DIETRO LA SCELTA DELLA PREMIER NEOZELANDESE ARDERN LO SPETTRO DELLE TROPPE MINACCE RICEVUTE: “COSTRETTA A DIMETTERSI”
NUMEROSI ARRESTI E MINACCE DI MORTE NELL’ULTIMO ANNO
«Ho dormito profondamente per la prima volta da molto tempo«. Sono le prime parole di Jacinda Ardern, il giorno dopo aver annunciato le sue dimissioni alla guida del Labour Party e come premier della Nuova Zelanda.
Parlando ai giornalisti fuori dall’aeroporto di Hawke’s Bay, in mattina Arden ha affermato di «essere molto triste», ma di «non avere rimpianti» per aver deciso di lasciare l’incarico «entro (e non oltre) il 7 febbraio», ovvero prima delle nuove elezioni previste per il 14 ottobre.
E mentre nel Paese in molti si stanno chiedendo cosa farà adesso la politica neozelandese, tra i vertici politici crescono illazioni sul fatto che abusi e minacce possano aver contribuito alle sue dimissioni.
A riportarlo è il Guardian che sottolinea come importanti leader politici, nonché personaggi pubblici dello Stato insulare dell’Oceania credono che la «costante denigrazione», gli abusi e gli attacchi a lei e alla sua famiglia possano aver contribuito al tipo di «esaurimento» (di energie) di cui la stessa Ardern ha parlato in conferenza: «Ho dato tutta me stessa per essere primo ministro, ma mi è anche costato molto. Non posso e non devo fare questo lavoro se non ho il pieno di energie, oltre ad un po’ di riserva per quelle sfide impreviste che inevitabilmente si presentano», ha spiegato in lacrime.
Abusi e minacce
A confermare questa tesi anche molti parlamentari neozelandesi che spingono sul fatto che Ardern sia «stata costretta a dimettersi» con l’obiettivo di non farla correre alle elezioni di questo autunno.
«È un giorno triste per la politica poiché una leader eccezionale è stata cacciata dall’incarico a causa di costanti diffamazioni sul suo conto», ha detto il co-leader del partito Māori Debbie Ngarewa-Packer secondo cui «la sua famiglia ha resistito fin troppo agli attacchi brutali ricevuti negli ultimi due anni».
A dare manforte alle dichiarazioni della “spalla” di Ardern, anche l’ex primo ministro Helen Clark – prima donna eletta della Nuova Zelanda dal 1999 al 2008 – che ha corroborato le minacce «senza precedenti», subite da Ardern durante il suo mandato iniziato nell’agosto 2017.
«Le pressioni sui primi ministri – continua Clark – sono sempre state enormi, ma in quest’era di social media, clickbait, presenza costante 24 ore su 24, 7 giorni su 7, Jacinda ha dovuto affrontare un livello di odio che non ha precedenti nella storia del Paese. La nostra società potrebbe ora riflettere se vuole continuare a tollerare l’eccessiva polarizzazione che sta rendendo la politica una vocazione sempre meno attraente», ha concluso.
Nel 2022 triplicata la violenza verbale
Nel 2022 la polizia neozelandese ha riferito di aver notato un aumento di minacce nei confronti della prima ministra. In quasi tre anni, infatti, gli abusi verbali indirizzati ad Arden sono quasi triplicati. Sebbene le forze dell’ordine non siano state in grado di determinare i motivi di ogni singola minaccia, i documenti ufficiali – spiega il quotidiano inglese – hanno mostrato come le decisioni prese per contenere la pandemia di Coronavirus e l’opposizione alla legislazione per regolamentare le armi da fuoco dopo la sparatoria del 15 marzo a Christchurch siano stati tra le cause – trainanti – delle minacce subite dalla Ardern.
L’occupazione dell’area antistante il parlamento neozelandese, durata una settimana e avvenuta per mano di manifestanti no-vax, è un esempio rappresentativo del clima che si respirava durante il periodo pandemico. Manifestazione poi sfociata in una rivolta violenta all’inizio del 2022 con i contestatori che chiesero allora le dimissioni del primo ministro e altri parlamentari.
Nell’ultimo anno, inoltre, un certo numero di uomini sono stati arrestati, ammoniti formalmente o sono stati accusati di aver minacciato di assassinare Arden. A tal proposito, Kate Hannah – direttrice del Disinformation Project – che monitora l’estremismo online presso il centro di ricerca Te Pūnaha Matatini, ha confermato un aumento significativo del materiale offensivo e minaccioso diretto alla Ardern, ritenendo – inoltre – che probabilmente tutto questo sia stato determinante nella decisione di lasciare il ruolo di premier. «La portata di ciò che abbiamo osservato negli ultimi tre anni – spiega Hannah – è tale che non può essere altrimenti: sono stati determinanti nel contribuire a spingere la Ardern alle dimissioni»
I prossimi passi
Ora è iniziata la corsa dei laburisti per trovare un sostituto della prima ministra: il loro caucus si incontrerà, infatti, domenica 22 gennaio per votare i candidati che – per essere eletti e conquistare la leadership – dovranno ottenere i due terzi dei voti.
Se non dovessero esserci i numeri, il voto sarà poi assegnato a tutti i membri del partito. L’obiettivo è trovare una figura, al livello (o quasi) di Ardern, per traghettare il partito nelle dure elezioni del 14 ottobre.
Nel frattempo, molti sono i pensatori neozelandesi che ritengono impossibile che la leader del Labour Party si ritiri del tutto dalla vita politica e molti analisti pensano che le sue dimissioni possono essere «l’inizio di un nuovo percorso».
Per Stephen Hoadley, professore di Scienze politiche e relazioni internazionali all’università di Auckland, in Nuova Zelanda, la prima ministra potrebbe trovarsi ad avere un nuovo incarico già alla fine di quest’anno. «Ha il potenziale, ha l’abilità, ha il profilo, ha l’accettabilità di fare un sacco di cose. Datele qualche settimana per riposarsi e per riempire il serbatoio, per usare la sua frase. Ma immagino che entro la fine di quest’anno sarà partita e correrà su una linea di carriera completamente nuova», ha detto Hoadley citato da Associated Press.
(da Open)
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