Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
IL NUOVO MAQUILLAGE DELLE PAROLE APPLICATO AI MIGRANTI FINO AL “MI HA CHIAMATO MACRON E NON SI E’ SCUSATO MA VADO LO STESSO”
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, celebre autore del Vangelo Secondo Me, ha definito ieri quella dell’Aquarius “una crociera”.
Cioè ha applicato al destino di uomini, donne e bambini in mare da giorni, in balia delle intemperie, esausti e feriti, sballottati dal cinismo di chi cerca qualche punto di sondaggio in più, l’etichetta di fancazzisti serviti e riveriti in attesa del prossimo mojito.
A un primo e sommario esame parrebbe trattarsi di un epiteto frutto di uno squadrismo ambientale e di un lessico violento che, tra una foto a torso nudo e l’altra, tra un “Ciao Amici!” su Facebook e un’intervista ossequiente in tv, albergano nell’intera parabola personale del più amato dagli italiani (o almeno da quelli che sparerebbero volentieri anche al vicino col cane che abbaia, meglio se Pechinese, così c’è un muso giallo di meno).
Trattasi in realtà di un semplice riposizionamento linguistico cui sarà giocoforza abituarsi, un po’ come ai tempi del Crapone, quando il cachet era diventato cialdino, lo slalom andava chiamato “obbligata” e lo streaming si traduceva in “perculare Bersani”.
Un maquillage che andrà applicato prima di tutto ai migranti.
“Guerra civile nel loro Paese” diventerà “Scaramucce tra consanguinei”.
“Epidemia” andrà traslato in “Gente che marca visita”.
“Essere ostaggi dell’Isis” in “Fuochi d’artificio”.
“Saccheggio di materie prime da parte dell’Occidente” in “Aiutiamoli a casa loro”.
A chi cogliesse una qualche forma di sperequazione, va contrapposta l’evidenza di analogo aggiornamento terminologico condotto da svariati componenti dell’attuale esecutivo.
“Condono tombale”, ad esempio, si è già tramutato in “Pace fiscale”. “Reddito di cittadinanza” è “Vediamo nel 2019”.
“Dimissioni!” si traduce in “Ho sentito i probiviri, chi sbaglia paga”.
“Farsi mantenere dall’Europa senza fare una mazza per cinque anni” corrisponde a “Diventare ministro dell’Interno, andare in Senato a sparare palle mondiali sulla nave Aquarius, e poi prenderli pure per il culo dando loro dei crocieristi”.
Infine, è l’ultimo aggiornamento, “Pretendiamo le scuse dalla Francia altrimenti non andiamo a Parigi” diventa “Mi ha chiamato Macron e non si è scusato, ma vado lo stesso”.
Chapeau. Anzi: tanto di cappella.
(da “La Repubblica“)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
NONOSTANTE LE SEGNALAZIONI, IL MINISTERO DEGLI INTERNI NON HA PROVVEDUTO, ALTRO CHE PACCHIA… AMBIGUITA’ SUGLI HOTSPOT E CRITICITA’ ANCHE SUI REIMPATRI
I Centri di permanenza per il rimpatrio versano in “condizioni materiali e igieniche scadenti”
e nella loro gestione (pubblica) c’è “scarsa trasparenza”.
Si tratta delle stesse strutture, previste dal decreto Minniti, che il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato di voler estendere.
Lo mette in luca la relazione annuale del Garante delle persone detenute e private della libertà presentata al Parlamento.
E criticità emergono anche nelle operazioni di rimpatrio, monitorate dal garante Mauro Palma. Nonostante fossero state mosse contestazioni anche nel 2017, senza però che il Viminale abbia corretto quanto segnalato.
A distanza di poco più di un anno dal decreto Minniti, che puntava a passare da una disponibilità di circa 400 posti distribuiti nei 4 centri in funzione al momento dell’entrata in vigore della norma (Roma, Torino, Brindisi e Caltanissetta) a una capienza di complessivi 1.600 posti, “va purtroppo rilevato — riferisce il report — che le rinnovate espressioni di impegno a favore dell’assoluto rispetto dei diritti fondamentali sono rimaste dichiarazioni di principio, cui non ha fatto seguito un effettivo miglioramento delle condizioni di vivibilità e/o una diversa impostazione organizzativa delle strutture”.
Il garante segnala “scadenti condizioni materiali e igieniche delle strutture, assenza di attività , mancata apertura dei Centri alla società civile organizzata, scarsa trasparenza”.
A partire, spiega la relazione, dalla “mancanza di un sistema di registrazione degli eventi critici e delle loro modalità di gestione”, oltre alla “non considerazione delle differenti posizioni giuridiche delle persone trattenute” e “delle diverse esigenze e vulnerabilità individuali, difficoltà nell’accesso all’informazione, assenza di una procedura di reclamo per far valere violazioni dei diritti o rappresentare istanze”.
