Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
IL GOVERNO TOGLIE ALLA RAI 170 MILIONI DAL CANONE PER FINANZIARE LA MARCHETTA DI 80 EURO CHE SERVE A RENZI PER SALVARE LA FACCIA
Cottarelli scrive a Gubitosi e gli annuncia un prelievo di 170 milioni (il 10 per cento del gettito dell’imposta sulla tv) per coprire gli aumenti in busta paga dei lavoratori meno abbienti.
Un’altra mazzata per Viale Mazzini sul bilancio 2014 che già prevedeva tagli e i 100 milioni per i diritti sportivi.
Da un paio di giorni, una lettera spedita da Palazzo Chigi fa tremare le scrivanie di Viale Mazzini. Il governo chiede ai vertici Rai di contribuire al taglio di spesa pubblica con 170 milioni di euro che verranno succhiati dal canone di abbonamento 2014.
Il meccanismo è semplice: il Tesoro trattiene circa il 10 per cento di oltre 1,7 miliardi di euro anni, la tassa che gli italiani pagano e in tanti evadono.
Occorrono risorse per mantenere le promesse di Matteo Renzi, risorse che il ministro Pier Carlo Padoan deve garantire.
I 170 milioni di euro trasformano in un buco nero il bilancio 2014, che già sarà appesantito dai diritti televisivi sportivi (Mondiali di calcio, soprattutto), 100 milioni abbondanti di costi.
Il direttore generale Luigi Gubitosi, neanche una settimana fa, aveva illustrato i risultati 2013: dopo un passivo di 245 milioni, viale Mazzini è tornata in utile di 5,3, uno spiraglio , un sintomo di guarigione, nulla di più.
Adesso la richiesta di Palazzo Chigi — che si presume ispirata anche dal signor spending review Carlo Cottarelli — non crea soltanto panico, ma costringe viale Mazzini a una lotta per la sopravvivenza.
Il debito consolidato Rai, ristrutturato da Gubitosi con le banche creditrici, s’è fermato a 441 milioni di euro, ma sarà destinato a crescere ancora dopo un bilancio 2014 con 300 milioni di perdite.
Più che un risparmio fra gli sprechi di viale Mazzini, l’obolo che pretende il governo spingerebbe le finanze Rai al collasso.
La questione non è affrontata in questa recente missiva, ma il governo vuole che l’azienda riduca anche gli stipendi di dirigenti e giornalisti che non rispettano il tetto di 238.000 euro (la retribuzione di Giorgio Napolitano), fissato per le società compartecipate (incluse le presidenze delle quotate): scelta legittima e necessaria dopo lunghe stagioni senza regole.
E saranno ridotte anche le buste paghe di capiredattori e funzionari ben lontani dai 238.000 euro
I ricavi di viale Mazzini si reggono sul canone di abbonamento, che ha apportato 1,756 miliardi su 2,748 nel 2013: la pubblicità è bloccata sotto i 700 milioni (ha perso il 30 per cento in un biennio) e gli introiti commerciali non superano i 300 milioni.
Non è la prima volta che si prefigura uno scontro tra viale Mazzini e palazzo Chigi.
Già lo scorso novembre, il Consiglio d’amministrazione aveva criticato l’allora ministro Flavio Zanonato per il mancato adeguamento del canone all’inflazione, un palliativo per assorbire un pezzo di evasione (mai realmente contrastata e calcolata in 500 milioni di euro).
Poi venne il momento di Cottarelli, che paventò la chiusura di qualche sede regionale, appena rimpolpate da decine di giornalisti che hanno partecipato a un concorso interno e che restano un simulacro del servizio pubblico.
Era sono un avviso.
Ma la lettera spaventa davvero.
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
SUL SENATO REGGE L’ACCORDO CON FORZA ITALIA….IL PD FARà€ BATTAGLIA SUGLI EMENDAMENTI
“La Commissione Affari Costituzionali del Senato esaminerà l’Italicum, quando avremo finito
l’esame delle riforme costituzionali”. Anna Finocchiaro ufficializza quello che Renzi e Berlusconi hanno deciso nell’incontro di lunedì sera.
Che poi nella convinzione di molti senatori del Pd (anche renziani) si traduce nel fatto che l’Italicum è morto.
