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L’INTERROGATORIO DI TOTI: LE MAZZETTE ORA SI CHIAMANO CAPTATIO BENEVOLENTIAE

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

“SPINELLI SOSTIENE IL MIO COMITATO DAL 2015, GLI HO DATO LA NOTIZIA CHE LA SUA PRATICA ERA SISTEMATA, VOLEVO FAR VEDERE CHE L’AVEVO VELOCIZZATA, ERA SOLO CAPTATIO BENEVOLENTIAE”

Otto ore per rispondere alle domande, un’altra per rileggere il verbale, due o tre pause di cui una per una striscia di focaccia portata dai finanzieri. Giovanni Toti, nel suo interrogatorio fiume con i pm, ha risposto a 167 domande.
E a proposito del fulcro dell’inchiesta sulla Tangentopoli ligure, i favori in porto in particolare nei confronti dell’imprenditore Aldo Spinelli in cambio di finanziamenti, si è difeso negando si trattasse di mazzette, ma di “captazio benevolentiae”.
In particolare, la Procura gli chiede conto di un dialogo con Spinelli: «Il 17.9.21 lei afferma: “il 29 va la tua roba… ricordati che io sto aspettando anche una mano…eh?”. A cosa fa riferimento? al finanziamento? C’era una correlazione tra la pratica del rinnovo e il finanziamento?».
Toti risponde che «gli davo una buona notizia e cioè che il 29 andava all’ordine del giorno la sua pratica, e gli reiteravo la richiesta di finanziamento. Non ho posto in relazione le due cose; al massimo era una “captatio benevolentiae”; volevo fare vedere che mi ero interessato per velocizzare la pratica».
Toti aggiunge che «il gruppo Spinelli comincia a sostenere i miei comitati politici dal 2015 e questo rapporto è durato fino a ora. Voglio precisare che è possibile che avessi chiesto un finanziamento anche prima dell’incontro del 1 settembre 2021».
Il voto dei riesini: “Chiesi i voti per la Cavo”
Prima ancora di parlare del porto, Toti deve affrontare la questione dei riesini, con l’accusa di voto di scambio che però, per quanto riguarda la sua figura, non contempla l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra (accusa invece al suo capo di gabinetto Matteo Cozzani).
«Sicuramente chiesi espressamente i voti per Ilaria Cavo parlando con uno dei due Testa – dice il presidente – forse nella primavera Ilaria Cavo mi disse che si era incontrata coi fratelli Testa, che non si erano capiti benissimo, che le erano sembrati confusi e che comunque non le erano piaciuti soprattutto per le richieste legate al rimborso spese – ha aggiunto Toti – non ricordo invece chi mi abbia parlato di posti di lavoro anche se era ovvio che i Testa avessero chiesto attenzione per la loro comunità».
I “dati Covid non truccati”
Toti esclude anche che la Regione da lui guidata abbia potuto inviare a Roma dati non veritieri sul Covid, ai tempi della pandemia, I pm gli domandano il senso di un’intercettazione nell’ufficio di Cozzani dal quale “si coglie che lei avrebbe alterato, aumentandolo, il numero di over 80 residenti in Liguria al fine di ottenere dalla struttura commissariale una maggiore fornitura di vaccini”.
“Non ricordo la conversazione – le parole messe a verbale da Toti – Escludo che Alisa (Azienda sanitaria ligure, ndr) abbia trasmesso dati non veritieri. E’ possibile che si sia discusso sul numero dei pluriottantenni residenti nel territorio ligure in pianta stabile e di quelli che vi risiedevano temporaneamente e di cui quindi avremmo dovuto farci carico come assistenze sanitaria regionale, un dato, quest’ultimo, che non era affatto sicuro”.
(da La Repubblica)

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FESTIVAL DELL’ECONOMIA A TRENTO, SCHLEIN ATTACCA: “IL GOVERNO MELONI IN 19 MESI HA FATTO 19 CONDONI, UNO SCHIAFFO AGLI IMPRENDITORI ONESTI, AI PENSIONATI, AI DIPENDENTI E AI LAVORATORI AUTONOMI CHE CON SACRIFICO PAGANO LE TASSE, NOI VOGLIAMO UN’ ITALIA DEGLI ONESTI”

