Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
I SOCIAL IN DELIRIO PER UN ITALIANO DEL SUD DI CUI ESSERE ORGOGLIOSI … VITTORIA DA BRIVIDI DEL GIANT KILLER PALERMITANO, DA NUMERO 110 DELLA CLASSIFICA ALL’IMPRESA DELLA VITA
Il primo ad applaudirlo è stato proprio Corrado Barazzutti, l’ultimo ad aver avuto il privilegio di una semifinale Slam. Si era sempre al Roland Garros, quarant’anni fa. Era il 1978, perse poi 6-0 6-1 6-0 contro Bjorn Borg.
Oggi Marco Cecchinato si è regalato qualcosa di incredibile. Meraviglioso. Inaspettato.
Un italiano è tra i migliori quattro a Parigi, e e questo ragazzo si è meritato ogni vittoria, ogni, set, ogni game, ogni punto.
La sua storia è la storia del lavoro e del sacrificio, in silenzio e senza proclami.
Ha battuto nei quarti di finale Novak Djokovic, che l’aveva voluto come sparring partner a Montecarlo.
Oggi (5 giugno, giorno fortunato: 8 anni fa il trionfo di Francesca Schiavone) il siciliano, 25 anni, lo ha superato sul suo stesso territorio: quello della strategia, della solidità , della forza fisica. Cecchinato si è imposto in quasi tre ore e mezza: 6-3, 7-6, 1-6, 7-6.
Ora gli toccherà Dominic Thiem, e potrà solo divertirsi. Sebbene nulla è precluso.
Ma l’Italia intanto ha vinto la sua partita più difficile, quella di avere un futuro nuovo più luminoso. Con Cecchinato, Fognini e Berrettini, il Roland Garros 2018 ha davvero invertito la rotta, immaginando finalmente nuovi orizzonti. E i ragazzini juniores oggi sanno che chiunque vuole può raggiungere il suo sogno.
Giant killer, l’uccisore di giganti. Così l’account del Roland Garros definisce Marco Cecchinato dopo la vittoria sull’ex numero uno Novak Djokovic.
Il colpo vincente, poi un urlo liberatorio a terra, la schiena sulla terra rossa
Una vittoria riconosciuta anche da Novak Djokovic, che a fine partita ha abbracciato l’avversario prima di lasciare a lui il campo per riprendere fiato e cognizione di quello che è riuscito ad ottenere, con il pubblico che ha intonato “Seven Nation Army”, la colonna sonora che ha accompagnato l’Italia campione del mondo nel 2006.
Il Coni ha celebrato il successo a caratteri cubitali: “MONUMENTALE”.
“Pauroso, da brividi”, è stato il commento a caldo di Sara Errani.
L’impresa di Cecchinato è stata celebrata da tutte le testate straniere
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
LA STAMPA FRANCESE RIVELA CHE L’EROE DEL TAROCCO HA PURE COPIATO UNA PASSAGGIO DEL DISCORSO DI MACRON, SIAMO ALLA FARSA
Oggi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto il suo debutto ufficiale in Parlamento.
L’avvocato del popolo che al tempo stesso è anche un premier non eletto dal popolo (come sono stati chiamati fino ad oggi dal M5S i premier scelti con un inciucio) ha tenuto il suo primo discorso in Senato per chiedere la fiducia dell’Aula di Palazzo Madama.
Conte ieri sera ha fatto sapere tramite il suo profilo Facebook ufficiale (gestito dallo staff del MoVimento 5 Stelle proveniente dalla Casaleggio) di essere stato al lavoro “fino a tarda sera” sul discorso alle Camere.
Il post è stato pubblicato alle ore 21:00, l’orologio al polso del Presidente del Consiglio segna le 18:30.
Dettagli che hanno fatto sorridere più di qualcuno.
Oggi uscendo dal Senato Conte ha scherzato con i giornalisti sulla paternità del discorso. Il premier si stava recando a Montecitorio assieme a Riccardo Fraccaro per depositare il testo del suo intervento. Alla domanda di un cronista su chi avesse scritto il discorso (se Salvini o Di Maio) Conte ha risposto sorridendo «Il discorso? Non l’ho scritto io, me lo hanno scritto gli altri, ieri sono andato a casa presto».
