LA PRIMARIA DEL SACCO DI MILANO: “LA GENTE FUORI NON SI RENDE CONTO CHE E’ UN INCENDIO”
“E IL PICCO NON E’ ANCORA ARRIVATO”
«È precipitato tutto il 12 ottobre. Un lunedì». A parlare è Anna Maria Brambilla, la direttrice della Medicina d’urgenza al Luigi Sacco di Milano. Di quel giorno ricorda cento ambulanze prendere d’assalto l’ospedale, uomini e donne sintomatici che si presentavano da soli al pronto soccorso. «Nel giro di due settimane, abbiamo ricoverato più polmoniti da Coronavirus che in tutto marzo e aprile», dice. «Una cinquantina al giorno. In due settimane, il bollettino di due mesi»
Ad intervistarla è Carlo Verdelli — ex direttore de la Repubblica — sulle pagine del Corriere della Sera.
Da quel lunedì, racconta, è stata una «maxi emergenza quotidiana». I posti letti attualmente occupati al Sacco sono 300 su 400, e solo negli ultimi 20 giorni sono morte 10 persone. Lei lavora dalle 8 di mattina alle 21 di sera. Eppure, dice, e non siamo ancora all’apice. La città ha davanti giorni ancora più duri, perchè «Milano sembra non rendersi conto dell’incendio che la minaccia».
«Forse potremmo esserne fuori verso marzo o aprile», ipotizza la primaria. «Ma soltanto se faremo le cose giuste e diremo le verità che vanno dette. La gente deve sapere. Milano deve sapere e capire». C’è bisogno di aumentare le misure restrittive, dunque, per evitare il collasso definitivo. «Al momento, l’unica vera arma contro questo virus è proprio riconoscerlo per quello che è: un nemico malefico, che ti prende alla sprovvista, che sbriciola le difese umanitarie. Un nemico mortale».
Qualche giorno fa il murale dedicato ai medici, agli infermieri e al personale sanitario del Sacco è stato sfigurato. Era stato realizzato durante la prima ondata, quando chi lavorava negli ospedali — e ci lavorava nella zona più colpita d’Italia — era visto come un eroe. «Ora siamo vissuti con ostilità , dice Brambilla. Come se fossimo noi, medici e infermieri, i responsabili di quello che sta accadendo. Si è cercato un colpevole per scacciare il fantasma del Coronavirus. Ed è sconvolgente che sia toccato a noi».
(da Open)
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