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

“SUL CASO TOTI, DA PARTE DELLA MELONI NON UNA PAROLA, E’ IL SILENZIO DEGLI INDECENTI”… “IL CAPO DELLO STATO NON SI TOCCA”… “SULLA SANITA’ MELONI PERSEGUE UN PRECISO DISEGNO; FAVORIRE LA SANITA’ PRIVATA. MAI SPESA SANITARIA COSI’ BASSA”… “IPOCRITA SUL SUPERBONUS: LE PROROGHE SONO STATE VOTATE DA TUTTI I PARTITI, COMPRESO FDI”

“Dopo 19 mesi di governo, per quanto tempo Giorgia Meloni intende scaricare le responsabilità sui governi precedenti anziché assumersi le sue?”. La segretaria del Pd dal palco del Festival dell’Economia di Trento attacca con determinazione il governo su tutti i fronti
“Sono rimasta stupita dal silenzio di Meloni sulla situazione della Liguria e sull’arresto di Giovanni Toti. È il silenzio degli indecenti: ormai subisce il diktat di Salvini che chiede a Toti di resistere”.
“SuL premierato siamo andati al confronto col governo. Il primo, l’unico, a giugno 2023. E quando siamo andati abbiamo portato sei proposte per rafforzare la stabilità dell’esecutivo con la sfiducia costruttiva. Non l’hanno nemmeno considerata. Ma Meloni usa anche un altro argomento. Dietro quel ‘decidete voi’ c’è un colossale ‘decido io per voi’. La riforma che propongono indebolisce il Parlamento e la democrazia. Noi abbiamo proposto di cambiare la legge elettorale – spiega Schlein – Ma in generale io sarò sempre disponibile al confronto con lei, ovunque e in qualunque momento”.
Per Schlein sul redditometro “il governo è confuso” e anche Meloni “ha dimostrato grande incoerenza. Mi preoccupa un governo che in 19 mesi ha fatto 19 condoni, strizza gli occhi a chi fa il furbo, in barba agli imprenditori onesti, a pensionati e dipendenti, e ai tanti lavoratori autonomi che con sacrificio pagano le tasse”.
“Da Meloni su Toti il silenzio degli indecenti”
“Ho seguito con grande attenzione l’intervista di Meloni al Festival dell’Economia di Trento, sono stupita che non abbia colto l’occasione per dire una parola sulla situazione della Liguria e sull’arresto di Giovanni Toti. È il silenzio degli indecenti: Meloni subisce il diktat di Salvini che chiede a Toti di resistere, ma chi rischia di non resistere è la Liguria”, commenta Schlein. La regione, prosegue, “non merita di rimanere bloccata e non potere voltare pagina e ripartire perché è appesa a una indagine da cui emerge un quadro molto grave. Sulle responsabilità penali lavorerà la magistratura, ma c’è una questione di opportunità politica per cui non si capisce cosa aspetti il presidente Giovanni Toti a dare le dimissioni e a permettere alla Liguria di voltare pagina e andare avanti”, conclude la segretaria Pd.
Schlein: “Con Meloni la spesa sanitaria va verso il minimo storico”
Schlein parla di sanità e attacca Meloni: “Dice di aver fatto il più grande investimento in sanità pubblica, ma i dati la smentiscono, la spesa sanitaria sta scendendo, la direzione è il 6,2% del Pil, che sarebbe il minimo storico. Non è sciatteria, penso che sia un disegno, vogliono una sanità dove chi ha il portafogli gonfio può saltare le liste e chi non ce l’ha rinuncia a curarsi. Per questo ho chiesto con una proposta di legge più fondi alla sanità pubblici e di sbloccare le assunzioni”.
Schlein: “Governo ipocrita”
Il Superbonus 110%? “La misura ha cercato di dare una spinta all’economia dopo il Covid. Il rimbalzo c’è stato, è nato anche dalla capacità di portare avanti misure che io rivendico – osserva la segretaria del Pd – La cosa che trovo molto ipocrita da parte di Meloni e il governo è che le proroghe al Superbonus sono state votate da tutte le forze politiche e anche dal partito di Giorgia Meloni”.

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CON TELE-MELONI GODE SOLO PIER SILVIO BERLUSCONI, MFE HA CHIUSO IL PRIMO TRIMESTRE CON NUMERI DA RECORD: TRA GENNAIO E MARZO I RICAVI SONO IN CRESCITA DELL’8,2% A 699,8 MILIONI, UN UTILE IN AUMENTO DEL 66,5% A 16,8 MILIONI E UNA CASSA IN AUMENTO DEL 34% A 213 MILIONI.

