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IL VERO TIMORE DEL CAVALIERE E’ PER LA CONSULTA E ALFANO SALE AL COLLE

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

BERLUSCONI TEME LA CONDANNA IN PRIMO GRADO PER IL PROCESSO RUBY, MA SOPRATTUTTO LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL LEGITTIMO IMPEDIMENTO PREVISTA IL 19 GIUGNO

Più la sentenza Ruby si avvicina, e più l’umore di Berlusconi volge al tempestoso.
Da un po’ di giorni il Cavaliere appare «cupo», preoccupato, teso quanto può esserlo chi si prepara a ricevere una legnata giudiziaria.
Non si rispecchia affatto (ma in fondo, quale imputato vi si riconoscerebbe?) nel ritratto del pm Sangermano, e tantomeno in quello di Ilda Boccassini.
Lo umilia essere dipinto come un vecchio satiro che adesca le giovinette, addirittura come un concussore per quella telefonata in Questura che lui racconta «educatissima», super-gentile. Tuttavia Silvio ha una vecchia ruggine con i giudici milanesi, da loro non si aspetta nulla di buono; se il 24 giugno prossimo lo condannassero per le sue «feste eleganti», lui sarebbe il primo a non provare stupore.
Rivalersi contro Letta o contro l’uomo del Colle avrebbe a quel punto scarso significato perchè nè il premier nè Napolitano hanno la minima chance di indirizzare la sentenza.
E poi, spiegano amici fedeli, una crisi delle larghe intese causata per vendetta potrebbe spalancare la strada a governi ben più di sinistra, appoggiati da Vendola e da un po’ di transfughi a Cinque Stelle.
Cosicchè davvero a quel punto Berlusconi dovrebbe darsela a gambe…
Insomma: se le pendenze giudiziarie si limitassero a Ruby, l’equilibrio politico potrebbe reggere anche una severa condanna.
Il guaio è che mercoledì 19 è attesa un’altra sentenza, stavolta della Corte costituzionale.
Dovrà  stabilire se Berlusconi aveva o meno diritto al «legittimo impedimento» che gli venne negato dalla Corte d’appello nel processo Mediaset.
L’impatto ai fini pratici è tutto da dimostrare.
Anche nel caso in cui la Consulta desse ragione al Cavaliere, non è detto che quel giudizio ripartirebbe da zero.
Dipenderà  molto da come vorranno dosare il verdetto i giudici costituzionali.
I quali, diversamente dalle toghe di rito ambrosiano, sono notoriamente sensibili ai venti della politica. Mettiamola così: non vivono sulla luna.
Per cui nel loro caso sì che la decisione potrà  scaricare onde d’urto sul governo.
Tuona privatamente Berlusconi: «Se la Corte costituzionale dovesse sostenere che il legittimo impedimento non esiste nemmeno quando un premier presiede il Consiglio, allora saremmo davvero al colmo».
In quel caso, nessuno può prevedere quale sarebbe la reazione del diretto interessato. Si spingerebbe fino a causare una crisi?
È interessante sentire Capezzone, tra i personaggi di spicco della nouvelle vague berlusconiana: «L’equilibrio politico si regge sul senso di responsabilità  che il nostro Presidente ha dimostrato in questi mesi. In qualche modo questo ruolo gli deve essere riconosciuto. Dalla Consulta il Pdl si attende un segnale di pacificazione», cioè una sentenza che, quantomeno sul piano politico, possa segnare uno spartiacque.
Guai se non arrivasse, dichiara senza peli sulla lingua Daniela Santanchè.
C’è chi invece, come Gianni Letta o Alfano, trova più appropriati i canali della diplomazia. Guarda caso proprio ieri il vice-premier è salito al Colle per un colloquio dai contorni misteriosi. Nessuno crede che a tu per tu con Napolitano abbiano parlato solo di nomine prefettizie.
Mille segnali fanno pensare che Angelino abbia voluto mettere sul chi vive il Capo dello Stato: Berlusconi è più imprevedibile che mai, da lui ci si può attendere di tutto.
In un attimo, può compiere qualsiasi inversione a «u». Vedi il caso Allegri.
Il Cavaliere sembrava deciso a cacciare l’allenatore, invece di colpo ha cambiato idea.
Al governo promette lunga vita. Ma che poi mantenga la parola, tra i suoi non ce n’è uno in queste ore che metta la mano sul fuoco.

Ugo Magri
(da “La Stampa“)

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LA LEGA DI MARONI STENDE IL FILO SPINATO INTORNO A BOSSI: TAGLIO DEI VIVERI E ISOLAMENTO COME NELL’URSS DEI DISSIDENTI

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

IL SENATUR CERCA LO SCONTRO FINALE TRA GUERRIERI, MA DALL’ALTRA PARTE TROVA SOLO ALCHEMICI DEMOCRISTIANI CHE PREFERISCONO AGIRE DIETRO LE QUINTE

L’idea è quella di far impallidire Umberto Bossi fino a farlo svanire sullo sfondo. Tagliargli viveri, segretari e autisti per limitarne i movimenti e le possibilità  di parlare in pubblico.
Espellerlo dalla radio, dalla tv e dal quotidiano intitolati alla Padania.
Metterne in dubbio la capacità  di tornare ad essere protagonista e, magari, le facoltà  tout court.
Non tenerlo informato su quanto accade.
Per poi liquidarne le dichiarazioni come le sortite di un alieno.
Non parlarne. E se obbligati, sottolineare come stia facendo del male alla sua stessa creatura, la Lega: «Come Crono, che divorava i suoi figli» si lancia un leghista.
Aurora Lussana, direttora della Padania, sintetizza nell’editoriale di oggi: «Serve un padre e non un padrone».
Bossi lo ha fatto ancora.
Ha rilasciato una durissima intervista a Gad Lerner per dire e ribadire che «Maroni è un traditore».
Per annunciare che ora si riprenderà  la Lega: «Devo per forza rimettermi alla guida del partito».
Per lanciare la nascita del suo nuovo giornale, «La lingua padana».
Per dire che «torna attuale l’indipendenza», anche se «Maroni non ci crede».
Ieri mattina i telefoni dei capi leghisti erano tutti irraggiungibili, surriscaldati da lunghe telefonate fiammeggianti.
Le parole più usate: «Espulsione» e «buttarlo fuori».
L’inaudito – la cacciata del «Capo» – è diventato opzione non solo possibile, ma argomentata.
Se ne trova eco nella dichiarazione di Matteo Salvini: «Da segretario della Lega Lombarda dico che chi non ha voglia e non se la sente può accomodarsi altrove».
Fin quando Maroni ha detto no.
Il segretario leghista prima tenta di ignorare l’intervista: «Al lavoro anche oggi – è il tweet del mattino – per risolvere i problemi dei cittadini».
Poi, a Lecco, a margine di un incontro di Confindustria, si limita a dirsi «tranquillissimo. L’unico effetto che hanno queste interviste è danneggiare la Lega e contribuire a rendere più difficile la vittoria ai ballottaggi».
Nella sostanza, il messaggio trasmesso dalla catena di comando nordista è suppergiù il seguente: «Espellere Bossi significherebbe farne un martire.
Restituirgli la visibilità  perduta passando tutti per degli ingrati che pugnalano colui a cui devono tutto. No, di gran lunga meglio il silenzio».
La sortita del «Capo» ha però immediatamente ridato vigore ai suoi sostenitori, peraltro tutti espulsi.
Toni bellici, sanguinosi addirittura: «I traditori della Lega e di Bossi – proclama l’ex senatore Giovanni Torri – verranno giustiziati dalla storia politica per i fallimenti che hanno raccolto. I militanti aspettano ora il solo, unico capo alla guida della Lega. Adesso non si torna più indietro».
Solo un tantino meno virulenta la veneta Paola Goisis: «Maroni e Tosi hanno già  distrutto la Lega. La gente non è stupida e ha capito che quello che è successo è stato un attacco organizzato contro Bossi».
Sul fronte maroniano, il verbo del segretario viene declinato in ogni possibile salsa.
Per il governatore Luca Zaia le parole di Bossi «fanno solo male alla Lega soprattutto alla vigilia dei ballottaggi», per Davide Caparini l’intervista «è un regalo ai nostri avversari».