Sempre durante la passeggiata con Fraccaro i giornalisti hanno colto uno scambio tra i due dove il ministro per i rapporti con il Parlamento chiedeva al presidente del Consiglio «Lo hai tagliato?», Conte prima risponde «non c’era» e poi «Il testo quello era» al che Fraccaro dice «Si sarà dimenticato anche lui» riferendosi — forse — all’autore del passaggio.
Chi abbia scritto il discorso rimane un mistero (anche se gli indiziati sono parecchi). La giornalista Rachel Donadio, corrispondente da Parigi per The Atlantic ha notato che l’elogio del populismo fatta da Conte (che ha citato Fà«dor Dostoevskij che riflette su Aleksandr PuÅ¡kin) «Se populismo è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente (e qui traggo ispirazioni dalle riflessioni di Dostoevskij tratte dalle pagine di Puskin), se anti-sistema significa mirare a introdurre un nuovo sistema, che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene le due forze politiche che guidano il governo meritano entrambe queste qualificazioni» è la stessa identica fatta da Emmanuel Macron la settimana scorsa durante la conferenza stampa con il presidente russo Putin.
Un omaggio a Macron, una strizzatina d’occhio all’amico Putin o entrambe le cose? Come da contratto Conte ha ribadito che il suo governo sarà fautore di un’apertura alla Russia. Conte ha ribadito il no all’accordo di Dublino ma anche detto che «Chiederemo con forza il superamento del Regolamento di Dublino per ottenere l’effettivo rispetto dell’equa ripartizione delle responsabilità e realizzare sistemi automatici di ricollocamento obbligatorio dei richiedenti asilo».
Curiosamente questo è proprio la novità centrale contenuta nella proposta di riforma del regolamento di Dublino che Salvini vuole bocciare (assieme ai paesi del gruppo di Visegrad).
Forse Conte e Salvini dovrebbero parlarsi di più prima di fare certe dichiarazioni.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
L’ESPERTO DI ANALISI SULLA RETE: SEI SEGNALI CHE QUALCOSA STA CAMBIANDO, C’E’ UNA RIBELLIONE VASTA E SPONTANEA CHE STA FACENDO EMERGERE LE CONTRADDIZIONI DI SALVINI E DI MAIO
Nel giorno dell’insediamento del governo Conte la domanda sorge spontanea: dove è finita l’opposizione?
Il Pd post-renziano sembra essersi assopito in un letargo senza soluzione di continuità mentre Forza Italia è stata fagocitata dal competitor interno Matteo Salvini.
Nella fase attuale l’unica opposizione ai populisti sembra venire dalla rete: in questi giorni stanno girando in rete dei veri e propri tormentoni, molto virali sui social, destinati a influenzare la sentiment dell’opinione pubblica digitale.
Abbiamo raccolto alcuni dei temi che stanno avendo maggior riscontro e che potrebbero far nascere il seme di un’opposizione al governo pentaleghista.
1. Durante il giuramento del governo giallo-verde si è imposto su Twitter l’hashtag #governolegam5s, risultando per molte ore l’argomento più discusso in Italia.
I commenti iniziati su Twitter sono arrivati sino a Facebook mentre i nomi di alcuni ministri sono diventati i più cercati su Google.
La sentiment della rete sul governo Lega-M5s non è stata delle migliori: sono diventate virali le dichiarazioni omofobe del Ministro della famiglia oppure atteggiamenti no-vax da parte del Ministro della salute.
2. Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno avviato un’alleanza post-elezioni dopo aver basato tutta la propaganda elettorale sull’indisponibilità a allearsi con altri partiti. Molti utenti online in queste ore stanno condividendo in rete dichiarazioni e video in cui i due esponenti spergiurano che mai avrebbero dato vita ad accordi politici con gli avversari.
3. Luigi di Maio e Matteo Salvini hanno varato un governo non votato dagli elettori: è questa la contraddizione delle contraddizioni sottolineata dall’opinione pubblica digitale. È infatti dal 2013 che ascoltiamo la storia dei governi non votati dal popolo. In primis fu Monti, poi Enrico Letta, passando per Renzi e finendo con Gentiloni.
