le bollette elettriche, comprese le utenze domestiche
Un sospiro di sollievo ulteriore, per le famiglie italiane, dopo i ribassi dei primi mesi di questo 2023. Ma la spesa resta ancora alta.
Il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini, ha calcolato la spesa per l’elettricità di una famiglia tipo tra il 1° luglio 2022 e il 30 giugno 2023: circa 1.267 euro, il 33,7% in più rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente.
Dalle associazioni dei consumatori le reazioni sono sia di plauso che di vigilanza attiva, in particolare riguardo alla reintroduzione degli oneri sulla luce. Per l’Unc se il governo non li avesse riattivati “il calo sarebbe stato ancora maggiore, del 61,6% anziché del 55,3%”. Una decisione, quella dell’esecutivo, “pessima che comporta una tassa implicita nascosta pari a 90 euro. Insomma, come già fatto per la benzina, si approfitta del calo del prezzo nei mercati all’ingrosso, dovuto al secondo inverno più caldo di sempre in Europa, per aumentare le imposte agli italiani, non rendendosi conto che le bollette restano ancora anomale rispetto ai tempi normali”.
Secondo lo studio dell’Unc, se per una famiglia tipo in tutela il -55,3% significa spendere 793 euro in meno su base annua, il risparmio poteva arrivare a 883 euro se non fossero stati reintrodotti gli oneri.
Inoltre la spesa totale nei prossimi dodici mesi (non, quindi, secondo l’anno scorrevole, ma dal 1° aprile 2023 al 31 marzo 2024, nell’ipotesi di prezzi costanti) resta alta, 641 euro, che sommati ai 1210 del gas, determinano una stangata complessiva pari a 1852 euro.
Per Federconsumatori “la mancata sterilizzazione degli oneri, inoltre, è a nostro avviso inspiegabile, per questo abbiamo chiesto al Governo di fare un passo indietro, invitandolo a prolungare anche per l’energia elettrica lo sconto sugli oneri e a non eliminare prematuramente, come fatto per i carburanti, le tutele introdotte soprattutto a favore delle famiglie in maggiore difficoltà. Così come continuano a pesare sulla bolletta elettrica oneri impropri quali il canone tv e i contributi per le rinnovabili che andrebbero, quest’ultimi, messi in capo alla fiscalità generale”.
(da Huffingtonpost)
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Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
QUESTI SONO GLI ITALIANI CON VALORI DI RIFERIMENTO, NON QUEGLI INFAMI CHE VENGONO PREMIATI PERCHE’ EVADONO IL FISCO A DANNO DEI CITTADINI ONESTI
Tiziano Pellonara, 63 anni, conosciuto a Jesi come “l’uomo col cappello”, è diventato “noto” alle cronache nel 2020, quando è stato “baciato dalla fortuna”. L’uomo infatti, che dopo aver perso il lavoro racimolava spiccioli a un semaforo della cittadina marchigiana in cui vive da anni, aveva comprato un Gratta e vinci fortunato. Bottino da 300mila euro.
La sua storia fece scalpore più di altre sia perché Pellonara era un mendicante ma anche perché quei soldi vinti non riuscì a intascarli subito. La vincita venne sequestrata infatti con un provvedimento disposto dopo la denuncia di un parente: il motivo che avrebbe spinto il familiare a rivolgersi ai carabinieri sarebbe legato al timore che il clochard fosse ricattabile da terzi o non capace di gestire tutti quei soldi.
Ma adesso il suo legale, l’avvocato Marco Polita, ha fatto dissequestrare quei soldi che entrano finalmente in suo possesso. E per festeggiare, Pellonara ha deciso di devolvere parte di quel bottino alla Caritas che tanto lo ha aiutato quando ne aveva bisogno.
“Tiziano – queste le parole del legale Marco Polita – è molto riconoscente per il sostegno che la Caritas gli ha fornito durante i periodi più difficili, in particolare quando aveva perso il lavoro”.
“Oltre ai soldi donati alla Caritas Tiziano ha dovuto pagare 60mila euro di tasse e qualche multa arrivata da Equitalia. Per il resto continua ancora a vivere sobriamente”, ha aggiunto il suo avvocato.