Il dossier si sofferma anche sulla gestione dei rimpatri e sugli hotspot.
Da marzo 2017 a giugno 2018 sono state monitorate 16 operazioni di rimpatrio forzato con partecipazione dello staff del Garante nazionale a bordo dell’aereo, di cui 13 voli charter verso la Tunisia e tre verso la Nigeria.
Diverse le criticità rilevate: dal “tenere anche per molte ore i polsi dei rimpatriandi legati tramite delle fascette in velcro, indiscriminatamente e in assenza di comportamenti apertamente non collaborativi”, al “non avvisare gli interessati per tempo dell’imminente rimpatrio, e cioè con un anticipo utile a verificare eventuali aggiornamenti della propria posizione giuridica, prepararsi non solo materialmente ma anche psicologicamente alla partenza e avvisare i familiari del proprio ritorno in patria”.
Forti sono le perplessità del Garante anche riguardo all’opportunità di organizzare voli di rimpatrio forzato verso Paesi, come l’Egitto e la Nigeria, “che non hanno istituito un meccanismo nazionale di prevenzione della tortura“.
I rilievi, si sottolinea nella relazione, sono stati segnalati già dallo scorso anno al ministero dell’Interno, ne è seguita “l’inerzia (…) nel dare riscontro alle raccomandazioni inoltrate tramite i rapporti di monitoraggio”.
Riguardo agli hotspot, tra marzo 2017 e aprile 2018, il Garante ha condotto 7 visite nelle strutture di prima accoglienza.
“Continuano a essere luoghi dalla natura giuridica incerta, rispondenti a differenti funzioni che ne mutano continuamente il carattere e la disciplina”, sintetizza Palma. “Dal 2017 per decreto si è stabilito che la privazione della libertà per chi dovesse essere forzatamente rimpatriato venisse eseguita in centri regionali rispettosi dei diritti di chi nulla ha commesso — scrive — L’attesa di questi centri ancora permane. La sfida è che nel concreto si applichi quanto previsto”.
“Se da un lato appaiono come luoghi a vocazione umanitaria per le attività di primo soccorso e assistenza, e di informazione e di prima accoglienza per chi ha manifestato la volontà di richiedere la protezione internazionale — si legge nel dossier — dall’altro sono luoghi di svolgimento delle procedure di polizia di pre-identificazione e fotosegnalamento e di avvio delle operazioni di rimpatrio forzato”.
In questo modo, conclude il dossier, rischiano “di generare zone d’ombra divenendo di volta in volta strutture aperte o chiuse a seconda delle esigenze dell’Autorità di pubblica sicurezza e delle procedure messe in atto”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
FORTE COI DEBOLI E DEBOLE COI FORTI: NON SIA MAI CHE GLI USA SI INCAZZINO E LA CIA APRA IL LIBRO SUGLI APPOGGI ALLA LEGA
C’è una soluzione per il caso della nave Trenton, della Us Navy statunitense. Approderà in Italia, tra sabato e domenica, con i 41 superstiti del naufragio di martedì, che ha causato almeno 12 morti lasciati andare alla deriva dai marinai americani.
La Guardia costiera italiana ha risposto positivamente alla richiesta dell’ambasciata Usa e ha assunto il coordinamento dei soccorsi.
Sarà individuato nelle prossime ore il “porto sicuro” – comunque in Italia – in cui far sbarcare i 41 naufraghi soccorsi in mare.
L’approdo è previsto tra domani e domenica. La Trenton si trova infatti al largo della Libia, e non ad Augusta come si era detto per tutta la giornata di ieri. “La nave è in acque territoriali libiche in attesa di una risposta che stiamo preparando alla richiesta di coordinamento da parte dell’IMRCC di Roma”, hanno fatto sapere stamattina dal ministero delle Infrastrutture.
Si conclude così quello che nei giorni scorsi aveva assunto i contorni di un vero e proprio giallo.
“Stiamo lavorando, il problema non sono i 40 a bordo della Trenton”, aveva detto ieri sera il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Lasciando intendere che il governo italiano stava già studiando una soluzione per consentire ai superstiti di scendere a terra il prima possibile, come più volte sollecitato dall’Oim.
Ieri la prefettura di Siracusa aveva autorizzato l’ingresso del team di psicologi di Msf ad Augusta per assistere i superstiti.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
INTERCETTAZIONI: LA RICHIESTA RESPINTA DI DUE TICKET DA PARTE DI SALVINI.. STESSA COSA DA PARTE DI 3 DEPUTATI M5S E UNO PD
Tutti da Totti.