La propaganda dei due leader in questi anni ha martellato incessantemente su governi senza investitura popolari e scelti in stanze segrete. Adesso il mantra della rete è che il nome di Giuseppe Conte, non eletto in parlamento e nemmeno sulla piattaforma Rousseau, è stato fatto tramite incontri a porte chiuse tra Di Maio e Salvini.
4. Lega e Movimento 5 stelle hanno avviato il governo del cambiamento con un programma di proposte shock. Alcune di queste — reddito di cittadinanza e flat-tax— sono state uno dei principali motivi dei tanti voti presi alle elezioni del 4 marzo. Su questo punto è stato condiviso da tantissime persone un tweet dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani che ha illustrato come il contratto giallo-verde non preveda coperture sufficienti per far fronte alle proposte annunciate.
Inoltre dopo l’annuncio della Lega sullo slittamento della flat tax nel 2020 in rete è iniziato a serpeggiare il sospetto che quello della Lega sia stato solo un spot elettorale per racimolare voti
5. Un paio di articoli online, veri e propri scoop, hanno avuto un forte impatto sull’opinione pubblica digitale. Parliamo della pubblicazione della prima bozza di contratto Lega-M5s e del piano di uscita dall’Euro.
Questi articoli, molto condivisi sui social network, hanno svelato come la proposta di un contratto di governo contenga al suo interno molte zone grigie. I documenti pubblicati negli articoli rivelano infatti la creazione del Comitato di Riconciliazione, ovvero una struttura parallela al Consiglio dei ministri, dove le due forze politiche prenderanno decisioni sui cittadini italiani nel chiuso di una stanza.
6. Infine la gestione della vicenda Savona. Se in un primo momento abbiamo assistito agli strali di Salvini e Di Maio che lanciavano le loro truppe virtuali contro Mattarella e i poteri forti in un secondo momento la rete ha reagito contro i due leader.
Il 31 maggio per oltre 9 ore #scusepernonfareilgoverno è stato uno degli argomenti più discussi nella Twitter-sfera italiana: principale obiettivo delle critiche e dell’ironia degli utenti è stato Matteo Salvini.
In casa 5 Stelle invece è stato invece letteralmente travolto dalle critiche Di Maio per le sue dichiarazioni di impeachment, ritirata il giorno dopo, contro il Capo dello stato. Una delle parole più ricorrenti su #impeachment e associate a Di Maio è stata #neuro.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
“SIAMO L’UNICO PAESE CHE GARANTISCE COLLABORAZIONE ALL’ITALIA, TENETELO A MENTE”
Dopo i primi passi di Matteo Salvini come ministro dell’Interno e lo scontro diplomatico con il
governo di Tunisi accusato dal numero uno del Viminale di esportare galeotti, arrivano le parole di Mohamed Ben Souf, parlamentare tunisino per del partito Nidaa Tounes.
“Caro Salvini – ha scritto Ben Souf in una lettera indirizzata al ministro dell’Interno italiano – le accuse che ha rivolto al mio Paese offendono l’orgoglio dei tunisini, un popolo che con coraggio ha abbracciato la democrazia, lo stato di diritto, la parità di genere”.
“Offende – si legge ancora nella lettera – anche una verità incontrovertibile, di cui gli stessi media italiani hanno parlato in questi giorni: il fatto che la Tunisia è l’unico paese che garantisce all’Italia un’efficace collaborazione ed il buon funzionamento dell’accordo di riammissione, tra l’altro sottoscritto nel 2011 da un esponente del suo stesso partito, il ministro Maroni”.
“Ne consegue – prosegue la lettera del parlamentare tunisino – che molti tra le poche migliaia di migranti tunisini che giungono in Italia (circa 6.000 nel 2017) vengono rimpatriati”.
