Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI SALERNO: “SI DEVE DIMETTERE”… INDIGNAZIONE BIPARTISAN
Avellino, una strada affollatissima dai giovani per il sabato sera in giro tra i locali del centro e il sindaco che, come promesso, decide di stare in mezzo a loro per far rispettare le misure di contenimento.
Nel maxi assembramento di ieri sera in via De Conciliis ad Avellino anche il sindaco Gianluca Festa, che in polemica con le decisioni della scorsa settimana della Regione Campania, alcuni giorni fa ha emesso un’ordinanza per prolungare l’orario di apertura dei locali, senza distinzione fino all’una del mattino. Un gruppo di giovani innalza cori: “Noi non siamo salernitani”.
E ieri sera i giovani hanno reagito al provvedimento acclamando il primo cittadino, intonando cori da stadio contro il presidente della Regione Vincenzo De Luca e scattando selfie con Festa.
I vari momenti della serata sono stati immortalati anche con video che ora stanno facendo il giro dei social, con reazioni di tono opposto a quello usato dai giovani
“Ieri sera ho deciso di fare un sopralluogo nell’isola pedonale – ribatte il sindaco di Avellino – ho trovato un clima tranquillo e allegro. Mi sono soffermato a salutare molti giovani che ho incontrato lungo il mio percorso, entusiasti per la ritrovata libertà . Ho spiegato loro di essere ancora attenti. C’è chi i giovani li attacca e li demonizza – aggiunge Festa – io con loro sono a mio agio” .
Duro il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli: “Stento a credere che il sindaco di Avellino possa esporre a pericoli cosi gravi i suoi concittadini. Stento a credere che inciti all’odio territoriale due popolazioni amiche. Stento a credere che, smaltiti gli effetti della notte brava, non abbia ancora chiesto scusa e rassegnato le dimissioni”.
Poi il primo cittadino di Salerno, città della quale è stato a lungo sindaco Vincenzo De Luca, ricorda a Festa l’articolo 45 della Costituzone: “Le funzioni pubbliche si esercitano con disciplina ed onore”.
“Non sappiamo cosa avesse in mente il sindaco Gianluca Festa quando ha deciso di incontrare i numerosi ragazzi della movida di Avellino la scorsa notte. Forse voleva giustamente far notare loro la pericolosa situazione che si stava creando con il mancato rispetto del distanziamento sociale. Poi invece si è trasformato in un surreale maestro d’orchestra intento a dirigere degli spontanei cori da stadio intonati chissà per quale ragione. E’ finita con un ulteriore, pericoloso, assembramento. Il comportamento di Festa lascia davvero basiti” dice Leo Annunziata, segretario regionale del Partito Democratico della Campania.
“Dal video emerge in maniera evidente che le precauzioni di distanziamento sociale sono del tutto ignorate, tra l’altro in violazione delle norme emanate dalla Regione. Da una figura istituzionale come il sindaco di Avellino – conclude Annunziata – ci si aspetterebbe un comportamento sobrio in questo difficile emergenza. È chiaro che siffatti gesti non sono in linea con i comportamenti e la responsabilità dei dirigenti del Pd”.
Intanto Claudio Petrozzelli, esponente irpino delle Sardine, ha presentato una denuncia in Questura contro il sindaco per “aver messo a rischio la salute dei cittadini”. “Mi aspetto – ha detto Petrozzelli – che vengano assunti i provvedimenti più severi nei confronti della irresponsabilità del sindaco di Avellino”.
(da agenzie)
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Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
ALTRO CHE COLPA DEL GOVERNO, LA PROCURA DI BERGAMO STUDI BENE LE CARTE PRIMA DI ANTICIPARE SENTENZE AI MEDIA
Con un certo stupore, scopriamo che l’istituzione della zona rossa nella Bergamasca avrebbe dovuto essere “una decisione governativa”. Lo ha detto il procuratore capo Maria Cristina Rota ai microfoni del Tg3, e già viene da chiedersi perchè il procuratore capo che sta indagando, anzichè accertare i fatti senza condividere le prime considerazioni con la stampa, rilasci simili dichiarazioni proprio alla stampa.
Aggiungendo poi: “Si tratta di indagini lunghe e complesse che richiederanno tempo”. Se si tratta di indagini lunghe e complesse come mai si è già giunti alla conclusione che era una decisione governativa?
