Destra di Popolo.net

UNO STRAFATTO DI KETAMINA E’ IL NUOVO IDOLO DELLE DESTRE

Aprile 7th, 2024 Riccardo Fucile

MELONI E SALVINI STANNO FACENDO DI TUTTO PER CONQUISTARE UN RAPPORTO PRIVILEGIATO CON ELON MUSK… IL TYCOON, NEL DICEMBRE SCORSO, È STATO OSPITE SIA DI ATREJU CHE DEL MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE

L’ultimo scambio di amorosi sensi con Matteo Salvini è dell’altro giorno. Elon Musk in Italia piace più a destra (pur con qualche vistosa contraddizione, come il ricorso alla maternità surrogata), sul versante populista, che a sinistra. E anche tra i due principali partiti di governo la corsa a conquistarsi un rapporto privilegiato con il patron di X, di Tesla, di Starlink e tanto altro, è senza esclusione di colpi.
Lui, per non far torto a nessuno, nel dicembre scorso è stato ospite sia di Atreju (la manifestazione di Fratelli d’Italia) che del ministero delle Infrastrutture. Il dialogo è aperto. Salvini, giovedì in un’intervista a Libero, ha speso parole di elogio: «Avere uno come Musk che investe in Italia è importante. E per l’Italia è un bel momento». E poi, per essere ancora più chiari: «Da ministro delle Infrastrutture mi farebbe molto comodo avere Starlink nelle aree attualmente disconnesse». Musk ha subito ringraziato, via X naturalmente.
Solo poche settimane fa il miliardario naturalizzato americano aveva commentato un tweet scritto da un’avvocata e opinionista olandese, Eva Vlaardingerbroe, in difesa della politica salviniana sui blocchi navali contro l’immigrazione clandestina. Nel messaggio Musk definiva «scandaloso» che Salvini sia a processo «per aver fatto rispettare la legge». In questa fase, quindi, è soprattutto il leader leghista a cercare di stringere i rapporti con l’imprenditore, ma Giorgia Meloni non è meno interessata.
Già a giugno di un anno fa la presidente del Consiglio lo aveva invitato a Palazzo Chigi, dove si era intrattenuto parlando di denatalità e intelligenza artificiale. «Avanti verso le sfide future che ci accomunano» il messaggio di congedo della premier affidato anche in questo caso a X.
Attenzione ricambiata con un like apposto sotto il messaggio con cui Meloni a ottobre annunciò via social la fine del rapporto sentimentale con Andrea Giambruno.
–
(da agenzie)

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PONTE SULLO STRETTO, I COMITATI UNITI: “UNO SCEMPIO, SARA’ LOTTA DURA”

