Maggio 13th, 2015 Riccardo Fucile
UN COLLEGAMENTO E DUE STRILLI COATTI NON SI NEGANO A NESSUNO
Alla politica in crisi d’ascolto e ai talk show pure, non resta che azzannarsi sull’arrivo dei migranti, sul perchè li ospitiamo, su dove li mettiamo, su come li paghiamo e che c’è disagio e basta non se ne può più.
L’altra sera, Piazza Pulita e Quinta Colonna si contendevano il Salvini sfelpato (co’ ‘sto caldo) ma sempre più bollito, che in qualità di vendicatori dei poveri italiani vessati dall’Africa Korps ormai, in tv, meglio di lui strillano il coatto di Ponte Mammolo a Roma e la casalinga cotonata.
Su Rete 4, tre disperate signore di destra, una leghista, una forzista e un’alfanista stavano per prendersi per i capelli, ma quanto ad argomenti sul tema immigrazione si percepiva soltanto il canonico io l’ho lasciata parlare ora lasci parlare me .
In questo indistinto rumore, giganteggia Paolo Del Debbio, vero topo nel formaggio della qualunque, docente di etica ed economia, insuperabile nel seminare zizzania tra gli ospiti subito dopo cazziati se, a un suo cenno, la cagnara non smette: adesso basta e dove siamo!
Pratico nel chiamare la pubblicità (“fatemi fare un po’ di fatturato”), il professore perfeziona con successo il genere televisivo: assembramento di cittadini lasciati soli dallo Stato, assai richiesto dopo il declino delle interviste al citofono che non risponde e dell’inseguimento del politico che non risponde.
Capita la sera d’incontrare per la città capannelli di brave persone col bandierone e lo striscione che aspettano il collegamento con Del Debbio, ultima zattera anche per loro naufraghi dell’indifferenza.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 13th, 2015 Riccardo Fucile
L’OSTINAZIONE DI CHI NON VUOLE VEDERE LA REALTA’ DEI FATTI
L’estinzione di Forza Italia equivale, voto più voto meno, all’estinzione politica di Berlusconi. Più che un partito-azienda era un partito-persona; è dunque fisiologico che il partito ricalchi i destini della persona, dal trionfo all’impopolarità e infine all’indifferenza più assoluta.
Ma i cosiddetti “fedelissimi” di Silvio non la pensano così.
Sono convinti che si possa crollare, in un paio d’anni, dal trenta al cinque per cento per colpa di un segretario regionale inetto o di un candidato sbagliato.
Una dedizione cieca e quasi folle al Capo che impedisce di vedere la realtà , dolorosa ma banale, degli anni che passano, della baldanza che diventa patetica, della gente che gli volta le spalle.
Fissano lo sguardo su qualunque dettaglio, specie se insignificante (Fitto è stato cattivo, la squadra era sbagliata, perfino lo strabiliante “Salvini mi ha copiato la felpa” uscito di bocca alla tramortita Biancofiore) pur di non prendere atto che nessun partito, in democrazia, può sopravvivere come pura proiezione del suo leader, senza una vera classe dirigente, un vero dibattito interno, livelli intermedi che contino.
Quelli come la Biancofiore possono scegliere una morte devota e accompagnare Silvio sulla pira come le vedove indù; oppure allontanarsi rapidamente, come stanno facendo, con comprensibile istinto di sopravvivenza, molti degli ex beneficiati.
L’unica opzione impossibile è il progetto, allucinato, di “ricominciare da Berlusconi”: e invece proprio quello vogliono fare.
Michele Serra
(da “La Repubblica“)
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Maggio 13th, 2015 Riccardo Fucile
LA LEGGE DEL CONTRAPPASSO: LO STATISTA DEI SOCIAL BOLLITO NEL SUO STESSO CALDERONE DAGLI INCAZZATI DELLA SCUOLA
L’insonne performer dei social network, lo statista tweet-star, l’idolo dorato delle masse evolute della rete nonchè inventore di felicissimi hashtag che faranno la Storia di questa Repubblica, sta per finire bollito nel suo stesso calderone.
Se per noi la cosa sarebbe lungi dal rappresentare una questione politica, per lui qualche significato deve avere che la sua pagina Facebook sia invasa in queste ore da commenti del tipo: “Non voteremo più Pd perchè indignati dal ddl La Buona scuola”.
Sono tanti, centinaia e ogni ora di più, sotto le “sfide” narrate da Matteo: le foto coi tennisti di grido e con Raul Castro, lo scatto alla firma all’Italicum, il video del discorso all’Expo.