Il 28 maggio 2017 per Roma e la Roma non è una domenica qualsiasi. Quel giorno
all’Olimpico si gioca Roma-Genoa, la partita d’addio del capitano giallorosso Francesco Totti. I biglietti sono introvabili.
E questo, per il costruttore Luca Parnasi, al centro dell’inchiesta della procura di Roma che ipotizza un enorme giro di corruzione attorno al progetto del nuovo stadio della Roma, è un’opportunità .
Perchè a lui, all’ultimo minuto, si sono rivolti diversi politici, tra cui l’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Due ticket per Salvini
Il 27 maggio Parnasi è al telefono con l’amministratore delegato della Roma Mauro Baldissoni. Per prima cosa – si legge negli atti – precisa che solo le richieste di biglietti effettuate da persone che potrebbero essere funzionali al raggiungimento dell’obiettivo della costruzione dello stadio verranno soddisfatte.
Parnasi: “Tickets come sei messo?”.
Baldissoni: “Eh, come sono messo Luca…non ci stanno i biglietti…”.
Parnasi: “Io volevo infilare Simone (Simone Contasta, collaboratore di Parnasi, ndr).
Baldissoni: “Per Simone lo possiamo trovare un posto…”.
Parnasi: “Perfetto. Secondo, me lo ha chiesto uno Claudio Santini (già capo della segreteria del Ministero dei Beni culturali, indagato, ndr)… Claudio ci sta dando una grossa mano come sai… Lo abbiamo incontrato insieme a Piazza Morgana. Poi il terzo che me lo ha chiesto, ma questo dobbiamo capire se ci interessa sul progetto, è Francesco Boccia. Lo conosci Francesco tu? Commissione…”
Baldissoni: “Pd”
Parnasi: “…Bilancio. Pd! Sì! (…) È una persona che c’ha peso e mi ha chiesto dice guarda Luca, fondamentale due tickets. Il quarto è Matteo Salvini, che mi ha chiesto due tickets…però io onestamente di Matteo me ne fregherei”.
Baldissoni: “No, sfreghiamocene…”.
Parnasi: “Io sto ragionando solo con te su quelli che, secondo me, hanno un minimo di senso per il Progetto… Il resto non guarderei in faccia a nessuno”
Baldissoni: “Va bene…mandami cognome e nome e data di nascita”.
Parnasi: “Io direi: uno Claudio, i due di Boccia e quello che metto io al posto di Simone e Simone lo porto con me”.
Pressing dai 5 Stelle
Anche Luca Lanzalone, consulente della sindaca 5 Stelle Virginia Raggi, si muove con Baldissoni per la partita di Totti. È lo stesso dirigente della Roma a parlarne con Simone Contasta, che lo ascolta ridendo.
Baldissoni: “Lanzalone mi chiede i biglietti per Roma-Genoa, gli ho detto va bene, tranquillo… Mi ha detto: mi servono tre biglietti in più perchè vengono degli esponenti nazionali dei Cinque Stelle. Tra l’altro uno di questi è funzionale a favorire una specie di photo opportunity accordo”.
Contasta: “Ho capito”.
Baldissoni: “Raggi-Zingaretti-Pallotta… per in qualche modo spingere e sancire il… siamo tutti d’accordo a farlo in tempo”.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
NELL’EDIZIONE DELLE 13,30 LE IMMAGINI DEI DUE INSIEME A CERNOBBIO, MA IN QUELLA DELLE 20 RIFERIMENTI E IMMAGINI SPARISCONO
Un servizio del TG1 in cui si raccontava della presenza di Luca Lanzalone a Cernobbio insieme a Luigi Di Maio è stato trasmesso nell’edizione delle 13,30 del notiziario dell’ammiraglia del servizio pubblico, ma il racconto e le immagini della circostanza sono sparite dall’edizione successiva e ben più seguita, ovvero quella delle 20. Lanzalone ha accompagnato in molte occasioni Di Maio agli incontri pubblici come il meeting di Cernobbio, in virtù del rapporto forte che legava i due e che dava all’avvocato la possibilità di comparire anche in qualità di mediatore nelle circostanze in cui c’era la necessità di trattare con un’altra parte e i 5 Stelle non volevano comparire in prima persona.
È così che Lanzalone, portato in Campidoglio da Bonafede e Fraccaro, ha conquistato fiducia e potere all’interno dei grillini, come testimonia la cena con Casaleggio otto ore prima del suo arresto.
Nell’informativa allegata all’ordinanza sull’inchiesta sullo Stadio della Roma a Tor di Valle si racconta anche di un suo incontro con Parnasi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti mentre si cercava la persona giusta per fare il premier del governo Lega-M5S. Poi Salvini e Di Maio hanno scelto Giuseppe Conte.