“Quanto alla partenza verso le coste italiane di criminali, detenuti rilasciati dalle carceri tunisine – ha scritto ancora Ben Souf – si tratta di un’accusa totalmente infondata. La prassi degli indulti in Tunisia ha radici profonde; i detenuti per reati minori beneficiano periodicamente della grazia presidenziale in occasione delle principali festività . Ciò non aveva mai suscitato obiezioni; non vi è alcun collegamento tra il rilascio di detenuti e il flusso di migranti. Quest’ultimo è un fenomeno provocato dalla crisi economica tunisina ed assume comunque proporzioni abbastanza modeste. I migranti sono semplicemente giovani che tentano di costruirsi un avvenire migliore. Non sono criminali e terroristi”.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
DISCORSO GENERICO E PALLOSO, 72 MINUTI DI SLOGAN, PERFETTO PER GLI ANALFABETI POLITICI CHE INFATTI HANNO GODUTO
La gazzarra scatta verso la fine dei settantadue minuti di discorso sul quale il premier Giuseppe Conte chiede al Parlamento la fiducia al suo governo. Quando il presidente del Consiglio chiede alle opposizioni un confronto costruttivo e leale.
E sciorina come concessioni quelle che sono le naturali attività del governo in Aula.
Garantisce l’applicazione delle interrogazioni a risposta immediata. Assicura la presenza dei ministri in Commissione, che “risponderanno alle vostre domande”.
E lascia aperte le porte a “altri gruppi che in futuro vorranno condividere il contratto di governo”.
Invitando, sostanzialmente, a quel trasformismo che fino a ieri era il grande babau da sconfiggere, anche imponendo il vincolo di mandato.
Da Forza Italia, e ancor più dal Pd, scatta una vibrata protesta. Alla fine il capogruppo dem Andrea Marcucci scende davanti ai banchi del governo e apostrofa duramente Riccardo Fraccaro, ministro dei Rapporti con il Parlamento.
Una visione ottocentesca, quasi octroyèes, dei rapporti tra maggioranza e minoranza, tra l’esecutivo e le sue opposizioni.
E dire che fino ad allora l’eloquio professorale di Conte aveva fatto sonnecchiare l’emiciclo.
Con due soli picchi retorici ed empatici.
Il primo sulla rivendicazione dell’essere populisti, laddove il termine identifichi “l’attitudine ad ascoltare i bisogni della gente”, e antisistema, laddove significhi “rimuovere le incrostazioni e le storture del vecchio sistema”.
Il secondo sul generico enunciato del voler “aggredire le mafie, le loro finanze e le loro economie”. Scatenando la standing ovation da parte dell’intera maggioranza, con tanto di coro ritmato da piazza “Fuori-la-mafia-dallo-Stato” (il come farlo può attendere), che ha costretto la presidente Elisabetta Casellati a uno dei pochi interventi nel corso dell’ora abbondante di discorso.
Attorniato da Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il teorico capo dello strano triumvirato di governo ha alternato echi giustizialisti (largo all’agente provocatore, al carcere per i grandi evasori, alla riforma della prescrizione) a una mera e lunghissima parafrasi del contratto di governo, scremato dalla quasi totalità del suo orizzonte concreto e temporale, e ridotto a una teoria di enunciati di buona volontà .
La maggioranza è in sollucchero. In Transatlantico del Senato arriva sorridente il neo ministro Lorenzo Fontana, che scorda per un giorno le polemiche sulle sue posizioni sugli omosessuali.
Il senatore Alberto Airola è “emozionato”, per “il primo sì” che esprime in un voto di fiducia. Il 5 stelle Vito Petrocelli mette le mani avanti: “Voi giornalisti dovete cambiare le categorie con cui leggete il mondo, non è il governo più a destra di sempre”.
Danilo Toninelli si fa prendere la mano, scherza con i giornalisti al grido di “qui si fa l’Italia o si muore”.
Al premier verranno tributati cinquantasette applausi in settantadue minuti, una frequenza impressionante. Anche se si fa mero portavoce del contratto di governo, dal quale non si sposta di un millimetro. O forse proprio per quello.
Spende tutto un preambolo quasi per giustificarsi. O, meglio, per spiegare la stranezza e l’irritualità del fatto che proprio lui si trovi lì e ora, a pronunciare un discorso di questo peso nel suo debutto assoluto nelle aule parlamentari. “Mi conoscete, non ho esperienza politica”; “Sono ben consapevole delle prerogative del mio ruolo”; “Sono qui e sono ben grato di chi ha rinunciato a legittime ambizioni personali e ha messo davanti l’interesse comune”.
