Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
NON E’ VERO CHE IL BOOM DELLE PARTENZE SIA COLPA DI UN’AMNISTIA… LA CAUSA E’ UNA GRAVE CRISI ECONOMICA
La tragedia del 3 giugno al largo delle isole Kerkennah, riporta alla luce il fenomeno
dell’immigrazione dalla Tunisia all’Italia.
Almeno 48 persone sono morte in un naufragio, l’ultimo di una lunga serie. Lo scorso ottobre un altro incidente nella stessa area aveva causato la morte di più di 40 persone. Questo ennesimo episodio nefasto nel tentativo di attraversare il Mediterraneo — 16.000 vittime dal 2014 a oggi — si è incrociato con l’insediamento al Viminale del politico che più di tutti ha fatto della lotta all’immigrazione uno dei suoi cavalli di battaglia, Matteo Salvini.
“La Tunisia spesso esporta galeotti”, ha detto. Probabilmente, nelle intenzioni di Salvini, vi è la volontà di ridurre l’immigrazione dalla Tunisia a una mera questione di sicurezza, tramite lo screditamento delle ragioni alla base della scelta di migrare dei tunisini.
Era dal 2011 — l’anno della “Primavera araba” e dell’instabilità politica seguita alla fuga dell’ex Presidente Ben ‘Ali — che le coste siciliane non erano testimoni di così tanti sbarchi dalla Tunisia.
Nei primi 5 mesi del 2018, in Italia sono sbarcati 2.889 tunisini, su un totale di 13.775 persone: un immigrato su 5 arrivato via mare in Italia nel 2018 proviene dalla Tunisia, diventata il primo Paese di origine dell’immigrazione in Italia.
E questo trend ha avuto inizio almeno nel settembre scorso, con più di 4.500 persone sbarcate dalla Tunisia tra quel mese e la fine di novembre 2017.
Siamo di fronte a una ripresa significativa delle partenze dalle coste di Tunisi e Sfax. Ma non si può mettere in correlazione questo trend con il calo delle partenze dalla Libia in seguito al “Minniti compact”, il piano ideato dal predecessore di Salvini volto a negoziare con gli attori statali e non statali libici il blocco delle partenze dai porti a Ovest di Tripoli.
A screditare una possibile relazione tra i due fenomeni vi è la provenienza dei migranti: nel caso di quelli in arrivo dalla Libia, quasi tutti provenienti dall’Africa subsahariana o dal Bangladesh, tutti tunisini quelli provenienti dalla Tunisia.
La frase di Salvini è il frutto di una “bufala” fatta circolare tra gli ambienti mediatici vicini all’attuale ministro a novembre, secondo cui la ripresa delle rotte dalla Tunisia sarebbe dipesa da un’amnistia generale concessa dal presidente della Repubblica tunisino Beji Caid Essebsi.
Come dire: la Tunisia svuota le carceri e i criminali fuggono in Italia.
Ma quella che veniva presentata come un’amnistia speciale, altro non era che un’iniziativa che ogni anno la presidenza tunisina intraprende durante la festa della Repubblica o il Ramadan.
Essebsi aveva perdonato poco più di 1.500 prigionieri (in carcere per reati minori in un Paese in cui un terzo della popolazione carceraria ha alle spalle reati legati all’uso di droghe leggere), di cui solo 400 erano stati effettivamente liberati, mentre il numero di persone sbarcate in Italia nello stesso periodo era di dieci volte maggiore: dunque non si poteva provare un nesso di causa-effetto.
Paradossalmente, sarebbe quasi una “buona notizia” se ad arrivare in Italia dalla Tunisia fossero i “galeotti”.
Invece il fenomeno dell’immigrazione sulla rotta Sfax-Pozzallo è indice di un malessere più strutturale.
I tunisini che lasciano il Paese fuggono da una crisi economica che fatica a rientrare; da una svalutazione del dinaro del 30 per cento in un anno; da una crisi occupazionale sempre più forte; da una disparità tra Est e Ovest del Paese che fa sì che in quest’ultimo non sia garantito il più basilare servizio infrastrutturale o igienico-sanitario; da una crisi di rappresentanza che vede una emorragia di giovani dalla politica (l’astinenza dal voto delle persone tra i 18 e i 25 anni ne è una riprova).
