Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
AMNESTY INTERNATIONAL: “L’ITALIA FACCIA PRESSIONI PER ZAKY COME HANNO FATTO GLI STATI UNITI”
Un cartello con la scritta “Libertà per tutti i prigionieri politici” gli è costato un arresto. Ora, grazie alle pressioni Usa, è stato liberato. L’appello di Amnesty è che si faccia lo stesso con Zaki
Si riaccendono le speranze sul caso di Patrick George Zaki, dopo la liberazione di uno studente medico americano, detenuto in Egitto per 500 giorni.
Mohamed Amashah ha doppia cittadinanza americana ed egiziana, era finito in carcere dopo aver esposto un cartello in piazza Tahir, già epicentro delle primavera araba nel 2011, con la scritta «Libertà per tutti i prigionieri politici».
Il rilascio di Amashah è arrivato solo a seguito di mesi di pressione da parte del governo di Donald Trump. Una strategia sulla quale organizzazioni come Amnesty International spinge anche per altri casi come quello di Zaki, nella speranza che anche il governo italiano possa impegnarsi come quello americano per lo studente dell’Università di Bologna.
L’appello di Amnesty
«500 giorni di carcere per uno studente che aveva solo innalzato un cartello per chiedere la libertà per i prigionieri è un tempo enorme, però questa storia ci insegna che le pressioni a un certo punto pagano», queste le parole di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia all’Ansa.
Il presidente americano, continua Noury: «è riuscito a far scarcerare un cittadino egiziano e americano. Speriamo che Giuseppe Conte, che vanta e rivendica rapporti ottimi con Al Sisi, riesca a fare molto prima per ottenere la scarcerazione di un cittadino egiziano e onorario bolognese».
Le accuse a Mohamed
Mohamed Amashah era stato arrestato nel marzo 2019. «Prima di imbarcarsi per tornare a casa, a New Jersey City, Amashah, 24 anni, ha rinunciato alla cittadinanza egiziana come condizione per la sua liberazione.
Al pari di migliaia di prigionieri politici in Egitto, lo studente è stato tenuto in detenuto preventiva con le accusa di aver “fatto un uso improprio dei social media” e di aver “aiutato un gruppo terroristico”», secondo Freedom Initiative group che ha seguito, passo dopo passo, il caso.
§I procuratori egiziani, infatti, avrebbe usato accuse vaghe per ottenere il rinnovo dei 15 giorni di detenzione pre-processuale per mesi o addirittura anni. Spesso anche in presenza di prove scarse.
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
SCANDALI, ARRESTI ECCELLENTI E INCHIESTE GIUDIZIARIE: SILURATO CIRIELLI CHE DECISE LE CANDIDATURE ALLE REGIONALI… RISCHIO IMPLOSIONE: LA MELONI TOGLIE I SUOI DAI POSTI DI POTERE
La situazione è decisamente critica se Giorgia Meloni, la leader sovranista per eccellenza, ha
smesso di vantarsi delle percentuali strabilianti e dei sondaggi favorevoli per intraprendere, almeno per la Calabria, un nuovo percorso d’azione politica, divenuto quasi obbligato: la fuga.
Il diktat imposto ai “fratellisti calabresi” è stato la “Fdi-Exit” ossia il rifiuto di esprimere il candidato Sindaco a Reggio Calabria (che sul tavolo nazionale è andato alla Lega), la Presidenza del consiglio regionale (andata a Forza Italia) e la Presidenza della commissione regionale anti ‘ndrangheta.
I motivi alla base di questa scelta riguardano importanti inchieste delle direzioni distrettuali antimafia calabresi che hanno avuto ampia eco nelle testate nazionali e che hanno scosso la Meloni al punto di rimuovere il commissario provinciale del Partito a Reggio Calabria, il salernitato Edmondo Cirielli che era deputato a stilare le liste per le elezioni regionali calabresi.
E pensare che la Meloni nel dicembre 2019 dichiarò, dopo l’arresto per voto di scambio politico-mafioso dell’ex assessore regionale del Piemonte Roberto Rosso, che “la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta ci fanno schifo e ci fa schifo chi scende a patti con loro. Da sempre, noi di Fratelli d’Italia siamo rigidissimi nella selezione e nelle candidature e facciamo tutto quello che è nelle nostre possibilità per proporre agli italiani persone senza macchia”.
Una selezione che, invece, in Calabria pare essere stata scricchiolante, come da lei riconosciuto nelle reprimende ai maggiorenti del Partito.