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

LA PUBBLICITÀ È SALITA DEL 6,3% A 669,4 MILIONI… LA RAI NEL 2023 HA GIÀ PERSO LA LEADERSHIP SULL’AUDIENCE DELLE 24 ORE, MA ORA RISCHIA IL SORPASSO ANCHE IN PRIME TIME

Mfe chiude un primo trimestre migliore delle attese, conferma cinque mesi di raccolta in forte crescita e vede rosa per il 2024. Dati da record, con le tv italiane di Mediaset che spopolano sia sugli ascolti chi in termini di fatturato (+6,3% la raccolta fino ad aprile) e con una Rai che investe molto sui contenuti originali, ma fatica a stare al passo sui giovani (nel target più redditizio tra 15 e 64 anni, Mfe ha il 40,3% di share nel giorno), sia sul tasso Grp che misura l’efficacia di una campagna, dove le tv di Cologno (il 57,2% nel 2023) rendono quasi il triplo di quelle della Rai (18,5% nel 2023).
Merito anche del nuovo palinsesto voluto da Pier Silvio Berlusconi, fatto di nuovi contenuti originali del gruppo come Io canto (con pochi sconti e senza diritti milionari) e che strizza l’occhio a un nuovo pubblico, come quello di Bianca Berlinguer su Rete 4. Tra gennaio e marzo Mfe ha realizzato ricavi in crescita dell’8,2% a 699,8 milioni, un utile in aumento del 66,5% a 16,8 milioni e una cassa in aumento del 34% a 213 milioni, risultati record che ha ridotto l’indebitamento di fine marzo a 676,9 milioni (dai 902,8 milioni di fine 2023).
La pubblicità tra gennaio e marzo è salita del 6,3% a 669,4 milioni (di cui in Italia +5,7% a 489,2 milioni e in Spagna +8% a 180,2 milioni), migliorando in aprile e portando i primi quattro mesi a salire del 7,1% (di cui in Italia +6,3% e in Spagna +9,3%). Un trend che per Mfe «sembra perdurare anche nei primi 5 mesi dell’anno» e che porta il gruppo a confermare l’obiettivo di un 2024 «con un risultato operativo, un risultato netto e una generazione di cassa decisamente positivi».
Le reti pubbliche che nel 2023 hanno perso la leadership sull’audience delle 24 ore, battono Mfe solo nella fascia oraria tra le 20.30 e le 23,30: escludendo il programma di Amadeus delle 20,30 e partendo dalle 21.30 alle 23.30, tra il 20 aprile e il 20 maggio lo share di Canale 5 (17%) avrebbe infatti già superato Rai (16,8%).
(da agenzie)