Infine, Lanzalone ha collaborato attivamente al nuovo Statuto del M5S, che il suo studio sta attualmente difendendo in tribunale dalle cause degli ex attivisti.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
E’ LUI CHE HA FATTO INSERIRE NELLO STATUTO LA CLAUSOLA DELLA TASSA A ROUSSEAU CUI SONO TENUTI I PARLAMENTARI
È l’avvocato genovese Luca Lanzalone, fino ieri presidente di Acea (la società controllata dal
Comune di Roma) e prima consulente del Campidoglio per il dossier sul nuovo stadio della Roma, a mettere nei guai il MoVimento 5 Stelle.
Come se non bastassero le indagini sul capogruppo del M5S in consiglio comunale Paolo Ferrara, sull’assessore allo sport del X Municipio Giampaolo Gola e quelle sui due candidati all’uninominale (scelti personalmente da Luigi Di Maio) Mauro Vaglio e Daniele Piva.
Prima di arrivare ad Acea e allo stadio della Roma Lanzalone ha lavorato a con Nogarin a Livorno su Aamps, la municipalizzata dei rifiuti, ed è arrivato nella Capitale passando per AMA durante il primo giro di nomine della giunta Raggi. Nell’ordinanza del Tribunale di Roma che ha portato agli arresti domiciliari per il presidente di Acea si legge che l’imprenditore Luca Parnasi e gli altri membri del sodalizio criminale «hanno offerto diverse utilità e tra queste svariati incarichi professionali a Lanzalone Luca, presidente di ACEA e consulente del Comune di Roma per la questione Stadio, al fine di corromperlo, acquisendone il costante asservimento agli interessi del gruppo imprenditoriale sostenuto dal sodalizio».
Ieri il ministro Di Maio a Rtl 102.5 ha ricordato che «Lanzalone ci aveva aiutato a salvare l’azienda dei rifiuti di Livorno e poi era stato brillante nello sbloccare la situazione dello stadio» spiegando che «Lo abbiamo premiato con Acea per il lavoro fatto».
Insomma la presidenza di Acea — per il Capo Politico del MoVimento 5 Stelle e Vice presidente del Consiglio — “un premio”.
Il valore del “premio” era una nomina da 200 mila euro all’anno arrivata nell’aprile 2017. Il che la dice lunga sul metodo di selezione da parte della classe dirigente adottato dal 5 Stelle.
Ieri a Porta a Porta la Sindaca di Roma Virginia Raggi ha ribadito la sua totale estraneità alla vicenda giudiziaria. Ma al di là delle inesistenti responsabilità penali nei confronti della Raggi non si possono non sottolineare quelle politiche. Nell’ordinanza del tribunale si legge che Lanzalone «su disposizione del Sindaco ha svolto attività di consulenza per il Comune nell’ambito dell’iter amministrativo connesso alla approvazione del progetto del Nuovo Stadio della Roma».
Lanzalone, ha detto la Raggi, è un brillante professionista. Opinione che dalle intercettazioni ambientali sembra essere condivisa anche da Parnasi che in un colloquio con l’ex presidente di Acea lo definisce Mr Wolf, il personaggio di Pulp Fiction che “risolve i problemi”.
In particolare Lanzalone spiega di essersi adoperato per far approvare una procedura che — scrivono gli inquirenti — serve «per evitare di prestare il fianco ad eventuali ricorsi di legittimità formale, che potrebbero provenire da parte di una qualsiasi associazione». Lanzalone, si legge nell’ordinanza — elabora una soluzione tecnica riguardo la procedura da adottare per il buon esito del progetto dello stadio «finalizzata a consentire un immediato inizio dei lavori senza il ricorso a procedure d’ urgenza alle quali appare, invece, connesso il rischio di ricorsi con conseguente allungamento dei tempi».
La Raggi ha spiegato di aver conosciuto Lanzalone per il suo lavoro sul concordato preventivo in continuità di Aamps (gestito assieme all’assessore al Bilancio Lemmetti). A presentare Lanzalone alla sindaca della Capitale sono stati i due responsabili degli enti locali del MoVimento 5 Stelle (e ora ministri) Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. La Raggi ha raccontato che all’indomani dell’arresto di Marra, Bonafede e Fraccaro diedero “un po’ di supporto” alla giunta introducendo l’avvocato genovese alla Raggi che cercava consigli sull’argomento del concordato in continuità .
È interessante accostare la ricostruzione data dalla Raggi sull’arrivo di Lanzalone a Roma “patrocinato” da Fraccaro e Bonafede con quanto disse a gennaio la consigliera comunale (all’epoca M5S, poi espulsa) Cristina Grancio.
