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“RENZI HA LIBERATO I CANI CONTRO LA TV SCOMODA”: INTERVISTA A GIANNINI DOPO GLI ATTACCHI A RAI TRE

Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile

“EDITTO BULGARO? IL PREMIER SMORZA I TONI MA LA SOSTANZA NON CAMBIA”

I fatti, in fila.
Atto primo, l’editto presidenziale: “Se i talk-show del martedì fanno meno della replica numero 107 di Rambo dobbiamo riflettere.”
Segue l’intermezzo del governatore della Campania Vincenzo De Luca, che accusa Rai3 di “camorrismo giornalistico”.
Poi tocca a Michele Anzaldi, renziano di stretta osservanza e membro della Vigilanza Rai: “C’è un problema con Rai3 e con il Tg3. Purtroppo non hanno seguito il percorso del Pd: non si sono accorti che è stato eletto un nuovo segretario, Matteo Renzi, il quale poi è diventato anche premier”.
E ancora ieri al Fatto: “Bianca Berlinguer ha dato tanto alla Rai, può bastare”.
In tutto ciò c’è alle viste un nuovo bavaglio sulle intercettazioni.
Massimo Giannini, conduttore di Ballarò, doppiamente chiamato in causa perchè va in onda il martedì sera sulla rete più amata dal governo, comincia così: “Il premier ha detto ieri che non esiste alcun editto bulgaro. Ne sono lieto. Ha anche chiarito che non spetta a nessun governo decidere come si fa informazione in tv. E anche di questo prendo atto, visto che proprio lui aveva a suo tempo detto ‘fuori i partiti dalla Rai’. Si smorzano i toni, ed è un bene, ma la sostanza non cambia di molto. È come quando il cacciatore scioglie la muta dei cani, parte subito la caccia: si scatenano tutti quelli che intorno e al di sotto del presidente del Consiglio si sentono titolati a sparare su chi fa televisione in modo sgradito”.
Ci sono due guai: il primo è l’esistenza di una Commissione di Vigilanza sulla Rai. Il secondo è che i parlamentari che ne sono membri intervengono davvero sull’informazione. Una cosa altrove inconcepibile.
“Negli Stati Uniti sarebbe impossibile: quando si tocca un punto nevralgico della dialettica democratica, come il rapporto tra media e potere, c’è una reazione immediata. I luogotenenti renziani hanno usato parole inaudite.   Conosco Anzaldi da anni, è pure un bravo ragazzo: ma quello che ha detto, insieme ad altri esponenti del Pd, non si è mai sentito nemmeno ai tempi di Berlusconi. La deduzione logica che si trae dalle parole di Anzaldi è che se Rai3 e il Tg3 si fossero accorti della vittoria di Renzi lo tratterebbero meglio ”
Ma non sarebbe un tradimento della funzione dell’informazione?
La politica sembra rimpiangere la Prima Repubblica, quando a Bruno Vespa toccava dire “il mio editore di riferimento è la Dc”, cioè il partito di maggioranza dell’epoca. È incredibile che questo accada mentre governa un quarantenne che si è presentato come motore del cambiamento. Ha detto bene Andrea Guerra martedì in studio da noi: Renzi dimentichi Verdini e recuperi la sua dimensione di innovatore.
Ma lei l’ha capito che Renzi ha vinto?
A me chi ha vinto non interessa. Guai se mi facesse velo la presa d’atto di chi comanda. Mi attaccano i grillini, la Lega, Renzi e Forza Italia: forse vuol dire che faccio onestamente il mio mestiere. Io sono di sinistra, ma se trattassi bene il Pd perchè è al governo, tradirei la missione del giornalismo.
Siete il servizio pubblico, dicono.
Circola un’idea malintesa di servizio pubblico. Non è che se sei sulla Rai devi rinunciare al diritto di cronaca e di critica. Ho il massimo rispetto per la Commissione parlamentare di Vigilanza, ma anche i conteggi con il bilancino del tempo dato a questo o a quel partito, a parte il fatto che non siamo in par condicio, sono squalificanti. La politica dovrebbe occuparsi d’altro. Mi sembrano pretesti per attaccare chi, dentro la Rai, racconta la realtà  per quello che è.
È in arrivo anche la nuova legge sulle intercettazioni: le pressioni diventano pressing. È un accerchiamento.
Non c’è dubbio. La politica è impaurita, consapevole di vivere una crisi di rappresentanza. E se i talk fanno ascolti bassi, questo è anche un riflesso di quella crisi. L’informazione, se è libera, può ampliare l’abisso tra politica e cittadini. E quindi bisogna metterla a regime: devono sapere chi ha vinto. Ed ecco anche la legge bavaglio, figlia di questa cultura del comando e del controllo. Però è una deriva pericolosa: il nostro dovere è informare.
Se Grillo mette sul blog il giornalista del giorno c’è una condanna unanime. Se il partito di governo attacca frontalmente una rete e un tg non succede quasi nulla.
Grillo sbagliò all’epoca, come hanno sbagliato i renziani in questi giorni. È cambiato il quadro politico. Non mi aspetto nessuna mobilitazione. Diciamolo: anche i giornalisti si sono assuefatti.
Il potere ci tratta come noi gli permettiamo di fare.
La famosa schiena dritta è ormai una formula retorica. Basta che poi non ci lamentiamo se perdiamo credibilità  e autorevolezza.

