Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
IL POST IRONICO DELLA COMPAGNIA AEREA: “IN QUESTO CASO NON RACCOMANDIAMO IL POSTO FINESTRINO” (IL SOVRANISTA AVEVA TENTATO LA FUGA DALLA FINESTRA DEL PUB, FERENDOSI)
Qualcuno l’ha già definita la storia dell’anno. Se poi a cavalcarla ci sono le principali aziende sui social network, ecco che ha anche la possibilità di diventare virale.
Da Bruxelles arrivano delle notizie incredibili: nella serata di venerdì scorso, in pieno lockdown, una gang-bang con 25 persone è stata interrotta dalla polizia, in un bar nel centro della capitale del Belgio.
A questa orgia partecipava anche un deputato conservatore ungherese che, nel maldestro tentativo di fuga, si sarebbe ferito, oltre ad aver chiesto — successivamente all’identificazione — la sua immunità parlamentare.
Il giornalista inviato del Times a Bruxelles, Bruno Waterfield, ha riferito la circostanza: «La storia del giorno. La polizia ha interrotto un’orgia che includeva 25 persone compreso un eurodeputato, così come altri diplomatici in un bar al centro di Bruxelles. Il parlamentare europeo ha provato a volare via dalla finestra, ferendosi, prima di invocare l’immunità parlamentare».
Ci ha ricamato su Ryanair che — sui social network — ha immediatamente colto la potenziale vitalità della notizia e si è subito prodotta in una battuta notevole per prontezza di spirito: «Cercate di fare una rapida fuga da Bruxelles? Abbiamo un volo a partire da 14,99 euro (in questo caso, però, non raccomandiamo il posto finestrino)».
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
SI TRATTA DELL’UNGHERESE JOZSEF SZAJER, TROVATA ANCHE CON UNA PASTIGLIA DI EXTASY: AVEVA TENTATO LA FUGA, ORA LE DIMISSIONI
Erano in un locale in centro a Bruxelles, impegnati in un ‘festino sessuale’, che, va da sè, sarebbe vietato per le norme anti-assembramento scattate con la pandemia.
Succede la notte tra venerdì e sabato scorsi: è intervenuta la polizia belga a interrompere il party.
Venticinque le persone fermate e indentificate, tutti uomini, tra cui anche l’eurodeputato ungherese Joseph Szajer di Fidesz, il partito di Viktor Orban, nonchè diversi diplomatici e funzionari della Commissione europea.
Szajer ha presentato lettera di dimissioni dall’Eurocamera, a partire dal 31 dicembre prossimo.
La notizia sta impazzando sui media belgi. Ormai da ottobre in Belgio ristoranti e pub sono chiusi per le misure anti-contagio disposte dal governo nel pieno della seconda ondata di pandemia. I 25 sono accusati di aver infranto le regole sanitarie.
All’arrivo della polizia erano ubriachi e gli agenti avrebbero anche trovato sostanze stupefacenti sul posto.
Succede anche questo in epoca covid. Szajer avrebbe anche tentato di sfuggire al fermo di polizia, invocando l’immunità parlamentare. Niente da fare, si è dovuto dimettere dalla carica.
Lui ammette i fatti: “Io ero presente” al party. “Quanto la polizia mi ha chiesto i documenti, poichè non avevo la carta d’identità , ho dichiarato di essere un parlamentare europeo. La polizia ha continuato le operazioni, mi ha fatto un verbale e mi ha trasportato a casa. La polizia dice di aver trovato una pasticca di extasy, ma non è mia, non so chi e come sia stata messa lì. Sono profondamente dispiaciuto per aver violato le restrizioni Covid, è stato irresponsabile da parte mia. Sono pronto a pagare la multa. Con le mie dimissioni di domenica ho tratto le conclusioni politiche e personali. Chiedo scusa alla mia famiglia, ai miei colleghi, ai miei elettori”
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
“I COMUNICATI STAMPA NON POSSONO SOSTITUIRE I DATI SCIENTIFICI”
Professor Silvio Garattini, l’ex direttore dell’Ema, Guido Rasi, ha spiegato che nonostante gli annunci le aziende farmaceutiche non hanno ancora consegnato i dati alle autorità regolatorie. Che significa?
