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DOMENICA SI VOTA IN SICILIA: MICCICHE’ HA VINTO, CON 12 CANDIDATI INDAGATI, SU CROCETTA (10 INDAGATI) E MUSUMECI (10 INDAGATI)

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

LA GARA DI ARRAMPICATA SUGLI SPECCHI, INVECE, L’HA VINTA FLI CHE E’ RIUSCITO A CAMBIARE TRE POSIZIONI IN TRENTA GIORNI… E’ IL PARTITO DELLA LEGALITA’ E DELL’ETICA, MA SI ALLEA CON LOMBARDO E MICCICHE’… E’ IL PARTITO DELLA COERENZA E FA IL TIFO PER CROCETTA SENZA AVERE LE PALLE DI APPOGGIARLO UFFICIALMENTE

Seguendo sui siti locali l’evolversi delle elezioni regionali siciliani, debbo dire che mai ci era capitato di assistere a uno spettacolo di tale intenso folklore politico.
Consiglieri uscenti che a frotte cambiano partito poco prima del deposito delle liste, alleanze che cambiano tre volte nel giro di 24 ore, leader nazionali che dicono una cosa alla stampa, salvo essere smentiti da loro rappresentanti locali appena hanno un piede sulla scaletta dell’aereo che li riporta a Roma, cacciatori di liste sporche che vedono inquisiti solo nelle liste altrui, palate di demagogia sparse per l’isola a uso e consumo dei pirla che ci credono, paraculismo a gogo’ da parte di chi pensa solo alla propria poltrona da mantenere o da conquistare.
E poi qualcuno finge di stupirsi per il successo del tour di Beppe Grillo in Trinacria, contrassegnato da folle oceaniche.
I siciliani sono persone intelligenti, se vogliono ridere scelgono un comico ufficiale, non quelli involontari.
I sondaggisti dicono che sarà  un testa a testa tra il candidato Pd-Udc Crocetta e quello Pdl (e vari) Musumeci.
Più staccati Micciche’ e la candidata di Sel, con il cinquestelle Cancelleri che potrebbe rappresentare una sorpresa, superando entrambi.
Dopo aver invocato tutti “liste pulite” si scopre che vi sono 32 candidati indagati: in questo campo vince con 12 soggetti a rischio Miccichè, seguito a pari merito con 10 da Musumeci e Crocetta.
Una strage, in termini di credibilità  politica.
Si va al voto con una certezza: non ci sarà  alcuna coalizione vincente, nessuna supererà  quota 40% e pertanto nessuno avrà  il premio di maggioranza.
Per governare dovrà  cercare intese con una pletora di eletti che già  sgomitano per vendersi al miglior offerente e monetizzare qualche assessorato.
Un discorso a parte merita Futuro e LIbertà  che vince il premio dell’arrampicata sugli specchi.
Fli era partita con l’intenzione di presentare un candidato di bandiera, il vice-coordinatore nazionale Fabio Granata: quindi lista propria e tentativo di superare la soglia di sbarramento del 5%.
Diciamo di più: l’ipotesi logica era un’alleanza con Udc e Pd sul candidato Crocetta, persona perbene, contro l’altra persona perbene Musumeci, ma portato da Alfano e Saverio Romano.
A quel punto i grandi strateghi romani e i consiglieri e assessori uscenti Fli che temevano di essere bannati da Palazzo dei Normanni, nel caso probabile di non superamento della soglia del 5%, che fanno?
In quanto portatori di valori etici e legalitari decidono di allearsi con un consumatore dichiarato di cocaina e con un inquisito per concorso in associazione mafiosa: alleanza con il partito del Sud e con Lombardo, quindi e Micciche’ come candidato governatore: “scelta ineccepibile” come ha commentato qualcuno.
E’ finita qua? No.
Di fronte all’incazzamento della base che non vuole votare Miccichè, altro salto carpiato con avvitamento: “diciamo che votiamo Miccichè, ma in realtà  nel segreto dell’urna come presidente indicheremo Crocetta”.
Ma allora non ci si poteva alleare con Crocetta direttamente?
No, ti spiegano gli strateghi, molti elettori non avrebbero capito e poi così abbiamo tolto Miccichè e Lombardo a Musumeci.
Come se i due aspettassero l’apporto del 2% di Fli per decidere come schierarsi, e non in base alle loro convenienze.
Allucinante non tanto la teoria, ma che qualcuno ci creda.
Si arriva così all’assurdo di un partito dove Fini arriva in Sicilia e si prodiga con Briguglio a indicare Miccichè come proprio candidato governatore, negando qualsiasi ipotesi di voto disgiunto, mentre altri esponenti di Fli dicono apertamente che l’imput è votare la lista Fli-Mps, ma poi scegliere Crocetta come governatore.
Il massimo della coerenza e dell’etica politica.
Come i bambini quando fanno le cose di nascosto perchè non hanno il coraggio di farle alla luce del sole.
Con la differenza che i bambini almeno non si muovono per interesse.
I grandi strateghi di Fli non si sono accorti che così in ogni caso hanno già  perso in partenza.
1) Perchè se gli va bene Miccichè finirà  terzo e ben distaccato
2) Se vince Musumeci è roba da suicidio collettivo per gli aspiranti alle poltrone
3) Se vince Crocetta, vincono Pd e Udc che ci hanno messo faccia e simbolo, non certo chi cerca di metterci il cappello sopra dopo, millantando un voto disgiunto che a quel punto può essere stati di tutti e di nessuno
Aggiungiamo l’ultima cosa, anche perchè la sosteniamo dall’inizio: pensate se Crocetta dovesse perdere o vincere per un filo (diciamo un 2-3%).
Che occasione tragicamente persa per Fli di essere protagonista.
Se avesse appoggiato un Crocetta vincente per poco avrebbe potuto dire di essere stato determinante.
E non appoggiando un Crocetta perdente per un alito di vento, sarebbe responsabile della vittoria di Musumeci.
In entrambi i casi un gran risultato: si è buttato nel cesso il manifesto di Bastia Umbra su etica e legalità  per prendersi due sonori schiaffoni.
Se poi, nonostante l’aiuto dell’Mps e dei candidati traino prestati dall’Mpa, la lista unica con Fli finisse sotto la soglia del 5% … beh, qualcuno chieda asilo politico in Tunisia.