Silvia Truzzi
(da “il Fatto Quotidiano“)

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LE BALLE DI RENZI: IL JOBS ACT NON FUNZIONA, AUMENTANO SOLO I PRECARI

Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile

IL GOVERNO ESULTA PER 69.000 NUOVI OCCUPATI AD AGOSTO MA SONO COME SEMPRE CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO, QUELLI CHE LA RIFORMA DOVEVA DEBELLARE

Il primo dato certo è che l’occupazione cresce.
L’altro è che a farlo è quasi solamente quella precaria,cioè i contratti a tempo determinato che il Jobs Act e i generosi incentivi del governo dovevano debellare.
Il lavoro autonomo è invece al palo.
Man mano che arrivano i dati sul lavoro, emerge un elemento inquietante che dice molto sulla percezione della ripresa in atto, e che dovrebbe preoccupare a prescindere dalla girandola di sfottò, “ciao gufi” ed euforie varie che l’esecutivo compie sui numeri ormai da mesi.
“I dati sono molto buoni.La disoccupazione era al 46%, i dati sono in discesa. Si può fare meglio, l’elemento chiave è che il Jobs act funziona. Nel giro di un anno ci sono 325mila persone che lavorano in più. Dobbiamo essere soddisfatti”, ha spiegato ieri il premier Matteo Renzi al Tg3, al termine di una giornata aperta dal comunicato Istat sulle forze di lavoro ad agosto.
Nell’ultimo mese estivo sono stati creati 69mila nuovi posti di lavoro — da inizio anno sono 325mila — con il tasso di occupazione che risale al 56,5%, lo 0,2 in più del mese precedente e lo 0,9 su base annua, mentre il tasso di disoccupazione scende all’11,9%, minimo da due anni. Gli inattivi — chi non ha un’occupazione e non la sta cercando — 15-64 anni calano di 86 mila unità .
Le buone notizie per il governo, però, finiscono qui.
A leggerli, quei dati dicono molto di più.
I nuovi occupati sono quasi tutti dipendenti (gli autonomi calano di mille unità ), e di questi quelli “a termine”, cioè precari con un contratto a tempo determinato sono 45 mila (+1,9%), e quelli stabili 25 mila (+0,2).
Allargando lo sguardo al trimestre appena trascorso, l’incremento dei contratti a termine è ancora più marcato: a giugno-agosto, rispetto a quello marzo-maggio, su 107 mila nuovi posti dipendenti creati,quelli a termine sono pari a 94 mila: “l’88% del totale”, spiega l’Istat, il 4,1% in più.
Su dieci impieghi creati, nove sono precari.
L’aspetto critico è che non è un fulmine a ciel sereno, ma una tendenza in corso da diversi mesi, riassunta dall’Istat in un prospetto che disegna una parabola discendente dei contratti a tempo indeterminato.
Il piccolo “boom” di questi ultimi è partito a gennaio — insieme agli sgravi contributivi (fino a 8.060 euro l’anno per tre anni) per le aziende che nel 2015 assumono con contratti a tempo indeterminato — ed è proseguito fino a febbraio-aprile (il contratto a tutele crescenti, cioè senza l’articolo 18, cuore pulsante del Jobs act, è partito il 7 marzo), per poi iniziare a calare vistosamente fino ad avvicinarsi allo zero nell’ultimo trimestre.
Eppure, la decontribuzione e le non molte mensilità  di retribuzione stabilite come indennizzo per chi licenzia rendono, almeno per il 2015, più conveniente assumere con contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli a tempo determinato, anche se il licenziamento dovesse avvenire a ridosso del limite massimo (tre anni) stabilito per questi ultimi.
Perchè le aziende continuano a offrire impieghi precari?
Una lettura è offerta dall’aumento costante del lavoro “in somministrazione” (+21% ad agosto), i lavoratori forniti dalle agenzie interinali, a cui le aziende fanno ricorso sia per avere più libertà  (ma il Jobs act già  gliela offre, e a costi bassi) sia perchè non sono sicuri di poterli tenere.
Le aziende non si fidano della lieve ripresa in atto.
Un problema per il governo, che nella legge di stabilità  dovrà  decidere se ecome confermare gli sgravi per il prossimo anno.

