NOGARIN INDAGATO: ORA IL SINDACO E IL M5S DOVREBBERO CHIEDERE SCUSA A “IL TIRRENO”
A MAGGIO IL QUOTIDIANO SCRISSE CHE IL SINDACO DI LIVORNO ERA INDAGATO ANCHE PER ABUSO D’UFFICIO E I SUOI GIORNALISTI FURONO COPERTI DI INSULTI DA GRILLO E CO. CHE NON SOLO NEGAVANO IL FATTO MA SCRIVEVANO DI “DIFFAMAZIONE DI REGIME”, INVITANDO A BOICOTTARE IL GIORNALE
Il sindaco di Livorno Filippo Nogarin ha comunicato su Facebook di aver “scoperto” di essere indagato anche per abuso d’ufficio nell’inchiesta sull’Aamps, l’azienda municipalizzata per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
Così, ha detto, ha rispettato le regole del Movimento Cinque Stelle.
In quelle righe Nogarin, forse per distrazione o magari per stanchezza, si è dimenticato di rispettare altre regole.
In quel messaggio, infatti, nessuno ha trovato le scuse al giornale della sua città , il Tirreno, magari anche a nome del Movimento che gli ha dato la possibilità di indossare la fascia tricolore e del quale è diventato un simbolo a livello nazionale.
E’ stato infatti il Tirreno che, a maggio, ha dato la notizia del fatto che al sindaco fosse contestata non solo la violazione della legge fallimentare (cioè la bancarotta fraudolenta pre-fallimentare), ma anche l’abuso d’ufficio.
Una notizia raccolta da giornalisti, che si sono fidati di fonti evidentemente attendibili. A loro volta i vertici del giornale si sono fidati dei loro cronisti e — legittimamente — quel giorno ci hanno aperto la prima pagina perchè era la notizia più importante di quel giorno in quella città . I giornali funzionano così in tutto il mondo.
Non c’era dietro la Spectre, nè i complotti della finanza mondiale: c’era il lavoro — se si vuole anche banale — che centinaia di giornalisti in tutta Italia fanno tutti i giorni. Un lavoro dal quale poi la politica si abbevera per le sue liti da cortile di campagna. Quando i partiti fanno a gara a chi ha più o meno indagati è perchè ci sono i giornali che scrivono delle inchieste, non perchè i partiti lo scoprono andando a guardare sotto a un cavolo.
All’indomani della pubblicazione della notizia, invece, il blog di Beppe Grillo, a nome del Movimento Cinque Stelle, scrisse che il Tirreno era la riprova del fatto che l’Italia fosse al 77esimo posto nel mondo per libertà di stampa, che non faceva più giornalismo, che “pubblica falsità ”, che si è ridotto “a gazzetta piddina”, che era la “nuova frontiera” del “ridicolo”, che fa un giornalismo “senza dignità ”, anzi che “non è più giornalismo”, che era “tutto falso”, che era “diffamazione di regime” e che quindi non andava finanziata una tale “disinformazione”.
In un post scriptum si minacciavano “richieste di risarcimento danni” alle altre testate che “senza neanche verificare le fonti hanno pubblicato la notizia come fosse vera”. Tra quelle testate c’era anche ilfattoquotidiano.it che da fonti proprie ricevette alcune vaghezze e alcune conferme.
Le sicurezze presunte del M5s si basavano allora sul fatto che nell’avviso di garanzia ricevuto dal sindaco c’era solo un reato, la bancarotta.
Ma non voleva dire niente, perchè la Procura (se non obbligata dal codice di procedura penale) ha diritto di mettere in un avviso di garanzia qualcosa e qualcos’altro no.
E nel 2016 nemmeno ci si può sorprendere del fatto che i giornali scrivano che qualcuno è indagato molto prima che l’indagato lo sappia ufficialmente perchè è soprattutto su questo che si è consumato il principale scontro tra politica e giornali dell’era berlusconiana e prima ancora del crepuscolo di quella craxiana.
Tra coloro che usarono quell’hashtag, quel giorno, ci fu anche il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin che in sostanza invitò i propri concittadini a non comprare il principale giornale della città , dove lavorano decine di persone che fanno il proprio mestiere
Il Tirreno, come tutti i giornali, può sbagliare. I giornali a volte ingigantiscono quando non dovrebbero, rimpiccioliscono quando non dovrebbero.
Ma ai giornali si possono mandare smentite (quando si è sicuri di ciò che si dice), si possono mandare rettifiche e precisazioni, dei giornali si possono ignorare le domande e i giornali si possono querelare quando hanno scritto (davvero) il falso.
E se c’è una cosa certa, oggi, è che il Tirreno in questo caso non ha sbagliato perchè aveva scritto una cosa vera.
Hanno sbagliato Nogarin a twittare quell’hashtag e il M5s a scrivere quella roba sul blog, che rappresenta tutto il Movimento.
Parole che per un granello contribuiscono — quelle sì — al 77esimo posto nel mondo dell’Italia per libertà di stampa, che non è dovuto solo a editori impuri, ma anche agli episodi di giornali e cronisti dileggiati, insultati, offesi, molestati della politica (di sinistra, di destra, di sopra, di sotto).
Il sindaco di Livorno non può fare finta di dimenticarsi di aver scritto quelle cose — dopo 5 mesi -, come se non fosse mai accaduto nulla, come se davvero comunicasse una novità che da 5 mesi è il segreto di Pulcinella.
Non può pretendere che la verità diventi tale solo quando la dice lui.
Perchè vorrebbe dire essere come “gli altri”, come direbbero i cinquestelle. “Smemorati” come Renzi che sul Ponte sullo Stretto nel giro di pochi anni prima dice una cosa e poi un’altra sperando che nessuno si ricordi. O come Berlusconi che smentiva ogni sua frase due minuti dopo nonostante chilometri di nastri di registrazione.
Se l’indagine sul sindaco sarà archiviata, Nogarin può stare certo che i giornali lo scriveranno così come hanno scritto delle assoluzioni di Vincenzo De Luca, Roberto Cota, Ignazio Marino.
I giornali scrivono delle inchieste, delle archiviazioni, delle condanne e delle assoluzioni.
Anzi, nel caso di Nogarin, è probabile che il primo a sapere e a scrivere di cosa accadrà a quell’inchiesta sarà proprio il Tirreno.
Diego Pretini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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