Affermazione che tornava ieri durante la riunione del gruppo democrat a Palazzo Madama. Perchè poi dopo le europee se FI crolla come dicono i sondaggi perchè B. dovrebbe votare una legge che lo penalizza?
“Se non facciamo questo sistema elettorale, ha tutto da perdere. A quel punto passiamo ai collegi uninominali , che lui non ha mai voluto”, ragiona un renziano doc alla Camera, sostenendo che “se il Pd stravince alle europee non c’è nessuna ragione di fare una legge diversa da quella”.
Renzi, insomma, proverà ad andare avanti sull’Italicum, ma oggettivamente nessuno può dire cosa succederà dopo le europee.
Peraltro, le previsioni (scritte anche nel Def) sono che slitti a settembre.
Nei colloqui tra il premier e Napolitano è stata registrata anche la sua disponibilità a fare modifiche. Intanto, quello che Renzi vuole e deve fare a tutti i costi è arrivare al 25 maggio con una approvazione in prima lettura della riforma del Senato.
Obiettivo di per sè non facile, visti i tempi strettissimi e i numeri risicatissimi. Chiti non ha ritirato il suo ddl, ma si è detto positivo rispetto al testo del governo.
“Il problema della revisione del Senato pensata dal governo sta nel fatto che si poggia sull’Italicum, che assegna troppi poteri a chi vince le elezioni e per giunta in una sola Camera”. Accantonato l’Italicum, la strada del Senato è più semplice.
Solo 11 senatori hanno votato contro la decisione di assegnare alla Finocchiaro il mandato di stendere emendamenti condivisi, partendo dal testo del governo.
Lo dice bene Francesco Russo, lettiano: “Finocchiaro lavorerà ad un testo di sintesi per un Senato di garanzia”. Sarà comunque battaglia sugli emendamenti. Per la questione dell’elettività , si ragiona su una sorta di listino per il Senato di accompagnamento alle liste per l’elezione dei consiglieri regionali.
Poi, dovrebbero entrare le modifiche chieste da B.: via i 21 senatori nominati dal Colle e equilibrio nella rappresentanza delle varie Regioni. Rimane il fatto che sul Titolo V le idee del governo sembrano confuse. Ma da parte del Pd almeno (al netto dei civatiani) la volontà politica di andare avanti c’è. E FI ha registrato il patto ritirando gli interventi di 50 senatori.
Intanto , domani arriva sia a Palazzo Madama che a Montecitorio il Def. In questa occasione alcuni “renziani adulti” (definizione di un deputato lombardo) hanno deciso di presentare un documento, scritto da Matteo Richetti, uno dei volti di punta del renzismo della primissima ora. E promosso, tra gli altri, dal sottosegretario alla Funzione Pubblica, Angelo Rughetti.
Con l’assenso di Delrio, che è non solo il braccio destro di Renzi, ma anche uno dei pochi che può mettere in discussione le idee del premier.
Il documento parte da un assunto di fondo molto forte in sostegno dell’esecutivo (“si fa portatore di un intervento ad alto valore re-distributivo”, “prescrive che ciascuno contribuisce alla vita delle comunità in ragione delle risorse e del patrimonio di cui dispone”) e ribadisce con forza la centralità del Parlamento.
Non a caso in 24 ore ha raggiunto oltre 100 firme. Se fosse una corrente, sarebbe la più numerosa del Pd, viste le divisioni nella minoranza. Ci sono molti renziani doc, da Ernesto Carbone a Davide Faraone, da Ermini a Cociancich. Ma anche molti di altre correnti (anche la super bersaniana Valeria Fedeli, per dire) o restati di fatto senza una vera corrente di appartenenza.
Per molti in questi primi mesi il lavoro parlamentare si è ridotto solo a spingere bottoni per far passare leggi decise da altri. Una condizione vissuta sempre più come intollerabile. Insomma, l’obiettivo — sia pure nel nome di Matteo Renzi — è tornare a fare politica.
Partendo anche dal fatto che il cammino parlamentare del governo non è stato facile, anche visto il fatto che i gruppi non li ha scelti lui.