Durante un’intervista andata in onda all’interno del programma di Michele Santoro la consigliera parla proprio del capovolgimento di fronte del M5S sul nuovo stadio che ad un certo punto passa da un’assoluta contrarietà all’opera alla possibilità di farla realizzare.
La Grancio disse: «Ecco che arrivano i Fraccaro per lo stadio li ho visti praticamente sempre» e sulla vicenda dello stadio della Roma «Fraccaro e Bonafede sono venuti giù e tra l’altro fanno nei comuni che sono i delegati agli enti locali fanno arbitri e giocatori perchè Fraccaro è nel comitato dei probiviri. Quando vengono giù si percepisce il timore di esprimere le proprie posizioni perchè c’è colui che emana il provvedimento di eventuale espulsione».
Secondo alcuni sarebbe stato proprio il ministro della Giustizia Bonafede a introdurre Lanzalone nel MoVimento 5 Stelle presentandolo a Beppe Grillo.
L’avvocato genovese — che tra l’altro difende il M5S in alcune cause intentate da ex attivisti — avrebbe poi stabilito un rapporto che Travaglio definisce “intimo” con Davide Casaleggio, presidente dell’associazione Rousseau che di fatto controlla il partito. Poco prima del suo arresto Lanzalone era a cena proprio con il figlio del fondatore del M5S.
L’ex collaboratore della Casaleggio Associati Marco Canestrari ha scritto ieri che è stato Lanzalone «a scrivere il nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle e quindi a consegnare, di fatto, a Davide Casaleggio il potere negoziale e di condizionamento di cui gode nel Movimento 5 Stelle; e , soprattutto, la possibilità di raccogliere dai parlamentari M5s, nell’arco della legislatura, quasi sei milioni di euro per la sua Associazione privata, Rousseau».
Il riferimento è alla parte dello Statuto che prevede che i parlamentari del M5S versino mensilmente una quota parte del loro stipendio nelle casse dell’associazione di Davide Casaleggio. A confermare l’esistenza del contributo è lo stesso Casaleggio in un’intervista al Corriere della Sera.
Il senatore PD Andrea Marcucci ha chiesto al ministro Bonafede di andare in Parlamento a spiegare i suoi rapporti con Lanzalone. Ma la responsabilità politica (ben diversa da quella penale che è ancora tutta da accertare) non può essere scaricata unicamente nè sulle spalle della sindaca di Roma (che peraltro ha già iniziato lo scarica barile) nè solo su quelle de Guardasigilli.
A dover spiegare la strepitosa ascesa di Lanzalone nel MoVimento sono tutti i vertici del M5S, a partire da Bonafede e Fraccaro certo, ma sarebbe bene che anche Luigi Di Maio e Davide Casaleggio spiegassero il ruolo dell’avvocato Luca Lanzalone nel M5S e sullo Statuto del partito.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
NON ERA UN CONSULENTE QUALSIASI MA IL CONSIGLIERE GIURIDICO DEL M5S
Annalisa Cuzzocrea su Repubblica oggi torna sulla vicenda della cena di Davide Casaleggio con Luca Lanzalone la sera prima dell’arresto dell’avvocato che Di Maio, per sua stessa ammissione, ha fatto nominare al vertice di ACEA come premio per la trattativa sullo Stadio della Roma a Tor di Valle.
Nell’articolo si torna sulla vicenda dell’ultimo statuto del M5S, quello del dicembre 2017, che è stato scritto proprio dallo studio di Lanzalone, che oggi difende i grillini nelle cause intentate per nome, sito e simbolo:
I troppi poteri del capo politico tornano a essere il problema. Al nuovo statuto che glieli conferiva ha lavorato lo studio Lanzalone di Genova, su richiesta di Grillo e Casaleggio. Non solo. È quello studio – con gli avvocati Ronnie Rodino, Stefano Di Biase e Luciano Costantini – a seguire la causa che più preoccupa il Movimento: quella intentata a Genova da Marika Cassimatis e altri esponenti della vecchia associazione, fatta decadere con la nascita della nuova, nel dicembre scorso.
In ballo ci sono l’uso del simbolo e del nome del Movimento 5 stelle. Il processo è entrato ora nella fase di merito e dimostra – dice l’avvocato dei ricorrenti Lorenzo Borrè – come «il blog delle stelle sia una creatura dello studio Lanzalone. L’ex presidente di Acea non era uno tra i tanti consulenti, ma il consigliere giuridico del Movimento».
