“MES, PERCHE’ NO?”: NELLA LEGA SI FA STRADA IL CAMBIO DI LINEA CON SALVINI ALL’ANGOLO
GOVERNATORI PRAGMATICI: “SERVONO SOLDI PER LA SANITA'”… DIRE NO VUOL DIRE FAR PERDERE 6 MILIARDI ALLA LOMBARDIA E 3 AL VENETO, VAI POI A SPIEGARLO AI CITTADINI
Mes sì, Mes no? Non passa giorno senza che Matteo Salvini affermi che la “linea comune della Lega” sia attestata sul no, nella convinzione che prendere un prestito dal Salva Stati significhi comunque esporre il paese a delle condizionalità sui conti, malgrado i chiarimenti dell’Eurogruppo venerdì scorso.
Eppure nel partito si continua a discutere, stando a quanto raccontano fonti autorevoli del Carroccio ad Huffpost.
I dubbi sull’assenza di condizionalità o meno intorno alla nuova linea di credito aperta nel Mes per la pandemia si sono fatti strada anche nella granitica posizione della Lega
Si capisce quanto sia complicato ora cambiare la posizione contraria al Mes in una a favore: non è all’orizzonte.
Eppure nel partito sarebbero due le linee che si confrontano.
C’è quella anti-europeista di Bagnai e Borghi, fatta propria da Salvini e ferma sul no. C’è quella più pragmatica dei governatori leghisti del nord, quella che si misura in maniera più diretta con la necessità di avere risorse fresche da spendere per la sanità .
I soldi del Mes porterebbero al Veneto 3 miliardi di euro, alla Lombardia anche il doppio, secondo stime che circolano nella Lega.
È un dibattito che non viene fuori allo scoperto. Anche perchè è naturalmente condizionato dal fatto che la Lega ora è all’opposizione di un governo diviso proprio sul Mes: qualunque tentennamento sul no al Salva Stati offrirebbe una stampella ad un esecutivo debole e soffrirebbe della concorrenza a destra da parte di Fratelli d’Italia, che non si discosta dal no al Mes.
Il margine insomma è stretto. Ma ciò non toglie che nella Lega si discuta.
La pandemia ha cambiato il quadro soprattutto al nord, dove la Lega è in prima linea sull’emergenza, con i suoi amministratori più vicini alle necessità pratiche che alle diatribe ideologiche.
Qualche giorno fa, il governatore della Lombardia Attilio Fontana ha provato a dirlo a Skytg24: “Senza condizioni, nessuno si può lamentare se vengono date delle risorse”. Dichiarazione non perfettamente in linea con la posizione ufficiale della Lega. Fontana non ne ha più riparlato.
Il suo collega veneto Luca Zaia si mantiene lontano dalle polemiche. “Questa è una partita del governo”, dice quando glielo chiedono nelle sue conferenze stampa quotidiane in Regione. Ma non si espone sul ‘no secco’
Ma la questione del Mes è molto di più per la Lega. Va oltre il confronto tra la parte ideologica e quella più pragmatica e pone il partito ancora una volta di fronte alla scelta tra la lotta e l’ambizione di governo, la protesta anti-europeista che porta voti e la necessità di accreditarsi come forza politica in grado di governare — un domani — uno dei paesi fondatori dell’Ue, tra i più grandi dell’Unione.
È possibile che nemmeno stavolta sul Mes prevalga la parte meno impulsiva della Lega.
La stessa leadership di Salvini ne soffrirebbe, perchè vincerebbe la linea dei governatori, anche di Zaia che, stando ai sondaggi, farebbe meglio del leader nazionale in questo periodo di emergenza covid, Zaia che non a caso è sempre attento a bloccare qualunque speculazione che lo metta in competizione con il segretario.
Ma è evidente che la pandemia ha aperto qualche problema nel Carroccio, partito dal nord diventato forza nazionale con Salvini e con la ricetta sovranista. Ancora una volta un bivio, ancor più complicato dalla concorrenza a destra di Giorgia Meloni e da un pauroso calo nei sondaggi.
(da “Huffingtonpost”)
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