Carlo Di Foggia
(da “il Fatto Quotidiano”)

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OK DEL SENATO AL CANGURO DEL PD: DECADUTI GLI EMENDAMENTI, PASSA L’ART 1 DELLA LEGGE TRUFFA

Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile

CLIMA TESO IN SENATO: SI DUBITA PERSINO DELLA ORIGINALITA’ DELLA FIRMA DI COCIANCICH

Al Senato la maggioranza porta a casa le prime due battaglie parlamentari sulle riforme istituzionali. L’Aula ha infatti approvato il cosiddetto “emendamento canguro“, presentato da Roberto Cociancich (Pd), che, oltre ad avere l’effetto di far decadere tutte le altre proposte di modifica all’articolo 1 del disegno di legge, diventa anche il cuore del nuovo articolo 55 della Costituzione.
Approvato, con 172 sì, 108 no e tre astenuti, anche l’articolo 1 del testo di riforma della Costituzione, che ridefinisce le funzioni e la natura della nuova assemblea di Palazzo Madama.
L’articolo segna la fine del Bicameralismo perfetto e ripristina, grazie all’emendamento Cociancich, molte funzioni del Senato, abolite nel passaggio alla Camera.
Fine del bicameralismo perfetto
Sarà  la sola Camera (i deputati rimarranno 630) a essere titolare del rapporto di fiducia con il governo e ad esercitare “la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del governo”.
L’emendamento Pd, che recepisce l’accordo di maggioranza e che ha riscritto tutto l’articolo, prevede che il Senato oltre a fare da raccordo con le “istituzioni territoriali” eserciterà  “funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica”.
Il Senato, inoltre, tornerà  a “valutare” (rispetto a quanto era stato deciso dalla Camera) le politiche pubbliche e “l’attività  delle pubbliche amministrazioni” e verificherà  “l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori”. Infine, concorrerà  “ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato”.
Ok all’emendamento che fa cadere gli emendamenti
La proposta di modifica di Cociancich è stato approvato con 177 sì, 57 no e 2 astenuti, a sottolinare la tenuta della maggioranza che sostiene il testo di legge firmato dal ministro Maria Elena Boschi.
Hanno votato contro la proposta (approvata dalla maggioranza), e quindi in dissenso rispetto al gruppo, i senatori Corradino Mineo e Walter Tocci.
Felice Casson si è invece astenuto, ma al senato l’astensione vale voto contrario. Tutto questo mentre è vicino l’esame dell’articolo 2, in particolare alle proposte di modifica al comma 5, per alcune delle quali è previsto il voto segreto, potenzialmente rischioso per la maggioranza.
Voto a rilento, ostruzionismo delle opposizioni
Il voto procede a rilento (il presidente del Pd Matteo Orfini parla di “straordinario ostruzionismo”) soprattutto perchè le opposizioni chiedono a ripetizione al presidente Piero Grasso di convocare la giunta per il regolamento, soprattutto sull’ammissibilità  degli emendamenti.