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ARIA DI REGIME PER I SITI ON LINE: PRESUNTA DIFFAMAZIONE, ANCHE I BLOG AVRANNO L’OBBLIGO DI RETTIFICA

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

MULTE TRA 5.000 E 100.000, COSI’ IMPARI A NON FARTI I CAZZI TUOI… SIA CHIARO CHI L’HA VOLUTA: IL SEDICENTE “POPOLO DELLA LIBERTA’ CONDIZIONATA”

A dispetto degli accordi politici della notte, stretti alla presenza di Maurizio Gasparri e Anna Finocchiaro, stamattina il Senato ha votato un’estensione del dovere di rettifica a tutti i «i prodotti editoriali diffusi per via telematica, con periodicità  regolare e contraddistinti da una testata».
I capigruppo avevano previsto ben altro: che questo dovere di rettifica fosse un obbligo esclusivamente per le testate giornalistiche registrate, sia nell’edizione cartacea, sia digitale.
E invece no.
Su insistenza del senatore Franco Mugnai, Pdl, tutta l’informazione del web, che sia testata registrata o no, quindi anche in forma di blog secondo alcuni, è tenuta all’obbligo di rettifica, pena una salatissima multa (che al momento va da 5 a 100 mila euro; i capigruppo si sarebbero convinti di dimezzarle, ma chissà …).
Le parole del senatore Mugnai, in proposito, sono state chiarissime: «Bisogna uscire da ogni infingimento».
L’estensione dell’obbligo di rettifica a qualsiasi prodotto editoriale, «si riferisce a testate edite esclusivamente on line per le quali sono però ben individuabili i soggetti responsabili. Si tratta infatti di giornali a tutti gli effetti, capaci di provocare con l’eventuale diffamazione gli stessi danni delle testate in edizione cartacea».
Quale sia l’intento del Pdl, l’ha esplicitato un suo collega, l’ex sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo: «La dizione è prevista dalla legge n. 62 del 2001, che individua i prodotti editoriali telematici tenuti ad avere un direttore responsabile, a pubblicizzarlo e, in alcuni casi, ai fini economici, anche alla registrazione. A noi interessa avere il dato del direttore responsabile. Se non mettiamo questo, non avremo quegli elementi. Ecco perchè è stata ricopiata la formula della legge che individua tutti i siti che devono avere un direttore responsabile e indicare il motore di ricerca».
E sia chiaro: anche pubblicando una tempestiva rettifica, il diffamato ha diritto di intraprendere le vie legali.
Non solo nei confronti delle testate giornalistiche registrate, a questo punto, ma nei confronti di qualsiasi «prodotto editoriale diffuso per via telematica, con periodicità  regolare e contraddistinto da una testata».
E’ una formulazione assolutamente ambigua, su cui molti avvocati si stanno rompendo la testa.
Secondo alcuni tribunali, vi rientrano anche i blog. Secondo altri, no.
In conclusione, un’eventuale condanna per diffamazione, con relativa multa (che viene ridotta se c’è stata la rettifica), non si può escludere per nessuno.
Perchè qualsiasi inchiesta giornalistica potrà  diventare “una diffamazione”, qualsiasi opinione espressa “offensiva”.
Nessuno discute il diritto alla rettifica, altra cosa è una legge intimidatoria degna dei regimi militari con multe fino a 100.000 euro che metteranno il bavaglio alla libera espressione.
Una vergogna tutta italiana e di chi l’ha votata.
Ce ne ricorderemo.

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IL 10% DEL PAESE HA IN MANO IL 45% DELLA RICCHEZZA: ADESSO PAGHINO ANCHE LORO