Fortuna che sono indagini lunghe e complesse. Fossero state brevi, saremmo già alla sentenza.
Inoltre, è vero che l’istituzione delle zone rosse nella prima fase dell’emergenza spettava al Governo? No.
Secondo il ricercatore di diritto amministrativo dell’Università di Milano Stefano D’Ancona “è in capo al Ministero della Salute, al presidente della giunta regionale e al sindaco, la competenza ad adottare ordinanze urgenti tramite ordinanze libere in materia di igiene e sanità pubblica. (art.32 c.3, L.833/78)”. Se poi l’emergenza sanitaria può riguardare il paese intero e dunque sconfinare in altre regioni, può intervenire il Governo, ma in sostanza rimane invariata la possibilità delle regioni di istituire autonomamente “zone a contenimento speciale”.
E in effetti il Governo, nel suo decreto legge n. 6 del 23 febbraio 2020, ha determinato il potere di istituire zone a regime speciale (cosa che per esempio ha fatto con Vo’ e Codogno). Tale decreto legge però, non negava nè limitava la possibilità sia per le regioni che addirittura per i singoli comuni di istituire delle zone rosse o arancioni.
Quindi, la Regione Lombardia poteva prendere decisioni autonome sulla chiusura di Alzano e di altri comuni, senza attendere necessariamente le decisioni del governo. E ciò in qualunque momento.
A dimostrazione dell’indipendenza delle regioni sulle decisioni inerenti le chiusure di zone considerate focolai, si ricorda che nei mesi di marzo e aprile 2020 in Italia sono state istituite ben 117 zone rosse e arancioni. E a parte Vo’ e la zona di Codogno, le chiusure sono state predisposte tutte tramite ordinanze regionali.
Già il 15 marzo, per dire, in Campania Vincenzo De Luca ha chiuso Ariano Irpino aggiungendo poi Saviano e Paolisi.
Tra marzo e aprile il governatore della regione Abruzzo Marsilio ha chiuso ben 12 comuni (Arsita, Bisenti, Castiglione Messer Raimondo, Castilenti, Montefino, Civitella Casanova, Elice, Farindola, Montebello di Bertona, Penne, Picciano, Contrada Villa Caldari di Ortona).
Cinque i comuni diventati zona rossa in Molise, 4 in Sicilia, 5 nel Lazio, 4 in Basilicata, ben 11 in Calabria (Oriolo, Torano, San Lucido, Melito Porto Salvo, Montebello Jonico, Cutro , Rogliano, Bocchigliero, Serra San Bruno, Fabrizia, Chiaravalle Centrale), una in Umbria (Giove. Discorso a parte poi lo merita l’Emilia Romagna in cui sono state istituite 70 zone arancioni (le province di Rimini e Piacenza con i loro comuni e frazioni) e un’unica zona rossa (Medicina, con la frazione di Ganzanigo).
Il presidente della regione Stefano Bonaccini commentò la sua decisione di chiudere affermando: “Uno degli atti più sofferti che io abbia assunto da presidente della Regione, ma le “informazioni e le indicazioni che ho raccolto dai tecnici non mi hanno permesso altra scelta”. L’ordinanza fu firmata da Bonaccini d’accordo con il Governo e il Prefetto di Bologna, il sindaco della Città Metropolitana di Bologna Virginio Merola e d’intesa con il sindaco del Comune di Medicina. Quindi non solo Bonaccini firmò l’ordinanza ma lo fece confrontandosi con governo e comune. Insomma, di autonomia regionale in tema di ordinanze e zone rosse se ne è vista un bel po’.
A quanto pare, solo Gallera e Fontana non sapevano di poter chiudere Alzano e perchè no, magari anche Orzinovi e vari comuni del bresciano in cui il Coronavirus ha fatto un’autentica strage.