Una goccia che scava il silicio variando sul tema: “Io e tutta la mia famiglia non voteremo mai più Pd”.
Ecco. A forza di disintermediare, Renzi si è trovato la gente in casa, nel cuore della cassa di risonanza della sua onnipotenza mediatica che ora gli rimanda l’eco di un dissenso difficile da ignorare.
Nello spazio in cui si mischiano intrattenimento e propaganda, frivolezza e coercizione — il tempo libero che passiamo su FB è in realtà tempo di lavoro che elargiamo gratis alla crescita dell’impero di Zuckerberg e alle campagne elettorali dei leader politici — la pioggia di commenti amari ha il sapore del contrappasso.
Una crisi di rigetto in piena regola nell’agorà digitale nel momento di sua massima trepidazione, quando le elezioni regionali si approssimano e sul “muro” di Renzi, pieno di osannate veline governative, sue spiritosissime effigi e spinterogene chiamate alle armi della #voltabuona, compaiono i primi sbreghi e una pur composta, ma forse perciò più tremenda, ressa di pasquinate.
Forse il Ministero agli hashtag renziano (un Ministero-ombra che però conta più degli altri, certo più di quello agli Affari regionali ancora senza titolare) nelle prossime ore deciderà se ridurre la faccenda alla dimensione della goliardata o deformarla verso la sedizione molesta, identificando gli autori in civatiani rosiconi, gufi dei sindacati o bot siti in Albania e pagati da Casaleggio.
La realtà , ahilui, è che sono (erano) elettori del Pd impegnati in un’operazione di sabotaggio. Quando la politica è tutta immateriale, invece di tirare zoccoli dentro i macchinari molti lavoratori e fruitori della scuola — insegnanti, genitori, studenti — hanno deciso di gettare un granello di polvere nell’oliatissima narrazione renziana sottoponendola a una massiva cura omeopatica.
È come se ai tempi dei decreti-vergogna di B. migliaia di telespettatori avessero interrotto Beautiful col telecomando interattivo Quizzy o un loro nutrito plotone avesse occupato gli studi di Bim bum bam.
E indubbiamente uno spostamento della scena politica c’è, se il governo, per bocca della ministra non competente Boschi, può sottovalutare la piazza fisica (“La scuola solo in mano ai sindacati non credo funzioni”) e trasferire l’agire politico sul piano di un battage quotidiano e forsennato sui social media.
Il che ci dà l’agio di ritenere che contro un tale governo non valga tanto scendere in piazza quanto togliergli il follow su Twitter.
Ma ormai la narrazione, da narcotico mutuato dal marketing, si è fatta non solo sovraesposizione mediatica del conducator e sua impietosa auto-promozione, ma discorso in sè, teoria e prassi, e per sua precisa volontà .
È infatti lui, non gli oscuri “utenti di Internet” vituperati dai benpensanti, a raggrumare la dimensione pubblica nei 140 caratteri di Twitter, dove pure ha comunicato le linee guida di tutte le sue riforme e dove nel pomeriggio di ieri è intervenuto sulla protesta promettendo il dialogo con “un #matteorisponde”.
Segno che stavolta la strategia di individuare un nemico (i sindacati) e indicarlo al popolo, seppur quello ondivago e distratto della rete, non ha funzionato.
Renzi parla a gente alfabetizzata che non si lascia accecare dai suoi “slogan del cazzo” (copyright Landini ) e gli risponde nel merito: la Buona Scuola è indecorosa. Ma è il metodo ad aprire una breccia e a mettere Matteo in un cul-de-sac logico.
Perchè delle due l’una: o i suoi post di FB contano (e contano, se Gaia Tortora li legge in diretta al Tg de La 7 come fossero un’agenzia su una risoluzione Onu), o non contano.
E se contano, se sono politica, notizia, narrazione, conteranno tanto più quelli di coloro a cui sono rivolti.
E se questi sono potenziali elettori del Pd quando lodano il premier con stelline e cuoricini, devono esserlo anche quando lo criticano.
A meno di non considerare il cosiddetto “popolo della rete” alla stregua del pubblico de La ruota della fortuna o, peggio, come la superficie riflettente del vuoto narcisismo totalitarista del leader.
Daniela Ranieri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 13th, 2015 Riccardo Fucile
LA FARSA: UN CONDANNATO CHE CHIEDE DI NON VOTARE GLI INDAGATI
Che spettacolo, signori. Da pagare il biglietto, all’occorrenza.