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

SPROPOSITATA LA REAZIONE ALLA TASSA DEL 3% OLTRE I 150.000 EURO DI REDDITO… PDL E PD UNITI NELLA COCCA

«Il contributo di solidarietà  del 3% sui redditi sopra i 150 mila euro a favore degli esodati è iniquo»: così ha dichiarato ieri il vice presidente di Confindustria Aurelio Regina.
Il contributo per finanziare l’ampliamento delle garanzie per gli esodati, a suo avviso, colpirebbe inoltre «una fascia di popolazione che è l’unica che spende, minacciando ulteriormente i consumi».
La prima reazione, nell’apprendere dell’attacco di Confindustria all’emendamento a favore degli esodati approvato dalla commissione Lavoro della Camera, è stata di soddisfazione.
In Italia c’è ancora qualche istituzione che funziona: la difesa dei propri associati da parte di Confindustria è stata pronta e decisa.
La cosa è ammirevole. E dovrebbe anche suscitare anche un po’di invidia, soprattutto nel mondo dei lavoratori dipendenti: basti pensare che il provvedimento di “riforma ” delle pensioni — proprio quel provvedimento che, elevando bruscamente l’età  minima di pensionamento ha creato, tra l’altro, il dramma degli esodati senza stipendio nè pensione — è diventato legge nel silenzio del mondo sindacale, e che non una sola ora di sciopero è stata indetta dai principali sindacati per contrastarlo.
Se però si passa al merito delle argomentazioni di Aurelio Regina, allora la soddisfazione cede il passo alla delusione.
Perchè dispiace che il vice presidente di Confindustria affermi che la fascia di cittadini con un reddito superiore ai 150 mila euro “è l’unica che spende”.
Dispiace perchè non è vero.
In un certo senso è vero il contrario: infatti, quanto più si sale nella scala del reddito, tanto minore è la quota di reddito destinata ai consumi.
Sono i cittadini con i redditi più bassi quelli che spendono di più in proporzione a quanto guadagnano (e quindi, siccome sono molti di più, anche in assoluto). Precisamente per questo motivo ogni aumento delle tasse indirette, quelle sui consumi, è una tassa regressiva (ossia una tassa che colpisce in proporzione i poveri più dei ricchi).
E quindi andrebbe evitata.
Invece anche questo governo, come già  quello Berlusconi- Tremonti, ha tra l’altro aumentato proprio le tasse indirette.
Ma l’affermazione del vicepresidente di Confindustria che lascia più perplessi è quella secondo cui il contributo di solidarietà  del 3% sui redditi sopra i 150 mila euro sarebbe “iniquo”.
Di equità  o meno delle manovre finanziarie dell’ultimo anno si è più volte dibattuto. In genere dimenticando che un criterio oggettivo su cui misurarle ci sarebbe. E anche semplice.
Siccome il 45% della ricchezza in Italia è detenuto dal 10% delle famiglie, una manovra equa avrebbe fatto pagare a quel 10% delle famiglie il 45% del peso dell’aggiustamento, e al restante 90% il resto.
Non occorrono calcoli particolarmente sofisticati per capire che la proporzione è stata ben diversa.
Sono gli stessi dati del Ministero dell’Economia a dirci come è stato ripartito il gettito nel 2011: su 412 miliardi totali, 193 sono stati costituiti da tasse indirette (vedi sopra), 127 da tasse su lavoratori dipendenti e pensionati, 78 da tasse sulle imprese, 14 miliardi dal gettito proveniente dai lavoratori indipendenti.
È evidente la sproporzione a sfavore di lavoratori dipendenti e pensionati.
Ed è anche evidente in quali categorie di contribuenti, tra quelle citate, si annidi un’evasione fiscale che nasconde al fisco 276 miliardi di euro di ricchezza all’anno e 120 miliardi di gettito.
Ora, tutto questo non è soltanto eticamente inaccettabile. È una patente violazione di quanto previsto dalla nostra Costituzione.
Vale infatti la pena di ricordare che secondo la Costituzione della Repubblica Italiana «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità  contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività ”(art. 53).
Di fatto, invece, il principio costituzionale della progressività  delle imposte in Italia è rovesciato.
Questa è l’iniquità  del nostro sistema fiscale: quella vera.
Rispetto a questo, un 3% una tantum richiesto a chi percepisce redditi superiori ai 150.000 euro non sembra gran cosa (anche perchè oltretutto il contributo di solidarietà  riguarderebbe soltanto la parte di reddito che eccede tale cifra).
Meglio sarebbe una rimodulazione e aumento degli scaglioni dell’Irpef, abbassando le tasse sui redditi più bassi e aumentandole su quelli più elevati.
Meglio ancora, una decisa lotta all’evasione.
E sebbene Bersani dica che «ci sono altre soluzioni», se invece per una volta si chiede qualcosa di più a chi ha di più, davvero non c’è alcun motivo di scandalo.

Vladimiro Giacchè

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ALFANO, IL PEGGIOR NEMICO DEL PDL

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

SOLO LA SANTANCHE’ CORRE DAVVERO CONTRO DI LUI, TUTTI GLI ALTRI SPERANO DI GUADAGNARSI LA SOPRAVVIVENZA

L’espressione “discesa in campo” assume un significato compiuto.
Fra candidati ufficiali e in pectore alle primarie del Pdl, si può fare una formazione di calcio, panchina compresa: Alfano, Santanchè, Galan, Polverini, Storace, Mussolini, Craxi, Formigoni, Caldoro, Cattaneo, Crosetto, Meloni, Biancofiore…
Qualcuno si ritirerà , qualcuno no, qualcuno farà  persino una vera campagna d’opposizione al segretario, per esempio la Santanchè, e la Craxi e Storace, se andranno avanti.
Tutti gli altri, invece, giocheranno una funambolica doppia partita: raccogliere consensi per ritagliarsi un ruolo (se non un significato) e metterli poi a disposizione di Alfano, a cui tutti cercano di restare aggrappati visto che non esiste un candidato in grado di infastidirlo (sarebbe servito un Tremonti).
Il vero problema, infatti, è che sarà  Alfano a compilare le liste delle candidature alle elezioni politiche, e lui, contrariamente a Renzi, non annuncia esecuzioni di massa; però praticherà  in abbondanza, come nel suo stile, l’eutanasia.
Via i vecchi, dentro i giovani, per dirla male ma comprensibile.
Tranne qualche eccezione.
Ecco, tutti ambiscono al titolo di eccezione.