§E tutto questo, che genera condizioni perfette per il proliferare di ideologie radicali e oltranziste e del sempre alto rischio di episodi terroristici, ha direttamente a che fare con noi.
L’Europa e l’Italia (che in questo dovrebbe far sentire la propria voce a Bruxelles) dovrebbero adoperarsi per far sì che quelle condizioni alla base della scelta di emigrare vengano meno e che la Tunisia possa finire il cammino di democratizzazione intrapreso più di sette anni fa, altrimenti gli effetti distorti si sentiranno fino a ben sopra il Mediterraneo, come sta avvenendo.
E non verranno fronteggiati efficacemente a suon di slogan.
Altro che pacchia.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
IL PROFESSORE DI ECONOMIA ERA STATO INDICATO COME VICE-MINISTRO ALL’ECONOMIA… SALVINI FURENTE PERCHE’ HA SVELATO LA PATACCA, GETTANDO NEL PANICO L’ELETTORATO PADAGNO
Alberto Bagnai, professore di economia all’università di Pescara oltre che senatore della Lega, era stato indicato nei giorni scorsi come possibile viceministro all’Economia.
Ieri però è incappato nella polemica sulla flat tax presuntamente rinviata al 2020. Per questo, scrive oggi Laura Cesaretti sul Giornale,
Succede ad Alberto Bagnai, fantasioso economista leghista che doveva andare a presidiare il «tecnico» Tria a via XX Settembre, ma che ieri è incorso in un incidente: ha in pratica annunciato che della flat tax, cavallo di battaglia di tutta la campagna elettorale del Carroccio, non si parlerà per almeno due anni. Prima del 2020, nisba: «Su questo c’è un accordo già fatto», confida in tv.
Patatrac: subito i leghisti accorrono a buttare acqua sul fuoco smentendolo, e assicurando che le tasse si appiattiranno ben prima del 2020. Ma raccontano che Salvini, furente con il candido prof che ha gettato nel panico il suo elettorato, abbia dato ordine di segarlo.
Caso Bagnai a parte, il grande suk del sottogoverno è in pieno svolgimento. I posti sono tanti (43, di cui 25 per i grillini e 18 per i leghisti) ma gli appetiti sono molti di più.
D’altro canto oggi Repubblica ricorda che il professor Bagnai, prima di entrare nella Lega, era un feroce critico della flat tax.
Un altro che rischia di veder infranti i suoi sogni è Manlio Di Stefano:
Il globe-trotter grillino già si vedeva alla Farnesina, al punto di aver assicurato ad amici e parenti che- se non ministro — almeno vice lo sarebbe stato di certo. Ma è bastata un’occhiata al suo curriculum, alle sue dichiarazioni (pro-Assad, pro-Hamas, pro-Putin, pro-Chavez, anti-Israele, anti-Usa, anti-Europa eccetera) e alle sue frequentazioni internazionali per mettere in allarme esperti, diplomatici e cancellerie.
In molti hanno sconsigliato una scelta tanto sconsiderata: così sono tornate a salire le quotazioni della ex fanta-ministra degli Esteri di Di Maio, Manuela Del Re.
Non sarà il massimo, si sarà pure inventata un dottorato mai conseguito da mettere in curriculum (del resto, nel governo di un fan dei curriculum col ritocco come Giuseppe Conte questo non è certo un titolo di demerito), ma se non altro non è tifosa di tutti i peggiori satrapi del pianeta.
Che si sappia, almeno.
(da “NextQuotidiano“)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
ALTRI NOMI IN POLE: GABANELLI, DE BORTOLI, DEL NOCE E FRANCO… MENTANA HA DETTO NO
Il 30 giugno scadrà l’incarico del consiglio di amministrazione che guida la RAI. 
Con la nuova legge i sette membri del nuovo cda saranno designati in questo modo: due dal consiglio dei ministri su proposta del ministero dell’Economia, due dalla Camera e due dal Senato. l’ultimo membro sarà scelto dall’assemblea dei dipendenti RAI (che pescherà tra colleghi assunti da almeno 3 anni).