Anche per questo, mercoledì scorso, a poche ore dal suo arresto, Lanzalone era a cena nel centro di Roma con Davide Casaleggio e il resto dell’associazione Rousseau:
Compreso Pietro Dettori, l’uomo che i vertici del Movimento avevano scelto per entrare a Palazzo Chigi nel ruolo di capo dell’ufficio del presidente Giuseppe Conte, ma che potrebbe essere dirottato sul ministero dello Sviluppo economico, nonostante questo non risolva in nessun modo il suo conflitto di interessi (essendo socio dell’associazione Rousseau, che parlamentari e consiglieri regionali finanziano con 300 euro al mese ciascuno e che gestisce il blog e le piattaforme digitali del Movimento).
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
DIETRO IL GOVERNO I POTERI FORTI… PARNASI E L’AMICO SALVINI CON 250.000 PER LA LEGA
Una cena a tre tra Luca Parnasi, Luca Lanzalone e Giancarlo Giorgetti racconta il fattivo
tentativo dell’avvocato e dell’imprenditore di “aiutare” nella formazione del governo Lega-M5S ed è indicata dai carabinieri che hanno lavorato sulle indagini nell’informativa allegata all’ordinanza dell’inchiesta sullo Stadio della Roma come «una delle evidenze acquisite che rivela come il dominus dell’associazione investigata (cioè Parnasi, ndr), avvalendosi dei suoi sodali, sia in grado di permeare le istituzioni pubbliche».
«Il governo lo sto a fare io»
«Il 9 marzo 2018 Parnasi va a pranzo con Lanzalone. Nel corso dell’incontro i due disquisiscono di un incontro riservato che avverrà la sera del 12 marzo a casa di Parnasi, al quale parteciperà il parlamentare della Lega Giorgetti. Dal tenore della conversazione si evince che tale incontro deve rimanere riservato», scrivono i carabinieri.
Ma il tenore della conversazione, nell’informativa degli investigatori dell’Arma che i pubblici ministeri hanno messo a disposizione delle parti, è coperto da omissis. Tuttavia in un altro passaggio i carabinieri scrivono che «la vicenda assume ulteriore rilievo in ragione delle disposizioni impartite da Parnasi ai suoi sodali affinchè le operazioni di infiltrazione abbiano successo, con i conseguenti vantaggi economici che deriverebbero al gruppo imprenditoriale/criminale».
La cena si farà il 12 marzo, mentre il MoVimento 5 Stelle e la Lega discutono per fare un governo e Berlusconi si oppone.
Scrive Repubblica che ci saranno un paio di regole di ingaggio per Lanzalone. La prima, riservatezza assoluta. «Dobbiamo essere super parati perchè se ci vedono siamo fatti».
La seconda, sullo scopo comune. «Oggi decidiamo una cosa… dobbiamo fare di tutto perchè ci sia un governo». Mentre parlano, Parnasi contatta Giorgetti con un messaggio vocale su Whatsapp: «Ci vediamo in aeroporto alle 18.15 e ti porto in tv… e vai in tv ma io non mi faccio vedere».
Lanzalone premier del governo Lega-M5S
Il prezzo del suo impegno per fare da taxi a Giorgetti e organizzare la cena lo mette subito in chiaro. «Voglio che mi presenti Di Maio». Per Lanzalone, non è un problema. «Vedo Luigi tutti i giorni, lo sento tre volte al giorno, l’ho visto due ore fa… lo risento domani mattina però in giro non lo dico. Luigi è un po’ come Salvini, cioè molto chiuso il cerchio… io, due tre persone, punto».
La cena viene coperta da cinque pagine di omissis nell’informativa dei carabinieri. Difficilmente si verrà mai a scoprire il contenuto di quei colloqui.
Poi il racconto temporale salta al 16 maggio, quando la situazione ha avuto una svolta decisiva con l’ok di Berlusconi al governo Lega-M5S.
Stavolta è il nome del presidente del Consiglio quello che il MoVimento 5 Stelle sta cercando (l’indicazione di Giuseppe Conte arriverà cinque giorni dopo). Quel giorno a pranzo Parnasi vede Giorgetti; subito dopo nel suo ufficio incontra Lanzalone.
La persona che stanno cercando per Palazzo Chigi è proprio il presidente di ACEA. «Parnasi – scrivono i carabinieri – seguita a dispensare consigli a Lanzalone su come proporsi a Spadafora e agli altri esponenti dei 5 Stelle per proporre il suo nome».
L’amicizia indissolubile tra Salvini e Parnasi
Ma il vero amico di Parnasi, a sentire lui, è Salvini. Il rapporto tra i due è stato confermato dal leader della Lega nel giorno dell’arresto dell’imprenditore mentre il Fatto ha chiesto al Capitano di restituire i 250mila euro dati da Parnasi a una onlus, Più Voci, vicina alla Lega. Racconta Repubblica:
«Con Matteo ci parlo direttamente», dice l’imprenditore. Una vicinanza sigillata con i 250 mila euro versati nel 2015 alla fondazione “Più Voci”.
