L’OBIETTIVO È IL DIALOGO CON I M5S PER UN ESECUTIVO DI SCOPO
SVOLTA NEL PD: IN MINORANZA I BIG A FAVORE DEL GOVERNISSIMO
Per il secondo giorno consecutivo, Pier Luigi Bersani non deflette dal suo orgoglio paziente e disperato allo stesso tempo: “Come noi rispettiamo gli elettori anche Grillo li rispetti. I numeri li vede anche lui. Non pensi di scappare dalle sue responsabilità con le battute. Ci si vede in Parlamento e davanti agli italiani”.
È la risposta, quella del segretario del Pd, all’esortazione grillina di giornata: “Pd e Pdl votino la fiducia a un governo del Movimento 5 Stelle”.
“Ci si vede in Parlamento”, dice Bersani.
E su questo, almeno per il momento, non ci sono dubbi.
IL candidato premier del centrosinistra va avanti sulla sua linea, da sottoporre alla direzione del partito: un governo di minoranza o di scopo con un programma in grado di attrarre i consensi parlamentari del M5S.
L’ultima indiscrezione di rilievo riguarda anche la candidatura di Stefano Rodotà al Quirinale, che potrebbe essere gradito ai grillini.
In ogni caso, per Bersani l’unico dialogo possibile rimane questo.
Nonostante l’intervista di Massimo D’Alema al Corriere della Sera.
Ieri, l’ex premier ha lanciato “una proposta del Pd aperta a Grillo e Pdl”, escludendo però l’ipotesi del fatidico governissimo con Silvio Berlusconi, peraltro fresco indagato per la compravendita di senatore che fece cadere Prodi nel 2008.
Bersani non avrebbe preso bene l’intervista. Anzi.
Raccontano alcuni fedelissimi del segretario: “Ma come si fa a pescare insieme Grillo e Berlusconi? È un chiaro tentativo per far saltare tutto e tornare alle vecchie logiche della politica. Stiamo ricevendo telefonate furibonde dalla base, qualcuno non ha capito che stavolta la nostra gente ci lincia”.
Il Pdl ha apprezzato l’apertura di D’Alema, ma lo stesso presidente del Copasir avrebbe smentito le letture dietrologiche alla sua conversazione sia con il segretario di Stato americano John Kerry (incontrato a pranzo con Prodi, Amato, Monti, Gianni Letta e Frattini) sia con Bersani: “Un governo con Berlusconi sarebbe un suicidio”. Non solo, in serata in un’intervista al Tg1 si è schierato con Bersani senza se e senza ma: “O Grillo si assume le sue responsabilità oppure si rivota. Governare con Berlusconi sarebbe un errore mortale”. Insomma, una correzione, se non una retromarcia. La verità è che all’interno del Pd è in corso una mutazione genetica epocale, rispetto al ventennio della Seconda Repubblica.
Dopo anni trascorsi a dividersi sull’opportunità o meno di dialogare con B. (dalla bicamerale di D’Alema alla campagna di Veltroni nel 2008 quando non citò mai il Cavaliere) e sul tormentone delle alleanze con sinistra radicale e “giustizialisti”, il terremoto delle urne di febbraio ha azzerato lo schema moderato dei professionisti della politica.
Ossia i cosiddetti big che oggi sono o sarebbero contro la linea unilaterale del segretario: i già citati Veltroni e D’Alema, poi Fioroni, Franceschini e così via.
Ma la nomenklatura, stavolta, non avrebbe il peso del passato, quando per esempio impose a Bersani, nel novembre 2011, l’amaro calice del governo Monti.
Il segretario può contare sui “giovani turchi”, sul cento per cento dei vertici regionali, sulla la maggioranza dei gruppi parlamentari e soprattutto sulle paure materializzatesi dopo il voto: operazioni “responsabili”, dal sapore inciucista e su ispirazione del capo dello Stato, farebbero perdere un altro milione di voti al Pd, se non di più.
Stabilito il senso di marcia, Bersani continuerà a stanare Grillo, tentando di capire se il leader del M5S ha in mente un altro nome di area Pd (Barca?) per un governo di uno o due anni. Il suo sospetto è questo e solo le consultazioni al Quirinale chiariranno le ombre di questi giorni.
Fino a quel momento, ha confidato Bersani ai suoi, “ognuno terrà le sue carte coperte”.
Un riferimento ad ampio raggio, non solo a Grillo e Napolitano ma anche a Prodi, che avrebbe un canale aperto con il M5S.
Se poi il segretario del Pd andrà a sbattere sul muro del mandato esplorativo, facendosi male, si aprirà un’altra fase.
Ancora più gravata da incognite, dal voto anticipato alle ambizioni di Renzi passando per un governo tecnico.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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