“Ero amareggiato e sorpreso perché non capivo il motivo”, aveva detto Pallonara dopo che i soldi gli erano stati sequestrati. Ma adesso può aiutare chi lo ha aiutato: “Sono riconoscente alla Caritas e non me lo scordo. Se fai del bene, ti torna indietro”, le parole del 63enne.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
ARRIVA IL PREMIO PER I LORO ELETTORI: IMMUNITA’ PENALE PER CHI EVADE FINO A 150.000 DI IRPEF E 250.000 EURO DI IVA… E’ LA SEDICENTE DESTRA DELL’ILLEGALITA’
Dopo il mancato blitz nella legge di bilancio, causa levata di
scudi delle opposizioni, il governo Meloni è ritornato alla carica usando la decretazione d’urgenza per approvare lo scudo penale a favore degli evasori che decidono di pagare il dovuto una volta scoperti. “Si prevedono cause speciali di non punibilità di alcuni reati tributari (omesso versamento di ritenute dovute o certificate per importo superiore a 150.000 euro per annualità, omesso versamento di IVA di importo superiore a 250.000 euro per annualità, indebita compensazione di crediti non spettanti superiore a 50.000 euro)”, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
Somme che vanno ben oltre la cosiddetta evasione di necessità, andando a coprire legalmente di fatto evasori seriali e non in crisi e rendendo presumibilmente più conveniente provare a non pagare le tasse piuttosto che farlo regolarmente. Una questione a cui si aggiungono anche dubbi di legittimità procedurale dovuti all’inserimento di misure su energia, salute e fisco in un unico decreto-legge.
Il governo Meloni ha strizzato l’occhio al suo elettorato mantenendo la promessa sull’alleggerimento in materia di fisco. Lo ha fatto con un blitz in tarda serata, visto che lo scudo penale a favore degli evasori non era presente nelle bozze uscite qualche ora prima dal pre-Consiglio.
Sempre in materia fiscale, il governo Meloni ha deciso di prolungare i termini dei condoni previsti dalla legge di bilancio.
È slittata così dal 31 marzo al 31 ottobre 2023 la scadenza di pagamento della prima rata per regolarizzare le violazioni di natura formale commesse fino al 31 ottobre 2022.
(da la Notizia)
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Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
“DISCRIMINAZIONE NON SOLO DELLE COPPIE DELLO STESSO SESSO, MA SOPRATTUTTO DEI LORO FIGLI”
Il Parlamento europeo ha approvato per alzata di mano, in plenaria a Bruxelles, un emendamento presentato da Renew Europe (di cui fa parte il Terzo polo), di condanna al governo italiano per lo stop alla registrazione dei certificati di nascita di figli di coppie omossessuali. “Condanna le istruzioni impartite dal governo italiano al Comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali”.§
Il Parlamento europeo, si legge ancora nell’emendamento, “ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli; ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989; esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscrive in un più ampio attacco contro la comunità Lgbtqi+ in Italia; invita il Governo italiano a revocare immediatamente la sua decisione”.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
“FRASI GRAVI, DEVE ANDARSENE”… IL PD: “I TIMORI DI BUSIA SONO I NOSTRI”
La Lega contro Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità
nazionale anticorruzione (Anac), che ha chiesto al governo di correggere il nuovo Codice degli appalti mostrando perplessità sulla “deregulation” celebrata dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini.
“Gravi, inqualificabili e disinformate dichiarazioni del presidente Busia sul Codice Salvini: se parla così di migliaia di sindaci e pensa che siano tutti corrotti, non può stare più in quel ruolo – dichiara Stefano Locatelli, responsabile Enti Locali della Lega – Busia ha dei compiti di controllo, invece certifica di essere prevenuto, non neutrale e quindi non credibile”.
In un’intervista a Repubblica Busia commentando il nuovo Codice degli appalti spiega: “Concentrarsi solo sulla velocità rischia di andare a discapito di trasparenza, concorrenza, tutele dei lavoratori e in definitiva della qualità delle opere pubbliche”.