Spiegava Richetti, presentando il documento ai colleghi: “Su certi temi non si può lasciar parlare solo Fassina”.
D’altra parte l’ha ribadito pure D’Alema: “Sulle riforme Renzi ha dato l’impulso, ma è il Parlamento che decide. E non ci sono nè lui, nè Berlusconi”.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
ORA VUOLE GIOCARSI LA PARTITA DELLE EUROPEE: L’AGIBILITà€ C’È… RISPUNTANO I NOMI DI SAMORI’ E MASTELLA
L’ex Cavaliere è nero a metà . Incazzato e umiliato con sollievo.
È l’ultimo ossimoro del berlusconismo. Palazzo Grazioli, mezzogiorno e mezzo di fuoco.
A caldo, la reazione del Condannato è di furente rassegnazione. Di fronte alla decisione e alle motivazioni dei magistrati di sorveglianza di Milano, scuote la testa, stringe gli occhi e ripete la sua nenia ossessiva: “Sono innocente, mi umiliano mandandomi a rieducare in un centro anziani. Ma di cosa devo rieducarmi io, che ho ricevuto la migliore educazione possibile da mia madre? Guardate qui, scrivono che sono socialmente pericoloso ma recuperabile. Non è possibile. Limitano la mia libertà con orari e giorni prestabiliti. Per spostarmi dovrò chiedere il permesso a quelli lì, non è giusto”.
La costrizione del silenzio, poi, comprime l’amarezza e aumenta la sensazione del contrappasso. Il Condannato, stavolta, non può sparare pubblicamente sui “giudici comunisti”.
I minuti passano e l’elaborazione del “male minore” porta al centro delle riflessioni il lato pratico della questione. Quello che causa il sospirone di sollievo nella corte di B. e in tutta Forza Italia. L’ex Cavaliere ha la cosiddetta “agibilità politica”. Potrà fare la campagna elettorale per le Europee e tentare di vincere la sua ultima scommessa mortale: “Con me in campo, Forza Italia arriverà al 30 per cento”.
Oggi i sondaggi oscillano dal venti per cento in giù. B. promette a se stesso e a chi lo circonda che garantirà quel dieci per cento in grado di riallinearlo a Grillo e Renzi, vincitori annunciati. Un’impresa disperata, quasi impossibile, ma guai a dare per morto il Caimano azzoppato e affidato ai servizi sociali. Anzi.
Ogni occassione sarà sfruttata per la campagna elettorale. Tra i fedelissimi c’è già chi studia “come capitalizzare mediatica-mente” le incursioni settimanali di B. al centro di Cesano Boscone.
L’ex Cavaliere sarà sempre in tv, con l’unica limitazione del contatto con gli altri pregiudicati, siano essi giornalisti o politici.
L’incubo della museruola da domiciliari, adesso, è definitivamente svanito. Fino a ieri, tutta l’agenda di Berlusconi era sospesa in attesa del tribunale di sorveglianza. Non solo.
B. deve fare i conti con le macerie azzurre tra abbandoni, epurazioni, sospetti, tradimenti.
Un partito distrutto, da ricostruire. Tutto questo potrebbe caricarlo, trasfigurandolo ancora una volta nel solito animale da campagna elettorale.
Ecco perchè il sollievo si mescola con la rabbia e l’umiliazione e i legali parlano di “decisione equilibrata”.
L’unico autorizzato a portare la voce del Capo, Giovanni Toti, riassume così l’umore contrastante di Palazzo Grazioli, residenza romana del Condannato : “La sentenza continuiamo a considerarla ingiusta ma l’applicazione della sentenza da parte del tribunale di Milano ci sembra ragionevole perchè consente a Berlusconi di rappresentare i moderati di questo Paese in campagna elettorale”.
Per questo anche chi è stato ieri a Palazzo Grazioli lo descrive “arrabbiato” per la sentenza ma “galvanizzato” e “carico” per la campagna elettorale. La prova del nove sarà domani alle sedici quando B. comparirà in una conferenza stampa nella sede nazionale di FI a Roma per la presentazione delle liste. Il dossier si chiuderà stanotte.
Toti sarà nel nord-ovest con la Ronzulli e la Comi.