Significa che siamo indietro. Da alcune notizie circolate sembrava che le industrie intendevano presentare la documentazione gradualmente, in modo da valutare i dati via via e guadagnare tempo, obiettivo legittimo data l’importanza della questione. Di solito l’approvazione di un farmaco richiede circa 270 giorni. Non so se in questo caso i tempi saranno ridotti, ma serve comunque qualche settimana di lavoro. Bisogna stare attenti agli annunci. Il rischio è alto.
Qual è il rischio?
Ingenerare speranze eccessive può tradursi, nell’immediato, in un abbassamento della guardia sul rispetto delle regole di sicurezza, le uniche che possono difenderci ora e, a lungo termine, in una mancanza di fiducia nella scienza.
Scienza che nel frattempo si divide. Tra gli studiosi c’è chi sostiene che quello sui dati sia un falso problema, ci sono e saranno valutati.
Vedo, innanzitutto, un problema di comunicazione. Dire “non farò o farò il vaccino quando ci sarà l’approvazione” sono due espressioni che significano la stessa cosa, ma hanno impatto diverso sulle persone e prima di parlare bisogna pensare all’effetto delle proprie dichiarazioni.
Saranno sicuri?
Come per tutti i farmaci bisognerà valutare attentamente il rapporto tra rischi e benefici. Anche su questo ci vuole chiarezza. L’unico modo per vedere come stanno le cose è pubblicare i dati. Alle aziende, però, va ricordata una cosa.
Cosa?
I comunicati stampa non sostituiscono i dati scientifici. Governi e Unione Europea, che hanno tirato fuori molti soldi, avrebbero il diritto di chiedere che non si facciano troppe chiacchiere e comunicati, presentando a mezzo stampa percentuali di protezione, e pretendere la pubblicazione dei dati. È giusto che su una questione così vitale ci siano massima chiarezza e trasparenza e non esista il sospetto che pressioni politiche e interessi economici siano in contrasto col rigore scientifico. Le industrie hanno fatto un lavoro straordinario, ma ora devono avere responsabilità sociale. Abbiamo bisogno di tanti vaccini, dobbiamo rassicurare su un corretto monitoraggio ed essere certi che si faccia di tutto per garantire il massimo della sicurezza. Anche perchè alcune metodologie, come quelle dei vaccini a mRNA, sono nuove.
La prof. Ilaria Capua stamattina ha invocato la convergenza di scienze diverse, anche per “evitare di creare paura e incertezza”.
Giustissimo. Dobbiamo far vedere che la scienza, pur con la diversità di pareri, abbia una ragionevole certezza che le cose siano fatte in modo adeguato. Inoltre, credo sia importante coinvolgere psicologi e sociologi nell’aiutare a mettere in campo argomentazioni e convincere chi è preoccupato o non vuole farsi vaccinare.
Secondo un recente sondaggio Ipsos un italiano su 6 rifiuterà di farsi vaccinare.
Un dato negativo. Anche per questo è necessario che il Governo chieda con forza la pubblicazione dei dati e non faccia troppe chiacchiere e annunci. Meno si parla è meglio è, così non si corre il rischio di creare altra confusione.
Il presidente del Consiglio Superiore di Sanità , Locatelli, ha annunciato: “Potremmo avere i primi due sieri come regalo di Natale”. Troppo ottimismo o auspicio fondato?
Può darsi che Locatelli possegga informazioni che a noi mancano. Ma, anche alla luce di quanto ha detto Rasi, mi sembra molto strano che per Natale avremo a disposizione qualcosa. A meno che si voglia prendere un vaccino senza aspettare il parere delle autorità regolatorie. Dobbiamo evitare pericoli che possono derivare da procedure come la “urgent emergency approval” utilizzata dalla “Food and drug administration” per mettere in commercio, come per disperazione, il Remdesivir, dimostratosi inefficace alla prova di studi clinici controllati. Il ruolo dei Governi è fondamentale.
In che senso?
Dovrebbero schierarsi dalla parte del rigore scientifico e chiedere all’Ema di dare sicurezza, di svolgere il suo mestiere con il massimo rigore. Purtroppo non vedo questo tipo di impostazione. Più che annunciare date, bisognerebbe preparare per tempo le condizioni per realizzare al meglio la vaccinazione.
