L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA CON CUI GIORGIA MELONI PARLA DI COMPLOTTI E DOSSIER SU DI LEI
IL VITTIMISMO COMPLOTTISTA COME UNICA CIFRA COMUNICATIVA DELLA LEADER DEL PRIMO PARTITO ITALIANO
Cosa hanno in comune i casi dei presunti dossier del finanziere Striano, del rapporto fra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia e quello delle ricerche sui conti correnti di Intesa San Paolo fatti da un anonimo bancario di Bitonto? Ve lo diciamo subito: al momento e per quanto ne sappiamo, nulla.
Non c’è alcun collegamento tra loro, sono vicende di diversa gravità e non c’è motivo per cui debbano essere inseriti nello stesso schema interpretativo. In un dibattito pubblico sereno e responsabile, chiaramente. Nel contesto attuale, invece, tutto viene gettato in un enorme frullatore, omogeneizzato ben bene e dato in pasto all’opinione pubblica. Lo diciamo anche per esperienza, visto il modo scomposto con cui la destra ha parlato di dossieraggi e complotti dopo la nostra inchiesta su Gioventù Nazionale.
È un’operazione ormai talmente automatica e considerata normale, che fatichiamo persino a riconoscerla e comprenderne le implicazioni. Così può capitare che, in una delle rarissime interviste che la nostra presidente del Consiglio conceda ai media (al Tg5), sia del tutto naturale ascoltare una domanda di questo tipo: “In Italia il fenomeno del dossieraggio è sempre più inquietante, lei si è data una spiegazione?”
Ora, forse era davvero troppo attendersi che Meloni gettasse acqua sul fuoco, spiegando che non esiste alcun “fenomeno” e che allo stato attuale non ci sono riscontri di un vero e proprio disegno eversivo (perché tale si tratterebbe se davvero ci fosse una regia unitaria contro la maggioranza di governo o le nostre istituzioni). Ma la risposta, lo confessiamo, è riuscita a stupire ugualmente, nei toni e nel merito
È vero che siamo abituati a tutto, ma questa risposta è semplicemente incredibile. La presidente del Consiglio, infatti, non solo accorpa genericamente vicende molto diverse tra loro e dimentica di sottolineare la presenza massiccia di esponenti dell’opposizione tra le persone “attenzionate” in questi anni, ma espone con una leggerezza imbarazzante fatti che devono essere ancora provati o su cui la magistratura sta indagando. Di quali “dossier” parla esattamente Meloni? Si riferisce al corposo lavoro della procura di Perugia o sa qualcosa di più sull’inchiesta della procura di Bari? Tra l’altro, Meloni pare essere in grado di ipotizzare che esista un mercato delle informazioni, addirittura avente come fine ultimo quello di ricattare lei o di fare pressione sulle istituzioni perché facciano gli interessi di gruppi misteriosi e influenti. Un’ipotesi che, se fosse confermata, configurerebbe condotte gravissime. A meno che non si tratti di chiacchiere più o meno in libertà.
La sensazione, infatti, è che Meloni dimentichi di essere non una cittadina come gli altri, bensì la presidente del Consiglio. E che continui, come già in passato, a fare riferimento a fatti di simile gravità limitandosi ad allusioni, insinuazioni o dubbi generici. Quando invece avrebbe il dovere di andare fino in fondo, dirci se e da chi ha ricevuto pressioni e per fare cosa. Di più, se avesse ulteriori elementi, dovrebbe andare dai magistrati, perché non ci può essere nemmeno il dubbio che resti impunito chi prova a ricattare i vertici delle nostre istituzioni.
Lo ripetiamo, non è normale una simile leggerezza nella comunicazione ufficiale di Giorgia Meloni. Non si può speculare su questioni di tale gravità per qualche punto percentuale di consenso in più. Non è un modo serio e responsabile di scendere nel dibattito pubblico, soprattutto se si hanno responsabilità di governo. Se poi dobbiamo assistere al vittimismo complottista come unica cifra comunicativa della leader del primo partito italiano, beh, che almeno ce lo dica espressamente. Ci rassegneremo a prenderla meno sul serio quelle rarissime volte che decide di rispondere alle domande dei giornalisti e proveremo a prendere in considerazione solo gli atti di governo.
(da Fanpage)
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