Poi parte la sequela di enunciazioni di principio, del “vogliamo fare” senza specificare il quando e, soprattutto il come.
Tutti contrappuntati dai battimani della truppa gialloverde. “Vogliamo uno stato a misura di disabile” (decimo applauso); “Vogliamo città più sicure” (dodicesimo); “Vogliamo la certezza della pena” (ventiquattresimo); “Vogliamo combattere le mafie” (ventinovesimo); “Vogliamo accorciare le liste d’attesa nella sanità ” (quarantaquattresimo).
Ovviamente hanno spazio il reddito di cittadinanza e la flat tax, meno l’Unione europea, “nostra casa comune” in cui andare a ridiscutere i trattati. Ma l’applausometro schizza davvero solo sul comparto immigrazione (ne scattano otto i meno di cinque minuti).
Conte dice che “non siamo razzisti”, ma che combatteranno “lo sfruttamento da parte degli scafisti privi di scrupoli”, e che “l’Italia non può essere lasciata sola”. Quando parla della necessità della “trasparenza nell’utilizzo dei fondi pubblici” dai banchi dei Cinque stelle si inizia a battere i piedi sul legno, quasi si fosse in un palazzetto dello sport, costringendo il questore Laura Bottici ad invitare tutti a smetterla.
Conte beve un paio di volte un bicchiere d’acqua, e, prima del gran finale, evita accuratamente di entrare in collisione con le opposizioni.
Tranne sul conflitto di interesse, passaggio che viene condito da un paio di “vallo a dire a Casaleggio” (uno di Licia Ronzulli, l’altro dai banchi del Pd).
Alla fine rimane un tono professorale e una lista dei desideri che a parte i toni vagamente manettari difetta di contenuto.
“Ma lui è così — spiega chi sta imparando a conoscerlo in questi giorni — è sempre molto professorale, vola alto”.
Al punto che, chi ha letto il discorso scritto interamente di suo pugno ieri, gli ha consigliato di renderlo più puntuto, più ficcante.
Con scarsi esiti, evidentemente.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
IDEE CONFUSE, RETORICA OTTOCENTESCA, DATI SBALLATI, SCIVOLONE SULLA PENSIONE SOCIALE, NESSUNA COPERTURA ALLE SPESE ANNUNCIATE
Fluviale Giuseppe Conte. Ha parlato per un’ora e un quarto di fila, agitando la mano per dare
più forza alle parole anche quando ha un po’ inciampato.
E’ stato interrotto da 60 ovazioni in totale, in due episodi è stato applaudito anche dall’opposizione.
Conte si è definito a capo di un governo “populista e anti-sistema” che procederà con “umiltà e con determinazione” lanciando il “daspo” e l’agente sotto copertura contro i corrotti, l’inasprimento delle pene per alcuni reati come la violenza sessuale, il carcere per i grandi evasori, la riforma della legittima difesa, i tagli alle pensioni d’oro, la riforma della prescrizione e tanto altro.
Un discorso molto generico, fin troppo. Più slogan che sostanza.
I numeri record sui migranti? Ma dove?
Quanto al tema immigrazione Giuseppe Conte ha usato l’esercizio della retorica.
Conte ha parlato anche di “numeri impressionanti” di migranti, mentre come è noto nel 2018 i flussi si sono ridotti del 70%.
Parole ricorrenti
Nel discorso pronunciato al Senato si segnalano diverse parole ricorrenti: termini ‘istituzionali’ (come “governo”, utilizzato 33 volte, e “Paese”, 25 volte) oppure piu’ ‘informali’ (“nostro” 30 volte, “cittadini” 27 volte). Da notare l’ampio utilizzo della parola “anche”, che ricorre ben 41 volte. Per ben 7 volte viene adoperata nell’espressione “ma anche”, a sottolineare la natura quanto piu’ possibile ‘inclusiva’ del programma di governo.