In compenso, hanno aperto le Rsa. Quella libertà di azione non gli è sfuggita, purtroppo. Magari il procuratore Rota dirà che è colpa del Governo anche il Trivulzio, chissà
Lista delle Zone rosse in Italia istituite con ordinanze regionali marzo/aprile 2020
Emilia Romagna: Medicina e Ganzanigo (zone rosse), Piacenza e Rimini (zone arancioni, 70 comuni circa coinvolti
Lazio: Fondi, Nerola, Contigliano, Celleno, Rocca di Papa
Molise: Montenero di Bisaccia, Riccia, Cerce Maggiore, Pozzilli, Venafro
Sicilia: Troina, Agira, Villafrati, Salemi
Campania: Saviano, Paolisi, Ariano Irpino
Umbria: Giove
Basilicata: Irsina, Grassano, Tricarico, Moliterno
Abruzzo: Arsita, Bisenti, Castiglione Messer Raimondo, Castilenti, Montefino, Civitella Casanova, Elice, Farindola, Montebello di Bertona, Penne, Picciano, Contrada Villa Caldari di Ortona
Calabria: Oriolo, Torano, San Lucido, Melito Porto Salvo, Montebello Jonico, Cutro , Rogliano, Bocchigliero, Serra San Bruno, Fabrizia, Chiaravalle Centrale
(da TPI)
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Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
FONTANA E GALLERA POTEVANO FARLA SE AVESSERO VOLUTO, COME HANNO FATTO ALTRE REGIONI E TANTI COMUNI
In assenza del calcio, lo sport nazional-popolare dello scaricabarile va fortissimo in Italia. E sulla mancata zona rossa in Val Seriana sembra di essere tornati al calcio d’inizio. Tuttavia, questa volta, siamo andati fino in fondo e abbiamo capito che cosa dica realmente la legge. Ma facciamo un breve riepilogo dei match precedenti.
Tra giovedì e venerdì sono stati sentiti dalla Procura di Bergamo, come persone informate sui fatti, l’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera e il presidente, Attilio Fontana, nell’ambito dell’inchiesta sull’ipotesi di epidemia colposa contro ignoti avviata dai PM bergamaschi.
Un’inchiesta che si sta focalizzando su quanto avvenuto all’ospedale di Alzano Lombardo a partire dal 23 febbraio e sulla mancata zona rossa, oltre che sulla gestione dell’emergenza nelle Rsa. Gallera e Fontana hanno entrambi affermato agli inquirenti che “spettava al Governo chiudere Alzano e Nembro a inizio marzo, quando la pandemia si stava diffondendo, e che infatti era già stato inviato l’esercito in Bergamasca”.
E fin qui nulla di nuovo. Questa loro posizione è nota da tempo.
La novità è che le affermazioni della coppia di fatto Fontana-Gallera hanno trovato, nella serata di venerdì 29 maggio, un importante riscontro, quello della procuratrice facente funzione di Bergamo, Maria Cristina Rota, che davanti alle telecamere della Rai ha risposto così alla domanda su chi avrebbe dovuto istituire una zona rossa in Val Seriana, l’area più colpita dal Covid-19 di tutta Italia: “Da quello che ci risulta è una decisione governativa”.
Noi di TPI cerchiamo da oltre due mesi di fare chiarezza su questa dirimente questione.
Il 6 aprile il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, rispondeva in esclusiva al nostro sito su una richiesta di chiarimento (inoltrata dieci giorni prima) rispetto proprio alla mancata zona rossa in Val Seriana.
Di chi era la responsabilità , chi doveva agire: il governo o la Regione Lombardia? E perchè non si è deciso di chiudere quell’area infetta, dove già il 23 febbraio erano stati accertati tre casi positivi al Covid-19 nell’ospedale “Pesenti Fenaroli” di Alzano Lombardo?
Secondo il premier già allora non c’erano dubbi: “Non vi è argomento da parte della Regione Lombardia per muovere contestazioni al Governo nazionale o ad altre Autorità locali. Se la Regione Lombardia ritiene che la creazione di nuove zone rosse andava disposta prima, con riguardo all’intero territorio regionale o a singoli comuni, avrebbe potuto tranquillamente creare “zone rosse”, in piena autonomia. A conferma di questo assunto — scriveva Conte a TPI — si rileva che la Regione Lombardia ha adottato — nel corso di queste settimane — varie ordinanze recanti misure ulteriormente restrittive, le ultime delle quali il 21, il 22 e il 23 marzo 2020″.
A ribadire il concetto, sempre nella serata di venerdì, è arrivata anche la replica del Ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, che ha dichiarato: “Anche la Regione poteva istituire la zona rossa, come previsto dalla legge. L’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, richiamato anche dall’articolo 3, comma 2, del DL n. 6/2020, dà anche alle Regioni la possibilità di istituire zona rossa”. Insomma sia il premier, sia il ministro Boccia mandano un messaggio chiaro alla Regione Lombardia e di conseguenza alla Procura di Bergamo: le zone rosse possono istituirle anche le Regioni. Non è cambiato nulla.