Già prima delle regionali, il “suo” candidato in pectore a Sindaco di Reggio Calabria, predecessore di Cirielli nel ruolo di coordinatore di Fdi per la provincia di Reggio, Alessandro Nicolò venne arrestato nel luglio 2019 a causa dell’indagine della Dda di Reggio Calabria denominata “Libro nero” che lo vede indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo l’accusa Nicolò avrebbe favorito, in cambio di appoggi elettorali, gli obiettivi della cosca Libri di Cannavò, al cui vertice vi sarebbe Filippo Chirico, genero del boss defunto Pasquale Libri, già condannato a 20 anni di reclusione nell’inchiesta Theorema-Roccaforte.
Non è andata meglio con i “suoi” consiglieri regionali eletti nell’ultima tornata elettorale del gennaio scorso (3 su 4 transfughi del centrosinistra).
Domenico Creazzo, già sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, appena un mese dopo la sua elezione è stato arrestato (ed è tutt’ora agli arresti domiciliari) nell’ambito dell’inchiesta “Eyphemos” della Dda di Reggio Calabria. È accusato di voto di scambio politico mafioso con la cosca Alvaro di Sinopoli.
Nella stessa inchiesta compare l’altro consigliere ex PD fresco di svolta sovranista Giuseppe Neri. Pur non essendo indagato, in un passo dell’ordinanza di custodia cautelare dell’ex consigliere Creazzo si legge che il fratello di quest’ultimo, Antonino, “senza mezzi termini, ascriveva il successo elettorale precedente di Giuseppe Neri ‘all’impegno’ di importanti cosche di ‘ndrangheta, attivate tramite intermediario”.
E se il vicepresidente del consiglio regionale calabrese in quota FdI Luca Morrone è accusato da Nicola Gratteri di “traffico di influenze” nell’ambito dell’inchiesta Passepartout, il capogruppo Filippo Pietropaolo comprare nelle carte del decreto di perquisizione e sequestro del 26 novembre 2008 della Procura di Salerno (emanato nell’ambito dei procedimenti aperti a carico delle toghe catanzaresi e col fine di acquisire gli atti dei procedimenti “Why not” e “Poseidone”, sottratti a Luigi De Magistris) quale prestanome (in qualità di amministratore della Roma 9 s.r.l.) per l’acquisto di un immobile in co-proprietà con Giancarlo Pittelli.
Quest’ultimo è un ex parlamentare in carcere dallo scorso dicembre (arrestato dallo stesso Gratteri perchè indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e ritenuto al centro della maxi-inchiesta Rinascita-Scott), che la Meloni nel 2017 aveva accolto nel Partito twittando: “Pittelli è un valore aggiunto per la Calabria e per tutta l’Italia”.
L’affaire Mark Caltagirone
Non è esente dalla lente del rumors politico nemmeno l’unica deputata calabrese di Fratelli D’Italia e attuale commissaria regionale (e plenipotenziaria) del Partito, Wanda Ferro.
Nel suo caso gli “imbarazzi” riguardano fatti apparentemente classificabili come gossip estivo o cronaca rosa, ma che si prestano anche ad una lettura politica assai differente. Agli inizi degli anni ’90, ai tempi della frequentazione dell’Università a Messina, la pupilla della Meloni è stata fidanzata con Luigi “Gino” Sparacio, allora protagonista assoluto della mafia della città . Sparacio a Messina gestiva appalti, usura, estorsioni. Il primo omicidio lo compì a 17 anni uccidendo il buttafuori del noto ristorante “La Macina”, Sasà Bruzzese. Lui si vantava: “Non c’ è cosa che succeda a Messina che io non voglia…”.
Ma, nonostante questo, la Ferro sostenne davanti ai pubblici ministeri di non aver mai saputo la vera identità del suo fidanzato. In una udienza del maggio 2002 a Catania, Sparacio raccontò di quando venne autorizzato dall’allora capo della Dna Siclari a telefonare alla sua ex fidanzata Wanda Ferro “poichè era amica di una parente dei Piromalli” e che, quindi, “poteva ottenere notizie sull’omicidio di due carabinieri avvenuto a Reggio Calabria”. Sentita come testimone, la Ferro rifilò una sequela di “non ricordo, non ricordo”, quasi al pari della deputata PD Micaela Campana durante l’udienza del processo “Mondo di mezzo”.