Il Governo si appresta a presentare il piano vaccini. Su cosa dovrebbe puntare?
L’unica cosa che possiamo fare ora è predisporre tutto ciò che può essere necessario, come ad esempio è stato fatto in Germania. Come Comitato nazionale di bioetica abbiamo stilato un documento, pubblicato stamattina, in cui si sottolinea che c’è un problema di priorità . Avremo una certa quantità di dosi a scalare nel tempo, dovremo fare delle scelte.
Chi vaccinare prima?
Gli operatori sanitari. Tutte le altre categorie sono definibili solo conoscendo i dati. Intanto, però, bisogna programmare ciò che si può programmare. Non aspettiamo l’ultimo momento. Abbiamo visto cos’è successo con mascherine, tamponi, banchi di scuola che non arrivavano nonostante gli annunci. Sta accadendo lo stesso con il vaccino antinfluenzale. Non ripetiamo lo stesso errore, organizziamoci prima.
Come procedere per non farsi trovare impreparati?
Bisogna innanzitutto avere un’idea di quanti devono essere, regione per regione, i centri che si costituiscono, stabilire chi farà le vaccinazioni e predisporre gli strumenti, compresa l’attivazione della catena del freddo. Chi lo somministrerà ? I medici di medicina generale o i medici di malattie infettive? E poi serve una comunicazione adeguata. Le cose non avvengono automaticamente, bisogna prepararsi.
Duecento milioni di dosi per cento milioni di persone: sono i cardini attorno a cui ruota la più importante campagna vaccinale della storia del Paese. Ma si parla già di ritardo, ci si chiede se il cronoprogramma sarà rispettato, se i vaccini ci saranno per tutti.
È la campagna vaccinale più importante della storia del mondo. Stiamo attenti a non ripetere l’errore commesso nel caso della vaccinazione contro la poliomielite, che abbiamo fatto con grande ritardo rispetto ad altri Paesi.
Servono regole precise ed equità sociale.
Servono a livello mondiale per non lasciare indietro gli Stati a basso reddito, ma anche nel nostro Paese. Non dovranno esserci favoritismi e discriminazioni, bisogna agire con trasparenza rendendo note, per esempio, le ragioni sulla base delle quali si stabiliscono le priorità su chi vaccinare prima.
Altrimenti quali sono i rischi?
La gente andrà in giro a cercare il vaccino per conto proprio. La situazione sociale non è così tranquilla, questi lockdown hanno creato ansia e rabbia. Nei mesi scorsi abbiamo già assistito a qualche episodio. Stiamo attenti, le cose possono precipitare.
Le dosi all’inizio non basteranno per tutti, si è parlato di un patentino di immunità per consentire gli spostamenti mantenendo traccia dei vaccinati. Che ne pensa? Non rischia di creare discrepanze?
Bisognerà vedere sulla base di quali dati si pensa di rilasciarlo. Ma è un’iniziativa da valutare attentamente perchè può creare discriminazioni. Se saremo davvero in grado di farlo per tutti allora è diverso, ma se, per esempio, dovesse dipendere dalla Regioni, dal posto in cui si vive, allora potrebbe creare discrepanze e chi non ha il patentino essere considerato un untore.
Qual è la percentuale per raggiungere l’immunità di gregge? Ma poi quando sarà raggiunta, considerando che il virus è cittadino del mondo, saremo davvero fuori pericolo?
È una domanda prematura. Non sappiamo come si comporta questo virus, potrebbe esserci una mutazione e quindi quello che abbiamo fatto finora potrebbe non valere per il futuro. È come sull’obbligatorietà : non sappiano quanti ne potremo vaccinare nè con quali vaccini.
Nel mondo ci sono 11 vaccini in fase 3. Il vaccino della Pfizer, come quelli di Curevac e Moderna, si basano sulla tecnologia a mRNA, utilizzata per la prima volta. Ci sono rischi?
Deve esserci un monitoraggio adeguato a questa modalità di azione nuova. Per rassicurare tutti e essere tranquilli sul fatto che non ci siano sorprese. 42 vaccini sono a livello clinico. Tutti guardano a Moderna, Pfizer e AstraZeneca, ma non è detto che non ci siano altre possibilità e che quelli che vengono dopo non siano migliori. Ripeto, serve attenzione da parte dei Governi a stimolare la pubblicazione dei dati.