Mattia Feltri
(da”la Stampa“)

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MONTEZEMOLO LANCIA IL SUO MANIFESTO: “VERSO LA TERZA REPUBBLICA”

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

APPUNTAMENTO IL 17 NOVEMBRE A ROMA… TRA I FIRMATARI BONANNI, DELLAI E RICCARDI

“Per uscire dalla crisi italiana è urgente aprire una stagione di riforme di ispirazione democratica, popolare e liberale, legittimate dal voto di milioni di italiane e di italiani, in continuità  con quanto di meglio ha realizzato il governo guidato da Mario Monti che ha avuto il merito di rasserenare il clima di intollerabile antagonismo della politica italiana e di restituire prestigio e credibilità  all’Italia”.
Si apre così il manifesto pubblicato sul sito di Italia futura, la fondazione presieduta da Luca Cordero di Montezemolo, a cura del comitato promotore ‘verso la Terza Repubblica’, che dà  appuntamento per sabato 17 novembre a Roma
Tra i firmatari, oltre a Montezemolo, Ernesto Auci, Raffaele Bonanni, Carlo Calenda, Andrea Carandini, Mario Ceroli, Carlo Costalli, Stefano Dambruosio, Lorenzo Dellai, Pietro Ferrari, Edoardo Nnesi, Andrea Oliverio, Beniamino Quintieri, Andrea Riccardi, Nicola Rossi, Florindo Rubbettino, Marco Simoni, Irene Tinagli, Riccardo Tozzi.
In un primo momento compariva anche il nome di Francesco De Gregori, poi smentito dallo stesso artista e anche dai promotori.
“Una tale soluzione- si legge- non verrà  dai partiti politici così come li conosciamo, ma da una presa di responsabilità  corale di forze sociali, culture civiche e realtà  associative capaci di contribuire attivamente alla rigenerazione e al governo della nazione. La seconda Repubblica, che si sta dissolvendo, lascia una pesantissima eredità  di sfiducia nelle istituzioni e di distacco tra le stesse istituzioni e i cittadini. È In pericolo la stessa tenuta del paese, frammentato e preso dal pessimismo, con rischi di cedimento della coesione sociale e del vivere insieme. Questa situazione richiede un urgente e radicale cambiamento della politica e una sua estesa apertura alla società  civile, premessa per ogni tentativo di ricostruzione morale, politica ed economica del paese”.
Il lancio del documento fondativo del movimento arriva a poche ore dall’annuncio di Montezemolo del ritiro dalla società  Ntv che gestiva il treno Italo.
Un passo che aveva suscitato aspettative circa la discesa in politica dell’imprenditore. Ma Montezemolo ieri ha spiegato che non si candiderà  direttamente: “Faro’ politica aiutando i giovani che vogliono dare qualcosa al Paese, non ricevere”.
“L’italia può e deve tornare a giocare in attacco, come nei momenti migliori della sua storia – conclude il manifesto – tornando ad essere un territorio accogliente per l’impresa e gli investimenti, accettando la sfida dell’internazionalizzazione e dell’innovazione e rafforzando i legami di cooperazione tra lavoratori e imprenditori. Davanti alle molteplici sfide della globalizzazione, la politica italiana deve abbandonare ogni provincialismo e darsi una visione del proprio ruolo nel futuro, investendo sull’unità  europea quale via maestra per affrontare i problemi del xxi secolo. Su queste basi rivolgiamo un appello alle realtà  associative, ai movimenti civici e alle personalità  della società  civile affinchè partecipino insieme a noi ad una giornata di riflessione pubblica sulla ricostruzione civile dell’italia”.
“Un incontro rivolto anche agli amministratori locali, nella convinzione che la più profonda esigenza di rinnovamento della politica non passi attraverso la furia distruttiva dell’antipolitica. Un incontro aperto a tutti gli italiani che, provenendo da culture e tradizioni diverse, condividano convinzioni e fiducia nel futuro del nostro paese ponendo argine ai populismi di destra e di sinistra”.

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GLI ESODATI VANNO IN “FUMO”: I FONDI A LORO DESTINATI? SI PENSA A UN AUMENTO DI 0,80 EURO DELLE SIGARETTE

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

PER TROVARE I TRE MILIARDI NECESSARI IL GOVERNO NON TASSA I SUPER-RICCHI, MEGLIO ESSERE ORIGINALI E TASSARE IL POVERACCIO CHE FUMA