Puntualizza sulla riflessione di Salvini che il Codice porterà più velocità, più cantieri, più lavoro. “È giusta l’enfasi sui tempi – troppo lunghi – ma procedere per affidamento diretto non è la strada: rischia di escludere le imprese migliori, danneggiando la Pubblica amministrazione, le aziende e i cittadini”, risponde Busia.§
I parlamentari del Carroccio si riferiscono alle dichiarazioni di Busia sui rischi nell’assegnazioni dei lavori: “Potrebbero essere chiamate le persone più vicine al dirigente, al sindaco o all’assessore. E ridurre la trasparenza aumenta i rischi corruttivi, specie ora che le risorse sono tante”.
Il Pd difende Busia e condanna la Lega per “i gravi attacchi” degli esponenti del Carroccio al presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. “La colpa di Busia è solo quella di denunciare con forza le criticità del nuovo codice appalti – afferma il presidente dei senatori dem Francesco Boccia – Dietro la richiesta della velocizzazione si nasconde l’abbassamento della qualità dei lavori e il rischio sempre più forte di infiltrazioni ancora più massiccie della criminalità organizzata. La destra sappia che le preoccupazioni di Busia sono le nostre”.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
“IL GOVERNO CORREGGA IL NUOVO CODICE”
«Il vero punto non è costruire una scuola qualsiasi o una strada qualsiasi, nei tempi più rapidi possibile, ma costruire buone scuole e buone strade. Concentrarsi solo sulla velocità rischia di andare a discapito di trasparenza, concorrenza, tutele dei lavoratori e in definitiva della qualità delle opere pubbliche». Giuseppe Busia, presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, chiede al governo di correggere il nuovo Codice degli appalti. Avvocato e professore universitario, una carriera tra ministeri e Autorità, Busia evita con cautela da tecnico le polemiche politiche, ma mette in fila le perplessità sulla “deregulation” celebrata dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini: «Se le regole sono buone, ma si modificano le soglie così da applicarle solo a una minima parte degli appalti, vengono in realtà svuotate», dice. «Il codice trasforma in regola quelle che prima erano deroghe emergenziali, perdendo di vista quello che ci chiede l’Europa».
Dice Salvini che il Codice porterà più velocità, più cantieri, più lavoro: una svolta. Non è d’accordo?
«Ci sono elementi positivi, come un profondo investimento nella digitalizzazione delle gare. Ma anche elementi negativi, a cominciare dal sacrificio della trasparenza. È giusta l’enfasi sui tempi – troppo lunghi – ma procedere per affidamento diretto non è la strada: rischia di escludere le imprese migliori, danneggiando la Pubblica amministrazione, le aziende e i cittadini».
Tutte le gare sotto i 5 milioni di euro, il 98%, potranno essere assegnate senza avviso pubblico. Teme che i Comuni affidino i lavori all’amico dell’amico?
«Sì, vedo il rischio. Specie per gli affidamenti diretti sotto i 140 mila euro, dall’acquisto delle sedie ai lavori per imbiancare la scuola. Potrebbero essere chiamate le persone più vicine al dirigente, al sindaco o all’assessore. E ridurre la trasparenza aumenta i rischi corruttivi, specie ora che le risorse sono tante».
Sono le lungaggini burocratiche, sostiene Salvini, che creano occasioni di corruzione.
«È vero che la complicazione normativa inutile è occasione di corruzione, ma non possiamo buttare via tutti i controlli. La riduzione dei tempi andrebbe compensata rafforzando le regole sul conflitto di interessi e la trasparenza, consentendo a più imprese di partecipare e di far emergere eventuali scorrettezze».
Saltano anche i limiti ai subappalti. Dietro ai passaggi dall’impresa “A” all’impresa Z” c’è spesso una corsa al ribasso di salari, sicurezza, diritti: si potrà evitare?
«È stata la Corte europea a dire all’Italia che non poteva mettere limiti al subappalto. Ma poiché lungo la catena c’è una riduzione dei costi, e spesso dei diritti, questo andrebbe bilanciato con maggiore responsabilizzazione. Abbiamo proposto che il primo affidatario dei lavori sia responsabile in solido dei subappalti. Spero che nella versione finale del Codice questa proposta sia integrata».