Com’è noto, anche la Ferro venne coinvolta nell’intricato “affaire Mark Caltagirone”, una storia che ha del surreale, ma che ha tenuto banco nei talk show e nel mondo trash di tutta Italia, nonostante abbia delle dinamiche più serie tutte ancora da chiarire, a partire dai vari Vip che dissero di aver pagato per uscire da un giro di ricatti sentimentali.
Una delle protagoniste della vicenda, la ex agente di Pamela Prati, Eliana Michelazzo, dichiarò nel maggio 2019, in diretta tv da Barbara D’Urso che “Wanda Ferro invece di negare il suo coinvolgimento dovrebbe dire la verità . È un’altra che mente”, per poi essere accusata esattamente un anno dopo dalla stessa Prati a Domenica In da Mara Venier di “essere stata plagiata”.
Inoltre, l’altra agente della Prati è tale Pamela Perricciolo di Chiaravalle, provincia di Catanzaro. Cresciuta in “gioventù nazionale”, conosce la Ferro da anni e le foto tra le due fioccano in rete. Perricciolo ha, addirittura, portato più volte con la sua agenzia personaggi dello spettacolo alla festa nazionale ad Atreju di Fratelli D’Italia, a dimostrazione delle sue entrature “forti” in FdI.
Il padre e il fratello di Pamela Perricciolo, a seguito di svariate indagini iniziate con la nota “operazione Gustav” della Squadra Mobile di Ancona, sono stati condannati nel gennaio 2018 dal Tribunale di Macerata per associazione mafiosa (condanna a nove anni e sei mesi per il primo, a 15 per il secondo), essendo ritenuti parte dello spietato clan che gestiva il pizzo della movida di Macerata e delle Marche.
Il nome della Ferro compare anche nelle carte dell’inchiesta “Jonny” della Dda di Catanzaro che ha portato alla condanna per associazione mafiosa, lo scorso dicembre, di Leonardo Sacco (ex leader della “Fraternita Misericordia di Isola Capo Rizzuto) a 17 anni e 4 mesi e dell’ex parroco di Isola Capo Rizzuto Edoardo Scordio, condannato il mese scorso a 14 anni e 6 mesi.
Dall’informativa dei Carabinieri del Ros, allegata al fascicolo di indagine che ruota attorno a una trentina di milioni di euro sottratti alle casse del Cara di Crotone negli ultimi dieci anni, emerge un episodio riguardante “l’attivo coinvolgimento di Sacco Leonardo nella campagna elettorale in favore di Wanda Ferro” (allora candidata alla presidenza della Regione).
Dalle intercettazioni si palesano gli sforzi di Sacco per la candidata: “Domani sera alle nove viene Wanda Ferro in piazza…dobbiamo riempire la piazza…portate cristiani…avvisa che i panini sono gratis”, si legge negli atti.
Insomma, con tutte queste gatte da pelare e con FdI a rischio implosione, sicuramente Giorgia Meloni non utilizzerà il bonus vacanze per venire in Calabria.
(da TPI)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
IL DELIRIO DEL COORDINATORE DELLA LEGA NEGLI STATI UNITI
Non ci può essere libertà se non si permette ad una persona di essere razzista. Il problema non è il razzismo, ma la discriminazione che il razzismo crea e questo è inaccettabile in una società civile.
Sorvolando sul fatto che il Gazzini, “Ragioniere e perito commerciale”, con “un minor degree in matematica conseguito presso la Syracuse University” e che “a breve si laureerà in ingegneria” (secondo la sua biografia) sembra non aver chiaro che “la discriminazione che il razzismo crea” — che per lui è “inaccettabile” — nasce proprio dal fatto che ci sono i razzisti (e quindi dal fatto che si permetta ai razzisti di fare discriminazioni…), c’è da segnalare che l’esponente leghista sta intervenendo nel dibattito scatenato dal suo status dimostrando di avere poche idee, sì, ma ben confuse.
In ogni caso, “a scanso di equivoci polemici”, ha tenuto successivamente a spiegare nel dibattito che per lui “il razzismo è un male” ma “nonostante questo, rimane un (sic!) opinione personale” che quindi si può propagandare.
Tutto chiaro, no?