Più che i ricchi a preoccuparsi dovrebbero essere i fumatori (che di solito non sono ricchi).
La tassa salva esodati, approvata due giorni fa in commissione con il parere contrario del governo, prevede due meccanismi per trovare i 3 miliardi necessari a mettere in sicurezza chi rischia di rimanere senza stipendio e senza pensione.
Il primo è una mini patrimoniale, un prelievo del 3% su quella parte di reddito che supera i 150 mila euro lordi l’anno.
Il secondo è un aumento dell’accisa sui tabacchi come clausola di salvaguardia, cioè come piano B che dovrebbe scattare solo se quello A non dovesse essere sufficiente. Cosa succederà ?
Da sola la tassa sui ricchi non basterà .
Secondo i calcoli di Salvatore Tutino – a lungo dirigente generale del ministero dell’Economia e fondatore del Cer, il Centro Europa ricerche – alla fine dovrebbe portare un gettito netto di 292 milioni di euro.
Un decimo del necessario.
Il problema è che in Italia sono pochissime le persone che guadagnano (pardon, denunciano) più di 150 mila euro l’anno.
Per uno scherzo dei numeri sono proprio 150 mila, lo 0,36% dei contribuenti.
Sono quasi tutti dirigenti e non a caso l’associazione Cida manager si dice pronta al sacrificio ma chiede che pure gli evasori facciano la loro parte.
Evasori oppure no sarà  inevitabile far scattare il piano B, e quindi aumentare le accise sul tabacco.
Restano da coprire altri 2,7 miliardi che, tradotti in soldoni dalla Federazione italiana tabaccai, vogliono dire 80 centesimi di euro per ogni pacchetto di sigarette.
Una mazzata mai vista.
E una mossa che metterebbe ancora più nei guai un settore già  in difficoltà  fra crisi economica, nuovi stili di vita e ritorno del contrabbando.
Non è una sorpresa che le risorse vengano quasi tutte dal piano B. Lo dicono le dimensioni delle platee coinvolte: se gli italiani ricchi sono per il fisco appena 150 mila, i fumatori sfondano quota 10 milioni. Non c’è partita. Eppure è soprattutto della tassa sui ricchi che si parla
Il vice presidente di Confindustria, Aurelio Regina, dice che si tratta di un intervento che «minaccerebbe i consumi colpendo l’unica fascia di popolazione che spende». Il Pdl – che in commissione ha votato sì con l’eccezione di Giuliano Cazzola – prende le distanze: «Non condividiamo la misura – afferma il capogruppo Fabrizio Cicchitto – e nessuno ci ha consultato».
Qualche dubbio anche dal segretario Pd Pier Luigi Bersani: «L’importante è arrivare all’obiettivo ma abbiamo anche altre idee». Il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo conferma il no del governo: «Il problema va affrontato in termini diversi». Quali?
Secondo il vice ministro del Welfare Michel Martone si può ragionare proprio sull’ipotesi avanzata l’altro giorno da Cazzola: un fondo apposito alimentato però non da una nuova tassa ma dai risparmi che si troveranno di volta in volta.
Sempre che ci siano.

Lorenzo Salvia
(da “il Corriere della Sera”)

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PROCESSO MEDIASET: BERLUSCONI CONDANNATO A 4 ANNI DI RECLUSIONE PER FRODE FISCALE E INTERDIZIONE DAI PUBBLICI UFFICI PER 3 ANNI

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

TRE ANNI SONO STATI CONDONATI PER INDULTO… ASSOLTO CONFALONIERI… MULTA DA 10 MILIONI DI EURO…MA ORA SI ATTENDE DECISIONE DELLA CONSULTA CHE POTREBBE AZZERARE TUTTO