Al sud il suo rivale Fitto tenterà di superarlo in preferenze e dimostrare così chi è più forte dentro Forza Italia. Per la serie a volte ritornano, rispuntano i nomi di Gianpiero Samorì, il banchiere amico di Marcello Dell’Utri, e di Clemente Mastella.
Sopravviveranno alla notte oppure saranno cancellati all’ultimo momento utile?
Nonostante l’ottimismo sul breve periodo, le limitazioni di Berlusconi in campagna elettorale non riguarderanno solo la libertà personale. Detto dei magistrati, dovrà anche contenersi su Renzi, cui deve la resurrezione politica con il patto sulle riforme rinnovato l’altra sera a Palazzo Chigi. Per molti versi, sarà una campagna unica e inedita.
Tra Cesano Boscone e il resto d’Italia, con il permesso dei giudici.
Fabrizio d’Esposito
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
“SAPETE COSA SIGNIFICA CREARE SERENITà€ IN QUESTO AMBIENTE? AL MASSIMO POTRà€ IMBOCCARE QUALCUNO”
“Del resto abbiamo sempre nascosto chi fuggiva, poi dieci mesi passano in fretta, no?”. Cesare
Kaneklin riflette a voce alta, afflitto da una domanda: “Perchè è capitato proprio a noi?”.
Il vicepresidente della Fondazione Sacra Famiglia passeggia verso la chiesa, tra i due edifici che affacciano sulla piazza principale della struttura creata a Cesano Boscone nel giugno 1896 da don Domenico Pogliani.
“Perchè a noi? Sarà la sorte, chissà ”. In realtà è stato il Tribunale di sorveglianza di Milano a mandare qui il pregiudicato Berlusconi per svolgere assistenza agli anziani disabili.
“Da noi hanno trovato rifugio anche i sacerdoti che scappavano da guerre e campi di concentramento”, ricorda Kaneklin, oggi tocca accogliere un ex premier pregiudicato. “Siamo un’ottima struttura, gestiremo anche questo”, lo rassicura Paolo Pigni, il direttore generale.
“Per appena quattro ore la settimana, vedrai che non ci sarà nessun problema”.
Per raggiungere Cesano, distante da Arcore 36 chilometri di tangenziali o 40 di semafori cittadini, il fu Cavaliere deve passare davanti al Pio Albergo Trivulzio e alla casa di Massimo Tartaglia, l’uomo che nel dicembre 2009 gli scagliò una statuetta del Duomo in faccia e che in questo Paese è nato e vive.
Alla Sacra Famiglia, prima di Berlusconi, arriva la notizia della sua sorte, ieri insieme allo sciame di giornalisti e telecamere. “Siamo aperti a chiunque voglia vivere con noi un’esperienza di educazione alla carità ”, la accoglie Pigni.
Ma solo “nelle prossime settimane, sulla base degli atti ufficiali e delle conferme che riceveremo sul caso, si potranno definire eventuali percorsi”.
Poi si allontana, con Kaneklin e il direttore amministrativo Fabio Latico. Scuotono la testa. Preoccupati. Di cosa lo spiega poi Kaneklin con un laconico Berlusconi “è un problema anche pratico non indifferente, in tutto abbiamo mille ospiti, 600 assistenti sociali, una struttura enorme”.
Berlusconi cosa potrà fare? “Tutto e niente ed è questo il problema: dovremo affiancargli qualcuno e affidargli compiti quasi inutili per i quali non sia richiesta alcuna abilitazione professionale. Ma s’è guardato attorno? Sa cosa significa creare serenità in questo ambiente?”.
La piazza centrale è deserta. Gli ospiti sono stati allontanati per proteggerli dalle telecamere. “Li avete agitati”, redarguisce Rosa Ruggeri, responsabile del reparto San Luigi. “Tutti i politici dovrebbero venire qui per vedere cosa è la realtà ”.
Verrà Berlusconi. “A fare cosa?”, aggiunge infastidita da quella che vive come una sorta di intrusione superficiale. “Qui al San Luigi non può fare niente, sarebbe inutile come lo è stato per il Paese; verrebbe a dar fastidio ma io l’aspetto per mostrargli quali sono le piaghe di chi soffre”.