Aprile 7th, 2024 Riccardo Fucile

PROPRIETARI. TUTTI IN PIAZZA, ASSEMBLEA A MESSINA

“Da oggi inizia la lotta”. Carmelo Briguglio, avvocato di parte degli espropriandi storici del Ponte sullo Stretto, ha parlato così alla platea accorsa giovedì mattina al palazzo comunale di Messina, dove il comitato “Invece del Ponte” aveva organizzato una conferenza stampa aperta alla città.
Un salone gremito come non si vedeva dai tempi della campagna elettorale di Renato Accorinti, poi eletto sindaco con la maglietta “No Ponte”. La pubblicazione dell’elenco degli espropri ha infuocato di nuovo gli animi sulla sponda siciliana dello Stretto e non solo.
Una sorpresa per molti: “Finalmente hanno capito che un’opera così grande non poteva interessare solo Torre Faro”, sottolinea Mariolina De Francesco, proprietaria di una casa a Torre Faro, dove vive, che verrà completamente espropriata.
Nella lista di 1.526 pagine sono elencate particelle della zona, dove finora non erano stati apposti vincoli. Ma c’è anche la lista Villa San Giovanni, altri 5 Comuni dal lato siciliano e altri 7 da quello calabresi: in tutto 2.514 pagine di elenco espropri. Non tutti per demolizione, la gran parte per “asservimento”, verranno cioè espropriati temporaneamente per consentire l’accesso di mezzi o per lavori connessi.
Ma c’è chi subirà entrambi gli espropri: “Abbiamo comprato un terreno 15 anni fa, con grande fatica, impegnandoci con mutui e cessione del quinto. In una zona che non era soggetta a esproprio. Avremmo fatto tutto questo se avessimo avuto il sospetto di potere rientrare negli espropri?”, chiede Carmela Licastro. Fino a pochi giorni fa, l’area non era soggetta a vincolo, adesso rientra nelle mappe e negli elenchi della Stretto di Messina: “Avevamo finito di costruirla a giugno scorso, dopo neanche un anno ci sta crollando il mondo addosso”, scuote la testa Licastro.
“Stamattina mi sono svegliato e mi sono ritrovato tra gli espropri”, rivela invece Fabio Mostaccio, sociologo politico dell’Università di Messina, proprietario di un terreno nel comune di Villafranca, dov’è nato. Che continua: “Questi terreni saranno usati, ragionevolmente, per il materiale da risulta. Si consideri che lambiscono il lungomare del paese. Per tutta la durata della costruzione, le spiagge saranno attraversate da un continuo passaggio di camion?”, chiede.
“La pubblicazione della lista espropri ha creato sconcerto perché parliamo di grandi cantieri immersi nella città, un territorio completamente urbanizzato. Tutte le grandi opere sono in zone limitrofe ai centri urbani, non nei centri stessi”, sottolinea Sergio De Cola, ingegnere, ex assessore all’Urbanistica nella giunta di Accorinti.
Nel frattempo esplode il dissenso: “Lunedì saremo all’apertura dello sportello informativo al Palacultura, con le nostre bandiere”, spiega Daniele Ialacqua, del comitato “No Ponte Capo Peloro”.
La protesta poi si sposterà sul lato calabrese, dove andranno pure tutti i comitati messinesi per l’apertura degli sportelli giovedì 11 aprile: “Faremo un’assemblea e, visto il clima che avverto, temo che non ci sarà abbastanza spazio per tutti”, sostiene Giuseppe Fedele, promotore a Villa San Giovanni del comitato “Titengostretto”. Dopo la lista espropri, secondo lui, è tutto cambiato: “Mi fermano tutti per strada, alle poste, in banca. Dopo la pubblicazione degli elenchi, si sono svegliati tutti e la partecipazione è completamente cambiata. Ma non parliamo di espropri: se arriveremo a quella fase, avremo perso”.
Intanto anche i partiti si attivano: “Ci sono arrivate tantissime segnalazioni, perché questa pubblicazione della lista espropri, in queste modalità, ha spiazzato tutti. Per questo abbiamo attivato uno sportello per offrire informazioni e assistenza legale”, spiega Antonio De Luca, portavoce del M5S all’Assemblea regionale siciliana.
Mentre il gruppo del Pd al Comune di Messina presenterà “una proposta di applicazione dell’articolo 22 del Codice degli appalti, che finora sia il governo sia la società Stretto di Messina hanno bypassato. Chiederemo il ‘dibattito pubblico’ aperto ai Comuni interessati”, spiega Alessandro Russo, consigliere Pd.
(da agenzie)

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SCIOGLIMENTO PER MAFIA, A BARI LA COMMISSIONE PUNTA AL RINVIO DELLE ELEZIONI AD OTTOBRE

Aprile 7th, 2024 Riccardo Fucile

GLI UOMINI NOMINATI DAL VIMINALE POTRANNO CHIEDERE PIU’ TEMPO PER VALUTARE (FACENDO OVVIAMENTE UN FAVORE AI SOVRANISTI)