L’ennesimo capitolo, infatti, si è aperto con la presentazione a sorpresa da parte delle opposizioni di un subemendamento che avrebbe modificato l’emendamento Cociancich dopo l’approvazione dell’Aula. Venti senatori, soprattutto della Lega e del Movimento 5 stelle, facendo riferimento al comma 5 dell’articolo 100 del regolamento, hanno presentato una proposta di modifica al cosiddetto “mini canguro”. Ma la richiesta è stata respinta da Grasso (sempre a norma di regolamento), perchè è “preclusa” in quanto un subemendamento avrebbe dovuto essere votato prima. dell’approvazione.
Al netto della comprensibilità  dello scontro su commi e cavilli, resta che si sono scatenate le proteste delle minoranze (i più scatenati come al solito grillini e leghisti). “Il Pd ha fatto pressioni indegne sul presidente Grasso — dice il senatore del Carroccio Raffaele Volpi — la riforma costituzionale è materia parlamentare quindi i quattro bambini che sono al governo devono smetterla di minacciare il parlamento agitando lo spauracchio della fiducia. C’è Lotti, presente al Senato dall’inizio dell’Aula che probabilmente segue i nostri lavori dal televisorino per controllare come si comportano i vari parlamentari”.
Leghisti sventolano banconote ai verdiniani
Dai banchi leghisti si è levata una colorita protesta: durante il dibattito sul ddl Boschi, i senatori del Carroccio hanno sventolato banconote rivolgendosi agli scranni su cui siedono i colleghi verdiniani. Immediata la risposta del capogruppo, Lucio Barani: “Contrariamente a quanto volgarmente sostenuto dai senatori della Lega Nord nei miei confronti, io un lavoro ce l’ho ed è anche ben remunerato. Li invito, pertanto, a tenersi ben strette le banconote che hanno sventolato nell’Aula del Senato, perchè in futuro quei soldi serviranno certamente più a loro che a me”.
Ancora più caustica la replica di D’Anna: “Confido che la prossima volta i leghisti possano mostrare al capogruppo Barani carta moneta autentica, magari anche presa in prestito dall’ex tesoriere della Lega Francesco Belisito o dal figlio di Umberto Bossi”.
Forza Italia mette in dubbio la paternità  dell’emendamento Cociancich
In Aula, infatti, a rappresentare il governo c’è il sottosegretario a Palazzo Chigi e braccio destro di Matteo Renzi, Luca Lotti.
E anzi, da Forza Italia continuano le accuse secondo le quali l’emendamento Cociancich (poi approvato) sia stato scritto direttamente nella sede della presidenza del Consiglio: “Manca una firma — interviene Maurizio Gasparri — quella del segretario generale della presidenza del Consiglio, Paolo Aquilanti, è lui che ha scritto l’emendamento. Il senatore Cociancich è incolpevole”.
Per oltre un’ora l’Aula ha discusso per l’appunto della paternità  (o meno) dell’emendamento Cociancich tanto che Roberto Calderoli ha chiesto la verifica sulla firma autografa citando anche l’eventualità  di un possibile “falso in atto pubblico”. Grasso ha tuttavia spiegato che la prassi prevede che “fino a prova contraria, tutte le firme apposte sugli emendamenti si considerano autentiche fino a quando non ci sia qualcuno che disconosca la sua firma”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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DAI PASTELLI AL COMPUTER: LA BUONA SCUOLA DI RENZI VA AVANTI CON I PUNTI DELLA SPESA

Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile

SUPERMERCATI CON CATALOGHI DI PREMI DEDICATI ALLA DIDATTICA: LE SCUOLE COSTRETTE A INVITARE I GENITORI A REPERIRE IL MATERIALE CHE MANCA ALLE CLASSI PER MANCANZA DI FONDI STATALI

Un bollino dopo l’altro, puntano al computer nuovo per l’aula di informatica, alla stampante che sostituisca quella rotta in segreteria, al proiettore per completare l’aula magna.
Davanti alle classi, nei corridoi vicino all’ufficio del preside, compaiono contenitori e scatole di cartone forate: “Quando fai la spesa fai un regalo alla tua scuola”, scrive qualcuno con il pennarello indicando il salvadanaio improvvisato dagli insegnanti.
Mamme e papà  passano ogni giorno e svuotano le tasche qui dentro: gli adesivi che ricevono quando pagano lo scontrino alla cassa del supermercato non li usano per portarsi a casa padelle o servizi da caffè.
I buoni li regalano alla scuola dei figli.
Servono per comprare l’attrezzatura tecnologica che gli istituti non si possono permettere. Ma anche per riempire gli armadi di asili ed elementari di pastelli e tempere, risme di A4 e cartucce per le fotocopiatrici, di carta igienica.
L’ultima frontiera del mondo dell’istruzione in tempo di crisi passa dalla raccolta punti collettiva al discount e al supermercato.
Una staffetta per recuperare risorse che era nata come esperimento per alcune realtà  scolastiche, e che oggi vede migliaia di istituti a corto di fondi armati di cartelle e cartelline per accumulare premi che vengono riempite grazie alla spesa delle famiglie.
In tutte le Coop di Piemonte, Lombardia e Liguria ogni dieci euro battuti sullo scontrino si ha diritto a un bollino per le scuole.
La più grande rete di supermercati italiana è stata fra le prime, tre anni fa, a lanciare un catalogo dedicato solo alla didattica.
Dentro c’è di tutto: lavagne interattive multimediali e pc, mouse e stampanti laser, scorte di colla vinavil, forbici con la punta arrotondata a misura di bambino. I presidi devono compilare un modulo online per iscrivere l’istituto.
Il resto è affidato alla buona volontà  dei genitori e non solo: nella caccia ai premi sono arruolati anche bidelli, insegnanti, segretari, custodi.
Lo scorso anno nelle tre regioni si sono iscritte più di 4mila scuole. Hanno raccolto oltre 40 milioni di punti trasformati in materiale didattico.
Da settembre sono state fatte già  150 domande a Milano, altrettante a Torino, 70 a Genova. Non solo Coop.
Fra le catene che hanno una raccolta punti ad hoc ci sono i supermercati Famila, gli Elite, e da quest’anno Esselunga che in estate ha inviato una lettera direttamente ai dirigenti.
Risultato: sono oltre 6mila le scuole che collezionano tagliandi. La metà  lombarde, un migliaio in Toscana, 450 in Emilia.
Più schede punti, come con le cartelle della tombola, più possibilità  di collezionare materiale. Con un occhio al politicamente corretto.
“È un tema delicato   –   spiega Laura Barbirato, preside della scuola Maffucci di Milano   –   non vogliamo costringere i genitori a scegliere una determinata catena pur di dare una mano”.
Per questo in tanti aderiscono a più campagne. Così, sulle cattedre spuntano le schede di discount Lidl accanto a quelle delle catene a base territoriale come i supermercati Alì, diffusi in Veneto ed Emilia Romagna.
Sui siti web delle scuole compaiono circolari di invito alla raccolta: “A breve troverete vicino al bar i punti di raccolta   –   scrive la preside del Giorgi, tecnico milanese   –   partecipate numerosi”.
Lo scorso anno nel comprensivo di Omegna, sul Lago D’Orta, grazie ai bollini sono arrivate le lavagne multimediali.
“Non ce le saremmo mai potute permettere   –   ammette il dirigente Alberto Soressi   –   per anni i finanziamenti per le scuole sono stati ridotti all’osso. Quest’anno forse cambia qualcosa ma nel frattempo dobbiamo arrangiarci”.
Gli istituti più grandi aspirano alla tecnologia, quelli più piccoli fanno scorte di materiale indispensabile per la vita di una classe.
“Compriamo fogli di carta, pennelli e pitture   –   spiega Daniela Giorgi, maestra in una scuola dell’infanzia di La Spezia   –   in questo modo non dobbiamo chiedere il contributo volontario alle famiglie”.