A tal proposito abbiamo chiesto un parere al costituzionalista Alfonso Celotto, che è stato per anni capo ufficio legislativo e capo di gabinetto di diversi ministri.
A livello costituzionale che cosa dice la legge?
“Ci sono due tipologie di poteri — ci spiega — quelli di protezione civile e i poteri sanitari: legge 225 del 1992 e la 833 del 1978. Entrambi i poteri spettano sia allo Stato, al Governo, sia alle regioni, sia addirittura ai sindaci. A livello generale, una zona rossa — quindi misure restrittive — possono essere adottate sia dal governo centrale, sia da regioni e comuni. Quello che a me sorprende delle dichiarazioni della PM di Bergamo e che non capisco è qual è la costruzione giuridica delle sue affermazioni, per cui vorrei leggere i provvedimenti della Procura per fare un commento più avveduto”.
Lo ammetto, le dichiarazioni della procuratrice aggiunta di Bergamo hanno lasciato basita anche me, per questo ho deciso di approfondire, per mettere un punto finale a questo infinito rimpallo di responsabilità .
Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, fonda le proprie convinzioni (ovvero che la zona rossa dovesse farla il Governo) su una direttiva del Ministero dell’Interno, datata 8 marzo, nella quale secondo lui, il governo nazionale rivendicava come sua prerogativa la chiusura delle aree territoriali e lo stop agli spostamenti, ovvero la possibilità di creare zone rosse.
Il provvedimento — che è un atto attuativo — dava indicazioni ai prefetti, e non solo, sul decreto firmato il giorno stesso (l’8 marzo) dal presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte.
Nel testo la Ministra Luciana Lamorgese spiegava: “Ferma restando la piena autonomia nelle materie di competenza regionale, come individuate dalle disposizioni vigenti, va rilevata l’esigenza che in ogni caso, e soprattutto in questo delicato momento, non vi siano sovrapposizioni di direttive aventi incidenza in materia di ordine e sicurezza pubblica, che rimangono di esclusiva competenza statale e che vengono adottate esclusivamente dalle Autorità nazionale e provinciali di pubblica sicurezza”.
Secondo il Viminale, dunque: alcuni interventi “rimangono di esclusiva competenza statale” come ad esempio ordine e sicurezza pubblica, senza sovrapposizioni tra Regioni e Governo centrale.
La domanda che ci facciamo è la seguente: questo provvedimento, secondo voi, intendeva togliere alle Regioni la possibilità di istituire zone rosse?
Lo abbiamo chiesto direttamente all’ufficio stampa del Ministero dell’Interno e la risposta è stata lapidaria: “una direttiva ministeriale non può modificare una legge. Per quanto riguarda le zone rosse e l’emergenza sanitaria, decide sempre e solo la presidenza del Consiglio con la Protezione Civile e non il Ministero dell’Interno. Basta vedere quello che hanno fatto le altre regioni”.
Dunque una direttiva del Viminale non poteva e non può mai incidere su una legge o su un decreto del Consiglio dei Ministri, non può modificarne il contenuto. E’, per l’appunto, un atto attuativo.
Quando la ministra Luciana Lamorgese scriveva che alcuni interventi rimangono di esclusiva competenza statale, come ad esempio ordine e sicurezza pubblica, senza sovrapposizioni tra Regioni e Governo centrale, si riferiva anche alla possibilità di istituire zone rosse?
Dal suo ufficio stampa ci fanno sapere che “la risposta finale sulle zone rosse è quella che dà la Presidenza del Consiglio”. E la risposta finale la Presidenza del Consiglio l’ha consegnata proprio al nostro sito: “le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti. Al pari di quanto hanno fatto altre Regioni — scriveva Conte due mesi fa a TPI — come il Lazio, la Basilicata e la Calabria, nei cui territori, con ordinanza, sono state create “zone rosse” limitatamente al territorio di specifici comuni”.