Cinque società controllate dal Comune di Bari passate al setaccio dalla Commissione d’accesso nominata il 22 marzo dal Viminale: Amtab, Amiu, Amgas, Retegas e Multiservizi, che coprono i servizi essenziali ai cittadini, cioè trasporti, rifiuti, energia e manutenzioni. E una nuova ipotesi sul tavolo: se la commissione non terminerà il lavoro prima delle elezioni, potrebbero chiedere lo slittamento del voto a ottobre. Prima ancora di prendere qualsiasi decisione. Lo prevede la legge. Ci sono già dei precedenti. Si sta muovendo così la commissione nominata dal Viminale per verificare se sussistono le condizioni per sciogliere il Comune di Bari per infiltrazioni mafiose.
In cima all’agenda ci sono le assunzioni del personale in queste aziende, con tanto di qualifiche, date e modalità di reclutamento, gli organigrammi, le eventuali transazioni con i dipendenti, sono le carte che i commissari vogliono entro martedì. La loro analisi servirà per capire se i clan a Bari abbiano infiltrato i loro uomini nella cosa pubblica e se il Comune debba essere sciolto per mafia.
Dall’inchiesta “Codice interno” di febbraio è emerso che il nipote del boss Savinuccio Parisi, Tommaso Lovreglio, non solo lavorava all’Amtab ma imponeva assunzioni dando ordini ai vertici: «Qui comando io non il presidente». Per questo la municipalizzata dei trasporti è finita in amministrazione straordinaria e, dopo 26 giorni, il ministero dell’Interno ha avviato le verifiche sul Comune del presidente Anci Antonio Decaro. Che potrebbe essere sciolto per infiltrazioni mafiose prima delle elezioni di giugno, macchiando inevitabilmente la candidatura alle elezioni europee di Decaro.
Nella difficile corsa alla successione, dopo la chiusura del leader Cinque Stelle Giuseppe Conte alle primarie tra il suo candidato, l’avvocato Michele Laforgia, e il capo di gabinetto del Comune Vito Leccese, si cerca di ricucire lo strappo.
La segretaria Pd Elly Schlein ha ribadito il sostegno a Leccese «anche se vorrebbe tentare una soluzione unitaria» e alla stessa soluzione chiede di lavorare il segretario di Si, Nicola Fratoianni. Mentre il centrodestra potrebbe sciogliere oggi la riserva sul suo candidato, dopo l’anticipazione del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini: «Con una candidatura della Lega vinceremo».
A formulare l’eventuale proposta di scioglimento sarà il prefetto Francesco Russo, se la relazione documentasse ulteriori episodi (oltre a quelli emersi dall’inchiesta “Codice interno”) in cui esponenti della criminalità abbiano influito sugli atti delle “controllate” del Comune.
E sempre lui potrebbe decidere lo slittamento delle elezioni se i commissari (Claudio Sammartino, Antonio Giannelli e Pio Giuseppe Stola) dovessero chiederlo.
Un punto a favore delle aziende (e del Comune) sarebbe il tentativo che hanno fatto nel 2021 di blindarsi rispetto all’ingresso di persone con precedenti penali per reati che comportano l’interdizione dai pubblici uffici, tramite uno specifico regolamento, con il quale sono stati esclusi anche i sorvegliati speciali o sottoposti a misure di prevenzione.
Quindi, fuori gli uomini dei clan, almeno negli ultimi tre anni, anche se il ricorso massiccio alle società interinali per il reclutamento temporaneo non fornisce le stesse garanzie. Pure sugli interinali stanno lavorando i commissari, che in poco più di dieci giorni hanno letto gli atti dell’inchiesta “Codice interno” che ha portato agli arresti un centinaio di esponenti di clan e dell’ex consigliera comunale (eletta con il centrodestra e poi passata in maggioranza) Maria Carmen Lorusso. Chiesti anche gli atti dell’inchiesta in cui è indagata l’ex assessora regionale ai Trasporti, Anita Maurodinoia, il cui marito è ai domiciliari dal 4 aprile. Maurodinoia nel 2019 fu eletta al Comune tra le fila del centrosinistra. Prima di loro era finita ai domiciliari la consigliera Francesca Ferri, eletta con il centrodestra e poi passata in maggioranza.
(da Repubblica.it)

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PD, QUESTIONE MORALE DA NORD A SUD