Marco Cremonesi
(da “il Corriere della Sera“)

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MAXI-SEGRETERIA EPIFANI: TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

QUINDICI MEMBRI, RENZI ENTRA CON IL FEDELISSIMO LOTTI MA PERDE LA BATTAGLIA DELL’ORGANIZZAZIONE… RIMANDATA OGNI DECISIONE

“Guglielmo non sei più alla Cgil”.
Epifani è arrivato alla fine dell’arduo compito di gestire la prima direzione da segretario Pd senza quasi intoppi.
Ma poi evidentemente deve aver ceduto alla tensione, visto che per due volte nella replica si definisce “Segretario generale”.
Brusio dal fondo della sala. Richiamato all’ordine.
Per il resto, la riunione va nella migliore tradizione Pd. Un rimando di qua, una sospensione di là .
“Fermiamoci un attimo”, dice al partito e al governo sulle riforme: si delega ad altre sedi (prima un seminario, poi una consultazione degli iscritti).
Sulla data del congresso pure (“si farà  entro l’anno”, assicura il segretario). E se arriva la squadra, anche le deleghe vengono rimandate alla prima riunione della segreteria.
Non una squadretta, come sembrava deciso, ma uno squadrone: 15 membri, con una rigorosa spartizione dei posti tra le correnti.
Dice Epifani, che evidentemente ha già  capito quali sono le regole del gioco: “Le correnti sono utili se orientano il dibattito e la scelta”.
Posti in piedi ieri al Nazareno, gran pienone.
La prima direzione democratica dell’era Epifani inaugura qualche abitudine e cancella immediatamente le ultime acquisite: invitati a partecipare tutti i parlamentari, regolarmente muniti di accredito. E niente diretta streaming. I grillini sono meno trandy, evidentemente .
All’entrata, un Superman che accoglie i democratici.
E Matteo Renzi, che al solito catalizza le telecamere. “Io segretario? Ci sono cose più importanti”, dice lui, arrivando direttamente dalla Fiera del Lusso di Vienna, dove è stato a cena col direttore del Financial Times e l’amministratore delegato di Gucci.
Ma ormai di queste riunioni che un tempo snobbava e non se ne perde neanche una.
Certo fa un po’ effetto sentire Epifani chiarire che ci sarà  la divisione tra candidato premier e segretario, proprio mentre tutti quelli che stanno intorno al sindaco di Firenze ammettono che lui potrebbe candidarsi al congresso.
E la segreteria alla fine non è come lui la voleva.
Perso il braccio di ferro sul fedelissimo Luca Lotti, che andrà  agli Enti Locali, e non all’Organizzazione, che rimane al bersaniano Davide Zoggia.
Nella squadra qualche sorpresa. In segreteria ci sono addirittura due presidenti di Regione: Debora Serracchiani (Friuli) e Catiuscia Marini (Umbria) dei Giovani Turchi.
E poi Roberta Agostini (bersaniana), Enzo Amendola (dalemiano), il segretario dei giovani Democratici Fausto Raciti (Giovani Turchi), Cecilia Carmassi, Matteo Colaninno, Alfredo D’Attorre (bersaniano), Antonio Funiciello (renziano), Andrea Manciulli (dalemiano) Alessia Mosca (lettiana), Pina Picierno (franceschiniana) Simone Valiante.
Stessa logica Cencelli per la Commissione che dovrà  stabilire le regole del congresso. Organismo forse più di rilievo di una segreteria a termine.
Ne fanno parte tra gli altri uomini di fiducia di Letta (Gianni Del Moro), di Veltroni (Roberto Morassut), oltre all’ex uomo Organizzazione di Bersani (Nico Stumpo), al giovane Turco, Francesco Verducci al segretario dell’Emilia Romagna (Stefano Bonaccini). Per Renzi c’è Lorenzo Guerini (ex sindaco di Lodi, ora deputato Pd).
Epifani fissa punto su punto, la road map del “nuovo” Pd: “Reagiremo alle minacce di Berlusconi”.
Perchè, “la nostra idea di governo di servizio e il bisogno di riforme richiedono un impegno di due anni. Ma dobbiamo essere pronti a tutto se dovesse prevalere negli altri la decisione di far saltare il tavolo”.
Un accenno ai dipendenti del Pd, che “non saranno lasciati soli”. I quali presentano un documento in cui chiedono un “tavolo di coordinamento aperto e plurale in cui si condividano le responsabilità ”.
Ma intanto viene approvato anche il bilancio 2012 con un disavanzo di 7,3 milioni. Alla fine, la direzione vota.
Maggioranza bulgara, sei astenuti (tra i quali Civati, Tocci, Bachelet, la Bruno Bossio).

Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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INTERVISTA A ZAGREBELSKY: “IL SI’ AL PRESIDENZIALISMO DEL PD E’ UN CLASSICO CASO DI SINDROME DA STOCCOLMA”

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

IL COSTITUZIONALISTA RIVELA: “VOTATO ALLE QUIRINARIE? NESSUNO ME LO HA MAI CHIESTO”…”IL PRESIDENZIALISMO FORMA DI GOVERNO CAMALEONTICA”