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
INSERITA NEL DECRETO SEMPLIFICAZIONI LA NORMA PER STANZIARE 165 MILIONI A TAL FINE
Nei giorni scorsi vi abbiamo parlato della norma che equiparava gli stipendi dei vigili del fuoco a
quelli delle altre forze di polizia che era stata fatta saltare dalla Lega: «Avevamo promesso che il loro stipendio fosse equiparato a quello delle altre forze dell’ordine. Ci sembrava, e ci sembra ancora, che sia dovuto a questo grande Corpo che rende ogni giorno un servizio fondamentale alla nostra nazione. L’ultimo passaggio obbligatorio affinchè ciò diventasse realtà (sono stati già stanziati 165 mln in legge di Bilancio) era la revisione delle tabelle degli stipendi. Quindi abbiamo presentato in Commissione Bilancio un emendamento proprio finalizzato ad armonizzare gli stipendi dei Vigili del fuoco. Ebbene, incredibilmente la Lega si è opposta prima nella persona del presidente della commissione Bilancio Borghi che per ben due volte ha dichiarato l’emendamento inammissibile, poi del capogruppo Garavaglia che, quando tutti i capigruppo erano a favore della ammissione (per la quale era necessaria l’unanimità dei capigruppo) ha RITIRATO LA SUA FIRMA, impedendo di fatto che fosse messo al voto e che fosse quindi approvato», aveva detto la deputata del MoVimento 5 Stelle Vittoria Baldino.
Oggi la norma è stata inserita nel decreto semplificazioni: “Ricordate la norma che distribuiva i 165 milioni di euro per l’aumento degli stipendi dei Vigili del Fuoco, che la Lega ha fatto saltare? Siamo riusciti ad inserirla nel Decreto Semplificazioni. Avevamo promesso che l’avremmo fatto con il primo provvedimento utile, e cosi’ e’ stato” hanno comunicato fonti del governo.
Nei giorni scorsi anche il sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia è andato all’attacco: «Tutti eravamo trasversalmente d’accordo per assegnare finalmente le risorse già previste in Finanziaria per l’adeguamento stipendiale del Corpo ma i deputati della Lega hanno ritirato la firma, determinando la bocciatura dell’emendamento che prevedeva già a luglio l’incremento degli stipendi dei Vigili del Fuoco. Una gravissima responsabilità che non trova ragioni se non quella di remare contro gli interessi del nostro corpo dedito alle emergenze: tutti siamo poi bravi a riempirci la bocca sul loro eroismo sulla loro competenza e professionalità , salvo poi scappare dalle responsabilità nel momento della decisione».
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
INSULTI IRRIPETIBILI CONTRO UNA DONNA DI COLORE DOPO AVER CAUSATO UN INCIDENTE PERCHE’ “FUSO E UBRIACO”… VIOLATO IL CODICE ETICO, LA SOCIETA DI CALCIO DOVREBBE CACCIARLO MA TACE, LO SPONSOR SE NE VA
«In poche parole c’è una ne*ra di merda che pensa di avere dei diritti, e tra l’altro sta ne*ra è pure donna, quindi già “donna” e “diritti” non dovrebbero stare nella stessa frase, in più se aggiungi un “ne*ra”… quindi fa già ridere così no?»: un video che ritrae il giocatore del Monregale Calcio Marco Rossi che pronuncia una serie di frasi razziste nei confronti di una donna con la quale ha avuto un diverbio dopo un incidente stradale gira da una ventina di giorni sui social network.
Il video continua così: «Però, in poche parole sto orangotango del cazzo ha avuto la brillante idea di denunciarmi per falsa testimonianza. Che però, forse è vero un po’ di falso l’ho dichiarato perchè ero fuso e ubriaco, ci sta. Però per principio non mi devi rompere il cazzo anche perchè you are black, diocan, ne*ra di merda! E niente, bon, in poche parole io adesso dovrei pagare la macchina a una solo perchè sa fare il cous cous: ma baciami il cazzo va’, puttana! Puttana! Troia! Poi ho preso la macchina di mia madre, ho preso l’autovelox, non ho pagato una lira e devo pagare la macchina a te dicocan, se sempre se si può chiamare macchina quella merda di triclo che c’hai. Troia, lavami i pavimenti».
Il 19 giugno scorso la società Monregale calcio aveva annunciato che avrebbe convocato il giocatore per “chiarimenti”, ma da allora della storia non si è saputo più nulla.