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EURISPES, OLTRE META’ DEGLI ITALIANI IN DIFFICOLTA’ A FINE MESE

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

MENTRE IL GOVERNO CONDONA GLI EVASORI E ACCOGLIE CRIMINALI, L’ALTRA ITALIA ANNASPA PER SOPRAVVIVERE

Alcuni indicatori della situazione economica delle famiglie italiane registrano un lievi miglioramento rispetto al 2023 ma, nonostante questo, oltre la metà della popolazione non riesce ad arrivare a fine mese senza grandi difficoltà (57,4%). Inoltre bollette (33,1%), affitto (45,5%) e rate del mutuo (32,1%) rappresentano un problema per molti nuclei.
È quanto emerge dalle indagini campionarie del Rapporto Italia 2024 dell’Eurispes, presentato oggi. Per far quadrare i conti, gli italiani sono costretti a chiedere aiuto alla famiglia di origine (32,1%), oppure a ricorrere all’acquisto a rate (42,7%). Quasi tre italiani su 10 (il 28,3%) rinunciano anche a cure, interventi dentistici o controlli medici.
Il 40,9% dei cittadini afferma comunque che la situazione economica personale e familiare negli ultimi 12 mesi è rimasta stabile. Anche se con diversa intensità, complessivamente il 35,4% degli italiani denuncia invece un peggioramento della propria condizione economica, mentre solo il 14,2% parla di un miglioramento. Poco più di uno su quattro riesce a risparmiare (28,3%), mentre il 36,8% attinge ai risparmi per arrivare a fine mese.
La maggior parte degli italiani (55,5%) ritiene che la situazione economica del Paese abbia subìto un peggioramento nel corso dell’ultimo anno, per il 18,6% la situazione è rimasta stabile, mentre solo un italiano su dieci (10%) ha indicato segnali di miglioramento. Guardando al futuro, i cittadini sono invece cauti: per il 33,2% la situazione economica italiana resterà stabile nei prossimi dodici mesi. I pessimisti, che attendono un peggioramento, sono il 31,6%, mentre il 10,8% prospetta un periodo di crescita economica.
La maggioranza degli italiani dice “no” al Ponte sullo Stretto di Messina e alla reintroduzione del Reddito di cittadinanza: è quanto emerge dalle indagini campionarie contenute nel Rapporto Italia 2024 dell’Eurispes. Il 60,4% dei cittadini è infatti contrario alla costruzione della grande opera pubblica, il 61,2% al sostegno al reddito. Inoltre il 58,5% è contrario al prolungamento del Superbonus per l’edilizia. Il 52,7% del campione è infine contrario all’ipotesi di fissare il limite di velocità di 30 Km/h all’interno dei centri urbani.
(da agenzie)

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PONTE SULLO STRETTO, VIETATO PROTESTARE