Professor Zagrebelsky, la maggioranza lavora alla riforma presidenzialista, il Pd si divide. Lei che ne pensa?
«Penso che il tema andrebbe trattato non come fosse al centro di una guerra di religione o di una disputa ideologica, ma guardando empiricamente come funziona il presidenzialismo nei vari Paesi. Non c’è forma di governo più camaleontica, visto che assume i colori e le caratteristiche dell’ambiente in cui viene impiantato».
Ad esempio?
«Sono sistemi presidenziali o semipresidenziali gli Stati Uniti come molti Stati del Sud America, che hanno avuto vicende di colonnelli che dall’esercito diventano capi di Stato. La gran parte dei paesi dell’Africa che noi consideriamo democraticamente sottosviluppati, per non dir di peggio, sono sistemi presidenziali».
Semipresidenziale è la Francia.
«Sì. Ma, guarda caso, pure la Russia di Putin. In materia costituzionale è sempre sbagliato ragionare di modelli astratti; in questo caso, è sbagliatissimo. Il modello astratto dice poco. Esistono regole formali, ma il modello che si viene a realizzare dipende da una serie di circostanze di natura sociale, politica, psicologica».
L’Italia è inadatta?
«Sotto ogni profilo. Sociale: il presidenzialismo può funzionare se il tasso di corruzione è nei limiti della fisiologia; altrimenti diventa il volano della corruzione. Politico: i Paesi in cui il presidenzialismo non crea problemi di eccessivo accentramento dei poteri sono quelli in cui il capo del governo è il prodotto di partiti che hanno una loro vita democratica e le loro regole. Negli Usa i partiti non sono solo comitati elettorali; in particolare quello che esprime il presidente ha una vita ricca, una dialettica che lo condiziona. In Francia, De Gaulle aveva dietro un partito. Hollande è stato per un decennio il segretario socialista».
E da noi?
«Da noi, la degenerazione personalistica nella politica è evidente. Più si accentua, più i partiti diventano macchine al servizio del padrone».
Berlusconi e Grillo per lei pari sono?
«Non dico questo. Bisognerebbe fare molte distinzioni: la prima riguarda il ruolo del danaro. In ogni caso, la democrazia nei partiti è questione che li riguarda tutti, quale più e quale meno. Vale la metafora della pagliuzza nell’occhio dell’altro e della trave nel tuo. Ma nella vita dei popoli, come notava Hegel a proposito della Rivoluzione francese, ci sono momenti in cui prevale l’insofferenza per le difficoltà  e per la moderazione: e la democrazia è difficile e moderata. Frenesia di distruzione, per liberarsi dalle cose che sembrano gioghi. Qui entra la psicologia collettiva. Non è un segno di maturità , ma di decadenza. Ernst Bloch descrive questa sindrome collettiva nella Germania degli anni 20 e 30. Non dico che siamo a quel punto; ma certo oggi è un atteggiamento molto diffuso, e il presidenzialismo può essere la tentazione per liberarsi del peso della democrazia e, con il peso, della democrazia stessa».
Da costituzionalista come valuta la rielezione di Napolitano?
«Non c’è stata violazione di regole esplicite. La Costituzione non vieta la rielezione. Si pensava però che, ragionevolmente, il problema, in pratica, non sarebbe sorto. Persone onuste d’anni e di saggezza è buona cosa che non concorrano per la rielezione, anche perchè una simile aspirazione potrebbe indurre a cercare appoggi politici e compromettere l’indipendenza. Quattordici anni? Un’enormità  non repubblicana. L’articolo 85 dice che il Parlamento in seduta comune è convocato per l’elezione del “nuovo” Presidente della Repubblica: un residuo psicologico della convinzione che un secondo mandato non ci potesse essere. Del resto tutti i presidenti, compreso Napolitano, hanno sempre escluso l’ipotesi della loro rielezione. Il fatto che Napolitano, come s’è detto, abbia ceduto a uno stato di necessità  è cosa che deve far riflettere: significa che la classe politica nel suo insieme è totalmente imballata, paralizzata al suo interno. In questi casi, non resta che congelare l’esistente. Ma è una sconfitta».
E come valuta il governo Letta-Alfano?
«Mi pare un’altra manifestazione di un sistema politico sovraccarico di tensioni, ricatti, di veti reciproci. Quando un sistema politico è in crisi per queste ragioni o implode, o si congela. Da Monti a Letta c’è un passaggio nel segno della continuità : si mantiene ferma la stessa formula in altra veste, con i politici al posto dei tecnici».
Lei pensa che la destra se ne avvantaggerà  a scapito della sinistra?
«Dal punto di vista delle riforme, la danza la sta menando la destra. Il presidenzialismo è un tema tradizionale della destra autoritaria, cavallo di battaglia già  del Msi, poi cavalcato dal partito di Berlusconi. Ed è uno dei punti centrali del piano di rinascita nazionale di Gelli. Queste cose non si usa dirle più. Sembrano politicamente scorrette. Ma la continuità  di un’idea della politica che non è nata oggi vorrà  pur dire qualcosa. Quelli che a noi paiono pericoli mortali, per loro sembrano opportunità . Invece alla visione e alla pratica della democrazia, secondo la sinistra e secondo la sociologia politica cattolica, quell’idea è stata sempre estranea. Non ricordo chi diceva: la destra propone, la sinistra segue; ma solo la destra sa quel che si fa».
Autorevoli esponenti del centrosinistra, a cominciare da Prodi, hanno aperto al presidenzialismo.
«Non so che dire. Non me lo spiego. I cattolici sono sempre stati irremovibili nel difendere una concezione politica che non poteva incarnarsi nell’uomo solo al potere. Alla Costituente, Calamandrei avanzò la proposta d’un sistema all’americana: presidenzialismo unito a federalismo, diritti di libertà , forti garanzie, a cominciare dall’indipendenza della magistratura e della Corte costituzionale. Ma non raccolse consensi. Riproporla ora mi pare effetto della sindrome di Stoccolma».
Anche Renzi sembra per il presidenzialismo. Che cosa pensa di lui?
«Lo conosco poco. Come innovatore lo apprezzo, ma nelle questioni istituzionali non si può improvvisare. La rottamazione, a parte la parola, può servire, se non significa liquidare gli anziani ma rompere le oligarchie. L’Italia è un Paese oligarchico. Governato ormai dalla “ferrea legge delle oligarchie” teorizzata da Michels, Mosca, Pareto. Un sistema che vive di privilegi, che ha bisogno di gestire il potere in modo non trasparente, quindi d’illegalità . Scuotere le oligarchie fa bene alla democrazia. Se davvero Renzi pensa ancora a questo, ben venga».
La rete è uno strumento per rompere le oligarchie, discutere, partecipare?
«A leggere certi blog, è uno strumento per scambiarsi insulti. La discussione non è questa, è dialogo, scambio di logos, di buone ragioni. La rete può far emergere bisogni, che però hanno bisogno di sintesi. E solo una struttura di persone responsabili di fronte a militanti ed elettori la può fare».
Grillo sostiene che gli eletti siano solo il terminale della rete. L’M5S è uno strumento di dialogo, o un’autocrazia?
«Gli eletti sono il terminale di un programma, che però va adeguato di continuo ai cambiamenti della realtà . Non hanno vincolo di mandato, ma non è che possono fare quello che gli pare. Quanto alla rete, è fondamentale la trasparenza».
Che effetto le ha fatto vedere il suo nome nelle «quirinarie»? Si è pure piazzato bene, al quarto posto…
«Sì ma con 4300 voti: cosa sono su 60 milioni di italiani? In ogni caso, nessuno mi ha mai interpellato. Neppure un colpo di telefono. Una cosa strana, che fa riflettere. Più che “quirinarie”, sono state un limitato sondaggio di opinione».
Rodotà  poi è entrato in urto con Grillo.
«Ringrazio il cielo che sia toccata a lui. Il Signore mi ha messo una mano sulla testa…»

Aldo Cazzullo
(da “il Corriere della Sera“)

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“SALVATE IL SOLDATO SILVIO O NON PAGHIAMO LE TASSE”

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

SANTANCHÈ MINACCIA LO SCIOPERO FISCALE SE LA CONSULTA NON LO ASSOLVE… INTANTO A CASA DEL GIUDICE COSTITUZIONALE MAZZELLA RIPARTONO LE CENE