Non citata la questione dell’Iva e dell’incombere delle clausole di salvaguardia, nessun cenno alla delicata questione dell’Ilva di Taranto, mai menzionata neanche la parola “scuola”.
Non cita mai la legge Fornero, pur parlando di pensioni, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso del suo intervento per la fiducia in Senato.
Tra le parole chiave del contratto di governo, che non compaiono nel discorso d’esordio, si nota anche l’assenza di “pace fiscale”, “Euro”, “Tav”, anche se i diversi temi, dal fisco all’Europa, agli appalti e opere pubbliche, dedica specifici passaggi del suo intervento.
Quanto ai temi, ci sono il terzo settore e lo sport, ma non la cultura e la scuola. Dell’università , il professore parla nel passaggio dedicato alla ricerca scientifica e ai cervelli in fuga: “Le nostre scuole e università sono in grado di formare eccellenze assolute in tutti i settori, ma non di mantenerli nel nostro Paese”, afferma. Infine, il Sud non viene citato come capitolo a sè, ma solo in riferimento alle autonomie territoriali “del Nord e del Sud”.
Cetto La qualunque.
Tra i primi a commentare il discorso del premier il governatore della Liguria, Giovanni Toti (fi) che ha detto: “Il discorso di Conte tra cose un po’ squinternate e un po’ esagerate mi sembra una via di mezzo tra la confusione programmatica e Cetto La Qualunque. Tra salario minimo, reddito di cittadinanza, pensioni di cittadinanza, il programma di Governo costa almeno 110 miliardi di euro. Ricordo che tutto il sistema sanitario nazionale costa 113 miliardi di euro – continua Toti -. A me sembra un filo ambizioso. E inoltre la pensione di cittadinanza c’è già , si chiama pensione sociale, la flat tax alle imprese c’è già , c’è la cedolare sui risparmi, se non vai a toccare l’Irpef delle persone fisiche di cosa stanno parlando?”
(da Globalist)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
NELLA VITA CI SONO VILI E PORTAVOCE, I PRIMI DEMANDANO AD ALTRI FINGERE DI “NON ESSERE INSENSIBILI”… IN REALTA’ SE NE FOTTONO E SUI SOCIAL C’E’ PURE CHI ESULTA PER I BOIA
Siccome taluni fanno lavori che gli italiani non vogliono più fare, è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a ricordare l’omicidio del sindacalista Soumayla Sacko al posto del ministro dell’Interno responsabile dell’ordine pubblico Matteo Salvini e del ministro del Lavoro Luigi Di Maio.
“Non siamo affatto insensibili — dice Conte anche se nessuno lo ha accusato di esserlo, ma si vede che la coda di paglia funziona anche in conto terzi — Una riflessione merita la vicenda tragica e inquietante occorsa qualche giorno or sono. Sacko Soumayla è stato ucciso con un colpo di fucile: era uno tra i mille braccianti, con regolare permesso di soggiorno, che tutti i giorni in questo paese si recano al lavoro in condizioni che si collocano al di sotto della soglia della dignità . A lui e ai suoi familiari va il nostro commosso pensiero. Ma questo non basta”.
E prosegue: “La politica deve farsi carico del dramma di queste persone e costruire percorsi di legalità ”, dice il presidente del Consiglio, dimenticando che Soumayla Sacko era in regola in Italia ed era provvisto di permesso di soggiorno.
Se Conte cercava l’illegalità bastava dare un’occhiata a chi lo sostiene.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
ERO MILITANTE DELLA LEGA, POI UN VIAGGIO AL SUD MI HA APERTO GLI OCCHI E HO STRACCIATO LA TESSERA
Gentile ministro Salvini,
le voglio raccontare una storia vera. Quando avevo 18 anni c’era ancora la Democrazia Cristiana e l’allora Pds. Ai tempi ero un giovane cattolico, cresciuto all’oratorio con il desiderio di darmi da fare per il mio paese
Ero arrivato a quell’età senza che mai nessuno mi parlasse di mafia, di antimafia, di analfabetismo, di abbandono scolastico ed ero convinto che l’Italia aveva i suoi bei problemi perchè una parte del nostro Paese era “scansafatiche”, perchè c’erano questi “terroni” che in fondo con la mafia ci stavano bene.