Ed è indubbio che le simpatie politiche e umane in un angolo di terra che ha per compito l’alleviare il dolore e nasconderlo agli occhi del mondo, si amplificano.
Anche il diplomatico Pigni si lascia sfuggire una rivendicazione che sa di orgoglio e rispetto: “Noi ci siamo sostituiti al welfare di questo Paese, da anni non aggiornano i prezzi delle convenzioni, ma va bene così, la nostra è una missione ma che siamo abbandonati è una realtà ”.
Sulla piazza passano alcuni ospiti. Gianni ha la maglia dell’Inter, batte le mani ed esulta verso il cielo. 60 anni, sindromi varie. Segue Antonio, che saltella e grida felice con lo zainetto in spalla: lo lasciano arrivare alla reception poi lo riportano indietro. Oggi lo rifarà . C’è anche Michelina Zaccagnini, una signora 79enne ospite della casa di cura. Si affaccia sulla piazza zigzagando sulla sua sedia a rotelle seguita da altre quattro. Hanno un gran sorriso. E parlottano proprio dell’arrivo di Silvio.
Michelina condivide il cognome con il segretario e premier democristiano “Zac” e con Berlusconi la data di nascita: “Il 29 settembre… Lui è più giovane di me di due anni ma fa niente, spero sia simpatico come sembra”.
La “signorina”, tiene a precisare, ricorda la social card, le promesse, il premier “sbruffone”, ma, dice “chi fa del male la paga prima o poi e Dio perdona tutti”.
Poi si fa seria, distanzia le compagne, sussurra: “Ma si sa quando arriva? Dovremo prepararci alle feste, no?”.
Spunta un operatore: “Sciura venga dentro”. Lui si chiama Francesco Lamberti, ha 28 anni e lavora qui da luglio. “Berlusconi? Al massimo imboccherà qualche anziano”. Alle 17:30 è ora di cena. La piazza torna deserta.
A sinstra c’è un edificio su tre piani che ospita il reparto degli “storici”, come li chiamano qui, 54 disabili e portatori di handicap psichici che definiscono questo posto “casa” da quando erano bimbi; a destra c’è la Ambrosiana aperta anche all’esterno per i servizi sanitari dedicati comunque ad anziani e disabili.
Oltre la chiesa che chiude la visuale sulla piazza c’è un campo da calcio, un teatro, laboratori didattici, il bar e un secondo agglomerato di edifici, più recenti, che ospitano altri trecento disabili d’età compresa tra 5 e 104 anni.
Sono cinque palazzi a forma di stella, per questo li chiamano “Cinque stelle”.
E sarà qui, spiega Kaneklin, con ogni probabilità , che Berlusconi trascorrerà le sue quattro ore settimanali.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
“SCEMATA PERICOLOSITà€ SOCIALE”, MA SE DIFFAMA I GIUDICI FINISCE AI DOMICILIARI
Reato: una frode fiscale da 7,3 milioni di euro (con truffaldine “maggiorazioni di costo realizzate negli anni”, all’estero, per almeno “368 milioni di dollari”).
Condanna: quattro anni di carcere, ridotti a uno dall’indulto.
Pena: dieci mesi e mezzo di affidamento ai servizi sociali. Ovvero, qualche ora da passare davanti a un assistente sociale.
Ieri si è conclusa la lunga storia del processo Mediaset. Con la giudice del Tribunale di sorveglianza Beatrice Crosti che legge il comunicato stilato insieme al suo presidente, Pasquale Nobile De Santis.
Il condannato definitivo Berlusconi Silvio non andrà in carcere. Non subirà la detenzione domiciliare. Sarà affidato in prova ai servizi sociali. Dovrà cioè presentarsi periodicamente al direttore dell’Uepe (l’Ufficio esecuzione penale esterna); subirà alcune limitazioni alla possibilità di spostarsi e di restare fuori casa; e potrà svolgere un’attività di volontariato aiutando gli anziani presso la Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone
Questo è l’esito della prima condanna definitiva incassata dall’ex presidente del Consiglio. L’ordinanza del Tribunale di sorveglianza (l’istanza che decide l’esecuzione delle pene) spiega in dieci pagine che “colui che viene affidato in prova ai servizi sociali è ancora persona socialmente pericolosa”: “le condotte reiterate nel tempo del reato dimostrano l’insofferenza del colpevole alle regole dello Stato poste a tutela dell’ordinata e civile convivenza”.