«Era vicina alla Lega. Con Matteo sono amico fraterno, si fa campagna con me, siamo fuori. Siamo proprio amici!». Un’amicizia coltivata per anni e di cui Parnasi, annusando il nuovo corso politico, intende raccoglierne i frutti.
«C’è un rischio altissimo che questi facciano il governo, magari con Matteo Salvini… e quindi noi potremmo pure avere… incrociamo le dita, silenziosamente, senza sbandierarlo, un grande rapporto!».
E poi c’è la storia che coinvolge Roberta Lombardi:
Su richiesta del presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito e del consigliere Paolo Ferrara, Parnasi mette a disposizione della candidata Roberta Lombardi il responsabile della comunicazione della sua Eurnova, Giulio Mangosi.
Il primo febbraio 2018, Mangosi racconta ad un amico: «Ieri sono salito a bordo dalla Lombardi, non da interno ma in coordinamento con Augusto Rubei (attuale portavoce della ministra Trenta, ndr) che è il suo capo campagna e che è stato il capo campagna della Raggi. Sta lavorando per Di Maio pure a livello nazionale. Augusto è un ragazzo bravissimo che già conoscevo prima. Non è un Cinque Stelle, è uno molto intelligente e molto furbo… ha creato lui la Raggi a livello mediatico, ora sta aiutando la Lombardi, io gli sto dando supporto su tutto… gli darò supporto su tutti i giornali locali… Lei non vincerà mai però magari poi a livello nazionale semmai ce la fanno e quindi magari…»
I pagamenti di Parnasi
Da una delle informative dei carabinieri allegate all’ordinanza del gip sul progetto dello stadio della As Roma a Tor di Valle emerge però anche il il tentativo dell’imprenditore Luca Parnasi di finanziare esponenti politici bipartisan.
Non è chiaro però dalle carte se si tratti di erogazioni lecite o meno. In un dialogo tra Parnasi e una sua collaboratrice, infatti, si legge: “Scrivi, Ferro 5, Minnucci 5, Agostini 15, Mancini 5, Polverini 10”.
La conversazione prosegue e Parnasi indica altri nominativi: Francesco Giro 5 (5.000 euro), Ciocchetti 10 (10 mila euro), Buonasorte 5 (5.000 euro)“.
Quindi prosegue: “Domani c’ho un altro meeting dei 5 stelle, perchè pure ai 5 stelle gliel’ho dovuti dare“. E ribadisce: “Io sto sostenendo tutti quanti”, quindi “in questo contesto fa i nomi di Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina, e Ferrara”, forse il capogruppo M5S in Campidoglio.
“In relazione alle notizie di stampa diffuse in giornata sulla vicenda che ha coinvolto il gruppo Parnasi, voglio precisare di aver ricevuto un regolare contributo elettorale dalla società Figepa di 4.500 euro rendicontato alla Corte di Appello e alla presidenza della Camera corredato dalla documentazione prevista dalla legge”, dichiara il PD Mancini in una nota.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
“L’ASSE CON ORBAN E’ PARADOSSALE, A SALVINI NON FREGA NULLA RIDISCUTERE LE NORME”
“A Salvini non interessa cambiare il trattato di Dublino. Quello che vuole è rinforzare l’asse con Orbà¡n per l’esternalizzazione dei confini, un asse paradossale, che è tutto a spese dell’Italia”.
Elly Schlein, europarlamentare, è stata relatrice per il suo gruppo S&d (Alleanza Progressista) della riforma per cambiare il trattato di Dublino che, ad oggi, costringe i migranti a chiedere asilo nel paese di arrivo.
Un lungo lavoro di confronto durato due anni in cui il contributo della Lega è stato pressochè nullo. “La Lega non ha mai partecipato a nessuna delle 22 riunioni di negoziato che abbiamo svolto nel corso di due anni sulla riforma di Dublino”, dice l’europarlamentare di Possibile.
Come si spiega l’assenteismo della Lega ai tavoli di discussione in Europa per modificare le regole che da anni lasciano sulle spalle dei paesi di arrivo il peso maggiore dell’accoglienza?