L’Europa potrebbe contestare il Codice, un altro fronte con l’Italia?
«Potrebbe, almeno su due punti. Il primo è la qualificazione delle stazioni appaltanti, un impegno del Pnrr. Con il governo Draghi avevamo messo a punto delle linee guida per misurare la loro capacità, per fare in modo che la macchina di gare complesse si potesse guidare solo con la patente. Ma il Codice prevede che non serva per gare sotto i 500 mila euro, la maggioranza. Il secondo punto riguarda gli affidamenti alle società in-house, controllate dagli stessi enti locali. Fino ad oggi Anac teneva un registro per verificarne i requisiti, nel Codice non compare».
Tutte queste criticità non finiranno paradossalmente per allungare i tempi?
«Qualunque nuovo Codice richiede tempo per essere metabolizzato: qualche rallentamento potrebbe esserci. Ci sono poi delle misure in cui il risparmio di tempo iniziale potrebbe rivelarsi alla fine una perdita di tempo. Penso all’allargamento dell’appalto integrato, in cui lo stesso soggetto progetta e realizza i lavori. Quando il Comune si ritrova con un progetto esecutivo non conforme alle attese, e accade spesso, deve iniziare una trattativa. Il tempo non si può misurare sull’avvio della gara, ma su tutta l’esecuzione».
Anche le gare del Pnrr prevedono ampie deroghe, eppure la spesa non decolla.
«L’investimento che serve, e in cui siamo in ritardo, è assumere giovani capaci e preparati per gestire le gare sul territorio. Senza, rischiamo di non fare il Pnrr, o di sprecare i soldi».
Dal Codice è sparito anche l’obbligo di garantire una quota di lavoro a giovani e donne. Nel Pnrr queste quote ci sono, ma le deroghe sono tantissime. Si prende atto che non funzionano?
«È un passo indietro ingiustificato. Il Pnrr ha previsto delle deroghe perché bisognava evitare il rischio di bloccare i lavori, ma la regola restava. Così invece si rinuncia a dare una direzione di lungo periodo, ad usare gli appalti pubblici come motore di crescita per il Paese».
(da La Repubblica)
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Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
SINDACATI IN PIAZZA CONTRO LA RIFORMA; “APRE UN’AUTOSTRADA ALLE INFILTRAZIONI MAFIOSE”
C’è vita nei sindacati: Cgil e Uil scenderanno in piazza contro
la riforma degli appalti che apre un’autostrada alle infiltrazioni mafiose nelle opere pubbliche.
Una scossa che però chiude qui l’angolo delle buone notizie. Il governo, infatti, non vuole sentirne di rimettere un argine, nella foga di velocizzare gli investimenti e non perdere i soldi del Pnrr.
Così cadono nel vuoto gli allarmi dell’Autorità Anticorruzione, e di quelle poche forze politiche che fanno sul serio la lotta alla mafia, al contrario di chi abbonda in dichiarazioni di facciata e poi apparecchia la tavola ai clan.
Togliere di mezzo le gare per assegnare pozzi di denaro risveglierà all’istante quei metodi delinquenziali che in vaste aree del Paese non sono mai spariti.
Metodi che però, in molti casi, si sono dovuti ridimensionare per i paletti introdotti dal legislatore dopo il sacrificio di decine di servitori della Repubblica, che hanno pagato con la vita i loro No alle imprese chiacchierate, se non palesemente di famiglie criminali. Un muro che di fatto era stato già abbassato, al punto che moltissimi affidamenti da tempo passano in deroga.
Ora che questo modello diventerà sistema, a meno di improbabili ripensamenti nell’iter parlamentare, le ditte di comodo, i subappalti e tutte le forniture delle pubbliche amministrazioni torneranno ad essere terreno di conquista per chi sa utilizzare argomenti che non si possono rifiutare. L’ennesimo passo indietro verso gli anni più neri, che ci fa fare un governo incapace di altro se non navigare a vista.