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

UN EMENDAMENTO DELLA LEGA AL DDL SICUREZZA MIRATO A COLPIRE CON UNA AGGRAVANTE CHI PROTESTA… RABBIA TRA LE DUE SPONDE

Con un emendamento presentato al ddl sicurezza dal deputato Igor Iezzi, attualmente in discussione in commissione Affari Costituzionali, la Lega propone l’inserimento di una nuova aggravante dei reati contro la pubblica incolumità che sembra ritagliata sulla variegata rete di attivisti che da mesi protesta contro la maxi opera. La nuova fattispecie prevede un aumento “da un terzo a due terzi della pena” nel caso in cui “la violenza o minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica”.
L’emendamento andrebbe a integrare il comma 1 lettera b che si propone di punire l’ennesimo nuovo delitto contro la pubblica incolumità mirato a perseguire quello che il governo definisce “terrorismo della parola” cioè non solo chi “si procuri o detenga materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose”, ma anche “ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo, ovvero di sabotaggio di uffici e servizi pubblici o servizi di pubblica necessità”. Una definizione assai vaga secondo i giuristi, che soprattutto sotto l’ombrello del sabotaggio potrebbe inglobare anche atti di resistenza pacifica o materiali di propaganda che invitano a farli.
Bonelli: “La Lega vuole intimidire chi protesta”
Indignato il leader dei Verdi e parlamentare di Avs Angelo Bonelli, che da tempo contro il Ponte ha avviato una battaglia anche legale a colpi di esposti. “La Lega vuole mandare in carcere chi protesta contro il Ponte sullo stretto di Messina. Questa è la conferma della svolta autoritaria e repressiva nei confronti di chi dissente dalle folli politiche di questo governo. Quello di Iezzi é un emendamento che vuole intimidire la legittima protesta contro il ponte e se fosse approvato verrebbe previsto il carcere da 4 a 20 anni anche a chi con immagini o atti simbolici possa minacciare il blocco di opere infrastrutturali. Per chi protesta quindi è prevista una pena tripla rispetto alla corruzione e altri reati gravi come rapina e altro. Siamo in una vera emergenza democratica”.
Rabbia e indignazione fra i NoPonte
La notizia è arrivata in fretta negli ambienti del movimento No Ponte delle due sponde, che non ci hanno messo molto a leggerlo come una risposta alla grande manifestazione che sabato scorso ha sfilato per le strade di Villa San Giovanni. “Regime”, si commenta nella chat, “questo dimostra che hanno paura”, fa notare un altro.
“Matteo Salvini continua nella deriva securitaria avviata con i decreti sicurezza già al suo primo mandato da ministro. Nell’immaginario collettivo si trattava di misure esclusivamente relative alle migrazioni, ma in realtà sono stati colpiti anche attivisti e sindacalisti con una stretta su blocchi stradali, picchetti, libertà di manifestare e protestare”, osserva Peppe Marra, dirigente regionale dell’Usb e storico attivista del movimento No Ponte. “L’obiettivo – sottolinea – è tentare di criminalizzare il movimento No Ponte, che è sempre stato un movimento plurale, ed è paradossale che arrivi proprio a pochi giorni dalla manifestazione”:
In 5mila a Villa San Giovanni
A quindici anni dall’ultimo corteo sulla sponda calabrese, sabato scorso oltre cinquemila persone sono scese in piazza a Villa San Giovanni per dire No al ponte sullo Stretto. In piazza, una galassia variegata di sigle, comitati, associazioni, dalla storica rete No Ponte agli scout, dai centri sociali alla chiesa valdese, passando per associazioni ambientaliste, gruppi organizzati di cittadini delle due sponde, partiti – Pd, Avs, Movimento 5s, Rifondazione comunista, Potere al popolo e la galassia di formazioni della sinistra radicale – sindacati – Cgil e Usb – senza contare i sindaci, non solo di Villa San Giovanni, ma di tutta la fascia tirrenica calabrese.