Aprile 7th, 2024 Riccardo Fucile

ECCO I NOMI DI CACICCHI E TRASFORMISTI, I GATTOPARDI ESISTONO ANCHE IN PIEMONTE E IN LIGURIA

“Estirpiamo cacicchi e capibastone!”. Il 12 marzo 2023 Elly Schlein guidava la sua prima assemblea da leader del Pd, colpendo tutti per quel richiamo contro i ras, i porta-voti, i partiti nel partito che spesso controllano voti, nomine e consiglieri nella loro fetta di influenza. Un anno più tardi, la promessa è lontana dall’essere mantenuta. Talvolta Schlein ha dato qualche segnale (per esempio negando a Vincenzo De Luca il terzo mandato in Campania) ma la strada è lunghissima e la mappa d’Italia di “cacicchi e capibastone” mostra intere aree in cui il rinnovamento del partito non è ancora iniziato.
Gli scandali di Bari chiedono il conto di anni in cui Michele Emiliano, pur immacolato dal punto di vista giudiziario, ha gestito il potere senza alcuna selezione all’ingresso, imbarcando trasformisti e personaggi controversi. Una di queste è l’assessora Anita Maurodinoia, indagata, il cui marito Sandro Cataldo è stato arrestato. Ma Emiliano ha addirittura creato un movimento, “Con”, per offrire una casa ai vari transfughi. L’associazione è coordinata da Michele Boccardi, forzista per una vita che si è portato dietro decine di ex (?) berlusconiani, alcuni dei quali condividono il seggio in Consiglio regionale con il dem Michele Mazzarano, fresco di condanna a 9 mesi per corruzione elettorale.
Basta alzare lo sguardo dalla Puglia per capire che non si tratta di casi isolati. A Caserta il Pd è reduce da un disastro, con solito boom di tessere sospetto e congresso congelato. Qui “regna” Gennaro Oliverio, presidente del Consiglio regionale della Campania, in grado di raccogliere 1000 tessere solo nella sua Sessa Aurunca, dove di abitanti ce n’è solo 20 mila e il Pd alle ultime elezioni presero 1200 voti. Quasi più tessere che voti, quindi.
D’altra parte in Campania la macchina di consenso di De Luca è ormai rodata. Capogruppo Pd in Regione è Mario Casillo, recordman di preferenze e figlio d’arte: il papà Franco, ex Dc e poi Margherita, è stato per anni a sua volta tra i più influenti politici locali. A Napoli invece c’è Bobo Esposito, terza consiliatura in Comune e continua fonte di imbarazzo per il Pd. In passato ha patteggiato 6 mesi per una storia di firme fasulle a sostegno della candidatura di Valeria Valente. Nel 2019 Fanpage lo beccò a far votare alle primarie una persona senza certificato elettorale. Nel 2021 intervenne in Aula in difesa di alcuni interinali di una partecipata, “scordando” che tra questi ci fosse pure la figlia. Eppure il Pd lo ricandida sempre. Altrettanta fortuna elettorale ha Franco Alfieri, presidente della provincia di Salerno e per tutti il maestro delle celebri “fritture di pesce” offerte agli elettori nelle campagne elettorali secondo un’improvvida uscita di De Luca durante una riunione con centinaia di amministratori locali. In Basilicata è fresco il caso di Angelo Chiorazzo, per mesi candidato in pectore alla Regione (poi silurato) nonostante una storia personale di vicinanza con Gianni Letta. In Basilicata nel Pd sono ancora ascoltatissimi Vito De Filippo e Salvatore Margiotta, coi rispettivi – sterminati – curricula di incarichi: De Filippo è appena rientrato da Iv; di Margiotta, uscito illeso da diverse indagini, si è tornato a parlare nei giorni scorsi per una sua vecchia cena con Nicola Schiavone, a lungo considerato un prestanome del neo-pentito dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone.