Che la Regione Lombardia avesse delle forti lacune in campo giuridico, sebbene sia Gallera sia Fontana nella vita svolgano la professione di avvocati, lo avevamo capito dalle dichiarazioni rilasciate in diretta al programma di Rai3 Agorà dallo stesso assessore regionale al Welfare, che il giorno dopo la pubblicazione della nostra intervista a Conte disse: “La zona rossa avremmo potuto farla noi? Ho approfondito e effettivamente c’è una legge che lo consente”.
E allora che cosa non è chiaro della frase: le Regioni non sono mai state esautorate del potere di fare zone rosse? Una cosa finalmente l’abbiamo capita: il Viminale non assolve la Regione Lombardia dalle proprie responsabilità . Fontana e Gallera potevano istituire una zona rossa ad Alzano e a Nembro. Fine.
(da TPI)
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Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
“GLI ESPEDIENTI DELLA REGIONE PER ABBELLIRLI”
In Lombardia i morti sono molti di più di quelli ufficiali e la Regione comunica i dati in modo da fare gaming, ovvero con espedienti utilizzati per abbellirli.
In un’intervista rilasciata oggi al Fatto Quotidiano Nino Cartabellotta della Fondazione Gimbe reitera le accuse nei confronti di Gallera e Fontana:
Secondo un’analisi Gimbe, la Lombardia il 9 aprile dichiarava 15.706 casi con “almeno un passaggio in ospedale dichiarati dimessi/non ricoverati”, pazienti “in isolamento domiciliare”.
Ma questi casi finivano nel computo dei guariti della Protezione civile. Questo è gaming, perchè l’aumento dei guariti genera distorsioni.
E sui nuovi casi è possibile fare gaming ?
Certo, effettuando meno tamponi diagnostici o calcolando la percentuale di positivi con al denominatore quelli totali, inclusi quelli per verificare la guarigione.
Lei ha dubbi anche sul numero dei deceduti?
Purtroppo i numeri sono molto più alti. Secondo Istat e Iss, dal 20 febbraio al 31 marzo 2020, rispetto allo stesso periodo degli anni 2015-2019, in Lombardia oltre a 8.362 decessi Covid c’erano 18.917 morti in più, un aumento del 186,5%. Il sistema di raccolta dati sui morti ha funzionato più o meno per metà . Anche l’Inps, che ha valutato i decessi tra marzo e aprile, ha rilevato risultati simili.
Sui ricoveri abbiamo un saldo senza sapere quanti entrano e escono. Perchè questi dati sono taciuti?
Non sono stati taciuti, ma semplicemente mai raccolti. Non mi risulta sia mai stata implementata una scheda unica di raccolta dati per casi positivi.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
UN MEDICO DEL PAPA GIOVANNI DI BERGAMO: “SERVIVA UN TAMPONE D’URGENZA CHE DEVE ARRIVARE ENTRO 90 MINUTI SE IL PAZIENTE E’ GRAVE, E’ ARRIVATO DOPO 4 ORE PERCHE’ MANCANO I REAGENTI”… COSI’ SI FAVORISCONO I PRIVATI
Il Fatto Quotidiano oggi pubblica un dossier sui tamponi nel quale spicca un aneddoto che riguarda la Regione Lombardia, non a caso spesso accusata di fare magheggi proprio su questi dati:
“L’altro giorno serviva un tampone d’urgenza , che deve arrivare entro 90 minuti se il paziente è grave. È arrivato dopo quattro ore, perchè mancano i reagenti”. A confidare l’ordinaria emergenza di molti ospedali lombardi, è un medico del Papa Giovanni XXIII di Bergamo. La carenza dei reagenti per processare i tamponi c’è in tutta l’Italia, ma in Lombardia di più.
“Le riserve scarseggiano”, spiega il biologo di un laboratorio pubblico regionale che chiede l’anonimato, “le consegne arrivano una volta alla settimana e sono sempre più incostanti”. E così il tampone viene dirottato ai privati. A pagamento.
Perchè i reagenti sono merce rara? I motivi vanno dal sistema degli acquisti alla dipendenza da un pugno di monopolisti, fino alla mancanza di una efficace regìa regionale. Per processare i tamponi in maniera massiva, si usano robot i quali funzionano solo con i reagenti della società che li aveva venduti.
È il “circuito chiuso”. Laboratori pubblici e privati utilizzano gli stessi robot: in un periodo di scarsa offerta diventano concorrenti.