Silvio Berlusconi è stato condannato a 4 anni di reclusione per frode fiscale a conclusione del processo per l’acquisizione dei diritti tv di Mediaset.
In particolare, i giudici milanesi della prima sezione del tribunale hanno ritenuto prescritto il reato per il 2001, ma non per gli esercizi 2002-2003 nel corso dei quali – scrivono – è stata portata a termine “una evasione notevolissima”.
Dei quattro anni inflitti, tre sono stati condonati per indulto (ossia per gli effetti della legge sul condono del 2006).
“I diritti erano oggetto di passaggi di mano – si legge nelle motivazioni della sentenza – e di maggiorazioni ingiustificate. Passaggi privi di funzione commerciale. Servivano solo a far lievitare il prezzo”.
Berlusconi, “gestiva il sistema anche dopo la discesa in campo” politica. Il giudice ha poi disposto un risarcimento dei danni all’Agenzia delle Entrate di 10 milioni di euro. L’ex premier, infine, è stato anche condannato all’interdizione dai pubblici uffici per tre anni, provvedimento che non è immediatamente esecutivo essendo la sentenza di primo grado.
La pena inflitta al Cavaliere è più dura di quella proposta nella requistoria dalla pubblica accusa, che aveva chiesto 3 anni e 8 mesi di carcere.
Assolto invece Fedele Confalonieri.
Gli altri imputati.
Giudicato colpevole anche Frank Agrama, l’intermediario cinematografico indicato dalla Procura di Milano come il “socio occulto” del Cavaliere nella compravendita dei diritti televisivi e cinematografici all’estero.
Per lui la pena è di tre anni di reclusione.
Daniele Lorenzano produttore ed ex manager Fininvest è stato condannato a 3 anni e 8 mesi mentre la pena per Gabriella Galetto, ex manager del gruppo in Svizzera, è di 1 anno e 6 mesi.
Alcuni degli imputati di riciclaggio, tra cui il banchiere Paolo Del Bue, si sono visti derubricare l’imputazione in appropriazione indebita con conseguente prescrizione. Altri invece sono stati assolti nel merito.
I giudici hanno disposto inoltre un versamento a titolo di provvisionale di 10 milioni di euro da parte degli imputati condannati, tra i quali Silvio Berlusconi, all’Agenzia delle Entrate.
Sei anni di processo.
La sentenza arriva dopo quasi 10 anni di indagini e 6 di processo ‘a singhiozzo’ tra richieste di ricusazione avanzate dai legali e l’istanza di astensione presentata dal giudice.
E ancora slittamenti dovuti al Lodo Alfano e al conseguente ricorso alla Consulta, richiesta di trasferimento del procedimento a Brescia, legittimi impedimenti dell’allora presidente del Consiglio Berlusconi e cambi di capi d’imputazione.
Una frode per creare fondi neri.
Nel merito, secondo la ricostruzione della Procura, il sistema organizzato da Fininvest negli anni Novanta per acquisire i diritti dei film americani era finalizzato a frodare il fisco.
Comprando i diritti non dalle major ma da una serie di intermediari e sottointermediari era possibile gonfiarne il prezzo così da poter poi stornare la “cresta” a beneficio della famiglia Berlusconi.
Fininvest quindi, secondo la tesi del pm Fabio De Pasquale, avrebbe sistematicamente aumentato il prezzo dei diritti di trasmissione dei film delle major americane.
Facendo così avrebbe aumentato le voci passive dei propri bilanci, con risparmi notevoli da un punto di vista dell’imposizione fiscale, riuscendo al tempo stesso a produrre fondi neri.
Secondo il pubblico ministero, Flavio De Pasquale, Fininvest avrebbe creato fondi neri con un valore che supererebbe i 270 milioni di euro.
Soldi sottratti al fisco e agli altri azionisti della società , a solo beneficio di Berlusconi.
In attesa della Consulta.
Sul procedimento è inoltre ancora pendente la decisione della Corte Costituzionale su un conflitto di attribuzioni con la Camera: la presidenza di Montecitorio si era rivolta alla Consulta dopo che il tribunale di Milano, nel marzo 2010, aveva rifiutato il rinvio di una delle udienze nonostante che Berlusconi, all’epoca presidente del Consiglio, fosse impegnato in attività  di governo.
E’ rarissimo che un Tribunale emetta sentenza mentre la Consulta deve ancora decidere su un passaggio del procedimento che è stato celebrato.
Non ci sono obblighi, ma la procedura diventata prassi consolidata vuole che i giudici, in attesa di una decisione che riguarda il ‘loro’ processo da parte della Corte Costituzionale, proseguano i lavori fino a sentenza, ma a quella si fermino.
Ma così non ha fatto il collegio della prima sezione penale del Tribunale milanese.
La questione è di sostanza: se la Consulta dovesse decidere che quel giorno del marzo 2010 il Tribunale doveva accogliere la richiesta di rinvio avanzata dai legali dell’ex premier tutto quanto fatto dopo quella data, sentenza compresa, dovrà  essere rifatto.
In altre parole, verrà  tirata una riga su due anni di lavoro compreso il giudizio finale. Ma, evidentemente, questo è un rischio che i giudici si sono sentiti di prendere.
No comment dalla difesa.
La difesa dell’ex premier ha preferito non commentare il verdetto.
“Non rilascio dichiarazioni, prima voglio leggere le motivazioni”, ha detto l’avvocato Niccolò Ghedini uscendo dall’aula del processo.
Anche l’altro legale Piero Longo ha preferito non rilasciare dichiarazioni.

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“E’ UNA VICENDA DI FAMIGLIA, NON RISPONDO DI QUELLO CHE FANNO TERZE PERSONE”: FINI PERDE UN’ALTRA OCCASIONE PER PORRE FINE AL TORMENTONE “CASA DI MONTECARLO”

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

LA STRATEGIA MEDIATICA DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA E’ COMPLETAMENTE SBAGLIATA… QUANDO BASTEREBBERO POCHE RISPOSTE PER USCIRNE A TESTA ALTA

«Non ho la faccia sfregiata neppure da un avviso di garanzia. È una vicenda personale, privata, da trattare in famiglia non certo in tv. Rispondo di ciò che ho fatto io, non di quello che fanno terze persone. Non accetterò mai di dovermi dimettere per uno scandalo che non c’è. Non ho nulla di cui vergognarmi di fronte alla coscienza, agli italiani e al codice penale».
Gianfranco Fini, incalzato dalle domande di Santoro durante Servizio Pubblico in onda su La7, è tornato ieri sera sull’argomento della casa di Montecarlo donata ad An.
E poi affittata al fratello della sua compagna.
In difficoltà , ma sereno, ha ascoltato il conduttore che gli ricordava la promessa, fatta l’estate di due anni fa (quando il Giornale lanciò lo scandalo), di dimettersi se fosse emersa la prova dell’acquisto dell’appartamento monegasco da parte di Giancarlo Tulliani.
E che gli anticipava il contenuto di un’inchiesta dell’Espresso (in edicola oggi), sui rapporti tra i fratelli Tulliani e Francesco Corallo, padrone del colosso delle slot Atlantis-Betplus, latitante da maggio in quanto coinvolto in una storia di corruzione.
«Gli scandali veri sono altri – ha replicato Fini – La denuncia in procura mi è stata fatta da avversari politici. Non ho preso denaro pubblico, non sono stato corrotto, nessuno può dire “mi hai fregato”».
«Neanche gli iscritti An?», gli ha chiesto Santoro.
«Tutt’al più si vedrà  in sede civile», ha risposto Fini.
Una settimana fa l’Espresso aveva pubblicato dei fax – sequestrati nell’abitazione romana del latitante – che Corallo aveva spedito a James Walfenzao: una copia del passaporto di Giancarlo Tulliani, una copia di quello di Elisabetta e un modulo per l’apertura di un conto corrente a Saint Lucia intestato alla Jayden Holding. Walfenzao è sia fiduciario che figura come rappresentante legale della Printemps, la società  di Saint Lucia che nel luglio 2008 acquistò da An l’appartamento di Montecarlo.
Sia rappresentante legale del trust a cui sono intestate le quote del gruppo Atlantis. L’Espresso oggi in edicola rivela un nuovo capitolo del giallo: un computer di proprietà  di Corallo, sequestrato dalla guardia di finanza, contiene nuovi documenti che dimostrerebbero le relazioni d’affari del latitante coi familiari di Fini.
Documenti la cui divulgazione spetta solo al proprietario del computer.
Nessuno sa, però, se Corallo li renderà  mai pubblici.