Restando a Sud, è immortale il potere di Mirello Crisafulli, per anni dominus dem nella provincia di Enna e non solo. Alla sesta legislatura all’Ars c’è Antonello Cracolici: uomo di mondo, si è più volte espresso a favore del Ponte sullo Stretto. A Catania invece il Pd aspetta ancora di rinnovarsi: Enzo Bianco, quattro volte sindaco e già min, In Calabria è tornata a farsi sentire con diverse interviste Enza Bruno Bossio, rimasta senza seggio ma sempre componente della Direzione nazionale del Pd. Accanto a lei, due veterani come Carlo Guccione e Mariateresa Fragomeni, quest’ultima “creatura” politica di Sebi Romeo, ex consigliere regionale a sua volta vicino a Nicola Oddati e come lui coinvolto in una inchiesta sugli appalti. Senza dimenticare Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio anche lui tra i fan del Ponte.
In Sardegna, dove Renato Soru se n’è andato da poco perché non ricandidato alla guida della Regione, le carte le danno soprattutto Paolo Fadda e Antonello Cabras, forti entrambi di una lunga militanza nel centrosinistra. Il primo vede ora il figlio Danilo darsi da fare a Cagliari (è stato pure assessore), il secondo va verso la presidenza di Bper ma è indimenticato riferimento di una vasta area dem in Regione, al punto che alle ultime regionali ben 6 consiglieri eletti nel Pd su 11 fanno parte della sua corrente.
Saghe di potere e affetti che portano a Roma e nel Lazio, centro di gravità di molti di questi intrecci. Qui fa carriera Claudio Mancini, al secondo mandato alla Camera, mentre è passata senza conseguenze la folle scenata di Albino Ruberti, ex capo di gabinetto di Roberto Gualtieri ripreso due anni fa mentre minacciava di sparare al fratello di Francesco De Angelis, a sua volta in odore di candidatura coi dem alle Europee. Ruberti continua a collezionare incarichi (l’ultimo all’Ipa, l’ente previdenziale per i dipendenti del Comune di Roma) e pure la moglie Sara Battisti gode di ottima salute politica, eletta al Consiglio regionale. In Abruzzo per parlare col Pd bisogna ancora citofonare Luciano D’Alfonso: ex governatore, vuole fare il sindaco di Pescara. Il partito fa fatica a rinnovarsi, tanto è vero che due anni fa a L’Aquila ha corso l’eterna Stefania Pezzopane, oggi volto della corrente di Stefano Bonaccini.
In Toscana Dario Nardella e Eugenio Giani hanno già costruito una propria rete, ma dietro le quinte è forte la famiglia Perini. Il padre, Nicola Perini, è dirigente locale del partito vicino a Nardella e ora guida Publiacqua, partecipata del Comune di Firenze; la figlia Letizia è consigliera comunale; la “zia” Serena, sorella di Nicola, è presidente del Quartiere 3.
La rassegna (per forza incompleta) porta poi in Liguria, dove a sostegno di Bonaccini si erano rivisti Claudio Burlando e Franco Vazio. Alessandro Terrile, dirigente dem di Genova, ha rapporti trasversali: due anni fa è stato nominato a capo dell’Ente Bacini. Si arriva così al Piemonte, con le inchieste di questi giorni che raccontano le manovre del “ras” Salvatore Gallo, capace di piazzare consiglieri a piacimento. A Torino il Pd esprime il sindaco Stefano Lo Russo, ma il vero riferimento da sempre è Stefano Fassino. Nella classe dirigente locale, quasi tutta allergica all’alleanza coi 5Stelle, spicca il deputato Mauro Laus: “rivale” interno di Schlein, è indagato per malversazione in una vicenda che riguarda la gestione di una cooperativa. Come gli altri pezzi di potere dem, ha la testa alle Europee, oltreché alle Regionali. E a Bruxelles è a fine legislatura Paolo De Castro, collezionista di incarichi e seggi passando per tutte le stagioni dem. Ma è in Lombardia che il Pd ha sfiorato il capolavoro, fermandosi appena prima di un’operazione politica spinta dall’ala centrista del partito, che avrebbe voluto candidare Letizia Moratti alla Regione. Operazione fallita, ma che rende l’idea della concezione del partito diffusa tra certi suoi esponenti.
(da ilfattoquotidiano.it)