Solo che, mentre il privato può contrattare le forniture alla fonte, il pubblico dipende da Aria, l’Azienda regionale per gli acquisti. E così si perpetua il circolo vizioso: il pubblico non ha reagenti, dirotta i tamponi al privato, che li ha perchè li acquista dai produttori, che non ne hanno più per il pubblico…
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
LA TABELLA: RISPETTO ALLA GERMANIA IL TASSO DELL’ITALIA E’ DEL 536% IN PIU’
In questa tabella che riporta i casi di mortalità per Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 della Lombardia rispetto a quelli della Germania si nota l’incredibile percentuale di rapporto tra morti e percentuale tra la regione italiana e il paese: 1552%.
La tabella non si limita a spiegare che l’andamento della mortalità in Lombardia è diverso (peggiore) che nel resto d’Italia, ma confronta i dati con gli altri paesi d’Europa e dell’Italia con la Lombardia e senza, dimostrando che senza la Lombardia l’andamento delle morti di Coronavirus in Italia sarebbe stato inferiore a quello di molti paesi europei.
La tabella mostra, se ce ne era bisogno, che la Lombardia ha peggiorato di molto la media italiana, mentre a posteriori si può dire che il lockdown dell’intera Italia è dovuto arrivare proprio perchè il contagio si stava diffondendo da quella regione al resto del Paese.
E così il rapporto tra morti e popolazione rispetto alla Germania dell’Italia con la Lombardia è 536%, senza la Lombardia è del 333%.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
QUELLO CHE LE SORELLE BANDIERA NON DIRANNO PERCHE’ NON HANNO LE PALLE PER DIRLO
Il 2 giugno l’opposizione scenderà in piazza. Ma dove, esattamente? Non si sa.
A che ora? Stessa risposta.
Chi volesse unirsi a Matteo Salvini e a Giorgia Meloni rischierebbe di capitare nel posto sbagliato; per esempio potrebbe trovarsi a San Silvestro con gli ultimi comunisti, i «trinariciuti» di Marco Rizzo che contano di adunarsi là . Non c’è un solo manifesto, zero le indicazioni sul web, e gli organizzatori della manifestazione si guardano bene dal rivelare l’indirizzo.
Se si venisse a sapere, sostengono, piomberebbe a Roma una folla sterminata e piena di rabbia. Cosicchè, nella calca inevitabile, nel pigia pigia, qualche untore governativo ne approfitterebbe cinicamente per seminare il Covid-19. Sai che disastro, e sai che godimento per Giuseppe Conte se dopo la manifestazione finissero tutti in quarantena.
Silvio Berlusconi, per non rischiare il virus, resterà in Costa Azzurra e ha delegato in sua vece il fido Antonio Tajani. Cautela forse eccessiva perchè, in una location tra le più scenografiche della Capitale, e mentre i quiriti saranno tutti in partenza per le spiagge del litorale, verranno ammessi al massimo 200 manifestanti con la mascherina, in massima parte onorevoli o senatori, incaricati di reggere un’enorme bandiera tricolore. I semplici iscritti, i militanti, i turisti verranno tenuti a distanza.
Perciò in assenza del popolo vero, quello che si accalca e suda, l’evento passerà ai posteri come il primo comizio a porte chiuse, la prima piazzata per soli inviti nella storia repubblicana.
Oltretutto ci si è messo il Cerimoniale di Stato, bocciando la richiesta di concludere la kermesse con una corona di fiori al Milite Ignoto, e scatenando così una triste querelle su chi è legittimato a onorare i morti per la Patria.
Il risultato è che, in un’oretta, sarà finito tutto: giusto il tempo di rilasciare un po’ di dichiarazioni davanti alle telecamere. Ciascuno dei leader si ritaglierà uno spicchio nei notiziari della sera, risparmiandosi l’incombenza di tentare una sintesi. Per cui sentiremo Salvini dare addosso all’Europa e Tajani difenderla due passi più in là .
O la Meloni argomentare che il suo fine ultimo è superare i Cinque Stelle (nei sondaggi manca solo uno zero virgola) quando a nessuno sfugge che non vede l’ora di scavalcare la Lega e mettersi lei il berretto da «Capitano».
Ascolteremo proclami, anatemi, intemerate.
Non udiremo invece tre cose molto di destra – da destra seria e rispettabile – che in questo momento risultano scomode, perciò da evitare.