“In riferimento all’episodio relativo alla pubblicazione di un video dai contenuti razzisti e sessisti diffuso sui social network da parte di un proprio tesserato, Monregale Calcio prende fortemente le distanze da quanto contenuto nel video, denigrando da sempre ogni forma di discriminazione di qualsiasi genere. La società è da sempre impegnata a promuovere comportamenti, progetti e iniziative che favoriscano l’integrazione sociale, sulla scorta dei contenuti della Carta federale dei diritti del bambino e del proprio Codice etico. L’episodio in questione, dal quale la società si dissocia profondamente, è avvenuto in un contesto totalmente estraneo alle dinamiche del calcio e della pratica sportiva (peraltro ferma dal febbraio scorso), afferendo esclusivamente alla sfera personale e privata del tesserato. Ciononostante, sarà cura della Monregale Calcio e del suo Consiglio di Amministrazione convocare il ragazzo per opportuni chiarimenti sulla questione.”
Oggi i commenti sotto l’ultimo post su facebook del Monregale sono pieni di gente infuriata che chiede conto della questione, ma la società non sembra avere alcuna voglia di rispondere:
Intanto Banca Alpi Marittime, ultimo sponsor della società , si è dissociata dal comportamento del giocatore: «In riferimento all’episodio relativo alla pubblicazione di un video dai contenuti razzisti e sessisti diffuso sui social network, prendiamo fortemente le distanze». Lo sponsor chiede alla società «di emettere al piuÌ€ presto un comunicato ufficiale, per spiegare quali iniziative abbiano assunto nei confronti del suo calciatore, ovviamente nei limiti di quanto di loro competenza e del loro ruolo». La banca precisa inoltre che «attualmente la partnership tra Banca Alpi Marittime e la Monregale Calcio eÌ€ terminata a giugno 2020, con la fine del contratto di sponsorizzazione».
La società , dopo aver rilasciato un comunicato in data 25 giugno in cui prometteva chiarimenti, non ha fatto NULLA, se non oscurare i commenti su Facebook e disabitarli su Instagram.
Il calciatore è ancora regolarmente tesserato.
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
IL PIL SPROFONDA, MA LA STRATEGIA DEL RINVIO DEI DOSSIER NON PAGA
L’evanescenza del governo e la durezza della crisi.
In una manciata di ore la cronaca politica ed economica squaderna in tutta la sua drammaticità l’asincronia fra la politica e la realtà , con la prima che riesce solo a procrastinare e a vivacchiare a colpi di “salvo intese” e la seconda che si presenta in tutta la sua gravità attraverso i dati impietosi di tre (tre!) istituzioni economiche nazionali e internazionali.
Da un lato un esecutivo che licenzia il Decreto semplificazioni – che sarebbe dovuto essere l’architrave del rilancio post-Covid – al termine di una maratona notturna, alle 4 di notte, come se fosse una scatola vuota, rimandando tutti i nodi irrisolti a ulteriori trattative fra partner di maggioranza, non a caso Conte cerca poi di rimediare con una conferenza stampa in cui racconta il via libera (ma non definitivo) “a una lista di 130 opere strategiche”; dall’altro Bankitalia, Commissione Ue e Ocse che disegnano assieme uno scenario da far tremare i polsi, tratteggiando una Italia dove le cose vanno peggio del previsto, dove la metà delle famiglie perderà reddito quest’anno e dichiara di poter andare avanti non più di tre mesi in assenza di altre entrate, dove la disoccupazione scoppierà in autunno coinvolgendo soprattutto i più giovani. Il Palazzo che affonda nelle sabbie mobili del tiriamo a campare e il Paese che affonda per le conseguenze del Covid.
Leggere assieme i tre report economici è, al di là di semplice retorica, operazione per forti di spirito.
Bankitalia mostra come il virus abbia davvero picchiato duro sulle famiglie italiane, non solo quelle coinvolte, purtroppo, da un punto di vista sanitario. Anche quelle che non hanno avuto un familiare malato, intubato, o peggio, venuto a mancare, ne sono state colpite duramente: una su due quest’anno dovrà stringere la cinghia perchè perderà un pezzo di benessere, che sia uno stipendio o l’incasso di qualche fattura.
L’Ocse ci mette un altro carico non da poco: la disoccupazione esploderà nel 2020 al 12,4% e bisogna sperare che in autunno non ci sia un’altra ondata, altrimenti la percentuale di chi perde un lavora aumenterà ancora.
Angel Gurria, il segretario generale dell’organizzazione, poi ricorda come i più colpiti in Italia sono i giovani, tanto da lanciare un grido di dolore accolto dal silenzio della politica: “non si deve permettere che il risultato di questa crisi sia una generazione persa”.