Prologo, alle 19 e 40 di ieri sera.
Daniela Santanchè al telefono: “Se salta il legittimo impedimento salta tutto? Cazzate. Qui il problema non è la tenuta del governo ma il fatto che vogliono uccidere il nostro leader per via giudiziaria. Berlusconi è uno statista, non farà  mai una vendetta per i suoi guai giudiziari ma noi abbiamo un popolo che è pronto a schierarsi con lui, a non foraggiare più questo Stato. Mi guardi tra un po’ a Otto e mezzo, sto andando a La7”.
Meno di un’ora dopo, al programma di Lilli Gruber, presente anche Marco Travaglio, la Santanchè smentisce di essere un falco o una colomba, nè tanto-meno una pitonessa (copyright Il Foglio) e traccia la nuova frontiera di combattimento del Pdl: “Uno sciopero, una ribellione fiscale dei moderati contro l’accerchiamento giudiziario del nostro leader. Gli otto milioni di moderati che hanno votato Berlusconi certo non andranno a spaccare le vetrine, ma reagiranno”.
Propaganda? Depistaggio dalla presunta trattativa in atto per “garantire” B.? O altro ancora?
L’unica certezza è che la deputata del Pdl, considerata leader dei falchi berlusconiani con Verdini e Brunetta è reduce da un fine settimana di lavoro a Villa La Certosa, la reggia sarda del Cavaliere.
La sua uscita è concordata e serve anche ad attutire se non azzerare le voci insistenti sulle ritorsioni politiche minacciate da alcuni esponenti del Pdl, a partire da Alfano (ricevuto al Quirinale lunedì scorso) qualora la Consulta dovesse bocciare il legittimo impedimento per il processo Mediaset.
La linea della Santanchè è la stessa di Niccolò Ghedini, avvocato e parlamentare di B. che ieri ha detto ad alcuni colleghi di partito in cerca di chiarimenti, nelle ore a caldo della motivazione del processo per l’affaire del nastro Fassino-Unipol: “Sulla sentenza della Consulta io sono pessimista, la Corte Costituzionale ha sempre dato torto a Berlusconi ma non c’è alcun legame con il campo del governo e delle riforme. E poi noi noi puntiamo tutto sulla Cassazione per Mediaset. Lì abbiamo delle carte robuste da giocarci”.
Insomma, tutti negano lo scambio tra tenuta del governo e la salvezza di B. E chi ha sondato il capo dello Stato in queste ore rivela: “Il Quirinale è solo uno spettatore di questa vicenda, non c’è alcun salvacondotto possibile e Alfano lo sa perfettamente, ammesso che abbia davvero minacciato di far saltare tutto. In questo momento, nel Pdl cercano di coprirsi la ritirata a causa delle lotte interne e del probabile no della Consulta al Cavaliere”.
In ogni caso l’umore di B. ieri sera a Roma, quando ha visto i vertici del Pdl, era sempre cupo: “La mia pazienza ha un limite”. Non solo.
Le minacce del Pdl alla Corte costituzionale stanno provocando molto fastidio e tanta irritazione tra gli alti giudici.
Più di un mese fa, il filo conduttore del rinvio della sentenza che riguarda Silvio Berlusconi e il processo Mediaset è stato “l’opportunità  politica”.
Siccome c’erano le consultazioni per il governo Letta si è cristallizzata una camera di consiglio a un passo dalla decisione.
Così il verdetto atteso per il 24 aprile sarà , invece, emesso il 19 giugno.
Nella Corte, poi, c’è anche una fibrillazione interna: a metà  settembre scade il mandato del presidente Franco Gallo che è stato nominato 9 anni fa dall’allora capo dello Stato Ciampi.
Chi sarà  al vertice della Consulta che, investita dalla Cassazione, se non ci sarà  una riforma parlamentare , dovrà  pronunciarsi sul “Porcellum”?
C’è un giudice che sogna di essere il designato: Luigi Mazzella, attuale vicepresidente (scade a fine giugno 2014). È il giudice che nel maggio 2009, a pochi mesi dalla decisione della Corte sul lodo Alfano (bocciato per 9 a 6 come ha rivelato il Fatto) invitò nella sua casa romana non solo il collega Paolo Maria Napolitano ma anche Berlusconi, premier e parte in causa, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il sottosegretario Gianni Letta e il presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini.
Nè Mazzella nè Napolitano hanno mai pensato alle dimissioni, anzi hanno rivendicato la legittimità  di quel banchetto.
Mazzella è giudice che ama molto i convivi. E nella sua bella casa è un periodo di ricevimenti, tanti.
Gli inviti comprendono anche eminenti politici di centrodestra.
L’aria che tira per Berlusconi nella Corte costituzionale non sarebbe buona.
La Consulta sarebbe orientata a dare torto all’ex premier che ha sollevato conflitto di attribuzione contro i giudici di primo grado del processo Mediaset perchè il primo marzo 2010 non gli riconobbero un legittimo impedimento.
Era stato aggiornato un consiglio dei ministri dal venerdì 26 febbraio proprio al lunedì mattino primo marzo, giorno in cui, da un mese e mezzo, i giudici, d’accordo con la difesa, avevano fissato udienza.
Anche se la Consulta dovesse dare ragione a B., questo però non vuol dire che verrebbe azzerato il processo e quindi la condanna.
La Cassazione, l’unica legittimata ad esprimersi sulle conseguenze dell’eventuale sentenza della Consulta, potrebbe annullare esclusivamente quell’ordinanza “incriminata” anche perchè in quell’udienza del marzo 2010 furono sentiti testi ininfluenti ai fini dell’esito processuale, cioè della condanna per frode fiscale a 4 anni (3 indultati) e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Ed è la Cassazione quello che preoccupa veramente il Cavaliere, quella che vorrebbe blandire o minacciare.
Nelle sue mani ci sarà  la decisione definitiva sul processo Mediaset, con il rischio di non potersi pù candidare, e quella sul lodo Mondadori.

Fabrizio d’Esposito e Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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“MOVIMENTO GENTE ONESTA”: CITTADINI CHE PARTONO DAL BASSO PER PUNTARE IN ALTO

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

INTERVISTA A GIUSEPPE PRETE, FONDATORE DEL NUOVO MOVIMENTO: “POLITICA E’ SERVIZIO, PASSIONE E LAVORO”….”RIDURRE L’IVA PER I PRODOTTI INTERAMENTE ITALIANI AIUTEREBBE ANCHE L’OCCUPAZIONE”… “LA CORRUZIONE E’ TRIPLICATA, TUTTI I PARTITI PROMETTONO L’IMPOSSIBILE E POI NON MANTENGONO”…”SI RITORNI ALLE PREFERENZE, BASTA COI NOMINATI”