“Salvini sta sacrificando gli interessi italiani sull’altare di un’unione politica con Orban, che ha come obiettivo di far saltare l’unione. Ma l’Ungheria e i paesi dell’Est giocano da sempre una partita opposta alla nostra, ignorano i trattati e sono contrari alla solidarietà fra stati. Non ho citato a caso le 22 riunioni fra i relatori della riforma: è un numero molto alto, che fa capire quanto sia stato lungo e faticoso il negoziato. La Lega non si è fatta vedere a nessuna di queste. Lorenzo Fontana aveva anche depositato degli emendamenti, ma poi non si è mai presentato agli incontri. E quando il Parlamento ha approvato con un’ampia maggioranza il testo su cui abbiamo lavorato, la Lega si è astenuta e il Movimento 5 stelle ha votato contro. Ma chi in Italia non spinge per cambiare il trattato di Dublino, non ha capito cosa sta facendo. Non c’è una soluzione alla situazione che non passi da questa modifica”.
Potrebbe però avere successo la strategia Orbà¡n-Salvini sulla chiusura dei confini.
“Questa politica di esternalizzazione non è una novità , ci provano da anni. Ma alla fine le persone hanno sempre trovato un modo per arrivare, solo su rotte sempre più pericolose. E continueranno ad arrivare nei paesi mediterranei, che sono i più esposti. Non è una questione ideologica, ma di puro pragmatismo. Forse qualcuno che pensa di sigillare un intero mare sta sognando. Questa battaglia va fatta al tavolo in cui si stanno cambiando le regole: è facile fare i forti con i deboli e i deboli con forti”.
In un intervento al parlamento europeo di Strasburgo, ha invitato gli stati europei a fare la loro parte: “Cari governi, sono due anni che avete la riforma di Dublino sul tavolo, è vergognoso che ancora non troviate accordo sulla solidarietà interna”. A che punto siamo?
“Bisogna ricordare che il parlamento europeo è co-legislatore con il Consiglio sulla materia. Il parlamento ha già approvato la sua posizione e il 28 giugno inizierà la fase negoziale con il Consiglio. Ma ciò che è grave è che il Consiglio non abbia ancora trovato la sua posizione. E nel frattempo la presidenza bulgara ha tentato di interferire con una sua proposta – pessima, sgradita a tutti dalla sinistra a Salvini – che prevede la ridistribuzione solo dopo il raggiungimento di un’altissima soglia di migranti accolti. In quel caso la responsabilità permanente continuerebbe a pesare soprattuto sui paesi di primo arrivo”.
Perchè il Consiglio non ha ancora raggiunto una posizione per sedersi al tavolo di confronto sul testo approvato dal Parlamento europeo?
“Lo scontro è tra tre blocchi: i paesi mediterranei che ovviamente hanno il maggior interesse a cambiare il criterio del paese di primo ingresso, i paesi dell’Est che si oppongono ad oltranza a una politica di solidarietà e un terzo blocco nel mezzo, di paesi anche pesanti, come la Germania, la Francia, l’Olanda che per ora non stanno nè da una parte nè dall’altra. Da loro dipende l’esito di questa trattativa. Devono trovare il coraggio di prendere posizione”.
Che cosa prevede il testo su cui avete lavorato e che è stato approvato dal Parlamento europeo?
Innanzitutto il ricollocamento obbligatorio e automatico per tutti gli stati. Abbiamo previsto procedure più rapide per i ricongiungimenti familiari. E nel caso non ci siano legami rilevanti fra il migrante e uno dei paesi europei, questo può scegliere la sua destinazione da una lista di quattro paesi che in quel momento risultino con il più basso tasso di richiedenti asilo.
E lo faranno? Al momento anche la Germania è spaccata: da una parte Merkel pronta a un’apertura, dall’altra il ministro dell’Interno Horst Seehofer a favore della linea dura, più vicino al gruppo Visegrad, allargato all’Austria e alla recente simpatia dell’Italia. La situazione volge a favore di questi ultimi?
“Quello che so è non hanno ancora vinto davvero. La partita è ancora aperta, altrimenti avrebbero già trovato una maggioranza all’interno del Consiglio europeo, e invece non è così. Spero che la questione interna spinga ancora di più Merkel a schierarsi da una parte precisa. Merkel e Macron devono fare qualcosa se non vogliono che il loro europeismo rimanga solo di facciata. Sul trattato di Dublino si gioca il futuro dell’Europa, su questo non ho dubbi”.
C’è però anche un’opinione pubblica con cui fare i conti. In tutti i paesi europei sembra che la spinta degli elettori sia verso politiche di chiusura.
“Purtroppo non c’è una visione basata sui dati. Guardi in Ungheria. Non ci sono migranti. Non hanno accettato nessuna delle 1294 persone che avrebbero dovuto essere ricollocate lì. Eppure Orbà¡n vince con la retorica della purezza del popolo ungherese. È la criminalizzazione dello straniero: si punta il dito contro gli ultimi, in mancanza di diritti sociali, senza condurre davvero una lotta sui problemi reali. Come l’evasione, che sottrae molte più risorse dell’accoglienza”.
(da “La Repubblica”)
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