Pensavo che per loro fosse una pacchia il far nulla mentre mio padre al Nord faceva dieci ore al giorno in un’azienda chimica. Così votai Lega Nord.
Alla sede del partito trovai pure chi mi accolse a braccia aperte tanto da propormi una candidatura al consiglio comunale.
Feci quell’esperienza con tutta la passione possibile, forse fin troppa. Avevo come lei ha ancora l “Albertino da Giussano” al bavero della giacca; adesivi ovunque sulla mia Fiat Panda e durante la campagna elettorale giravo con un altoparlante sull’auto che urlava una canzone: “Mi son lumbard, mi son lumbard e ai terun ghe spachi li ball” (lo scrivo senza gli accenti giusti, perdonatemi).
Se la ricorda Salvini? Pensi ho persino ancora una foto con Umberto Bossi…
Ma allora come oggi conservavo un’idea: per giudicare dovevo conoscere.
Così un’estate su proposta di un amico chiamai un numero di telefono: 0916405… Dall’altra parte della cornetta c’era Sarina, una donna ormai ultrasettantenne che aveva dedicato la sua vita ai molti bambini che non sanno leggere e scrivere, che non hanno un luogo dove fare i compiti e che qualche volta nemmeno riescono ad avere pranzo e cena assicurato.
Mi misi in testa di andare a conoscere la Sicilia, Palermo.
A luglio partii. Un lungo viaggio in treno. Mentre scendevo pensavo: “Ora arrivo in questo Sud, vedo e torno ancora più convinto della mia idea leghista”.
Arrivato a Palermo venne a prendermi alla stazione una volontaria con Katia, 8 anni, con due grandi occhi azzurri. Era una delle bambine che Sarina accoglieva ogni giorno a casa sua e oggi è una donna di 30 anni, adottata da una famiglia quand’era fanciulla.
Arrivato a Monreale mi bastarono 24 ore con quella donna, in giro per quel quartiere dove le case erano così anguste da non avere lo spazio fisico e psicologico per restarci dentro in più di due-tre; dove i bambini giocavano per strada perchè nessuna amministrazione aveva mai pensato ad un parco giochi per loro; dove Totò non andava a scuola perchè era meglio andare al mercato a guadagnare qualcosa piuttosto che leggere e scrivere visto che lavoro non c’era e non c’è. In un giorno capii che avevo sbagliato tutto.
Tornai a casa, a Crema, stracciai la tessera della Lega Nord, tolsi gli adesivi dall’auto, la spilla dalla giacca, feci dichiarazione d’indipendenza in consiglio comunale e il 20 ottobre di quell’anno partii per fare sei mesi di volontariato a Palermo.
Da allora non ho più smesso di frequentare la Sicilia e di lottare insieme ai siciliani per cambiare il nostro Paese.
Perchè le ho scritto questa storia? Perchè son convinto che forse lei non abbia mai messo piede alle sei del mattino nei campi attorno a Mazara del Vallo o Casal di Principe con quei giovani, clandestini o non, che si piegano per raccogliere i pomodorini che lei mangia sulla pizza margherita senza pensarci troppo.
Son convinto che lei ministro forse non abbia mai atteso il caporale tra quei ragazzi che aspettano ogni giorno che qualcuno li sfrutti per andare a raccogliere le olive che lei mangia nei suoi aperitivi milanesi.
Son convinto che lei non abbia mai seguito quei furgoncini che lasciano per le nostre strade giovani pakistani o indiani che per pochi euro le portano nella cassetta della posta i volantini del supermercato.
Sono altrettanto certo che lei non sia mai stato a Sokone o Kaolack in Senegal dove non c’è alcuna guerra ma la gente vive con meno di 150 euro al mese: è da lì che arrivano quei negri che ogni tanto avranno fermato anche lei per darle un braccialetto diverso da quello del Milan.
E sono convinto che non abbia mai messo piede nella baraccopoli di Korogocho dove la gente vive la “pacchia” di stare in una casa di lamiera costruita su una discarica di rifiuti senza acqua e luce.