Alberto Custodero
(da “la Repubblica“)

Il commento del ns. direttore

Non so chi suggerisca a Gianfranco Fini la linea da mantenere quando si tratta di rispondere ai quesiti sulla “casa di Montecarlo”.
Certamente non un grande stratega, visto da un lato l’imbarazzo del presidente della Camera a fornire spiegazioni adeguate e dall’altro le perplessità  dell’opinione pubblica a fronte delle sue vaghe considerazioni.
Fermo restando che non esiste una sola prova che dimostri che il cognato sia il reale proprietario dell’appartamento in rue Charlotte, che il tribunale di Roma ha archiviato la pratica per l’aspetto penale della vicenda, che il coinvolgimento del faccendiere Lavitola nella costruzione del presunto scandalo   è ormai attestata (con relativo mandante) resta quello che Santoro ha definito ieri “l’aspetto morale” del caso.
Fini non ci è piaciuto nelle risposte date a “Servizio Pubblico” perchè non si può dire un anno fa che “qualora fosse provato che la casa è di mio cognato non tarderei un attimo a dimettermi” e poi sostenere ieri sera l’opposto: “non rispondo di quello che fanno terze persone”, facendo intendere che in tal senso non si sarebbe mai dimesso in ogni caso.
Dopo due settimane che è emerso che la compagna Elisabetta Tulliani inviava copia del suo documento di identità  al gestore di società  con sedi a St Lucia, nonchè in rapporti di affari con il fratello Giancarlo, nonchè amministratore della società  proprietaria della “casa di Montecarlo”, non si può rispondere che “sono fatti familiari”, era necessario dare una spiegazione.
Così come dire che “in fondo non sono soldi pubblici” non ci sembra una grande uscita: perchè non erano neanche soldi suoi, per quello.

Cosa avrebbe dovuto rispondere Fini, mostrando schiettezza e umanità ?

1) Quella casa era da anni invenduta, quando mio cognato mi ha detto che c’era una società  interessata gli ho consigliato di farla mettere in contatto con l’amministratore di An per valutare l’offerta.
E’ stata fatta una perizia sul prezzo ed è stata venduta per una cifra superiore di 30.000 euro a quanto stimato dalla perizia.
Valeva di più? Può darsi, ma non sono un immobiliarista, me ne sto delle perizie e ho fatto tutto secondo le regole.
2) C’è stato involontariamente un danno? Se sarà  così, interverrò personalmente per integrare la differenza, di più non posso fare, anche se non c’entro una mazza.
3) Non è colpa mia se ho un cognato, tutti abbiamo dei parenti discutibili, con lui ho in ogni caso ho rotto i rapporti.
4) Mia moglie è libera di gestire il proprio patrimonio come le pare, facendo investimenti leciti con il fratello, come certificato peraltro dallo stesso “Espresso”.
Magari informandomi, cosa che sono certo avverrà  in futuro.
5) Se avessi voluto arricchirmi in 30 anni di attività  politica avrei avuto ben altre occasioni e invece ho rotto un sistema di potere per rimettermi in gioco.
Se ho sbagliato chiedo scusa pubblicamente, ma in coscienza non ho nulla da rimproverarmi.
In ogni caso tutti si può sbagliare nella vita, ma nelle mie tasche non è mai entrato un centesimo di dubbia origine, a differenza di tanti altri che si permettono di infangare la mia storia personale solo perchè ho osato alzare quel dito.
State certi che se fossi rimasto a corte, nessuno si sarebbe mai preoccupato della vendita di un immobile.

E’ così difficile?

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ASINE E ZAPPE: I BOSSI SI DANNO ALLA CAMPAGNA

Ottobre 26th, 2012 Riccardo Fucile

I RAMPOLLI APRONO UN’AZIENDA AGRICOLA: PER ORA CI LAVORA SOLO ROBERTO, RENZO LATITA MA SI RIUNISCONO TUTTI NELLA CASA DI GEMONIO