“Questo è un segnale evidente delle difficoltà crescenti del ministro Salvini sia dal punto di vista tecnico, con un progetto che sempre di più dimostra di fare acqua da tutte le parti, sia dal punto di vista del consenso – tuonano gli attivisti – È un atto senza senso che dimostra la volontà di questo governo di passare sulla testa e sulla volontà delle persone”.
La sindaca Caminiti: “Emendamento contro i baluardi della democrazia”
Insorge anche la sindaca di Villa San Giovanni Giusy Caminiti: “Nessuno può impedire o imbavagliare la libera e democratica manifestazione. Per tale ragione sembra a me davvero impossibile che un parlamentare abbia presentato un emendamento di questo tenore: non contro questo o quello, ma contro i capisaldi della Repubblica italiana, democratica ed antifascista – tuona Caminiti – Occupiamoci noi istituzioni, per prime, di principi e valori: i beni immateriali di questo Paese valgono incommensurabilmente più di qualunque opera strategica, perché la prima infrastruttura è la garanzia delle libertà democratiche e dei principi irrinunciabili della nostra carta costituzionale”.
Sulle due sponde, montano rabbia e indignazione. “L’attacco a mezzo emendamento” ai manifestanti arriva mentre il ministero di Salvini continua a tacere sulla richiesta di sospensione della conferenza dei servizi formalmente presentata oltre una settimana fa dai sindaci delle due sponde.
Alla luce della proroga concessa alla Stretto di Messina per cercare di mettere una pezza alle quasi 240 criticità evidenziate dal ministero dell’Ambiente, le amministrazioni chiedono di avere il tempo necessario per poter analizzare i nuovi documenti e formalizzare le proprie osservazioni, altrimenti da consegnare entro il 2 giugno. “Ma come si fa ad esprimersi su studi che di fatto ancora non ci sono?”, è la domanda che arriva dai territori interessati dalla maxiopera. Traduzione, una questione non semplicemente tecnica, ma politica: alle amministrazioni il ministero ha intenzione di concedere i medesimi diritti e deroghe concessi al suo contraente generale?
Da Roma sulla questione arriva solo silenzio, mentre riverbera l’eco del nuovo emendamento presentato in commissione che sul movimento No Ponte sembra ritagliato.
(da agenzie)

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I VESCOVI BOCCIANO L’AUTONOMIA: “MINA IL PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’, RISCHIO DISEGUAGLIANZE NELLA SANITA'”

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

“ACCENTUA GLI SQUILIBRI PRESENTI SUI TERRITORI”

La Cei, la Conferenza episcopale italiana, esprime le sue preoccupazioni sul progetto di legge per l’autonomia: “Da sempre ci sta a cuore il benessere di ogni persona, delle comunità, dell’intero Paese, mentre ci preoccupa qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata” per i vescovi “rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica”.
E’ la sanità il settore che maggiormente rischia di vedere un aumento delle disuguaglianze alla luce del progetto sull’autonomia differenziata. Lo afferma la Cei. “Tale rischio – sottolineano i vescovi – non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguato alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi”.
Per la Conferenza episcopale italiana “gli sviluppi del sistema delle autonomie – la cui costruzione con Luigi Sturzo, nel secolo scorso, è stata uno dei principali contributi dei cattolici alla vita del Paese – non possono non tener conto dell’effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”.
(da agenzie)