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IL SUD NON RINASCERA’ SE NON CAMBIA LA CLASSE DIRIGENTE

Aprile 7th, 2024 Riccardo Fucile

RIDURRE TUTTO IL PD A CLIENTELISMO E’ SBAGLIATO E IL CENTRODESTRA NON E’ IN GRADO DI DARE LEZIONI A NESSUNO

Dal riscatto del sud dipendono le sorti dell’Italia. E il riscatto del sud è possibile solo con una classe dirigente agli antipodi del trasformismo e del malaffare. È la precondizione.
A dirla tutta, il problema riguarda soprattutto il centrodestra, storicamente connesso alle aree più torbide della società meridionale, ai ceti più estrattivi e alla politica, clientelare e opportunistica, quando non malavitosa, che ne consegue. Ma sappiamo che riguarda anche il centrosinistra e il Partito democratico.
Qui però si trovano anche esempi positivi, importanti, con buone conseguenze per la vita dei meridionali. Difatti proprio nel Pdsi confrontano oggi due visioni opposte su quella che dovrebbe essere la politica nel Mezzogiorno, entrambe profondamente radicate nella storia d’Italia.
TRADIZIONI
Una è quella clientelare e trasformista, che risale all’epoca post-unitaria, viene cavalcata anche da Giolitti, e poi si incardina nella Democrazia Cristiana, con figure come Remo Gaspari, nella versione meno grave, protagonista di un clientelismo capillare e inclusivo, molto dispendioso, che ha finito per alimentare la mentalità assistenziale; nell’accezione peggiore abbiamo invece un sistema di potere aggrovigliato alle mafie e che infatti negli anni Settanta e Ottanta ha devastato le grandi regioni meridionali (ma quel sistema è poi transitato in larga parte nel centrodestra).
L’altra è quella del cambiamento sociale e dell’innovazione, una storia di lotta e di riscatto dei cittadini meridionali che origina nel Risorgimento (ma si tende a dimenticarlo), passa per Salvemini, Dorso, Gramsci, attraversa tutto il Novecento, dal sindacalismo di Giuseppe Di Vittorio alla sinistra di Emanuele Macaluso, ma anche all’impegno per l’industrializzazione del Sud profuso dalla Svimez, il quale soprattutto negli anni Sessanta diede buoni frutti e fu guidato dalle parti più innovative delle forze di governo (democristiani di sinistra, socialisti, repubblicani).
TENDENZE OPPOSTE
In continuità con questa seconda visione, il centrosinistra e il Pd hanno realizzato gran parte di quel che di buono, in questi decenni, abbiamo visto nel Mezzogiorno: si pensi alla modernizzazione impressa in Puglia da Nichi Vendola, o a Bari dallo stesso Antonio Decaro, o si pensi ancora prima alla stagione dei sindaci, impersonata al meglio dalla Napoli di Bassolino.
Di recente vi sono stati protagonisti anche a livello nazionale, con ministri come Provenzano (che non a caso viene dalla Svimez e aveva un legame molto forte con Macaluso), Speranza, Amendola.
Ma il Pd e il centrosinistra hanno rappresentato anche la visione opposta, incardinata nei sistemi di potere guidati da Emiliano e De Luca, in cui il clientelismo e il trasformismo, e a volte il vero e proprio malaffare, si combinano oggi con tratti cesaristi, populisti.
IL TENTATIVO DI SCHLEIN
Ridurre tutto il Pd a clientelismo e trasformismo è però profondamente ingiusto. Di più: è sbagliato e controproducente (a meno che l’unico obiettivo non sia lucrare qualche consenso di breve periodo, nuocendo però agli interessi dei meridionali).
Ed è ingiusto e sbagliato soprattutto nei confronti di Elly Schlein e della sua segreteria: Schlein si è imposta proprio contro i «cacicchi» meridionali del suo partito, e viene da loro osteggiata con durezza; e Schlein sta cercando di rinnovare il Pd innanzitutto nel Mezzogiorno, a cominciare dalle scelte per le amministrative in Sardegna e in Abruzzo (e sì, anche in Basilicata, con eloquenti difficoltà), o per lo stesso comune di Bari.
Questo è un impegno che tutti coloro che hanno a cuore il riscatto del Mezzogiorno dovrebbero sostenere o, se non ne condividono alcuni punti, dovrebbero almeno trattare con rispetto: perché in genere fatto da persone oneste e competenti, che spesso lottano, da tutta la vita, contro la politica peggiore e in condizioni improbe.
Se le altre forze che si dichiarano progressiste, a cominciare dai Cinque stelle di Conte, non capiscono che questo impegno va aiutato, e non azzoppato, allora davvero c’è poca speranza per il Mezzogiorno (e per l’Italia).
(da editorialedomani)

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TORINO, IL RAS DEL PD LOCALE SALVATORE GALLO E QUELLE CASSE DI CHAMPAGNE CON IL MANAGER COLLUSO CON LE ‘NDRINE