Potranno proporre il nome di un dipendente i sindacati (firmatari di contratti aziendali o integrativi) o 150 lavoratori Rai, con una raccolta firme.
Visto che nel parlamento c’è una maggioranza Lega-M5S è logico pensare che i nuovi padroni potrebbero fare filotto, senza lasciare nomi di garanzia a disposizione.
Per i 4 posti a disposizione sono arrivate 196 candidature alla Camera e 169 al Senato di cui 129 identiche inviate ai due rami del Parlamento. La Stampa si diletta nel TotoRai:
Tra gli aspiranti emergono i nomi dei componenti del Cda in scadenza, oltre a Giovanni Minoli, Michele Santoro e il presidente del Codacons Carlo Rienzi.
Infine c’è chi arriva su elezione interna Rai. Ed è l’unico già deciso e annunciato: Gianluca de Matteis Tortora, funzionario con esperienza nel settore delle comunicazioni e relazioni istituzionali.
Per il dg Orfeo e per la presidente Maggioni si aprono nuove prospettive.
Al primo pare sia stata offerta la direzione della Gazzetta dello Sport dopo il suo rifiuto al Sole 24 ore.
Alcune voci lo vogliono a Mediaset per la stima che ha di lui Berlusconi. All’orizzonte della presidente Maggioni si profila la direzione di un canale in lingua inglese al quale la giornalista guarda con interesse
E poi ci sono i colpi di scena:
La poltrona di Maggioni potrebbe andare a Milena Gabanelli che sibillina risponde: «Tornare in Rai? Mai dire mai. Per ora nessuno mi ha chiesto nulla».
I papabili al posto di Direttore Generale sono: da Massimo Franco editorialista del Corriere a Ferruccio De Bortoli che del medesimo fu direttore.
I leghisti guardano con favore a Fabrizio Del Noce mentre per il direttore del Fatto, Marco Travaglio, sarebbe a disposizione la direzione del Tg della rete ammiraglia.
Outsider, Fabrizio Salini, ex Ceo di Fox Italia, head of entertainment di Sky Uno e Sky Cinema, nonchè ex direttore di La7 , per lui il ruolo di Direttore generale Rai rappresenterebbe il traguardo di una carriera nel mondo della tv.
Enrico Mentana più volte nominato, si è escluso da una corsa che non lo interessa.
I grillini e non solo loro, vedrebbero bene come dg il guru Carlo Freccero, finalmente un intellettuale gran conoscitore dei linguaggi televisivi.
E molto vorrebbero anche Vincenzo Spadafora, uomo di grandi relazioni, e unanimamente apprezzato, che difficilmente però si potrebbe dimettere da deputato per ricoprire una carica non cercata.
Ci sono però una serie di problemi.
Il primo è che Travaglio ha rumorosamente smentito in tempi recentissimi ogni sua mira sulla RAI, essendo troppo impegnato come direttore del Fatto.
La seconda è che la Gabanelli parlava di rientrare, sì, ma per lavorare e non certo nel ruolo della presidenza.
Infine, De Bortoli è apparso molto critico sul nuovo governo nei pezzi che ha scritto per il Corriere in queste settimane.
Difficile che venga portato nella tana del lupo.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
NON POSSONO SPECULARCI PER LA PROPAGANDA RAZZISTA, QUINDI NON ESISTE
Da quando è stato nominato ministro dell’Interno, Matteo Salvini ha dato un’interpretazione del ruolo tutta sua: dichiarazioni, post su Facebook, incidenti diplomatici con la Tunisia è così via.
Ma sul grave fatto di cronaca che ha portato alla morte di Soumayla Sacko, pur facendo parte di una tematica che dovrebbe stargli a cuore, non ha spiccicato una sola parola.
Anche Luigi Di Maio fornisce un’interpretazione del ruolo di ministro dello Sviluppo e del Lavoro molto movimentata, con incontro con i riders senza tutele e con imprenditori.