Infine la Commissione europea, che arriva a darci il colpo di grazia: il calo del Pil è peggio del previsto, -11,2% quest’anno, e dobbiamo davvero sperare che non ci sia bisogno di un nuovo lockdown, altrimenti sono guai seri. Del resto, alcuni segnali dell’economia reale – se vogliamo uscire dai freddi numeri dei report – fanno correre un brivido lungo la schiena. Basti dare un’occhiata alle lunghe file di fronte ai banchi dei pegni: gli italiani vendono i gioielli di famiglia, l’argenteria di casa pur di arrivare a fine mese.
Di fronte a un quadro così tragico, lascia ancora più sbigottiti la strategia del rinvio adottata dal premier Conte su tutti i dossier più importanti.
Qui davvero la lista è lunghissima, lo stesso premier ha ammesso il ritardo: Autostrade, ex Ilva, Alitalia, la banda larga, il Mes, i decreti Sicurezza e chi più e ha più ne metta.
Per tacere dell’ultima puntata notturna. Il decreto semplificazioni che stanotte è stato approvato “salvo intese”, il che vuol dire che non è stato approvato definitivamente, in quanto alcuni nodi – come la lista delle grandi opere da sbloccare e i poteri dei commissari – non sono stati sciolti, un testo definitivo non c’è ma si ragiona ancora su bozze e il provvedimento non andrà in Gazzetta Ufficiale prima di alcuni giorni, come ammesso dallo stesso Conte.
A poco vagono le slide presentate dal premier in conferenza stampa: la lista delle 130 opere sbloccate può ancora cambiare, di definitivo non c’è nulla. Stiamo parlando di un provvedimento particolarmente atteso, quello che Conte ha annunciato due mesi fa e che ha ribattezzato come la “madre di tutte le riforme”. Un’enfasi che diventa ancor di più irritante visti i ritardi e le baruffe di maggioranza.
Intanto il Paese aspetta. Sicuramente non spera più.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
STRADE, TRENI, DIGHE, CI SONO ANCHE 36 OPERE COMMISSARIATE NEL PIANO DI INVESTIMENTI
Sono 130 le opere, gli interventi e i programmi inseriti in “Italia veloce”, il piano di investimenti per il rilancio dell’economia messo a punto dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che affianca il Decreto Semplificazioni.
Si va dai porti alle direttrici ferroviarie (come il nodo di Genova, il Terzo Valico di Giovi, la Pontremolese e la Palermo-Catania-Messina) fino agli aeroporti, alle città metropolitane e alle strade e autostrade (come la Pedemontana lombarda, il potenziamento a 4 corsie della Salaria, la Salerno-Potenza-Bari).
Sono 36 le opere commissariate: si tratta di 12 opere idriche (dighe o acquedotti) di nuova realizzazione o di messa in sicurezza, 15 opere ferroviarie (valico di Giovi, Napoli-Bari, Roma-Pescara ect) e 9 infrastrutture stradali come la Grosseto-Fano, la Roma-Latina, la SS106 Ionica e la Tarquinia San Pietro in Palazzi.
Tra le opere strategiche ci sono “la Salerno-Reggio Calabria, la Palermo-Catania-Messina, la Pescara-Roma, la Pescara-Bari, la Venezia-Trieste, la Gronda, la Ionica, l’ampliamento della Salaria, la Pontina” spiega il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in conferenza stampa, passando poi a illustrare il il Decreto Semplificazioni approvato “salvo intese” nella notte.
”È il trampolino di lancio di cui l’Italia ha bisogno in questo momento”. Secondo il premier con questo provvedimento “alziamo il limite di velocità , l’Italia deve correre, ma manteniamo gli autovelox: non vogliamo offrire spazio ad appetiti criminali che alterano la concorrenza e fanno guadagni indebiti”.
“Basta paura: conviene sbloccare” dice Conte. “Arriva una piccola rivoluzione per i funzionari pubblici. Con la nuova normativa ci saranno più rischi per il funzionario che tiene ferme le opere, non per quello che le sblocca: siamo arrivati a una situazione perversa per cui fa carriera chi non firma e chi si assume responsabilità rischia di esporsi a un soverchio danno. Dobbiamo fermare la paura della firma”.
Il decreto prevede che vengano dati “poteri regolatori a tutte le stazioni appaltanti: non serve necessariamente un commissario per procedere velocemente ma prevediamo che in casi complessi sia possibile nominare commissari sulla scia di Expo e del Ponte Genova”.