E’ sempre più frequente in Italia l’aggregarsi di cittadini in associazioni, embrioni di liste civiche e piccoli ma ambiziosi movimenti.
Certo il bipolarismo e gli sbarramenti creati dai grandi partiti egemoni non favoriscono l’affermarsi di tale realtà , ma la loro capacità  di intercettare le istanze degli italiani più delle classiche strutture partitocratiche sta diventando oggetto di studi e di analisi politica.
Riteniamo giusto dedicare ad esse uno spazio per farsi conoscere al di là  degli steccati ideologici, essendo la loro politica molto pragmatica e fondata sul dare risposte concrete ai problemi degli italiani.
Quella che segue è l’intervista rilasciataci dal dott. Giuseppe Prete,   fondatore e presidente dei “Movimento Gente Onesta”, partito nato da pochi mesi, ma combattivo e presente sia sul web che sul territorio.
E non si può dire che il suo fondatore non rappresenti , al di là  del programma che emerge dalle sue risposte, uno stacco con la vecchia concezione della politica intesa come casta ristretta e autoreferenziale.
Presidente, il Movimento che lei presiede ha scelto un nome ambizioso, “gente onesta”: pensa sia ancora possibile in Italia conciliare politica e valori?
“Se non lo pensassi non avrei certo dato un nome così importante al Movimento. La politica e’ servizio, passione, lavoro. Purtroppo da molti anni essa e’ cambiata in peggio e parlare di “valori” è come parlare di ricordi, bei ricordi. Dall’avvento di Craxi in poi la politica ha perso la sua dignita’, soffre, e ha perso di vista il vero obiettivo: al bene comune sono stati anteposti gli interessi personali. La corruzione in Italia, dopo Tangentopoli, e’ cresciuta di oltre il 250%: facciamo un piccolo salto indietro, alle precedenti legislature, esaminiamo quanti deputati (e leader) collezionano reati, processi, arresti, inchieste, ecc….
Io non solo penso che politica e valori si debbano ritrovare, ma bisogna cambiare, svoltare. Noi ci proviamo. Il nome del Movimento? Non lascia spazio ad equivoci. Tutto vero!
Cosa l’ha indotta a creare pochi mesi fa l’ennesimo “movimento” in Italia? Non basta Grillo?
La mia idea di creare il Movimento risale a molti anni fa e prima di Grillo. Sono una persona che studia molto gli eventi e per non bruciare un progetto che non e’ di “passaggio” non intendo andare di fretta. Grillo? Per favore, non scherziamo.
Il programma di “Movimento Gente Onesta” propone diverse misure anti-casta, dalla riduzione dei parlamentari alle incompatibilità , dall’abolizione dei rimborsi elettorali al limite di due mandati: pensa che questo parlamento riuscirà  mai ad approvarle?
No, nè questo Parlamento, nè altri che verranno. Se Grillo avesse avuto le capacita’ e non si fosse confinato da solo all’opposizione, forse avrebbe potuto tentare di realizzare parte del suo programma, che in alcuni punti e’ come il nostro: ambizioso, raggiungibile.
Diciamocela tutta: se Grillo avesse avuto una visione strategica e non avesse avuto paura di andare al governo con il Pd, avrebbe potuto scalzare la destra filoberlusconiana e in seguito trattare ad armi pari con la Sinistra.
Ma ha prevalso la vecchia ‘nauseabonda’ politica: non avranno, interesse a ridursi lo stipendio, a dimezzare il numero dei Parlamentari, a rinunciare realmente ai rimborsi elettorali che per loro sono di “vitale” importanza. Ora fanno intendere agli italiani che daranno un taglio ai costi della politica, ma son tutte balle mediatiche. La verita’ e’ che i soldi piacciono e sono questi quasi sempre la causa di tutti i problemi. Quando si entra in Parlamento numerosi, occorre procedere nei primi 100 giorni di legislatura. Dopo diventa troppo tardi, cominciano a farti gli ‘sgambetti’. Certo non sara’ facile entrarci, non sara’ facile imporsi, ma bisogna provarci. Sta al cittadino scegliere se mantenere la peggiore politica o avere il coraggio di cambiare. Ci hanno provato con Grillo e già  sono rimasti delusi. Sta a noi riprendere la fiducia di milioni di cittadini onesti.
Quale sistema elettorale proponete? Siete favorevoli alle preferenze?
Il sistema elettorale che proponiamo? Quello con le preferenze e mantenere lo sbarramento alto. Troppi partiti, troppa confusione. Noi vogliamo che sia il cittadino a scegliere chi inviare in Parlamento e che ci sia piu’ presenza femminile.
Parliamo di giustizia: va riformata e come?
Questo e’ un tema molto delicato, io credo molto nella legge, e prima di riformarla vorrei semplificarla. Troppe leggi, troppi comma e sotto-leggi, determinano un caos giuridico dove i furbi riescono a farla franca, mentre i poveri disgraziati non possono usufruire dei “comma/bis”, tris, ecc..
Poi la Magistratura deve essere indipendente e chiudere i processi in breve tempo. Ma, una riforma la desidero ardentemente: i giudici non possono entrare in politica, e se lo fanno, una volta usciti non potranno piu’   riavere il posto di magistrato, semmai andranno agli uffici interni. Ma preferirei che un giudice non facesse politica, come che all’interno della Magistratura non ci fossero associazioni o correnti di pensiero. Sono imparziali e tali devono rimanere.
E sui conflitti di interessi come la pensate?
E’ uno dei punti principali del nostro programma. Qui rispondo brevemente: il conflitto di interessi in politica e’ la causa di tutti i mali, quindi chi ha conflitti non puo’ essere eleggibile. Neanche se facesse mille Trust.
Nello scacchiere politico diviso in centro- destra e sinistra dove vi collocate?
Noi non ci collochiamo da nessuna parte. Ci collochiamo come ‘indipendenti’ e al servizio del cittadino. Gli interessi del cittadino non sono nè di destra, nè di sinistra: i problemi vanno affrontati nel modo giusto. Punto. Una domanda provocatoria la faccio io: esiste ancora una destra e una sinistra?
Imu, patrimoniale o recupero somme sottratte dall’evasione, cosa sceglie?
Non mi piacciono le tasse, lasciamo stare l’IMU, ma è innegabile che abbiamo la percentuale di imposizione fiscale piu’ alta d’Europa. Se l’Italia continua a far debiti, non risolve il problema del mercato del lavoro e non aiuta le imprese. Piu’ aumenta il debito pubblico, piu’ tasse arriveranno. L’evasione? Questa   si combatte semplicemente con misure e normative ad hoc, ma occorre la volontà  politica di farlo.
Scuola pubblica o scuola privata?
Scuola pubblica di livello per tutti, scuola privata per chi se lo puo’ permettere. L’importante e’ parificare gli insegnanti con eguali punteggi e con criteri di reclutamento trasparenti
Che misure proponete per ridare una speranza di lavoro ai giovani?
Dovrei rispondere scegliendo la stessa strada dei nostri politici:? Promettere e poi non mantenere? No, grazie. Il mercato del lavoro si puo’ riaprire, ma bisogna intervenire immediatamente poiche’ la disoccupazione in Italia e’ in forte aumento, le nostre imprese chiudono, molte altre scappano all’estero. E se i nostri giovani fossro costretti ad abbandonare il nostro Paese, che futuro ci aspetta? Il Governo deve avere come obiettivo la riforma del   mercato del lavoro e della Previdenza, le due cose sono collegate: se non le fanno, avremo lavoratori che non andranno piu’ in pensione e giovani in eterna attesa di prendere il loro posto. La politica ha solo creato debito per pagare altro debito
Un’idea secca da attuare subito?
Un’Iva più bassa per merci interamente prodotte in Italia, un buon volano per l’occupazione
Siete un Movimento appena nato ma avete uno Statuto: è previsto che un domani i vostri militanti possano parlare con i giornalisti ?
I nostri militanti possono, anzi devono parlare con chiunque. Nel nostro Statuto non c’e’ nessun riferimento alla censura. Ognuno e’ libero di esprimere la sua idea e se puo’ portare valore aggiunto, ben venga. Non sono Grillo, sono Giuseppe Prete, un umile ‘manager di strada’ (come il testo del suo libro autobiografico… n.d.r.) che dalla strada ha imparato a vivere e a saper ascoltare. Basta vedere sui Social…i nostri attivisti hanno piena liberta’ e si muovono nel proprio territorio con assoluta autonomia e potere decisionale nel proprio ambito territoriale. Devono tutti pero’, io per primo, rispettare lo Statuto e le linee programmatiche. Tutto qua.
A quando la prima lista del Movimento gente onesta?
Quando saremo pronti. Non amo bruciare un progetto che mi e’ costato anni di duro lavoro, di ricerca, e che punta a crescere per rimanere soggetto politico nel tempo. Noi abbiamo scelto di autofinanziarci con il solo tesseramento, con una quota minima di 5 euro e massima di 200, un suicidio praticamente. Fare una campagna elettorale costa, occorre avere basi economiche certe, molti chiedono soldi a chi li ha per poi restituirli in favori. Noi no, quando saremo pronti presenteremo le liste: ovvio che siamo nati per esserci, per presentarci, non per chiaccherare sui Social o al bar di politica…degli altri. Su questo stiamo lavorando. Abbiamo un direttivo…noi.