Purtroppo, sull’omicidio di un sindacalista il ministro del Lavoro finora non ha trovato nulla da dire.
Così come il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che essendo a capo del governo ha una responsabilità politica sulle competenze degli altri due, avrebbe potuto provare a dire due parole due di interesse nazionale.
Niente, anche lui ha perso improvvisamente la voce e la password di Facebook.
I motivi di questo silenzio sono perfettamente spiegabili: Soumayla Sacko non è utilizzabile per propaganda
“Sacko —afferma Abobakar Soumaoro di USB al Fatto Quotidiano —è stato assassinato in un contesto politico. Un ministro della Repubblica ha dichiarato in questi giorni che è finita la pacchia”.
Chiaro il riferimento a Matteo Salvini che si prende le bacchettate pure di don Pino De Masi, il prete di Libera che, in merito all’omicidio del migrante, punta il dito su un “clima che certamente non è stato favorevole. Dobbiamo abbassare i toni altrimenti i frutti sono questi. Mi auguro che la campagna elettorale sia finita per tutti e che chi governa comprenda che lo faccia per il Paese”.
I motivi del silenzio sono quindi chiarissimi: nè Di Maio nè Salvini possono utilizzare l’omicidio di Sacko nella campagna elettorale permanente in cui vogliono coinvolgere il Belpaese. Soumayla Sacko non fa parte della loro narrazione.
Per questo è il caso di dimenticarlo.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
L’AUTORIZZAZIONE A PROSEGUIRLA SPETTA A BONAFEDE, ORA VEDIAMO CHE FA IN BASE ALLA TRASPARENZA TANTO INVOCATA
Vittorio Di Battista è nei guai per le minacce a Mattarella ma il ministro della Giustizia (M5S)
può fermare o mandare avanti l’inchiesta.
All’attenzione della procura di Roma c’è infatti il post (poi cancellato) del padre dell’ex deputato del MoVimento 5 Stelle in cui si parla della presa della Bastiglia e dei rischi per il Quirinale di fare la stessa fine della fortezza francese.
Ma, scrive Repubblica, adesso dovrà scendere in campo Alfonso Bonafede:
Adesso l’autorizzazione a proseguirla spetta a uno degli altri esponenti di prima fila del Movimento 5Stelle. Appunto Bonafede, in qualità di ministro della Giustizia. È una disposizione categorica prevista dall’articolo 313 del codice penale che attribuisce una certa autonomia al guardasigilli, un potere che gli permette di far avanzare l’indagine, oppure di farla definitivamente arenare.
Il fascicolo che i magistrati invieranno nelle prossime settimane al neo ministro è stato “potenziato”. Infatti l’aggiunto Francesco Caporale e il pubblico ministero Francesco Dall’Olio hanno deciso di modificare il titolo di reato nell’inchiesta che riguarda Di Battista senior. I magistrati hanno cambiato la contestazione da “offesa al prestigio del Presidente della Repubblica” ad un più severo “offesa alla libertà del Presidente della Repubblica”.
La differenza sta tutta negli anni di reclusione indicati dal legislatore nei due articoli del codice penale.
Mentre nel primo caso (articolo 278 cp) si indica un massimo di pena pari a 5 anni di carcere, la nuova contestazione (277 cp) ha come soglia minima i 5 anni, fino a toccare un massimo di 15 anni di reclusione. Una differenza notevole.
Evidentemente i pm hanno valutato più gravi le frasi del messaggio di Vittorio Di Battista. Di Battista padre finora non è comunque ancora iscritto nel registro degli indagati.
I pm attendono l’ultima informativa da parte dei carabinieri. Bisognerà accertare senza ombra di dubbio chi c’è dietro al profilo Facebook di Vittorio Di Battista.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
FRANCESCO GENNARO, CONSIGLIERE COMUNALE A ROVIGO, AVEVA INFORMATO LA STAMPA CHE GRILLO ERA IN CITTA’, POI HA AMMESSO: “AVEVO BEVUTO TROPPO”
Francesco Gennaro, consigliere comunale a Rovigo per il MoVimento 5 Stelle, nei giorni scorsi ha contattato la redazione della Voce di Rovigo per far sapere che Beppe Grillo era a Melara a festeggiare il governo Conte.