Il candidato governatore della Campania, Vincenzo De Luca, assicura che nella lista del Pd e in quelle che lo appoggiano “non c’è nessun condannato tranne me”: garantisce lui.
Però ammette che “alcune candidature ce le saremmo potute risparmiare” e invita gli elettori a non votare gli eventuali impresentabili, nessuno dei quali è condannato: purchè tutti votino per lui, che è condannato.
Chissà che faccia avranno fatto i non condannati nel sentirsi dare degli impresentabili da un condannato.
Ma non è finita, perchè il vicesegretario nazionale del Pd Lorenzo Guerini si e ci illumina di immenso: “Il Pd in Campania ha stabilito principi molto chiari in merito alla qualità delle liste, con un’applicazione di regole più rigorose dello stesso codice etico”.
Talmente rigorose da lasciar passare tutto intero De Luca, due volte decaduto da sindaco di Salerno, per la sua incompatibilità col ruolo di viceministro del governo Letta e per la sua condanna in primo grado per abuso d’ufficio.
E chi le ha scritte queste regole ancor più rigorose del codice etico: Pasquale Barra ‘o Animale? Genny ‘a Carogna?
Purtroppo — aggiunge Guerini — “nonostante questo impegno molto forte messo in campo, alcune situazioni di alcune liste alleate possono destare qualche interrogativo che un lavoro più attento avrebbe potuto evitare. Per questo mi rifaccio alle parole chiare di De Luca di non votare certi nomi, il nodo venga risolto con la competizione elettorale”.
Quindi sia De Luca sia Guerini si appellano agli elettori affinchè non votino le liste d’appoggio senza condannati, ma solo quella del Pd con il condannato.
Perchè — spiega ancora Guerini — il condannato De Luca ha una “figura nettamente distante da certe situazioni ambigue o opache”.
Infatti non presenta alcuna ambiguità od opacità : è condannato e basta, punto.
Viva la chiarezza. Dopo giorni di silenzio, si fa vivo persino Renzi su Repubblica Tv: premesso che “le liste del Pd sono pulite” (quelle che sostengono il condannato De Luca in Campania, l’indagata Paita in Liguria, l’indagato Rossi in Toscana, l’indagato Spagnolli a Bolzano, l’indagato Crisafulli a Enna e così via), è vero che “su alcune liste collegate si può discutere: ci sono candidati che non voterei neanche se costretto”.
Quelli non condannati e non indagati. Invece il condannato, cioè De Luca, è “un buon amministratore, come ha dimostrato per la città di Salerno”.
Infatti è stato condannato in tribunale a un anno di carcere per aver inventato l’inutile ruolo di “project manager” dell’inceneritore di Salerno per regalare un po’ di soldi pubblici all’amico e capostaff Alberto Di Lorenzo, coprendo poi l’abuso di potere con “false giustificazioni postume” e con “il successivo occultamento sul sito web, della presenza di persone astrattamente più qualificate”.
Insomma è provato che “la nomina, lungi dall’essere finalizzata a perseguire esclusivamente una finalità pubblica, aveva l’unico scopo di svincolare Di Lorenzo dal gruppo di lavoro e attribuirgli un’inventata posizione apicale, con conseguente riconoscimento di una più sostanziosa retribuzione”.
A questo punto qualcuno — eventualmente, ma non è il caso di Repubblica Tv — potrebbe domandargli: scusa, Matteo, ma chi ha deciso di candidare nel Pd tanti indagati e un condannato?
Chi ha autorizzato De Luca a correre alle primarie per una carica — la presidenza della Regione Campania — che non potrà ricoprire per via della legge Severino?
E chi ha autorizzato il Pd campano a collegarsi a liste con candidati che tu non voteresti neppure se costretto?
A noi risulta che il via libera l’abbia dato il fido sottosegretario Luca Lotti: qualcuno gliene ha chiesto conto e l’ha sanzionato per la — per così dire — avventatezza?
La risposta è un doppio no.
Altra domanda: ora che avete scoperto — a vostra scajoliana insaputa, ci mancherebbe — fascisti, consentiniani, berlusconiani, amici dei camorristi e nemici dei vostri stessi sindaci
anticamorra nelle liste collegate a De Luca, perchè non togliete loro l’apparentamento, anzichè chiedere agli elettori di ripulirvi la coscienza?
Scrive Massimo Gramellini su La Stampa: “È come se uno, invitando a cena il suo migliore amico, gli dicesse: a tavola con noi ci saranno Barbablù, Al Capone e il mostro di Firenze, però tu non rivolgere loro la parola, anzi ti autorizzo a cacciarli di casa”.