Ma un percorso di ravvedimento, scrivono i giudici, sembra iniziato: il condannato ha saldato il debito con il fisco, ha risarcito i danni all’Agenzia delle entrate e ha pagato le spese processuali; si è messo anche a disposizione per un’attività rieducativa di volontariato.
Questi elementi, secondo il Tribunale, indicano “il riconoscimento della condanna”, “evidenziano la scemata pericolosità sociale di Berlusconi e appaiono indici di volontà di recupero dei valori morali perseguito dall’ordinamento”
Certo, però, il condannato deve stare attento: le “recenti esternazioni pubbliche in spregio della magistratura”, ammonisce il Tribunale, “potrebbero inficiare gli indici di resipiscienza”.
La misura alternativa al carcere serve comunque a “sostenere e aiutare il soggetto a portare a maturazione quel processo di revisione critica e di emenda oggi in fieri”. “Può svolgere una funzione rieducativa e di recupero sociale della persona, anche qualora questa sia perfettamente inserita socialmente e laddove anzi il condannato sia stato capace di influenzare l’ambiente in direzione incompatibile con le regole del diritto e dell’ordinato vivere civile”.
È, per definizione, un affidamento “in prova”: il condannato dovrà cioè dimostrare nel tempo gli “indici di resipiscenza”.
Altrimenti potrebbe avere una pena più dura e magari finire ai domiciliari. I suoi comportamenti dovranno mantenersi “nell’ambito delle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni”.
Questa è una condizione richiesta a tutti gli “affidati”, ma vale “a maggior ragione” per Berlusconi, scrivono i giudici, “stando la condizione sociale ed economicamente e culturalmente privilegiata a cui il condannato appartiene”.
Ieri l’ordinanza è stata notificata ai difensori di Berlusconi, Franco Coppi e Niccolò Ghedini.
Da ieri dunque il condannato ha dieci giorni di tempo per presentarsi all’Uepe per sottoscrivere l’affidamento: da quel momento comincia l’espiazione della pena. Un anno ridotto a dieci mesi e mezzo per effetto dello sconto di 45 giorni che scatta dopo i primi sei mesi. Il condannato sarà seguito personalmente dal direttore dell’Uepe, la dottoressa Severina Panarello, che con lui deciderà la periodicità degli incontri e verificherà nei mesi prossimi il percorso verso la “resipiscenza”.
Come tutti gli “affidati”, Berlusconi avrà l’obbligo di non uscire di casa (la villa di Arcore) prima delle 7 e di rientrare entro le 23. Ha il permesso di andare a Roma dal martedì al giovedì, dunque gli è garantita la possibilità di fare campagna elettorale. Una volta alla settimana andrà per quattro ore a fare volontariato presso la Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
È una struttura che assiste adulti e bambini con gravi disabilità e anziani non autosufficienti (e dunque da proteggere dagli assalti madiatici). È servita dalla Caritas ambrosiana, l’organizzazione della diocesi di Milano che è convenzionata con l’Uepe
La Sacra Famiglia è un’istituzione importante e storica per la diocesi di Milano, perchè è nata nel 1896 da una parrocchia e dall’attività dell’allora parroco di Cesano, don Domenico Pogliani.
Oggi il suo presidente è don Vincenzo Barbante, ex amministratore della diocesi, in pratica il ministro delle finanze della Curia ambrosiana.
È proprio alla Sacra Famiglia che monsignor Angelo Scola, appena nominato arcivescovo di Milano, diede appuntamento per il primo incontro con il volontariato della diocesi.
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 16th, 2014 Riccardo Fucile
L’AVVOCATO, IL COMMERCIALISTA E IL FINANZIATORE: LA GRATITUDINE DI RENZI
Per scovare la comitiva di amici di Matteo Renzi, ben infiltrata e non mimetizzata con l’infornata
di nomine, non va osservata la prima fila, ma la seconda: non presidenti (che poi sono donne, e qui c’entrano gli uomini) e amministratori delegati, ma i consiglieri e il collegio sindacale.