(da La Notizia)
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Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
L’ANAC: “COSI’ SARA’ FACILE DARE I LAVORI AL CUGINO O A CHI LI HA VOTATI”
“Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di trasparenza, controllabilità e libera concorrenza”: il nuovo Codice degli appalti approvato martedì in Consiglio dei ministri viene, ancora una volta, stroncato dall’Autorità nazionale anticorruzione e dal suo presidente, Giuseppe Busia.
La norma, infatti, rende strutturali tutti i “liberi tutti” introdotti durante la pandemia. Un traguardo su cui mette la firma il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, per il quale la corruzione è solo una questione di tempo.
Ieri ha sostenuto che velocizzando i tempi è più difficile che “il corrotto incontri il corruttore”. Tesi bizzarra se si tiene conto che il nuovo codice moltiplica le opportunità perché accada.
Si parte dall’affidamento diretto obbligatorio per gli appalti sotto i 150 mila euro per il quale, come ha detto ieri Busia, andrà “benissimo il cugino o anche chi mi ha votato. Soprattutto nei piccoli centri”. Si introduce, poi, la procedura negoziata senza bando: basteranno cinque inviti per gli appalti fino a un milione di euro e dieci inviti per gli appalti tra 1 e 5,4 milioni. Ancora una volta sarà semplice privilegiare alcune aziende rispetto ad alte sottraendo, secondo le stime, alla concorrenza il 98% dei lavori. “Si prenderà l’impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio”, rileva l’Anac. Secondo il Sole 24 Ore si parla di un mercato che nel 2021 valeva 18,9 miliardi, tenendo conto delle 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici di quell’anno: di queste, il 98,27% era sotto i cinque milioni di euro.
Ancora: i piccoli Comuni potranno procedere ad affidamenti diretti fino a 500 mila euro fungendo quindi da stazioni appaltanti. Le criticità sono le stesse già accennate, a cui si aggiunge il fatto che spesso questi enti locali non hanno personale qualificato per gestire appalti, lavori e acquisti di alto livello. “Così si spende molto di più del necessario e si buttano soldi pubblici e le pubbliche amministrazioni soccombono nella contrattazione con i grandi gruppi privati” spiega l’Anac. Questione che ci porta al cosiddetto “appalto integrato”, cioè l’affidamento di progettazione ed esecuzione allo stesso soggetto: saltano, in pratica, i confini tra controllore e controllato e lievitano i costi tra varianti ed estensioni. Come già spiegato dal Fatto, non è un inedito: era un pallino della legge voluta nel 2001 da Berlusconi e dal ministro Pietro Lunardi che aprì la stagione delle “Grandi Opere”, finita tra inchieste e lavori incompiuti, portando “ad appalti in cui era il privato a decidere tutto, anche sul piano pratico, a fronte di scelte dell’amministrazione che talvolta erano appena abbozzate” (parole dell’ex presidente Anac Raffaele Cantone). Oggi viene anche eliminata ogni soglia, consentendolo per qualsiasi tipo di appalto, anche per la manutenzione straordinaria.
Nella galleria dei mostri, non manca la liberalizzazione del subappalto, spacciato per un obbligo imposto dalle direttive Ue ma diventato a “cascata”, cioè con la libertà di subappaltare quanto già subappaltato, frammentando i cicli produttivi all’infinito e creando di fatto i meandri dove si annidano problemi di sicurezza, salari da fame e infiltrazioni criminali.
La Fillea Cgil ha già annunciato che sabato sarà in piazza per protestare con la Uil. “Se la Cgil dice di ‘No’ vuol dire che siamo sulla strada giusta”, ha commentato ieri sui social Salvini. “Egregio ministro – ha replicato il segretario Alessandro Genovese – noi siamo il sindacato che ha firmato accordi per completare le opere che servono al Paese, anche lavorando 7 giorni su 7, h 24. Vogliamo spendere, ma vogliamo fare sia presto che bene. In pieno rispetto dei contratti collettivi edili e in piena sicurezza”.