Prima omissione: non Salvini, non Meloni, tantomeno Tajani denunceranno in piazza la disunità d’Italia. Cioè il brutto spettacolo di un Paese che sulle riaperture, sui test immunologici e sui riflessi campanilistici ha riportato le lancette due secoli indietro, a prima di Garibaldi e di Mazzini: qui i Savoia, là i papalini, lassù gli austriaci, nelle Due Sicilie i Borbone. In corridoio pascola una mucca – direbbe Bersani – ma i nostri eroi si girano per non vederla. Forse perchè, alla radice del caos, ci sono tanti governatori del centrodestra, potenti ras in competizione tra loro, il sardo Christian Solinas contro il lombardo Attilio Fontana, la calabrese Iole Santelli contro i suoi colleghi del Nord. Come mai Matteo tace? E Giorgia, perchè non chiarisce che la Repubblica è una e i governatori devono stare al posto loro?
Idem sul trattamento che ci riservano i vicini. Da appestati. Da fannulloni. Qualcuno sbarra i confini, altri ripetono i soliti pregiudizi su pizza e mandolino. Tra loro ci sono personaggi tenuti in palmo di mano dalla destra nostrana come il primo ministro ungherese Viktor Orbà¡n o l’austriaco Sebastian Kurz. Ecco, invece delle lodi quei due forse meriterebbero un bel «vaffa» sovranista. Meloni e Salvini sarebbero mille volte più credibili nelle contestazioni all’Europa se, invece di sparare nel mucchio, facessero nomi e cognomi degli anti-italiani, anche a costo di sfidare gli amici loro.
Infine, c’è da scommetterci, nella piazza del 2 giugno risuoneranno mille idee per rastrellare miliardi: dai «bond patriottici» della Lega al «credito perpetuo» reclamato dai Fratelli d’Italia, passando per gli aiuti gratis del Fmi o per i titoli con su scritto «esentasse» del professor Giulio Tremonti.
Nessuno purtroppo si presenterà con un piano rigoroso, credibile, austero per evitare che il fiume dei miliardi in arrivo da Bruxelles venga inghiottito in un gorgo di aiuti a pioggia, di sussidi a fondo perduto, di bonus una tantum e di regalie assistenziali con cui la politica da sempre costruisce il consenso.
Salvini e Meloni contesteranno che gli aiuti non bastano, ce ne vorrebbero molti di più per placare la rabbia e la fame.
Gareggeranno con la demagogia della sinistra e grillina. Non oseranno dire, come farebbe invece una vera opposizione nazionale, che se l’obiettivo è sprecare i soldi dell’Europa, sarebbe molto meglio non farseli dare.
Perchè 174 miliardi tutti insieme sono un treno che passa un sola volta; dopodichè alla destra, se andrà al governo, resterà la solita littorina.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
IMPROVVISAMENTE LA MELONI SCOPRE LA RICORRENZA, MA NEL 2019 ERA ASSENTE ALLE CELEBRAZIONI, COME PERALTRO SALVINI (CHE RENDE OMAGGIO SOLO AL MILITE IGNOTO IN UNGHERIA)
La fondatrice di Fratelli d’Italia, racconta oggi Il Fatto, avrebbe voluto deporre una corona d’alloro al milite ignoto, in fondo alla scalinata dell’altare della Patria, il monumento iconico di Piazza Venezia nel cuore di Roma.
E avrebbe voluto farlo il 2 giugno, il giorno della Festa della Repubblica. Quest’anno infatti non ci sarà la tradizionale parata delle forze militari, per il solito, ovvio motivo di nome Covid.
Ci sarà però la manifestazione della destra contro il governo Conte, che vedrà sfilare insieme i tre partiti guidati da Meloni, Salvini e Tajani: FdI, Lega e Forza Italia. Si tratta però di una cerimonia che il 2 giugno spetta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella:
Per questo motivo la richiesta, arrivata al ministero della Difesa su carta intestata di Fratelli d’Italia e firmata personalmente da Meloni, è stata respinta dal cerimoniale di Palazzo Chigi, dove l’iniziativa dell ‘ex ministra è stata accolta con sconcerto e disapprovazione. Un confronto non propriamente cordiale che ha spalancato la polemica tra le strutture della presidenza del consiglio (e indirettamente Giuseppe Conte) e la leader di Fratelli d’Italia
Meloni ieri pomeriggio ha diffuso questo comunicato: “Apprendo dalla STAMPA (il maiuscolo è nel testo originale, ndr) che sarebbe stata rigettata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri la nostra richiesta di deporre, insieme a Salvini e Tajani, una corona di alloro al Milite Ignoto, al termine della manifestazione che abbiamo organizzato per il 2 giugno. Al di là delle ragioni del diniego, che non conosco, è normale che ai giornalisti venga comunicato prima che a noi? Questi i metodi di Palazzo Chigi”.
