PASSA LA LINEA MORBIDA. SCHIFANI: “BERLUSCONI COMANDERA’ LONTANO DAL PARLAMENTOâ€
LA FAMIGLIA STA PENSANDO DI CHIEDERE LA GRAZIA, QUAGLIARELLO DICE CHE I MINISTRI POTREBBERO NON DIMETTERSI
Tutto il Pdl sembra ormai sulla stessa linea: quando la giunta per le elezioni del Senato voterà la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, per il governo Letta il trauma sarà ridotto al minimo. Purchè il Pd e il Quirinale diano qualche segnale distensivo.
Renato Schifani, capogruppo del Pdl al Senato, lo spiega a In Mezz’Ora di Lucia Annunziata su Rai3: “à‰ chiaro che Silvio Berlusconi non potrà tornare in Parlamento ma questo non significa non possa continuare a far politica. Nessuno è preoccupato dell’agibilità politica di Berlusconi nè, conoscendolo, ci preoccupiamo di un passo indietro”.
Accettare di guidare il partito lontano dal Parlamento è il primo passo per auspicare poi una grazia dal capo dello Stato. Il Cavaliere, spiega Schifani, su questo “sta riflettendo giustamente nell’ambito della propria famiglia”.
Meno di un mese fa Schifani era l’emissario di Berlusconi che si era precipitato al meeting di Comunione e liberazione per ridimensionare la certezza di Letta di sopravvivere alla condanna di Berlusconi.
Ora molto sta cambiando: il ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello, lato moderato del Pdl, dice ad Avvenire che il Cavaliere si comporterà “da statista” e che i ministri del Pdl “non hanno lettere” di dimissioni pronte.
E quindi mercoledì potrebbero non offrire al premier neppure dimissioni simboliche, pronte per essere respinte.
Dietro la mansuetudine pidiellina (almeno ieri, oggi chissà ) ci sono due valutazioni.
La prima: la partita in giunta è considerata persa, meglio concentrarsi sul successivo voto in Aula al Senato. Il Movimento 5 Stelle chiede il voto palese (per Beppe Grillo quello segreto è “un abominio”), ma il Pdl non tollera eccezioni. Grillo attacca: “I pdmenoellini hanno fucilato Prodi dietro a una tendina e sono pronti a ripetere le gesta in ogni momento per salvare il loro caro leader Berlusconi”.
C’è anche chi è arrivato a ipotizzare che nel segreto dell’urna i Cinque stelle potrebbero salvare Berlusconi per scaricare poi la colpa sul Pd, facendolo implodere.
Secondo elemento dietro la linea morbida Pdl: c’è grande fermento al centro, dalle parti di Pier Ferdinando Casini e Mario Monti, reduci dalle rispettive feste di partito Udc e Scelta civica. Casini annuncia (per l’ennesima volta) di voler costruire un “Partito popolare italiano”, anche in vista delle europee di primavera 2014, con “con Scelta Civica e parti del Pdl”.
Monti, insofferente al rapporto con Casini, ricorda a Letta che serve “un patto di coalizione come condizione per la nostra permanenza nella maggioranza”.
Insomma: dal centro si cerca di trattenere un pezzo del Pdl nella maggioranza, qualunque cosa succeda a Berlusconi.
Tocca a Renato Brunetta, capogruppo pidiellino alla Camera, fissare il prezzo della tregua: “A giorni ci sarà un decreto di non aumento dell’Iva con relativa copertura. Ve lo dico, è una garanzia”.
Una richiesta, più che una profezia, visto che di quel decreto non si ha notizia alcuna e che la linea di palazzo Chigi è di rimandare tutti gli interventi di politica economica alla legge di Stabilità , a ottobre.
Il Pd è molto preso dalle dinamiche congressuali, il segretario Guglielmo Epifani si limita a un anodino commento: “Se il centrodestra dovesse staccare la spina non stacca la spina al governo ma al Paese”.
Ma ormai è stato scavalcato da Schifani, secondo cui le elezioni “porterebbero il Paese al baratro”.
Stefano Feltri
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