Genovese spiega che liberalizzare i livelli di subappalto c’entra ben poco con i tempi di realizzazione: “I ritardi sono spesso nelle fasi amministrative. Non si velocizzerà ma si innescherà ulteriore concorrenza su chi paga meno e sfrutta di più, su chi risparmia sulla sicurezza, colpendo le imprese più strutturate e la vita degli operai. Spente le luci della comunicazione mediatica, potremmo anche parlarne. Ah… ma sul nuovo Codice degli appalti un tavolo con i sindacati non è stato fatto…”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 30th, 2023 Riccardo Fucile
PERCHE’ LA PROCURA DI MILANO NON HA ANCORA AVVIATO UN’INCHIESTA? – A CHI ERA AFFIDATA LA SORVEGLIANZA? A UN BRACCIALETTO ELETTRONICO SUBITO NEUTRALIZZATO
Artem Uss non è il primo ricercato per l’estradizione dagli
Stati Uniti che riesce a evadere dai domiciliari in Italia. Era già successo in passato, almeno altre sei volte. Ma nel caso del ricchissimo imprenditore russo 40enne la consegna per gli Usa era di vitale importanza.
Per questo, il 29 novembre scorso, tre giorni prima dell’uscita di Uss dal carcere su decisione della corte d’Appello, il Department of Justice americano ha scritto una lettera ufficiale al ministero della Giustizia per esortare una misura più rigida nei confronti dell’indagato, accusato di associazione criminale, frode in danno dello Stato, commercio illegale del petrolio venezuelano sotto embargo, frode bancaria e riciclaggio, e considerato molto vicino al Cremlino.
“Le autorità statunitensi – si legge nel testo della missiva – hanno recentemente appreso che nei confronti di Artem Uss, ricercato per l’estradizione negli Stati Uniti, è stato o sarà presto disposta la misura degli arresti domiciliari in seguito a un provvedimento della Corte d’Appello di Milano”.
La preoccupazione manifestata dalle autorità americane già all’epoca era molta: “Dato l’altissimo rischio di fuga che Uss presenta, come indicato nella lettera del sostituto procuratore statunitense del 19 ottobre 2022 esortiamo le autorità italiane a prendere tutte le misure possibili per disporre nei confronti di Uss la misura della custodia cautelare per l’intera durata del procedimento di estradizione, compreso un ricorso alla Corte di Cassazione contro il provvedimento degli arresti domiciliari della Corte d’Appello di Milano”
E in effetti la possibilità era stata vagliata dalla procura generale, che si era opposta agli arresti domiciliari richiesti dalla difesa e che alla fine però ha rinunciato, calcolando che i tempi dell’eventuale decisione della Cassazione sarebbero stati probabilmente più lunghi di quelli del procedimento per l’estradizione.
Perché gli americani sottolineano l’esistenza di “uno schema consolidato di latitanti che sono fuggiti dall’Italia mentre era in corso una richiesta di estradizione dagli Stati Uniti” che “rafforza il fatto che gli arresti domiciliari non garantiscono efficacemente al disponibilità del latitante per un’eventuale consegna”.
A dimostrazione della tesi, nella mail vengono elencati nomi e cognomi di sei ricercati che negli ultimi anni sono riusciti a evadere in attesa di estradizione: una spagnola, un tedesco, una svizzera, un nigeriano e uno statunitense.
Gli americani mettono nero su bianco i loro timori che di fatto si sono poi verificati. “Pertanto richiediamo rispettosamente che le autorità italiane si assicurino che Uss sia rimesso in custodia cautelare per l’intera durata del procedimento di estradizione – concludono -, in modo che possa affrontare la giustizia negli Stati Uniti se l’estradizione dovesse essere concessa”.
Tutte queste cautele però, di fatto, sono servite a poco. Uss è riuscito a fuggire grazie a una rete di persone su cui oggi i carabinieri del Nucleo investigativo e della compagnia di Corsico stanno indagando. Dietro queste persone c’è l’ombra dei servizi segreti russi.
Del resto già a ottobre il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, lo aveva annunciato: “Le missioni diplomatiche russe faranno del loro meglio per proteggere gli interessi di Uss”.
(da La Stampa)
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