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PIANO BERLUSCONI PER LE ELEZIONI: SPUNTA IL PARTITO FARFALLA

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

“IL PDL DOVRA’ ADEGUARSI AL PREDELLINO BIS”…PROGETTO VERDINI: COORDINATORI “A BUDGET”, CONFERMATI SOLO SE RACCOLGONO FONDI

È il piano B del Cavaliere per tornare al voto a ottobre.
I segnali si moltiplicano di giorno in giorno, non c’è altro tempo da perdere, le motivazioni Unipol si sommano a tutto il resto.
“Ormai è un cerchio che si stringe e il Pdl deve adeguarsi alla svolta, a quel che ci attende” dice un Silvio Berlusconi assai cupo al cospetto di falchi e colombe tornate a sedere allo stesso tavolo.
Il suo: primo vertice notturno a Palazzo Grazioli dopo dieci giorni di blackout del capo, rientrato solo ieri a Roma.
Trascorre il pomeriggio a registrare spot e interviste alle tv locali per sostenere Alemanno al ballottaggio.
Ma la testa dell’ex premier corre altrove. Al giudizio del prossimo 19 giugno alla Consulta sul legittimo impedimento nel processo Mediaset, alla sentenza Ruby del 24. “È evidente che la tregua non sta reggendo” ripete ai suoi interlocutori.
Al vertice ci sono il coordinatore Verdini, il segretario Alfano, i capogruppo Brunetta e Schifani, compare Gasparri.
Ma non Sandro Bondi, a sorpresa, benchè invitato e in odor di rientro nei panni di coordinatore (dismessi un anno fa). “Non vado per evitare che la mia presenza venga strumentalizzata” fa sapere il dirigente che Alfano e altri “governativi” rivorrebbero ai vertici per compensare lo strapotere di Verdini in via dell’Umiltà .
Anche di queste frizioni interne il Cavaliere si cura poco o nulla.
“Avete letto le motivazioni Unipol? Io, l’uomo più intercettato d’Italia, divento l’unico condannato per la pubblicazione di intercettazioni” è il solo sfogo che si concede sulla vicenda.
Per il resto, lascia che per tutto il giorno siano i parlamentari Pdl a menare fendenti con toni sempre più pesanti.
Per Berlusconi, “è l’ennesima prova dell’accanimento per eliminarmi dalla scena politica”. E siccome i vertici istituzionali dai quali si attenderebbe un segnale, Quirinale in testa, tacciono, ecco che il Cavaliere non fa più mistero di prendere in considerazione l’ipotesi di un ritorno alle urne entro l’anno, in autunno.
Gli consentirebbe, spiega, di affrontare la sentenza di Cassazione e l’eventuale interdizione dai pubblici uffici da presidente del Consiglio.
E, a quel punto, innescare un conflitto di attribuzioni. Scenario da Armageddon, scontro aperto tra poteri dello Stato.
Scenario da brividi, visto dal Colle. Tant’è che il leader Pdl a tutti spiega come l’unico ostacolo al suo “Piano B” sia proprio in cima al Quirinale, convinto com’è che difficilmente Napolitano scioglierebbe le Camere anche in caso di crisi del governo Letta.
“L’esecutivo per ora va avanti, ma fatevi sentire su Iva, Imu e quant’altro” dice in serata al vicepremier Alfano. Ma tutto resta più che mai sospeso.
Tant’è che nella testa di Berlusconi – e nella macchina organizzativa che fa capo a Verdini – si lavora già  a un nuovo partito, leggero, movimentista.
È stato proprio Denis Verdini a illustrare ai commensali in serata il progetto del quale lui, la Santanchè e Capezzone hanno parlato nel week end in Sardegna col leader.
È il modello di partito “a farfalla”, che riapre le ali giusto alla vigilia del voto.
Ma la vera novità , che ha lasciato di stucco a Palazzo Grazioli e fuori, è la creazione dei “coordinatori regionali a budget”.
Partiti senza più finanziamenti pubblici e allora – è il piano Verdini che piace al capo – ecco che i responsabili regionali d’ora in poi avranno una missione: racimolare un tot di finanziamenti privati.
E saranno riconfermati al loro posto solo se il budget sarà  centrato.
Segretari-lobbisti, quasi. Una svolta senza precedenti per un partito italiano.
Per il resto, partito leggero che punterà  molto sul web per le campagne e dirigenti locali e nazionali ridotti al minimo (come sedi e dipendenti, del resto).
Il Pdl è schierato a testuggine in difesa del presidente.
Daniela Santanchè ieri sera a Otto e mezzo è arrivata a ipotizzare lo “sciopero delle tasse degli otto milioni che hanno votato per Silvio” come possibile reazione alle condanne.
Ma ormai anche una moderata come la Gelmini va dichiarando che “la responsabilità  ha un limite”.

Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica”)

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ROBERTO FICO, IL FIGLIOCCIO PREDILETTO DI GRILLO, HA AUTOCERTIFICATO IL FALSO PER CANDIDARSI IN CAMPANIA

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

SECONDO IL REGOLAMENTO 5 STELLE, IN DATA 4-12-2012 FICO AVREBBE DOVUTO ESSERE RESIDENTE IN CAMPANIA PER POTERSI CANDIDARE NELLA STESSA REGIONE… MA ERA RESIDENTE A LATINA E HA SPOSTATO LA RESIDENZA SOLO IL 26-12-2012 DOPO CHE ERA STATO SOLLEVATO IL CASO DAI SUOI COLLEGHI CINQUESTELLE

Fico non avrebbe potuto candidarsi in Campania, ma al figlioccio prediletto di Grillo è permesso violare quegli stessi regolamenti che quando vengono “violati” da altri vengono cacciati a calci nel culo, vedi Tavolazzi, Favia, la Salsi, Mastrangeli, Venturino etc.
Roberto Fico dice al programma di Lucia Annunziata: “5 Stelle ha delle regole, ad esempio per candidarsi bisogna essere residenti nel luogo dove ci si candida”.
Ebbene, Roberto Fico per candidarsi alle elezioni in quella circoscrizione ha presentato al Movimento 5 Stelle un’autocertificazione di residenza.
Le regole di candidatura di 5 Stelle sono chiare, per potersi candidare in Campania doveva essere residente li in data 04/11/2012.
Fico ha spostato la sua residenza in Campania in data 26/11/2012 dopo che persone del Meet Up l’avevano scoperto.
Il 04/11/2012 ha quindi autocertificato il falso.
Tutto questo non è stato dimostrato chissà  da quale complottisto del Piddìmenoelle ma da gli stessi grillini sull Meet Up di Grillo.
Ecco cosa c’è scritto sul forum ufficiale di 5 Stelle:

“Flaggando le 4 caselle e cliccando su “Confermo di volermi presentare al Parlamento”, proprio nel preciso istante del click, hai dichiarato (con valore legale) che in quel momento specifico possedevi i requisiti richiesti per la candidatura (tra i quali la residenza nella Circoscrizione Campania 1).
Non hai assolutamente autocertificato di essere residente dov’eri residente all’epoca delle passate elezioni amministrative, requisito questo assolutamente non richiesto.
Infatti se Marco avesse voluto candidarsi nella Circoscrizione Marche, se come ho capito è attualmente lì residente, nessuno avrebbe potuto impedirglielo, candidandosi semplicemente (così come previsto dalle regole) nella Circoscrizione in cui risiede.
La regola ripeto non prevede l’obbligo di essere residente nella stessa Circoscrizione dove si era residente al tempo delle passate amministrative, ma quella di essere ora residente nella stessa Circoscrizione in cui ora ci si candida.
Se invece non eri in quel momento residente nella Circoscrizione Campania 1 caro Roberto, hai dichiarato il falso.
Poichè risulta dal certificato di residenza Storico che hai cambiato residenza dopo che ti è stata fatto notare l’anomalia ovvero il giorno 23/11/2012 guarda caso il giorno 26/11/2012 risulti immigrato da san Felice Circeo a Posillipo Napoli.
Questo modo di fare non credo sia da MoVimentista ma credimi avresti fatto più bella figura a dire la verità  e rimetterti alla Caselaggio, come ha fatto Marco Savarese e devo dire la verità  tanto di cappello, ha avuto il coraggio di dirlo pubblicamente.”

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato una lettera ricevuta alla nostra redazione :

Ciao Gaetano,
a Napoli purtroppo il M5S locale riproduce microscopicamente quello Nazionale.
Ti spiego in breve: una delle tassative regole interne di candidatura per queste “parlamentarie” appena concluse, prevede che i candidabili siano residenti nella stessa Circoscrizione elettorale in cui ci si candida. Condivisibile o meno è una regola e, moralmente ed eticamente, va rispettata da chiunque intenda proporsi per un incarico così importante come quello di Deputato del Parlamento Italiano in un momento, come questo, di enorme degrado etico/morale e di assoluta assenza di ogni valore sano nel nostro Paese.
Per autocertificare di possedere questo e gli altri requisiti richiesti per potersi candidare, obbligatoriamente entro il 04/11/2012 ogni candidato ha compilato un form di autocertificazione visualizzato nel proprio profilo sul Blog di Grillo.
Bene, anzi male, perchè a Napoli è successo che il candidato Roberto Fico, poi risultato il più votato della Circoscrizione Campania 1, il volto storico del M5S nonchè “figlioccio” preferito di Grillo, ha autocertificato il falso, essendo nel momento dell’autocertificazione residente nel Lazio e violando così sia la regola interna di candidatura che commettendo un vero e proprio reato di falsa autocertificazione, perseguibile per vie legali.
La storia è venuta a galla quando sul Meetup Napoli un anonimo ha postato la copia del certificato di residenza storico di Fico da cui si evince che, avendo il Fico sentito puzza di bruciato, ha effettuato il cambio di residenza dal Lazio a Napoli ben 3 settimane dopo l’autocertificazione, cioè il giorno 26/11/2012.
Ritengo che prima che un personaggio del genere sieda in Parlamento dove gli avversari politici distruggendo e delegittimando facilmente lui su questo argomento demolirebbero anche il lavoro di centinaia di seri attivisti che da anni operano sul territorio, sia cosa sì dolorosa ma anche saggia denunziare l’accaduto ai mezzi di informazione.
E’ una medicina al momento amara ma che spero servirà  a salvare la vita al maliticcio M5S.
Grazie per l’attenzione.
Qui trovate i cambi di residenti fatti ad hoc per la candidatura :
link Meetup Napoli:
http://www.meetup.com/Gli-amici-di-Beppe-Grillo-di-Napoli/messages/boards/thread/28931522/200#89253802
link Meetup Salerno:
http://www.meetup.com/amicidibeppegrillosalerno/messages/boards/thread/29317982

Parliamo da tempo dei problemi del Movimento 5 stelle , si replicano gli stessi meccanismi dei tradizionali Partiti .
Amicizia, parantela funzionano molto più dell’onesta.
Molte le persone vittime da questo meccanismo,spesso i grillini trovano risposta nel complotto .
La maggior parte degli attacchi al Movimento 5 stelle arriva dai grillini stessi non da altri Leader Politici .
Abbiamo già  dichiarato chi sono i favoriti di Beppe Grillo , Roberto Fico del gruppo di Napoli sarà  candidato al Parlamento sicuramente , Fico è stato candidato a tutto, purtroppo non hai mai vinto nulla per ora .
Noi stessi siamo stati messi alla porta per gli stessi motivi , amici di amici che parlano con il “padrone Grillo” e lui ti sbatte fuori .
Beppe Grillo come per magia dirà  che non sa nulla , dirà  che è l’ennesimo complotto di qualche alieno, con una battuta chiuderà  la questione.
Non vi arrendete ,basta con questi “nuovi politici” vestiti da comici , fate girare l’informazione, forza ragazzi , siamo in tanti, riuniti Beppe Grillo non può nulla ,non fatevi confondere per l’ennesima volta da una battua facile o dal complotto immediato .

Gaetano Vilnò
(da “Movimento Revolution”)

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ITALIANI PIU’ POVERI, MENO WELFARE: 3.315.000 PRECARI, PAGA MEDIA 836 EURO

Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile

CASSA INTEGRAZIONE DECUPLICATA IN 5 ANNI, IL 25% DELLA POPOLAZIONE A RISCHIO ESCLUSIONE, MA IL FONDO POLITICHE SOCIALI E’ AZZERATO: MENO 90% IN TRE ANNI