Gennaro, medico e capogruppo in consiglio comunale, verso le 21,30 dell’altroieri ha telefonato per far sapere al giornale della presenza di Grillo in città . Poi, verso mezzanotte e quando il giornale era già in stampa, ha richiamato per smentire tutto e dire la verità : “Mi sono comportato male, mi hanno tirato in mezzo. Eravamo in compagnia, ho bevuto un bicchiere di troppo”.
Una delle curiosità della vicenda è che Francesco Gennaro è stato anche articolista del giornale e ieri è arrivata la smentita via email firmata dal MoVimento 5 Stelle Polesine: “Non corrisponde assolutamente al vero in quanto Beppe Grillo dopo lo strepitoso intervento a Roma dove è stato festeggiato il governo del cambiamento, si è trasferito in una nota località marittima”.
E lo stesso Gennaro, di fronte alla smentita, ha negato che esista un simile indirizzo e-mail e che sia stata inviata una richiesta di rettifica del genere: “Non parlano a nome del M5S. Quel documento ha valore zero”.
Come le parole di un consigliere a 5 Stelle, insomma.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
COME MAI PER PREMIER E MINISTRI IL M5S NON PREVEDE LA RIDUZIONE DELLO STIPENDIO?…E QUANTO COSTERA’ LO STAFF DELLA COMUNICAZIONE MADE IN CASALEGGIO?
A quanto ammonta la parcella dell’avvocato del popolo Giuseppe Conte? 
In questo periodo il MoVimento 5 Stelle ha smesso di parlare di taglio degli stipendi dei parlamentari e ancora non si capisce quando si arriverà ad “abolire” (leggi, ricalcolare) i vitalizi.
Il neoministro per i rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro aveva promesso di risolvere la questione in quindici giorni.
A tre mesi dalle elezioni del 4 marzo tace anche il sito Tirendiconto?? che pubblica le rendicontazioni dei portavoce.
Tutto è fermo e congelato alla scorsa legislatura, per la precisione a dicembre 2017.
A quanto ammonta lo stipendio di Giuseppe Conte?
Secondo i calcoli fatti da AdnKronos il nuovo presidente del Consiglio dovrebbe guadagnare 80.000 euro netti all’anno, per un totale mensile di circa 6.700 euro al mese In linea con quanto dichiarato da Matteo Renzi che quando era a Palazzo Chigi dichiarava un imponibile pari a poco più di 100mila euro l’anno.
Arrivato a Palazzo Chigi Renzi percepiva uno stipendio lordo pari a 114mila euro l’anno, il che lascia supporre che questo sarà anche lo stipendio di Conte.
Per la cronaca da premier Renzi aveva uno stipendio “più basso” che da sindaco di Firenze (circa 142mila euro l’anno).
Il presidente del Consiglio del governo del cambiamento guadagnerà così meno dei deputati e dei senatori della Repubblica.
Non si sa se anche a Conte (e ai suoi ministri) verrà imposta una rendicontazione mensile al centesimo o un taglio dello stipendio.
Quel che è certo è che l’argomento non è nel contratto di governo quindi eventualmente la regola potrebbe essere solo applicata ai membri dell’esecutivo di provenienza pentastellata.
Lo stipendio del presidente del Consiglio è “modesto” se paragonato a quello di Angela Merkel, che percepisce un compenso pari a 315mila euro all’anno (24mila euro al mese). Giuseppe Conte guadagnerà meno del Presidente della Repubblica Italiana (239mila euro all’anno) e di molti suoi colleghi europei.
Ma il suo stipendio è in linea con quello del sindaco della Capitale, Virginia Raggi, che guadagna — senza tagli — circa 117mila euro lordi all’anno.
Curiosamente il MoVimento 5 Stelle non ha mai promesso di abbassare lo stipendio del Presidente del Consiglio o quello dei ministri.
Rimane una curiosità : quanto costerà lo staff della comunicazione del premier, proveniente dal M5S e dalla Casaleggio Associati?
(da “NextQuotidiano”)
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