“MELONI DOVRA’ MODERARE LE SUE PRETESE”
INTERVISTA A ROBERTO D’ALIMONTE: “FINO A CHE I SISTEMI ELETTORALI SONO QUESTI IL CENTRO DESTRA RESTERA’ UNITO”
“Meloni dovrà moderare le sue pretese. Non può pretendere di lucrare la rendita di opposizione e beneficiare contemporaneamente dei dividendi del Governo”.
Roberto D’Alimonte, politologo e docente di Sistema politico italiano alla Luiss di Roma, non vede rischi per l’unità elettorale del centrodestra dopo lo “sgambetto” leghista e forzista a FdI sulla Rai. Neppure però prevede grosse compensazioni per l’unica forza di centrodestra rimasta fuori dall’esecutivo di unità nazionale: “FdI ha fatto una scelta che, finora, si sta rivelando elettoralmente proficua, sul resto dovrà rassegnarsi”.
Professor D’Alimonte, il braccio di ferro sul Copasir prima e l’esito del voto sui consiglieri Rai adesso, segnalano un problema: la formula del centrodestra di governo e di opposizione insieme ha smesso di funzionare?
È una formula che è già stata usata, prima di Draghi, con il Governo Conte 1, quando all’opposizione con FdI c’era anche Forza Italia. E non ha affossato l’idea della coalizione di centrodestra. La realtà è che finché i sistemi elettorali per i Comuni, le Regioni e il Parlamento incentiveranno la formazione di coalizioni prima del voto, la formula “unità del centrodestra” non andrà in pensione. Nonostante le contingenze, alle urne i tre partiti marceranno uniti.
FdI però minaccia di presentare propri candidati a Napoli e in Calabria, indebolendo Maresca e Occhiuto…
Non ci credo, perché poi i leghisti non voterebbero Michetti a Roma. E allora sì che si scatenerebbe la dissoluzione del centrodestra. Ma perché dovrebbero farlo quando, in tutti i sondaggi, hanno la vittoria alle elezioni nazionali a portata di mano? Perché Meloni dovrebbe auto-sabotare la prospettiva di diventare, se non premier, ministra? No, queste baruffe in stile goldoniano verranno superate.
Meloni guadagna consensi, ma politicamente non tocca palla, perché Lega e FI sono nella stanza dei bottoni e lei no. Significa che sta perdendo la sua scommessa?
Significa che la leader di FdI dovrà moderare le sue pretese. Gli anglosassoni dicono: you can’t have the cake and eat it too, non puoi avere la torta e anche mangiarla. Equivale al nostro: non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca. Meloni non può pretendere di lucrare la rendita di opposizione e beneficiare contemporaneamente dei dividendi del governo. Troppa grazia Sant’Antonio.
Però può chiedere la presidenza della commissione di Vigilanza sulla Rai, che spetta proprio all’opposizione. Sulla grammatica istituzionale qualche ragione ce l’ha.
Certo, gli alleati potrebbero fare un beau geste. Ma in politica succede di rado: più facile che non si facciano sconti. Meloni ha fatto una scelta che, finora, si sta rivelando elettoralmente proficua, sul resto dovrà rassegnarsi.
Salvini si sarà convinto che anche per lui è meglio votare nel 2023? Continuando a dare le carte nella coalizione e sperando in sondaggi migliori?
Su questa ipotesi sono meno granitico. Oggi il centrodestra, grazie anche alle turbolenze nel M5S, ha il successo elettorale a portata di mano. Credo che lo schema di Salvini resti quello di mandare Draghi al Quirinale per votare subito, e con il vento a favore ci proverà. Poi certo, il fatto che chi ha un voto un più farà il premier può indurlo a riflettere. Diciamo che ci sono due venti contrastanti: uno a favore del centrodestra che lo induce a votare, uno a favore della Meloni che lo induce ad aspettare.
La dinamica di avvicinamento tra Lega e Forza Italia, che sia verso la federazione o il partito unico, sarà a spese di FdI?
Al partito unico non credo affatto. Ma se Lega e Forza Italia danno vita a un “polo europeista” all’interno della coalizione di centrodestra sarà nell’ottica di favorire l’approdo di Salvini a Palazzo Chigi.
(da Huffingtonpost)
Leave a Reply