Tiziana De Giorgio
(da “La Repubblica“)

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NESSUNA MULTA PER L’UOMO CHE AVEVA INVITATO GLI AMICI ALLA VENDEMMIA

Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile

HA PREVALSO IL BUON SENSO: “NESSUN RAPPORTO DI LAVORO”… LE ISPEZIONI VANNO AVANTI

Non ci sarà  nessuna multa per il vendemmiatore piemontese e i suoi amici.
Il pensionato di Castellinaldo d’Alba, Battista Battaglino, era stato sanzionato perchè sorpreso dagli ispettori insieme ai suoi amici nella tradizione della antica vendemmia: il fatto che avesse “chiamato” gli amici per raccogliere l’uva nella sua piccola vigna, senza pagarli, era stato punito con una sanzione da 20mila euro.
Ora però – scrive la Stampa – è stato certificato che fra vendemmiatori e amici non esisteva “alcun rapporto di lavoro” e dunque nessuna maxi multa per impiego in nero.
Il quotidiano di Torino cita il segretario generale del ministero del Lavoro, Paolo Pennesi: “C’è stato l’incontro alla Direzione territoriale di Cuneo, a seguito della verifica ispettiva. Al riscontro delle carte, la situazione è stata chiarita, anche in ciò che poteva lasciare margini di dubbio. Si è accertato che nella vigna con il proprietario c’erano un nipote e la compagna, insieme con un amico di famiglia e un’altra persona. Nessuno legato da rapporti di lavoro dipendente”.
Dopo la protesta con tanto di cartelli “Amara vigna mia” e “Specchio dei tempi”, portata avanti con la compagna Ada e gli amici, Battista non sarà  dunque costretto a pagare.
L’ispettorato però avverte: “Stiamo controllando la zona tra Cuneo e Asti per verificare le condizioni di lavoro, individuare chi utilizza dipendenti in nero, migranti irregolari, minori, finte coop. Non ci sono casi di caporalato, ma sarei preoccupato se i controlli non ci fossero”.

(da “Huffingtonpost”)

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PARLA L’UOMO LEGATO ALL’ALBERO CON LO SCOTCH: “QUESTI SCHERZI MI HANNO ROVINATO”

Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile

ANDRIA, INDENTIFICATI I BULLI CHE PERSEGUITAVANO LA VITTIMA: SONO L’EMBLEMA DELLA FECCIA CHE CIRCOLA IN ITALIA

Sulla giacca color cuoio c’è una scritta con la bomboletta spray. Uno scarabocchio azzurro, forse una parola non finita.
“Fino a ieri non c’era”, giura Nunzia. Dietro al bancone del bar, serve birra e sorrisi a Luca. “Lui è buono, ma i ragazzi ne approfittano — ripete — Vedi, è un continuo: che motivo c’è di scrivere sul giubbotto?”.
Di essere finito sui giornali nazionali e nei tg di prima serata, Luca   l’ha scoperto solo quando il clamore mediatico ha lasciato posto al brusio del paese.
«Ho visto le foto sul giornale, mentre prendevo il caffè», piange Luca con la testa tra le mani.
E’ pomeriggio, l’imbarazzo e il dolore sono finiti (ancora una volta) sul fondo di qualche bottiglia.
«Non è giusto, non si fa così: i video, i telefonini, non lo sapevo. Ridevamo, raccontavo le barzellette, ma le foto mi rovinano».
Non uno scatto isolato, ma una sfilza di sequenze, rimbalzate da mesi sui social network. Nel silenzio, e tra le risate generali.
E una pagina Facebook dedicata: “Lui coi capelli colorati, con i guantoni da boxe, legato con lo scotch alla sedia o all’albero — confessano i ragazzini in piazza — una volta hanno fatto un video dove fingeva di essere un combattente dell’Isis, in cambio di 2 euro”.
La foto dell’albero, però, ha suscitato l’indignazione di tanti e costretto la polizia a intervenire.
Un fascicolo di inchiesta è stato aperto dalla Procura di Trani sugli episodi ai danni del 55enne di Andria.
Con gli agenti del commissariato della cittadina del nord barese, Luca ha parlato a lungo: ha confermato i fatti e firmato una dettagliata denuncia.
L’esposto è diventato così un fascicolo, affidato al pm Alessandro Pesce.
L’ultimo episodio, proprio una settimana fa, sarà  quello che consentirà  alla polizia di identificare coloro che, anche in quel caso, lo avevano legato all’albero.
Un gruppetto di ragazzini, poco più che ventenni, quattro al massimo, che lo avrebbero convinto a farsi fotografare dietro la promessa di una birra.
Dall’individuazione di questi ultimi, gli investigatori procederanno poi a ritroso, per arrivare agli altri giovani, che a luglio scorso hanno postato le prime foto su Facebook, in gruppi chiusi. Indaga anche la polizia postale, che passa al setaccio i social network e ha già  individuato alcuni profili personali. “
Una volta accertate le responsabilità , mi aspetto che il comune si costituisca parte civile nel processo”, chiede il deputato grillino Giuseppe D’Ambrosio, andriese.
Nel bar vicino a casa, Luca incontra i soliti clienti.
«Che hai combinato?», sorride Nicolas. Più volte l’ha salvato dagli ‘scherzi’ dei coetanei. Lui sorride, piange, e poi ride di nuovo.
Gli occhi persi e smarriti; un attimo, e lo sguardo si fa profondissimo e consapevole.
Il sindaco Nicola Giorgino ricostruisce le vicende familiari: il lavoro in banca, la disoccupazione, la separazione e l’allontanamento anche dai figli. “Ha provato due volte a inserirsi in un percorso di recupero al Sert, ma ha sempre rifiutato i ricoveri o l’ingresso in comunità ”.

Silvia Dipinto
(da “La Repubblica”)

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PADRI NATURALI

Ottobre 1st, 2015 Riccardo Fucile

I VALORI DA CONDIVIDERE

Questa è una storia che farà  storia.
Sabato scorso, in Ohio, il signor Bachman sta portando all’altare la figlia Brittany.
La guarda negli occhi e vi legge una preghiera.
Capisce, ma forse ci era già  arrivato da solo; punta il banco dei parenti e afferra la mano del secondo marito di sua moglie, signor Cendrosky.
Qualcuno teme il peggio, visto che in passato tra i due non era corso buon sangue. Invece. «Hai lavorato duro per tirare su nostra figlia», gli dice. «Perciò adesso tocca anche a te».
E lo trascina in lacrime al centro della scena, offrendogli l’altro braccio della sposa.
All’improvviso il protocollo un po’ scontato di ogni rito nuziale viene investito da una bufera di sentimenti incontrollabili. Amore e gratitudine.
C’è una giovane donna che cammina verso il suo matrimonio, stretta con orgoglio tra l’uomo che l’ha messa al mondo e quello che l’ha cresciuta nella prosa della quotidianità .
È un corteo da pelle d’oca, che se ne infischia dei ruoli formali e va dritto al succo della vita.
In quest’epoca di famiglie liquide non è l’atto della procreazione a fare di un essere umano un genitore, ma la qualità  del tempo che dedica a suo figlio.
Biologico, adottivo o acquisito, importa poco.
Importa che la paternità  e la maternità  sono diventati valori da condividere.
Persino all’altare.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)

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