E chissà che racconta ai suoi figli della Tunisia dove come lei ha detto “nessuno scappa dalla guerra” ma dove fino al 2011 vivevano sotto un regime con disoccupazione alle stelle, rincari alimentari, corruzione e cattive condizioni di vita.
E’ davvero convinto ministro che un uomo lasci la propria casa, la propria moglie o fidanzata, i suoi figli, i suoi legami senza soffrire?
E che lo faccia solo per venire qui a delinquere?
Chi sono i clandestini? È stato di 30.850 la quota massima di lavoratori subordinati, stagionali e non stagionali, nonchè di lavoratori autonomi che sono potuti entrare quest’anno nel nostro Paese.
Lo ha stabilito il decreto flussi 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio. Gli altri o entrano con lo stato di rifugiato oppure sono irregolari.
L’ultima stima dell’Ismu, relativa al 1° gennaio 2017, parla di 491mila gli stranieri (contro i 435mila alla stessa data dell’anno precedente) non in possesso di un valido titolo di soggiorno.
Tanti? Pochi? L’incidenza degli irregolari sul totale della popolazione straniera presente è dell’8,2%.
Siamo il Paese con più immigrati? No.
La Germania ha registrato nel 2015 il numero totale più elevato di immigrati (1.543.800), seguita dal Regno Unito (631.500), dalla Francia (363.900), dalla Spagna (342.100) e dall’Italia (280.100).
L’Italia, come sottolinea l’inchiesta di Valigia Blu, accoglie un profugo ogni mille persone e risulta sotto la media europea (1,1 ogni mille) e ben al di sotto di Svezia (11 ogni mille) e Francia (3,5 ogni mille). In Medio Oriente, il Libano accoglie circa 1,2 milioni di profughi (232 rifugiati ogni mille abitanti), pari a un quarto della popolazione del paese e la Giordania 672.930 profughi, 87 ogni mille abitanti.
Siamo di fronte ad un’invasione? No.
Secondo l’Unhcr, 875mila migranti e profughi sono arrivati via mare in Europa dal 2008 al settembre 2015. Anche se tutti fossero rimasti in Europa, si tratta dello 0,17 per cento della popolazione europea (che è di 507 milioni di abitanti).
Ci rubano il lavoro? No.
In Italia, per esempio, i dati Istat elaborati dalla Fondazione Moressa mostrano come i lavoratori immigrati tendono a esercitare in aree differenti da quelle dei lavoratori italiani.
Le dirò di più: tra imposte e contributi previdenziali i cittadini stranieri versano 16,5 miliardi di euro all’anno. Mettendo a confronto entrate e uscite gli immigrati in Italia sono in attivo di 3,9 miliardi di euro.
Un ministro ha il dovere di spiegare non di fare comizi.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
COME UN ISTIGATORE ALL’ODIO HA SDOGANATO LA PEGGIORE FOGNA UMANA E PROMOSSO UN CLIMA DA GUERRA CIVILE
Simone su Facebook racconta:
Io, Rita e i bambini stiamo rincasando. Dall’altro lato della strada, all’altezza del nostro portone, c’è un signore sulla cinquantina, forse indiano o pakistano, in tunica, molto distinto, che attraversa.
Uno scooter che sta correndo troppo gli arriva quasi addosso, fa appena in tempo ad inchiodare.
L’ uomo che lo guida si alza la visiera del casco ed esplode: “A pezzo demmerda, ma ndo cazzo vai, ma chi cazzo sei, me stavi a ffa’mmazza’, a stronzo”.
Non prova nemmeno a scendere dal motorino: resta seduto a urlare contro l’altro uomo, a un metro dalla sua faccia.
E gli sputa addosso, una, due, tre, quattro volte.
Lo straniero è pietrificato: si prende tutti gli sputi senza una parola, senza una mossa, per quelli che non saranno stati più di quindici secondi ma che a me sono sembrati lunghi come quindici minuti, a lui forse quindici anni.
Poi quello smette di sputare, rimette in moto, e scandisce lento e duro: “Adesso co’ Salvini avete finito, ha’capito mmerda, avete finito. Siete finiti”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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