Aprile 7th, 2024 Riccardo Fucile

IL FIGLIO SI RITIRA DALLE REGIONALI

Sarebbe pronto a sfilarsi dalle elezioni regionali in Piemonte Raffaele Gallo, figlio di Salvatore Gallo capogruppo del Pd in Regione.
Lo anticipano oggi il Corriere della Sera e la Stampa. Sui quotidiani sono state pubblicati alcuni stralci delle intercettazioni dell’inchiesta Echidna, dove la ‘ndrangheta aveva messo gli occhi sull’autostrada Torino-Bardonecchia in cui Gallo senior conversa con Roberto Fantini, l’ex manager di Sitaf accusato dalla procura di aver favorito le ‘ndrine di San Luca nei subappalti della Sitaf. Fantini è ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre Sasà Gallo risulta indagato per estorsione, peculato e violazione della normativa elettorale. E tra le conversazioni spunta anche il figlio di Gallo, Raffaele, che esulta con il padre per la nomina di una donna al consiglio di amministrazione della fondazione Film Commission di Torino. Si tratta, secondo quanto Repubblica, della nuora di un noto industriale cittadino che «fa parte della ragnatela di favori e consenso costruita dai Gallo». Ieri il segretario regionale del Pd Domenico Rossi, ieri, ha chiesto al partito una valutazione del comportamento di Salvatore Gallo. Sulla lista di Torino, dunque, secondo quanto riportano i quotidiani, nulla sembra deciso.
Le sei casse di champagne per festeggiare
«Allora io ho già trovato il vino… devi però…andarlo a prendere… per evitare che io poi devo passare, caricarmelo in macchina eccetera». Sei di champagne, che Gallo senior, spiega La Stampa, ritirerà in una gastronomia di via Principi D’Acaja 40, vicino alla Procura. Questa una delle intercettazioni riportate dal quotidiano torinese. Un regalo al politico, secondo la procura, per aver risolto la pratica di un centro medico nel Canavese.
(da agenzie)

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“L’UCRAINA NON RESISTERA’ A LUNGO”, IL DRAMMATICO APPELLO DI ZELENSKY ALL’OCCIDENTE: “LA DIFESA AEREA SI STA ESAURENDO, SE I RUSSI CONTINUANO A COLPIRE L’UCRAINA OGNI GIORNO COME HANNO FATTO NELL’ULTIMO MESE, POTREMMO RIMANERE SENZA MISSILI, E I NOSTRI PARTNER LO SANNO”

Aprile 7th, 2024 Riccardo Fucile

IL MINISTRO DEGLI ESTERI UCRAINO, DMYTRO KULEBA: “LE BOMBE GUIDATE RUSSE CI STANNO SPAZZANDO VIA”

“La difesa aerea si sta esaurendo, se i russi continuano a colpire l’Ucraina ogni giorno come hanno fatto nell’ultimo mese, potremmo rimanere senza missili, e i nostri partner lo sanno”. Lo ha detto ieri sera alla tv nazionale Volodymyr Zelensky, lanciando il più drammatico avvertimento dopo settimane di incessanti attacchi dell’esercito del Cremlino. Il presidente ucraino ha aggiunto che è necessario mobilitare 300 mila persone entro il primo giugno, ma non è sicuro che si riuscirà a farlo. “Il presidente Erdogan vuole mediare, ma la Turchia da sola non basta come mediatore”, ha aggiunto.
I soldati ucraini “vengono attaccati in modo massiccio e direi anche di routine da bombe aeree guidate (russe, ndr) che spazzano via le nostre posizioni”: lo ha detto al Financial Times il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Secondo funzionari della difesa di Kiev, dall’inizio dell’anno le forze russe hanno lanciato contro il Paese circa 3.500 bombe aeree guidate, con un aumento di 16 volte rispetto all’intero 2023. Solo nella terza settimana di marzo, la Russia “ha lanciato oltre 700 bombe aeree guidate”, ha precisato di recente il presidente Volodymyr Zelensky.
“Le bombe aeree guidate russe sono molto semplici in sostanza, quindi non è possibile bloccarle, non ci si può nascondere da loro, l’unico modo per proteggersi è abbattere il bombardiere che le trasporta”, ha detto Kuleba, sottolineando che per raggiungere questo obiettivo, l’Ucraina ha bisogno di sistemi di difesa aerea significativamente più moderni.
(da agenzie)