L’Italia? E’ un Paese ferito in profondità .
E’ questa l’impietosa analisi del report “Il mondo al tempo dell’austerity — rapporto sui diritti globali 2013″, curato dall’Associazione Società  Informazione Onlus e dalla Cgil in collaborazione con diverse organizzazioni del Terzo settore.
Calano i consumi, le famiglie non riescono più a far fronte ai costi delle cure del medico e degli esami, non ce la fanno a pagare le bollette e il riscaldamento di casa. Cresce la povertà , mentre il rischio di esclusione riguarda ormai un quarto della popolazione.
Tra il 2012 e i primi tre mesi del 2013, 121 persone si sono tolte la vita per cause direttamente legate al peggioramento delle loro condizioni economiche.
Tale situazione è la conseguenza della crisi della finanza mondiale. Ma non solo. Perchè dove i governi hanno cercato di metterci una pezza all’insegna dell’austerity hanno fallito e hanno finito per aggravare la situazione.
Secondo il rapporto questo è successo nell’Unione Europea, come in Italia, dove i tagli del governo Berlusconi prima e del governo Monti poi hanno avuto una vittima sacrificale: il welfare.
Mentre la situazione economica non ha visto alcuna conseguenza positiva: oggi un terzo dei giovani non ha lavoro, sono in atto oltre 160 crisi industriali, tra cui quelle di Ilva e Fiat, il potere d’acquisto è tornato ai valori di dieci anni fa e oltre cinquanta comuni di media grandezza si trovano sull’orlo del dissesto finanziario.
Intanto la variazione del Pil (diminuito nel 2012 del 2,4%), secondo le previsioni manterrà  il segno negativo anche nel 2013.
Il lungo declino italiano
Secondo il rapporto le radici del declino italiano risalgono a prima della crisi globale, che sei anni fa si è inserita in un contesto il cui modello produttivo è da sempre caratterizzato da limiti e carenze.
Il report individua almeno tre fattori che hanno contribuito a rendere la situazione economica più grave.
Innanzitutto la struttura produttiva italiana è centrata su settori tradizionali come alimentare e tessile, anzichè su quelli avanzati.
Le dimensioni delle imprese, troppo piccole, non favoriscono la creazione di economie di scala e l’ingresso in settori avanzati: solo 1.400 aziende in Italia hanno più di 250 addetti (in Germania sono 1.400). In terzo luogo, in Italia coesistono alti profitti e bassi investimenti, soprattutto in ricerca e sviluppo (1,26% del Pil contro una media Ue a 27 dell’1,9%, dato riferito al 2009).
La ripercussione sul mercato del lavoro e la piaga del precariato
A fare le spese della situazione italiana è soprattutto il mercato del lavoro, in un orizzonte di precarietà  e incertezza che la recente riforma Fornero non ha per nulla contribuito a correggere.
Il tasso di occupazione, che misura il numero di lavoratori occupati sul totale della popolazione fra i 15 e i 64 anni, è uno dei più bassi d’Europa (56,9% nel terzo trimestre 2012), di poco superiore alla Spagna (55,6%) e ben al di sotto di Germania (73,2%) e Francia (64,4%).
Altrettanto critici, peraltro, sono i dati sulla disoccupazione, il cui tasso, a dicembre 2012, si è attestato all’11,2%, con un aumento dell’1,8% in un anno: in valori assoluti si tratta di 2 milioni 875 mila persone, 474 mila in più rispetto a dicembre 2011.
A pagare il conto della crisi sono soprattutto i giovani (tasso di disoccupazione del 35,5% nel 2012) e le donne (tasso di occupazione del 47,1%, contro il 66,1% degli uomini).
Come se non bastasse, la cassaintegrazione lo scorso anno ha sfondato nuovamente — dopo il picco del 2010 — il tetto del miliardo di ore, passando da 183,7 milioni di ore nel 2007 (alla vigilia della crisi) a 227,7 milioni nel 2008, 913,6 milioni nel 2009, 1.197,8 milioni nel 2010, 973,2 milioni nel 2011 e, infine, 1.090,7 milioni nel 2012.
La piaga rimane poi il precariato.
In numero assoluto i precari italiani sono 3.315.580 unità : lo stipendio è mediamente di 836 euro netti al mese (927 euro mensili per i maschi e 759 euro per le donne). Solo il 15% di loro è laureato, il che smentisce un luogo comune che identifica il precario in un giovane con un elevato livello di studio.
I tagli al welfare e la macelleria sociale
Secondo il rapporto, le politiche di austerity imposte a livello europeo hanno innescato un dispositivo recessivo che ha una vittima sacrificale per eccellenza, il welfare.
“È così nell’Unione — si legge nel report — ed è così in Italia, dove emblema di questo passaggio, insieme alla falcidia dei Fondi sociali e alla lenta, ma costante privatizzazione della sanità , è il passaggio del fiscal compact in Costituzione: la legge fondamentale della Repubblica relegata a ragioneria. Che costerà  45 miliardi di debito pubblico da far rientrare all’anno per 20 anni. Dunque, si sancisce un taglio di 45 miliardi di debito pubblico all’anno per 20 anni, un’ipoteca che peserà  su qualsiasi governo futuro di qualsiasi colore”.
I tagli compiuti dai governi Berlusconi e Monti hanno portato a una vera e propria “macelleria sociale”, sostiene il report.
Il Fondo nazionale per le politiche sociali, per esempio, ha perso in un triennio il 90% delle risorse, passando dallo stanziamento di 435 milioni di euro nel 2010 a quello di soli 43 milioni nel 2012.
Nel complesso, i finanziamenti per tutti i fondi dell’area sociale (oltre al Fnps, si tratta dei fondi infanzia, immigrazione, famiglia, non autosufficienza) sono stati ridotti nel 2011 rispetto al 2010 del 30% e di un ulteriore 20% nel 2012 rispetto al 2011, e da 2,5 miliardi di euro complessivi nel 2008 sono precipitati a 230 milioni nel 2012.
Colpiti i fondi per il settore sociale e colpita la sanità  pubblica.
“I tagli al Servizio sanitario nazionale — si legge — continuano all’insegna della spending review, e intanto sale la percentuale di denaro che gli italiani devono sborsare dalle proprie tasche: nel 2011 raggiunge i 2,8 miliardi, l’1,76% del Pil e il 17,8% di tutta la spesa sanitaria, l’84,6% degli italiani ha pagato per la salute in media 1.156 euro in un anno, e si capisce come mai aumentino coloro che rinunciano alle cure e ai farmaci a causa del loro costo”.
L’emergenza casa
Tra i fattori che più danno la percezione dell’aumento della povertà  degli italiani, c’è la casa: “Un diritto negato — sostiene il report — Ne fanno le spese homeless di lunga data, nuovi poveri, famiglie sotto sfratto, lavoratori poveri. Con tante sfaccettature, la casa è una emergenza nazionale”.
In forte aumento è il numero delle persone che subiscono uno sfratto: “Si può capire come un Paese che investe in diritto alla casa lo 0,1% della spesa sociale (media dell’Ue a 27 del 2%) e abbia tagliato in 10 anni del 95% il fondo che sostiene l’affitto (passato da 360 milioni di euro a 9,8 milioni) non sia in grado di garantire alcunchè anche a persone che lavorano e hanno un reddito ma non ce la fanno”.
Così dei 290mila sfratti emessi negli ultimi cinque anni, ben 240mila sono per morosità , con la previsione di un incremento di 150mila nel prossimo triennio.
Per il 21% gli sfrattati sono giovani precari under 35, che nell’ultimo biennio non hanno lavorato, per il 26% sono famiglie numerose migranti a reddito basso e per il 38% anziani, per lo più che vivono da soli.
Ma anche chi la casa ce l’ha, deve affrontare diverse difficoltà .
Secondo l’Istat, infatti, le famiglie in condizioni di disagio abitativo in Italia sono molto numerose: il 52,7% considera le spese per l’abitazione un carico eccessivo, il 20,3% vive in abitazioni degradate o danneggiate, l’11,5% non può riscaldare la casa in modo sufficiente e l’11% si è trovata almeno una volta in ritardo sul pagamento di affitto o mutuo, e l’8,9% delle bollette.

Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano“)

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