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IL PIANO DI EMMANUEL MACRON: INCORONARE MARIO DRAGHI AL VERTICE DELL’UNIONE EUROPEA E FAR FUORI URSULA

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

PER LA PRIMA VOLTA, UN MACRONIANO (L’EURODEPUTATO PASCAL CANFIN) LO DICE APERTAMENTE: “LA FRANCIA E TUTTI I MEMBRI DELL’ECOSISTEMA PRESIDENZIALE VORREBBERO CHE DRAGHI SVOLGESSE UN RUOLO”… SERVE UN LEADER CARISMATICO CHE TENGA A BADA CAPI DI STATO E DI GOVERNO

Il presidente francese Emmanuel Macron vuole che l’ex primo ministro italiano Mario Draghi ottenga un posto di primo piano a Bruxelles: si tratta solo di trovare il ruolo giusto.
Una delle maggiori questioni strategiche legate alle elezioni europee del 6-9 giugno è se la Francia sosterrà un secondo mandato della tedesca Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, mentre le relazioni tra Parigi e Berlino sono gelide.
Alla domanda se la Francia appoggia la candidatura di von der Leyen, Pascal Canfin, un eurodeputato del partito liberale Renaissance di Macron con una linea diretta con il presidente, ha detto: “La Francia e tutti i membri dell’ecosistema presidenziale vorrebbero che Draghi svolgesse un ruolo”.
Da tempo si dice che Macron stia manovrando dietro le quinte per piazzare Draghi, un tecnocrate che ha guidato un governo di unità nazionale che ha guidato l’Italia attraverso la pandemia di coronavirus e le sue ricadute economiche, alla guida dell’esecutivo UE. Ma è la prima volta che un funzionario francese lo appoggia pubblicamente per un incarico di primo piano a Bruxelles.
In particolare, la Francia è ideologicamente allineata con Draghi, che non vorrebbe che le regole fiscali ostacolassero la generosa spesa per rimodellare l’economia europea. In effetti, l’ex banchiere centrale è visto come un alleato chiave nella prossima battaglia di Parigi all’interno del blocco: trovare trilioni di euro di investimenti pubblici per recuperare il ritardo rispetto alle superpotenze industriali: Cina e Stati Uniti.
“Ha la credibilità per cercare di convincere [gli altri Paesi] della capacità di investimento a lungo termine e della necessità di investimenti comuni, che è una sfida enorme”, ha detto Canfin.
La difficoltà per la Francia, tuttavia, è che le configurazioni politiche saranno molto difficili da gestire, soprattutto se Parigi volesse togliere il posto di numero uno a von der Leyen. Draghi non è ufficialmente affiliato a nessun partito importante, quindi Macron dovrebbe trovare un accordo politico importante con i leader europei del Partito Popolare Europeo di von der Leyen e con il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Questo oltre a convincere il primo ministro italiano di estrema destra Giorgia Meloni a nominare Draghi. Il settantaseienne tecnocrate non sarebbe l’alleato politico più ovvio per la Meloni, ma è probabile che lei veda i vantaggi di un italiano alla guida dell’UE.
Parlando con POLITICO della possibilità di avanzare la candidatura di Draghi per un posto di primo piano durante un’intervista presso la sede del partito Renaissance a Parigi, Canfin ha ammesso: “Non c’è un modo semplice per arrivarci”.
Anche l’altro incarico di vertice – quello di presidente del Consiglio europeo, che supervisiona i 27 governi nazionali – sarebbe difficile.
I socialisti, il secondo gruppo più numeroso del Parlamento europeo, stanno cercando di sostituire Charles Michel, l’attuale presidente, con qualcuno delle loro fila. La Francia dovrebbe aiutare i socialisti a conquistare un altro ruolo importante nell’UE se Draghi dovesse diventare capo del Consiglio.
Tuttavia, la Francia sa che è nel suo interesse non accettare un secondo mandato per von der Leyen come un fatto compiuto. Anche se alla fine non si riuscisse a trovare un accordo su Draghi, Parigi vorrà esercitare una leva diplomatica nei colloqui su chi otterrà i portafogli principali.
Indipendentemente da chi alla fine otterrà il posto di vertice, la priorità della Francia è quella di creare uno spazio economico più potente all’interno della Commissione per migliorare la competitività dell’UE, potenzialmente attraverso un ruolo di vicepresidente esecutivo. Parigi utilizzerebbe questa posizione di vertice per perseguire maggiormente la sua agenda di campioni industriali nazionali, politica commerciale difensiva e grande spesa pubblica.
Draghi sarebbe il tipo di esperto economico con cui la Francia potrebbe trattare. L’economista italiano è ampiamente accreditato per aver salvato l’euro durante la crisi finanziaria dei primi anni 2010, dopo aver giurato di fare “tutto il necessario” (“Whatever it takes”) per proteggere la valuta del blocco quando era a capo della Banca centrale europea nel 2012.
La Francia ha spinto per la creazione di un mercato unico che permetta ai risparmi e agli investimenti di circolare liberamente nel blocco. La Francia si è scontrata con la ferma opposizione di altri membri, guidati dalla Germania, mettendo in secondo piano questo ambizioso progetto.
Secondo Canfin, Draghi potrebbe aiutare la Francia a vincere questa battaglia: “Quando Draghi fa il ‘whatever it takes’, rompe anche con l’ortodossia tedesca. C’è una questione chiave, che dobbiamo risolvere dopo le elezioni [europee]”.
Nel delineare altre ipotesi su come Draghi potrebbe assicurarsi un posto di primo piano a Bruxelles, Canfin ha ammesso che non sarebbe direttamente il partito liberale a portarlo lì. Il partito Renaissance di Macron fa parte del più ampio gruppo Renew al Parlamento europeo. “Se [Draghi] finisce in Renew, significa che diventa il nostro candidato”, ha detto Canfin. “Ma sappiamo bene che non sarà Renew ad avere la presidenza della Commissione”.
Ha invece delineato come le potenziali trattative tra la von der Leyen e la Meloni potrebbero portare a un incarico di alto profilo per l’Italia – presumibilmente un portafoglio economico significativo, se non il posto stesso della von der Leyen.
La von der Leyen, che ha segnalato di essere disposta a lavorare con la destra dura dei Cristiani e Riformisti Europei (ECR) della Meloni per assicurarsi un altro mandato, potrebbe “trovare un accordo con la Meloni… su una responsabilità”, ha previsto Canfin.
In cambio, la leader italiana potrebbe chiedere ai suoi eurodeputati di aiutare la tedesca a ottenere i numeri necessari nel voto decisivo del Parlamento europeo per l’approvazione del suo secondo mandato.
“Questo significa che lui [Draghi] sarebbe il candidato della Meloni” per un posto alla Commissione, ha detto Canfin. “Non credo sia impossibile”.
(da agenzie)