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LO SPIONE DI PUTIN: SPUNTANO NUOVI DETTAGLI SULLA “AUSTRIA CONNECTION” DI JAN MARSALEK, FONDATORE DELLA BANCA TEDESCA “WIRECARD” NONCHE’ AGENTE SEGRETO AL SOLDO DI MOSCA, RICERCATO PER AVER LASCIATO UN BUCO DI 2 MILIARDI NEL BILANCIO DELL’ISTITUTO BANCARIO

Aprile 7th, 2024 Riccardo Fucile

ALCUNI DOCUMENTI DEL “MI5” BRITANNICO RIVELANO CHE MARSALEK USAVA “AGENTI COMPROMESSI” OCCIDENTALI PER SPIARE CITTADINI UE, DISSIDENTI RUSSI E ALTRE PERSONE MONITORATE DAL CREMLINO E A VOLTE ORGANIZZAVA LE SQUADRE DEL “GRU” PER PEDINAMENTI, AGGRESSIONI E OMICIDI

Chi era davvero Jan Marsalek? L’imprenditore della più grande frode finanziaria del dopoguerra tedesco, una spia del Gru rifugiata in Russia, o nientedimeno che uno dei più grandi asset di Putin in Europa, il reclutatore della rete austriaca, e forse in parte anche di quella tedesca?
Quello che sembra è che i tre filoni convergano, in uno dei più gravi scandali spionistici del dopoguerra in Germania. È almeno dal 2020 che le notizie su Marsalek, 44 anni, e le sue malefatte filtrano sui giornali, andando a costruire tessera dopo tessera un puzzle incredibile. Ma la svolta è arrivata con l’inchiesta di Christo Grozev di Bellingcat , dello Spiegel e del russo Insider
Quel lavoro ha non solo rintracciato Marsalek in Russia, ma ha svelato le identità che ha assunto, incluso quella di un pope ortodosso. Allo stesso tempo, l’ha inquadrato come un operativo del Gru, lo spionaggio militare del Cremlino. Ora altri articoli dello Standard austriaco, della Süddeutsche Zeitung e del Financial Times mostrano quanto Marsalek fosse penetrato nel circoli di Vienna e quando fosse preziosa la sua «Austria Connection».
La premessa di quest’ultimo capitolo è l’arresto una settimana fa del poliziotto e ufficiale d’intelligence austriaca, Egisto Ott, in quando agente doppio al soldo di Mosca. L’incriminazione — letta dall’ Ft — mostra come Ott fu reclutato da Marsalek, e soprattutto il modus operandi di quest’ultimo. Buona parte del materiale dell’incriminazione deriva del MI5 britannico. Si apprende che Marsalek usava «agenti compromessi» occidentali per spiare cittadini Ue, dissidenti russi, a volte anche organizzare le squadre del Gru per pedinamenti, aggressioni, e perfino assassini
Le carte sembrano suggerire che Wirecard, la società creata da Marsalek per pagamenti online e che era entrata nei 30 più grandi gruppi della Borsa tedesca Dax, prima di rivelarsi una scatola vuota nel 2020, sarebbe servita come sistema finanziario ombra per pagare le operazioni coperte dei russi in Europa, senza che la Nato ne avesse sentore. Per inciso, fu Olaf Scholz allora ministro dell’Economia a dare a Wirecard i permessi per operare sul mercato tedesco, diventandone un sostenitore: si devono a questo le speculazioni che Wirecard e Marsalek potrebbero in futuro rappresentare un problema per il cancelliere.
Più nello specifico, tornando a Vienna, Marsalek avrebbe reclutato oltre a Egisto Ott anche Martin Weiss, il capo delle operazioni dell’intelligence austriaca, ora riparato a Dubai. L’uso di Ott era spietato e a tutto tondo: il poliziotto austriaco ha ottenuto, grazie alle credenziali di agente Ue, informazioni riservate da altri servizi europei su persone che Mosca monitorava, incluso dall’Italia.
Inoltre, Marsalek avrebbe deciso un’irruzione a casa di Christo Grozev, proprio il giornalista che poi l’ha così brillantemente smascherato e che temendo per la propria vita si è trasferito a New York. Si è inoltre impossessato di un computer Sina, tra le più avanzate macchine per criptare messaggi della Nato, che ha spedito a Mosca. Si stima che dei 180 diplomatici russi accreditati a Vienna, un terzo siano spie.
(da Corriere della Sera)

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