Le aspettative sull’impatto del provvedimento sono altissime. “Le opere non si bloccheranno più” perchè “i procedimenti amministrativi” saranno “con sentenza breve” e “le stazioni appaltanti” procederanno “anche in presenza di contenzioso. Oggi si blocca tutto, non succederà più” afferma il premier Conte in conferenza stampa, sottolineando anche che ci sarà uno “stop alle attese infinite” perchè la P.A. potrà “esporre una volta sola le ragioni che giustifichino il non accoglimento” delle istanze e “chi non risponde in tempo non potrà più intervenire”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
COMMISSIONE UE RIVEDE AL RIBASSO LE STIME SULL’ITALIA: -11,2% NE 2020, + 6,1% NEL 2021
La crisi è “più grave del previsto”, porta “effetti economici devastanti”, per cui il Recovery Fund
“serve più che mai” e dovrà essere “ambizioso”. Queste le parole con cui i commissari Dombrovskis e Gentiloni presentano il rapporto di previsione della Commissione Ue.
L’esecutivo comunitario ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell’Eurozona e dell’Italia. Bruxelles si attende un andamento negativo del Pil nel 2020 pari a -8,7% nell’area euro (era -7,7% la stima precedente), mentre nel 2021 prevede +6,1% (era +6,3%).
Nell’intera Ue le nuove stime d’estate indicano -8,3% (contro il precedente -7,4%), per il 2021 +5,8% (contro +6,1%).
Per quanto riguarda l’Italia, per il 2020 la Commissione Ue indica -11,2% (contro -9,5% stimato a maggio), dato peggiore in Ue, per il 2021 stima +6,1% (contro la stima precedente di +6,5%).
La crisi del Covid-19 e le misure di contenimento “hanno spinto l’Italia in una contrazione economica profonda” afferma la Commissione europea nel nuovo rapporto di previsione. Nel primo trimestre il Pil è calato del 5,3% e nel secondo “il danno all’attività economica è atteso essere più forte”.
L’economia ha iniziato a riprendersi dalla produzione dovuta alla pandemia “non appena le misure di contenimento associate hanno iniziato ad allentarsi a maggio”.
In assenza di una seconda ondata di infezioni, l’attività economica inizierà a riprendersi nel terzo trimestre di quest’anno, aiutata da un sostanziale sostegno dell’azione politica. Mentre è probabile che la produzione industriale prenda il ritmo più rapidamente, il turismo e molti altri servizi relativi ai consumatori sono destinati a riprendersi più gradualmente, attenuando così il rimbalzo della domanda.
Le perdite di produzione nei primi due trimestri saranno probabilmente maggiori di quanto ipotizzato in primavera, con una previsione del Pil reale in calo del 11,25% quest’anno. Nel 2021, l’espansione passerà da un rimbalzo tecnico a una ripresa più autentica. Inoltre, il profilo trimestrale rispetto al 2020 implica un sostanziale effetto di riporto, contribuendo in modo considerevole alla crescita della produzione media annua del 6% nel 2021. Tuttavia, non si prevede che il Pil reale tornerà al livello del 2019 entro la fine del 2021.
“L’impatto economico del lockdown è più grave di quanto inizialmente previsto. Continuiamo a navigare in acque tempestose e affrontare molti rischi, tra cui un’altra grande ondata di infezioni. Queste previsioni sono un potente esempio del motivo per cui abbiamo bisogno di un accordo sul nostro ambizioso pacchetto di recupero, NextGenerationEU, per aiutare l’economia” dice il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis. “In attesa di un rimbalzo dovremo essere vigili sul diverso ritmo della ripresa. Dobbiamo continuare a proteggere i lavoratori e le aziende e coordinare strettamente le nostre politiche a livello dell’Ue per uscirne più forti e uniti”, ha aggiunto.
“Finora il coronavirus ha causato la morte di oltre mezzo milione di persone nel mondo, numero che aumenta ancora, giorno dopo giorno – in alcune parti del mondo ad un ritmo allarmante” ha detto il Commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni. “Le previsioni odierne – ha spiegato Gentiloni – dimostrano gli effetti economici devastanti della pandemia. In tutta Europa la risposta politica ha permesso di ammortizzare i danni per i nostri cittadini, ma la situazione rimane caratterizzata da disparità , disuguaglianze e insicurezza crescenti. Ecco perchè è così importante raggiungere rapidamente un accordo sul piano di ripresa proposto dalla Commissione – per infondere nelle nostre economie, in questo periodo critico, sia nuova fiducia che nuove risorse finanziarie”.