La risposta ufficiale del ministero della Difesa sarebbe arrivata solo ieri in serata, verso le ore 20, e che il diniego sarebbe stato spiegato con una generica “impossibilità tecnica”. La cerimonia guidata da Meloni era prevista per le 11, due ore dopo quella tradizionale di Sergio Mattarella.
Quando Salvini e Meloni non andavano alle celebrazioni del 2 giugno
C’è da dire che Salvini ha una certa passione per il Milite Ignoto. Nel 2019 è andato ad omaggiare quello ungherese
In compenso il 2 giugno 2019, quando c’era ancora il governo Lega-M5S, nè Salvini nè Meloni si erano presentati alla cerimonia del 2 giugno:
Sul palco d’onore non ci sono infatti alcuni generali ex capi di stato maggiore di forza armata (per protesta dopo il taglio alle pensioni d’oro). Assenti anche la leader di FdI Giorgia Meloni e l’ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa, per protesta contro la ministra della Difesa Elisabetta Trenta che per le celebrazioni 2019 ha scelto il tema dell’inclusione: «Troppe disattenzioni verso le Forza armate», «no alla sfilata Peace&Love».
Questa mattina, il capo dello Stato Sergio Mattarella scortato dai Corazzieri a cavallo ha dato il via ufficiale alle celebrazioni depositando all’Altare della Patria una corona d’allora al Sacello del Milite ignoto. Ad accompagnarlo c’erano la ministra della Difesa e il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli. Presenti anche il premier Conte, i presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, e il presidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi.
(da agenzie)
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Maggio 31st, 2020 Riccardo Fucile
ARESU FECE UN VIDEO IN CUI SOSTENEVA CHE IN GIAPPONE CI SONO PCHI CONTAGIATI GRAZIE A UN FARMACO SUCCESSIVAMNETE BOCCIATO DALLA SPERIMENTAZIONE
Di Cristiano Aresu abbiamo sentito parlare quando fece un video in cui affermava che il Coronavirus SARS-COV-2 in Giappone era sotto controllo perchè usavano un farmaco chiamato Avigan.
Si trattava di una falsità , visto che la sperimentazione sul farmaco a Tokyo è partita invece molto tempo dopo e non sta dando risultati soddisfacenti.
Ciò nonostante per lui c’è stata anche un’ospitata da Massimo Giletti e, da ieri, il salto di qualità : nelle dirette di Local Team sulle proteste in centro a Roma di ieri è inquadrato anche lui con un megafono.
Cosa è successo ieri a Roma? L’ANSA racconta che nella Capitale la manifestazione s’è tinta di nero: circa 200 persone in piazza Venezia — in testa il gruppo ‘Marcia su Roma’, ma anche esponenti di Casapound — hanno tentato di raggiungere Montecitorio ma sono stati bloccati dagli scudi della polizia in assetto antisommossa, non senza qualche attimo di tensione.
Poi nel tentativo di aggirare il cordone di scudi sono arrivati, sfilacciandosi di corsa in un improvvisato corteo, fin quasi al Vaticano per poi essere imbottigliati, identificati e dispersi.
Un gruppo però ha deciso di rimanere a oltranza a piazza Venezia (“occupiamola, montiamo le tende”) lì dove in alta mattinata era iniziata la protesta e dove nel pomeriggio qualcuno ha anche provato a spingere via un blindato che sbarrava la strada. Teste rasate, tricolori, magliette nostalgiche, qualche ‘gilet’.
Ma non finisce evidentemente qui: perchè lo stesso Aresu ieri sul suo profilo festeggiava per il prossimo appuntamento in piazza del Popolo con tanto di autorizzazione a manifestare della Questura.
(da agenzie)
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