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“COME E’ POSSIBILE CHE NESSUNO SE NE SIA ACCORTO?” : DOPO LA FIGURACCIA SUL REDDITOMETRO, CON UN DECRETO RITIRATO NEL GIRO DI 24 ORE, DENTRO FRATELLI D’ITALIA INIZIA IL TIRO AL PICCIONE VERSO I SOTTOSEGRETARI MANTOVANO E FAZZOLARI, ACCUSATI DI NON AVER CONTROLLATO ABBASTANZA

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

CON I SONDAGGI IN CALO, GIORGIA MELONI HA FATTO DIETROFRONT SUL REDDITOMETRO PER EVITARE DI PERDERE ALTRI VOTI ALLE EUROPEE

Giorgia Meloni stapperebbe spumante, rigorosamente made in Italy, già per il 30 per cento. Occorre mettersi a guardia dell’esistente, compresi i voti assegnati dalle ultime rilevazioni degli istituti di ricerca che nelle ultime settimane sono diventati sempre meno lusinghieri. Con il Pd che si sta pericolosamente avvicinando mentre FdI cala (22,5 per cento contro 26,5 secondo l’ultimo sondaggio Ipsos di ieri).
In soldoni: va difeso con le unghie e con i denti pure lo “zero virgola” dei consensi. Nessun passo indietro di fronte alla ragionevolezza, al costo di rinunciare a misure di buonsenso come l’incrocio dei dati delle spese parametrate al tenore di vita. Il famigerato redditometro che avrebbe potuto risucchiare voti alle europee. In un primo momento Meloni ha temporeggiato. Poi ha rotto gli indugi e affondato lo strumento anti-evasori, interpretato come il disastro perfetto confezionato dal suo fedelissimo, il viceministro Maurizio Leo, sotto la distrazione dell’intera squadra di governo.
Il prezzo elettorale sarebbe stato troppo alto: a poche settimane dalle elezioni è stato un affronto a un elettorato che guarda quantomeno con benevolenza al partito di Meloni, che si sente l’erede della tradizione “no-tax” inaugurata da Silvio Berlusconi. […] Meloni ha sospeso un decreto legislativo fresco di pubblicazione. Un cortocircuito clamoroso: il governo che sconfessa sé stesso nel giro di poche ore.
Appena diffusa la notizia del redditometro, infatti, sono state consegnate decine di note stampa dei parlamentari di Fratelli d’Italia che giuravano come il redditometro non fosse un vero redditometro, alzando il ditino contro le presunte fake news della stampa cattiva. Del resto gli alleati, da Antonio Tajani a Matteo Salvini, hanno […] cannoneggiato ad alzo zero sul redditometro. Il risultato è stato un raro esercizio di dilettantismo al potere
A palazzo Chigi la presidente del Consiglio ha perciò chiesto conto della vicenda ai suoi, a cominciare dai pretoriani, i sottosegretari alla presidenza, Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, che supervisionano i punti e le virgole di ogni provvedimento.
Insomma, va bene Leo, che è stato rampognato ma anche perdonato perché «la comunicazione non è il suo forte», sospirano dentro Fratelli d’Italia, ma «come è possibile che nessuno se ne sia accorto?», ha sostanzialmente chiesto Meloni ai suoi. Compreso i componenti dello staff. Soprattutto Mantovano ha deluso le aspettative, è l’uomo che passa al setaccio i testi, Fazzolari è considerato più l’uomo della comunicazione. Il decreto del Mef è uscito fuori dai loro radar, in un mix di leggerezza e pressappochismo.
Ora la presidente del Consiglio vuole tornare alla casella di partenza, al colpo di scena per evitare che il cammino verso il voto dell’8-9 giugno diventi un faticoso trascinamento. Aveva provato a lasciare il segno con il bonus tredicesime
Il ministro Giancarlo Giorgetti ha fatto capire che non c’era spazio nelle pieghe del bilancio. Si è arrivati quindi a una mancetta-boomerang di una misura che si vedrà solo a gennaio del prossimo anno, con un intervento una tantum e per una platea limitata. Perciò Meloni ha rinnovato la richiesta di impegno per il colpo di scena.
(da Domani)

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MANFRED WEBER (PPE): “AFD E’ NEONAZISTA, LE PEN E SALVINI L’HANNO AIUTATA”

Maggio 24th, 2024 Riccardo Fucile

L’INTERVISTA AL CORRIERE DELLA SERA

Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo e capogruppo del Ppe al Parlamento europeo in un’intervista al Corriere della Sera va all’attacco di Alternative für Deutschland: «Per il Ppe è sempre stato chiaro che è un partito neo-nazista. L’Afd vuole distruggere la mia Europa cristiano-democratica. Le Pen e Salvini hanno reso forte l’Afd perché negli ultimi anni vi hanno sempre collaborato dando la percezione di un riconoscimento a livello europeo».
Secondo Weber le prossime elezioni europee rappresentano per l’Europa «una svolta storica e gli elettori devono rendersi conto che nulla è automaticamente garantito. Salvini ha contribuito al processo di crescita dell’Afd in Europa e in Germania. Ora Salvini è piuttosto isolato in Europa, votare per lui è uno spreco perché la Lega non ha alcuna influenza – prosegue -. Deve essere chiaro che Le Pen è finanziata dalla Russia e Viktor Orbán dalla Cina. Le forze populiste di estrema destra sono per il nazionalismo e l’egoismo».
Il presidente del Ppe dice che in Italia «c’è un governo forte e affidabile di centrodestra che Tajani e Meloni stanno gestendo bene. Tajani è il pilastro europeo. C’è un muro contro ogni forma di estremismo e invitiamo tutti gli altri a unirsi a noi”
In merito alla prossima presidenza della commissione europea, «se avremo un mandato dai cittadini come primo partito, invito tutti a sostenere le nostre candidate alla presidenza della Commissione Ue Ursula von der Leyen e del Parlamento Ue Roberta Metsola . Finora il governo italiano è stato un partner affidabile e questo mi fa ben sperare che si possa lavorare insieme anche dopo le urne».
(da agenzie)

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