(da “Huffingtopost”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
SCONTRO SU CANTIERI E APPALTI, POI SI TROVA LA MEDIAZIONE… L’ELENCO DELLE OPERE DA DEFINIRE ENTRO SETTEMBRE
Il Consiglio dei ministri previsto per le 21.30 inizia alle 23.00.
Una seduta fiume nel corso della notte per approvare il decreto Semplificazioni e permettere a Giuseppe Conte di presentarsi nel suo mini tour europeo se non con “la madre di tutte le riforme” (come lui l’ha definita) in mano, almeno con il primo pezzo di carta in mano, da accompagnare alle dichiarazioni di intenti contenute nel Piano nazionale di riforme, presentato dal ministro Roberto Gualtieri e licenziato dal Cdm.
L’orario già tardo viene procrastinato perchè non si trova la quadra sulle soglie per gli appalti senza gara e sulle opere da finanziare sotto la supervisione di un commissario. Cosa rientra nel “modello Genova”, in sintesi, quanto e come potrà venire realizzato con procedure semplificate e in deroga al codice degli appalti.
Movimento 5 stelle e Italia viva spingono per una lista ampia e per allargare le maglie sugli affidamenti diretti e sui cantieri, sbattendo ripetutamente sulle perplessità di Partito democratico e Liberi e uguali. Una quadra non si trova.
Verso le sei del pomeriggio Palazzo Chigi propone una mediazione: andiamo avanti con il decreto e diamoci tempo fino a fine anno sulla lista delle opere da affidare a commissari. Il rinvio non fa contento nessuno, si continua a discutere.
Sono 5 stelle e renziani a insistere, temendo che il rinvio significhi di fatto una resa, e battendo il tasto sull’urgenza di partire subito.
Ma soprattutto sono contrari alla modalità : la mediazione lascia a dpcm di Conte l’individuazione dei cantieri in deroga, con i pareri dei ministri dell’Economia (Gualtieri, Pd) e delle Infrastrutture (De Micheli, Pd), tagliandoli fuori dalla catena decisionale.
Non si trova una quadra, e la soluzione proposta, con alcuni accorgimenti, inizia a farsi strada come l’unica possibile per evitare un clamoroso rinvio.
Il testo alla fine viene licenziato “salvo intese”. La formulazione, di fatto, lascia l’articolato aperto a ulteriori modifiche e limature.
L’orientamento, fin dalla fine della scorsa settimana, era quello di rinviarne la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e dunque l’entrata in vigore di una decina di giorni. Con l’intasamento di decreti in Parlamento, si sarebbe corso il rischio di dover convocare le Camere ad agosto, per la necessaria conversione entro i 60 giorni.
L’escamotage permette al contrario di aprire una sufficiente parentesi a settembre per preservare le onorevoli vacanze e consentire l’approvazione finale prima dell’autunno.
Quando alle undici della sera Conte suona la campanella e dà il via alle danze, il nodo politico è ancora aperto.
Si passa a un esame minuzioso articolo per articolo (per un totale di 48), che richiede diverse ore, per poi passare al Pnr. La tensione durante l’analisi dell’articolato è palpabile. Una maratona resasi necessaria dall’aereo che attende Conte di prima mattina, direzione Lisbona. Il premier ha la necessità di sbandierare il risultato in una conferenza stampa preannunciata per il mattino: per smentire con i fatti le accuse di immobilismo che gli piovono dalla maggioranza, e per mettere qualcosa sul piatto della bilancia nelle tribolate trattative con i partner di Bruxelles.
Il testo, per lo più una lunga serie di deroghe a tempo, rivede anche i reati di abuso d’ufficio e responsabilità erariale. Una norma fortemente voluta da Conte per scongiurare la paralisi dettata dalla paura della firma da parte degli amministratori locali, e andata in porto a differenza del condono, sommerso al primo vertice della settimana scorsa da un coro di no.
L’approvazione notturna salvo intese consente a tutti, al premier in primo luogo, di cantare vittoria, di suonare la grancassa mediatica di un Governo che “corre”.
Che le tensioni, i rinvii, le maratone notturne ricordino i tempi del governo gialloverde poco importa a tutti. Tranne forse a Davide Casaleggio e ad Alessandro di Battista, beccati dalle telecamere di Quarta Repubblica a cena nel popolare quartiere di Testaccio. A tavola con i triumviri di Rousseau Pietro Dettori ed Enrica Sabatini proprio nelle ore in cui gialli e rossi in Consiglio dei ministri si davano battaglia articolo su articolo.
(da agenzie)
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