E non ci sono semplici amici, compagni di bisbocce o d’infanzia, ma strettissimi collaboratori.
Origini di Pistoia, studio legale a Firenze, da sempre legato a Lapo Pistelli (mentore di Renzi, ora viceministro agli Esteri), Alberto Bianchi è l’avvocato (civilista) di Matteo e di Marco Carrai, la versione riservata, diplomatica di Renzi.
Bianchi siederà nel Cda di Enel e, spiega, non ci sono motivi (nè incompatibilità ) per lasciare la Fondazione Open, la cassaforte renziana che gestisce le donazioni e organizza gli eventi.
Il pistoiese presiede la Fondazione, gestita assieme al medesimo Carrai, al sottosegretario Luca Lotti, al ministro Maria Elena Boschi.
Bianchi non è un novizio, undici anni fa il Tesoro lo spedì a liquidare il pastrocchio Efim, il fondo per il finanziamento per l’industria meccanica, che già nel 1992 terrorizzava le banche creditrici.
Il commissario Bianchi s’è beccato una condanna di 4,7 milioni di euro dalla Corte dei conti (danno erariale) per avere saldato una parcella da 5,3 milioni per il patrocinio durante un procedimento che coinvolgeva una società controllata: pochi giorni dopo il pagamento (dicembre 2006), che Bianchi non voleva autorizzare e perciò ridusse da 10 a 5,3 milioni, entrò in vigore una legge che fissava il limite di 300.000 per prestazioni legali di Efim. Ora ci sarà l’appello e l’avvocato è convinto di avere ragione.
Il fratello, Francesco Bianchi, è commissario straordinario del Maggio Fiorentino da febbraio 2013, ministro Lorenzo Ornaghi, nonchè membro del Consiglio di Sorveglianza di Intesa San Paolo.
Oltre all’avvocato ereditato da Lapo Pistelli, Renzi ha premiato anche il commercialista, Marco Seracini, prossimo sindaco effettivo di Eni.
Seracini non ha mai attraversato un periodo di redenzione — come Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi che non appoggiavano Renzi per le primarie di Firenze nel 2009 — ma s’è sempre preoccupato di sostenere l’avvento del giovane di Rignano sull’Arno e Renzi s’è sempre preoccupato di Seracini.
L’associazione Noi Link, un prototipo della Fondazione Big Bang (Open), fu proprio un’iniziativa di Seracini che, appena Renzi divenne sindaco, fu catapultato al vertice di Montedomini, azienda pubblica di servizi alla persona.
Il finanziatore, tra gli apripista con 10.000 euro, si chiama Fabrizio Landi, designato consigliere di Finmeccanica.
Il profilo di Landi, imprenditore, non fa pensare a un’esperienza nel settore della difesa, ma piuttosto in sanità , strumenti medici.
Landi ha amministrato per tanti anni Esaote, un’azienda di respiro internazionale che produce apparecchi biomedicali. Quando Renzi perse il confronto con Pier Luigi Bersani per la corsa a Palazzo Chigi, Landi dichiarò: “Voterò Bersani perchè sono nell’area Pd, per portare in Parlamento chi condivide Renzi. Se il Pd andrà al governo, darò il mio contributo su ciò che conosco: la sanità ”.
La sanità con Finmeccanica c’entra nulla. Dopo l’uscita da Esaote, Landi entrò nel cda di Banca Cassa di Risparmio di Firenze, il maggiore azionista è Intesa San Paolo, il 10% è di un’omonima fondazione (Marco Carrai è nel cda).
Impegnato in svariate società nel settore medico, inclusa la A. Menarini Diagnostics, Landi fu presentato a Renzi da Dario Nardella, l’erede di Palazzo Vecchio.
Antonio Campo dall’Orto, ex numero uno di Mtv e La7, già candidato a sostituire Luigi Gubitosi in Rai, ha seguito l’evoluzione renziana, anche se — a differenza di Landi — ha contribuito con pochi spiccioli, 250 euro.
Il buon rapporto con il premier, manderà Campo dall’Orto, dotto di telecomunicazioni, nel cda di Poste accanto a Elisabetta Fabri, fiorentina, rampolla di una famiglia di albergatori, marca Starhotels.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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