La verità vera è che hanno fatto accordi con i peggiori lestofanti, ben sapendo che portano con sè i voti di scambio di gente ancora peggiore di loro: gente che non si lascerà certo impressionare dall’invito a non votarli.
L’alleanza con quelle liste non è avvenuta nonostante gli impresentabili, ma in virtù degli impresentabili.
Senza i quali quelle liste non avrebbero alcuna utilità .
Gli impresentabili non sono un incidente di percorso, ma la scelta cinica e consapevole di un partito che ha perso per strada tutti i principi e persino la virtù (sì, la virtù) dell’ipocrisia, avendo ormai un solo imperativo categorico: vincere a qualsiasi costo e non buttare via niente.
Dire “non votateli” facendo l’occhiolino e incrociando le dita dietro la schiena è una penosa presa in giro.
Che fa giustamente infuriare gli alleati prima usati e poi scaricati (per finta).
Tipo l’ex forzista irpino Arturo Iannaccone (Campania in Rete), che dice al nostro Vincenzo Iurillo: “Noi non siamo saliti sul carro del vincitore: abbiamo spinto De Luca fin dalle primarie”. Altro che alleati last minute, impresentabili ma incontrollabili per mancanza di tempo. Tutti sapevano tutto, tutto è stato fatto apposta.
Almeno, però, nessuno potrà accusare Renzi di non mantenere le promesse.
L’altroieri aveva annunciato“la banda larga”.
Almeno in Campania, l’ha già fatta.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 13th, 2015 Riccardo Fucile
A CALIZZANO LA DIFFIDENZA INIZIALE E’ DIVENTATA CONVIVENZA SOLIDALE
La convivenza possibile. Da alcuni mesi quaranta profughi sono ospiti in un albergo nel cuore del paese e ora, dopo le iniziali proteste dei residenti, dall’Alta Val Bormida scatta un progetto volto a inserire i migranti attraverso l’attività lavorativa. L’amministrazione del sindaco Pierangelo Olivieri ha firmato una convenzione con la cooperativa “Il Faggio” per attivare una serie di progetti umanitari che portino all’integrazione.
«I migranti si occuperanno dello sfalcio dell’erba, piccole manutenzioni e pulizia — spiega Olivieri — noi abbiamo quasi tutti ragazzi del Mali che hanno fatto i contadini e si sanno muovere nel verde, altri sono edili. Non escludiamo che in futuro si possano anche occupare della manutenzione degli autobloccanti del centro storico, sarebbe veramente importante in un momento di carenza di risorse per i Comuni. Quest’anno due operai, su cinque in pianta organica, sono andati in pensione. Con un territorio molto grande siamo in affanno, l’aiuto dei migranti sarà quindi prezioso».
La cooperativa provvederà alla copertura assicurativa e all’abbigliamento. L’esperienza non è nuova.
A fare da apripista con attività socialmente utili era stato il Comune di Cairo Montenotte che, siglando un accordo con la cooperativa “Il Percorso”, è riuscito a integrare i migranti in supporto alla Croce Bianca, ma soprattutto all’ufficio tecnico comunale per attività di piccola manutenzione.
Lo stesso ha fatto Roccavignale dove nove profughi, tutti uomini tra i venti e i trent’anni provenienti dal Mali, hanno iniziato l’attività a servizio della collettività : in inverno hanno tolto la neve, adesso si occupano della pulizia di marciapiedi e delle vie del paese.
Ora tocca a Calizzano. L’integrazione in questo caso segna un cambio di passo.
Se di fronte ai primi arrivi la popolazione, circa 1.500 residenti a cui si sommano in estate i villeggianti, aveva risposto con scetticismo, oggi la convivenza sembra funzionare.
«L’accoglienza è sempre una questione complessa e molto delicata — dice Olivieri — ma nella mia comunità le persone che erano allarmate si sono dovute ricredere. Io stesso avevo sollevato perplessità , perchè 40 migranti, per una popolazione come la nostra, sono il massimo sforzo che si può richiedere a Calizzano. Credo però che il valore solidarietà dovrebbe prescindere da qualunque cosa e, nonostante i timori iniziali, per ora sta andando tutto bene. Abbiamo firmato una convenzione con la cooperativa e, non appena riusciremo a partire con l’attività lavorativa, penso che trasformeremo quello che sembrava un problema, e non lo è stato, in una virtù. Progetti interessanti possono maturare dall’integrazione».
(da “il Secolo XIX“)
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