Tante le incognite. Non si sa ancora, per esempio, se i vaccini bloccano i sintomi e anche il contagio. Perchè è così importante saperlo?
Perchè da questo dipende la valutazione sul vaccino. Dalle fasi due sappiamo che i tre di Pfizer, Moderna e AstraZeneca sono in grado di aumentare la formazione di anticorpi che impediscono la riproduzione del virus.
E poi c’è il problema del prezzo – dai 3 ai 25 euro – fondamentale per una vaccinazione di queste proporzioni.
Dovrà esserci una trattativa, anche alla luce dei soldi ricevuti dalle industrie. È importantissimo che i Paesi a basso reddito non vengano lasciati indietro.
“Il negoziato è stato fatto per tutti dalla Commissione, questo garantisce parità nella distribuzione”, ha assicurato il commissario Ue, Gentiloni. Nessuna disparità ?
Speriamo. L’Europa l’accordo con Moderna l’ha fatto qualche giorno fa, gli Usa hanno tirato fuori un miliardo sin dall’inizio. Chi ha pagato prima manifesterà certamente il diritto di avere la precedenza. Non si tratta tanto di avere o non avere il vaccino, ma del numero di dosi che saranno messe a disposizione.
Lei si vaccinerà ?
Se il vaccino viene approvato certamente sì.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
UNA PARTITA CHE SI GIOCA A MOSCA, IL CAIRO, RIAD E ABU DHABI, PRIMA ANCORA CHE A BENGASI O TRIPOLI… L’ITALIA INVII MEZZI NAVALI, ELICOTTERI E FORZE SPECIALI AL LARGO DI BENGASI PER FAR CAPIRE CHE ARIA TIRA, ALTRO CHE CALARSI LE BRAGHE
Tre mesi nelle mani del generale-ricattatore. Ostaggi in una partita che ha come posta in gioco il futuro della Libia e la spartizione della “torta” petrolifera.
Una partita che si gioca ad Ankara, a Mosca, Il Cairo, a Riad, ad Abu Dhabi, prim’ancora che a Bengasi e a Tripoli.
Un ricatto che rimarca la marginalità a cui l’Italia si è autocondannata per via della sua politica oscillante, contradittoria, cerchiobottista.
Parla Rosetta Marrone, la mamma di Pietro, il capitano del peschereccio Medinea, sequestrato in mare assieme al suo equipaggio lo scorso primo settembre dalle milizie del generale Khalifa Haftar. A Sputnik Italia dice: “Siamo preoccupati, il governo poteva fare di più per difenderli”.
“A Conte e Di Maio dico che devono riportarmi mio figlio, siamo quasi a Natale e io dalla vita non voglio più niente, solo questo regalo: riabbracciare il mio ragazzo e tutti gli altri pescatori”.
Rosetta, 74 anni, è la mamma di Pietro Marrone, il capitano del peschereccio Medinea, uscito per pescare gamberi rossi e finito nelle mani dei miliziani del generale Khalifa Haftar lo scorso primo settembre.
Da allora è rinchiuso assieme agli altri 17 membri dell’equipaggio nel carcere di El Kuefia, a sud di Bengasi, in Cirenaica. La Farnesina lavora per la liberazione, ma per questa donna battagliera di Mazara del Vallo, che in mare ha già perso un figlio 24 anni fa, le trattative procedono troppo a rilento.
Il generale ha promesso al suo popolo che non libererà i pescatori finchè Roma non aprirà le porte del carcere a quattro calciatori libici, condannati per aver provocato la morte di 42 migranti nel naufragio di un barcone nel 2015.
Cedere al ricatto è fuori discussione, anche perchè potrebbe creare un pericoloso precedente. Intanto i mesi passano e l’uomo forte di Bengasi continua a tenere sotto scacco il governo italiano. Le famiglie, dal canto loro, pressano Palazzo Chigi. “Se non saranno a casa entro Natale torneremo a Roma a protestare”, dice a Sputnik Italia.