Forse la zappa non salverà  il mondo, come prevede Carlin Petrini, ma intanto potrebbe aiutare Renzo Bossi.
L’ormai ex promessa leghista è stata affidata al fratello più giovane, il 22enne Roberto Libertà , per essere avviata alla vita nei campi.
Impresa non facile.
Lo scorso 22 giugno i due figli di Manuela Marrone, seconda moglie di Umberto Bossi, hanno registrato l’azienda agricola “Tera nostra”.
La sede è a Brenta, nella cascina acquistata dalla madre per 450 mila euro nel giugno 2011: due edifici per sette vani, circondati da un bosco, un pascolo e un terreno seminato.
Un regalo a Roberto, studente modello di Agraria con una passione reale per la campagna.
“Era da sempre il mio sogno aprire un’azienda agricola”, dice arrivando nella cascina a metà  pomeriggio.
Del fratello Renzo non parla volentieri, sorridendo annuisce sentendosi definire tutor del Trota. Ma sfugge, spaventato, alle domande. “Io faccio una vita normale, come sempre”. Eppure a casa Bossi molto è cambiato nel giro di pochi mesi.
Anche per Roberto, scivolato nelle carte dell’inchiesta Belsito per una Golf.
Niente di più, ma abbastanza per spingerlo a riconsegnare le chiavi e acquistare un’auto di tasca sua: una Jeep di terza mano, immatricolata nel 2005 e pagata lo scorso luglio 11 mila euro.
A Renzo è andata di certo peggio.
Perso l’amico finanziatore Francesco Belsito e costretto a dimettersi dal consiglio regionale lombardo (rinunciando a 12 mila euro di stipendio), ha dovuto salutare l’adorata bella vita.
Addio alle auto di grossa cilindrata e all’appartamento nel centro di Milano, ora si fa ospitare dalla fidanzata Silvia Baldo, in un monolocale nella periferia meneghina affacciato su palazzoni e tangenziali.
E così, dopo aver accettato benevolmente il soprannome Trota datogli dal padre, ora Renzo sembra seguire il consiglio di molti: prendere la zappa. Del resto l’aveva annunciato lui stesso, a maggio, intervistato da Vanity Fair: “Farò il muratore o l’agricoltore, per stare un po’ all’aria aperta”.
Un cambiamento radicale, anche se finora a Brenta il Trota si è visto appena due volte.
Nell’azienda di “allevamento di ovicaprini e coltivazioni ortofrutticole” si impegna quotidianamente il solo Roberto.
“Faccio tutto io, mi piace”, garantisce. Ha seguito i lavori di restauro della cascina, terminati a fine settembre e costati poche decine di migliaia di euro, ripulito il bosco e il prato dalle erbacce, smosso e preparato la terra all’inverno.
Il tutto con l’aiuto di alcuni militanti leghisti della zona molto legati al Senatùr che gli hanno anche insegnato a guidare il trattore.
Mancano gli animali. C’è un cane di media taglia e la coppia di asini che aveva trovato qui. O meglio: c’era solo un asino,
Roberto ha convinto il padre a comprare l’asina “così possono riprodursi”, spiega oggi soddisfatto.
È contento della sua azienda. E ci tiene a prendere le distanze da quel mondo politico che, dice, lo ha schifato. “Io per la Lega ho sempre fatto il mio, in piccolo, sul territorio perchè mi piaceva”.
Renzo “è stato un capro espiatorio” afferma, ma della vicenda Belsito non vuole parlarne, si innervosisce. “Non devo nè dimostrare nè spiegare nulla a nessuno, io so quello che ho fatto e non ho nulla da temere, gli altri non so. Ma io non devo difendermi, faccio la mia vita”, dice indicando la terra che lavora.
La cascina è gestita da lui, seppur intestata alla madre.
Raramente i genitori vengono fin quassù, nonostante Gemonio sia a pochi chilometri. Ma dopo lo scandalo dei fondi del partito finiti a casa Bossi per pagare anche le spese dei dentisti, le multe e persino le canottiere del Senatùr, la famiglia è stata costretta a un repentino e inatteso ritorno alla normalità .
I figli sono tutti tornati all’ovile.
Roberto parte al mattino per andare in cascina, ma mangia e dorme a Gemonio, dove in pianta stabile vive il terzo fratello, Sirio Eridano.
Renzo, invece, durante la settimana sta spesso dalla fidanzata, ma nei weekend rientra con frequenza a Gemonio.
Anche se ancora tenta la fuga dalla normalità .
Frequenta volentieri Salò, ospite dell’amico Alessandro Uggeri, compagno dell’ex assessore regionale leghista Monica Rizzi, una delle vittime della ramazza di Roberto Maroni e oggi impegnata nella raccolta delle olive.
Dissolto dagli scandali e archiviato con la cartellina The Family, anche il Cerchio magico.
A Manuela Marrone rimane la gestione della famiglia, aiutata da un’infermiera che segue costantemente Umberto.
Ogni tanto alla casa di Gemonio suona la fedelissima amica Rosi Mauro.
Viene a far visita, ma solo la sera perchè durante il giorno la moglie del Senatùr lavora regolarmente alla sua scuola Bosina. Fino alle 16.
Poi le commissioni e a casa. Il volto è sempre più duro e impassibile. Parcheggia la sua Panda azzurrina, scarica la spesa.
Vestita con pantaloni grigi e giacca blu di lana stopposa e sformata, con passi lenti in mocassini neri maschili trascina la rabbia dentro casa e, lanciando le ultime occhiate di disprezzo, chiude il cancello di Gemonio sperando di tener fuori anche il passato. Impresa non facile, almeno quanto far prendere la zappa in mano a Renzo.
Ma a Gemonio sperano di vedere presto chi li ha cacciati dal partito a colpi di ramazza seguire il destino del Trota: dover lasciare la scopa per impugnare la zappa.

Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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