Una brutta storia
“È una storia di gambero rosso e di oro nero. Di ostaggi usati come bottino da mettere all’asta in una partita a poker con troppi giocatori. Dal generale Haftar che cerca un appiglio per non finire definitivamente scaricato dai protettori russo-egiziani, alla Francia che può incassare la gratitudine dell’Italia dopo anni di contrapposizione in terra libica.- scrive Nello Scavo, l’inviato di Avvenire, che sulla Libia e il Mediterraneo è un’autorità , acquisita sul campo -, Da novanta giorni 18 pescatori siciliani sono prigionieri del signore della guerra Khalifa Haftar. E nel negoziato, non sapendo più a che santo votarsi, anche la diplomazia maltese si offre per dare una mano e trovare una soluzione entro Natale. La mediazione è difficile. Ad ogni apparente punto di svolta sembra che i negoziatori debbano ricominciare daccapo. Il generale ribelle, che dopo aver fallito l’assalto a Tripoli sta tentando di riguadagnare peso, sta giocando la carta dello scambio di prigionieri, assicurando di voler riportare a Bengasi quattro libici arrestati in Sicilia cinque anni fa, condannati a 30 anni ciascuno in primo e in secondo grado a Catania per la morte in mare di 49 migranti nel 2015. Uno scambio impraticabile per l’Italia.
All’inizio sembrava solo un modo per alzare il prezzo del rilascio, ma ora lo stesso Haftar è ostaggio delle sue promesse alla popolazione. Il governo di Tripoli ne approfitta per regolare i conti con Roma, accusata di aver scelto la politica del piede in due scarpe: le trattative riservate con le milizie e i trafficanti fedeli a Tripoli, intanto cercando con Haftar il dialogo sui pozzi petroliferi; l’inutile e costoso vertice di Palermo nel 2018 e le missioni navali che non contrastano per davvero il traffico di armi destinate ad Haftar e non proteggono neanche i pescatori siciliani. Non è un caso che a perorare la causa di un plateale scambio di prigionieri, certo più imbarazzante di un qualsiasi segreto pagamento in denaro o di concessioni politiche da non sbandierare, sia proprio il vicepresidente del consiglio presidenziale di Tripoli, Ahmed Maitig.
‘Credo la direzione sia quella dello scambio con i calciatori libici condannati al carcere in Italia’, ha dichiarato al Corriere della Sera.
La polizia di Haftar, dopo avere minacciato l’incriminazione per traffico di droga a danno dei pescatori, al momento sembra avere desistito. In gioco c’è altro. L’Italia, ha ricordato Maitig ai negoziatori di Roma, conserva un vantaggio nel giocare da mediatore nel dialogo multilaterale tra Egitto, Turchia, Grecia e Libia. Un ‘dialogo’, viene fatto notare anche da fonti diplomatiche maltesi, ‘che può essere decisivo per la spartizione, l’esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti nel Mediterraneo”.
Sotto scacco
Una partita che non può risolversi in un “win win”. E l’Italia è sotto botta. Cedere al ricatto consegnando quattro criminali già condannati dalla nostra giustizia costituirebbe un pessimo segnale per il prestigio (residuo) di Roma e del suo governo che, ancora una volta, ha chiesto aiuto alla Ue senza ottenere nulla di concreto — annota Gianandrea Gaiani, direttore AnalisiDifesa – .Cedere al ricatto di Haftar significa potenzialmente doversi preparare anche ad accettarne di simili da Stati “canaglia”, leader tribali e ‘feldmarescialli’ d’Africa trasformando in preda preziosa ogni italiano che per lavoro o altre ragioni entri o si avvicini ad alcuni Stati instabili o governati da despoti o farabutti. Vale poi la pena sottolineare che in questi tre mesi il governo Conte non ha mai nemmeno provato ad ‘alzare l’asticella’ dell’escalation schierando un gruppo navale con elicotteri e forze speciali di fronte al Bengasi.
Non necessariamente per attuare blitz (che non appartengono alla cultura politica, da sempre ‘calabraghista’ di un’Italia che peraltro schiera forze speciali tra le migliori del mondo), ma quanto meno per ricordare a tutti che per liberare i connazionali prigionieri ‘non si esclude nessuna opzione’ e per ribadire la libertà di navigazione nel Golfo della Sirte, acque internazionali su cui la Libia arbitrariamente esercita la sua sovranità da oltre dieci anni.
Infine, la minaccia di un blitz militare italiano avrebbe forse indotto gli sponsor di Haftar a esercitare pressioni sul generale affinchè liberasse i pescatori, anche solo per evitare un’escalation militare pericolosa, specie ora che tutte le potenze che contano in Libia sono alle prese con un difficile processo di stabilizzazione.
Due o tre navi militari italiane al largo di Bengasi avrebbero espresso una reale deterrenza e preoccupato tutti i protagonisti della crisi libica (in fondo l’Italia è pur sempre la maggiore potenza militare e navale del Mediterraneo) rafforzando un’azione diplomatica da sola troppo fiacca, come si è visto a oggi, per ottenere il successo.
Il governo italiano ha infatti chiesto un aiuto agli Stati che sostengono Haftar ma finora i risultati sono stati nulli e la regione più facilmente comprensibile è che tutte le potenze che hanno un peso in Libia hanno tutto l’interesse a ridurre l’influenza di Roma, minata drammaticamente anche dalla vicenda dei pescatori”.
Chi conosce la realtà libica in ogni sua piega, è Giancarlo Elia Valori. “Se vogliamo influire positivamente sull’esito finale del gioco e fare i nostri interessi a tutela dell’economia nazionale e dell’incolumità di nostri concittadini ingiustamente sequestrati e detenuti nelle galere di Bengasi, forse dovremmo rinunciare al ruolo di semplici pedoni e tentare di assumere un maggiore peso in una partita i cui pezzi forti sono turchi, francesi, russi, egiziani, giordani ed emiratini – rimarca Valori-. Una partita alla quale non si può partecipare semplicemente recitando slogan a ‘tutela della legalità internazionale sancita dall’Onu’, ma che richiederebbe, al pari dei nostri vicini d’oltralpe, buone dosi di realismo e di coraggio”.
Ma realismo e coraggio non albergano alla Farnesina. E a Palazzo Chigi.
(da Globalist)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
UN CAPO DELLO STATO NON RICEVE UN SEQUESTRATORE DI PERSONE, NON DOVEVA ASPETTARSI ALTRO
“Tutto il paese ha come problemi principali la salute, le tasse, come andare avanti e incredibilmente da stamattina e per tutta la settimana la Camera sarà bloccata a discutere i ‘decreti clandestini’. Noi della Lega e tutti i parlamentari del centrodestra si daranno da fare” per non far cancellare i ”nostri” dl sicurezza.
Ospite di ‘Cusano Italia Tv’, Matteo Salvini ribadisce le ragioni del suo ostruzionismo in Parlamento contro quello che la Lega ha definito il ‘decreto invasione’ del governo Conte.
”Mi sembra surreale -avverte il leader della Lega- che il Parlamento, invece di parlare di emergenza Covid, sia bloccato per il fatto che la sinistra, per ideologia, vuol tornare a spalancare porti e portafogli di cui ho parlato anche oggi con il presidente Mattarella“. ”
Eppure l’incontro tra Mattarella e Salvini doveva rimanere riservato
A spiegarlo è Concetto Vecchio su Repubblica. Il leader leghista aveva chiesto un incontro per discutere del nuovo decreto immigrazione, che rischia di bloccare i lavori del Parlamento in un momento particolarmente delicato per il Paese, secondo quanto spiegavano fonti leghiste.
Nel corso del colloquio, definito disteso e cordiale, Salvini — si aggiunge — ha anche espresso preoccupazione per la situazione economica e sociale italiana, in particolare sui temi della salute e della tutela di medici e infermieri, sulla scuola e la mancanza di personale e strutture adeguate, lamentando la mancanza di dialogo con le parti sociali e il Parlamento da parte del governo.
Su Radio 24, in mattinata, il leader della Lega aveva preannunciato che si sarebbe rivolto al Capo dello Stato: «Chiamerò il Presidente della Repubblica per chiedergli se è normale che la Camera sia bloccata dai decreti sicurezza da cancellare: non mi sembra che riaprire ora i porti sia l’urgenza del Paese».
Subito dopo ha chiesto un incontro, che il Presidente ha concesso senza esitazione. Ma doveva essere un faccia a faccia riservato, e invece, una volta uscito da lì, Salvini l’ha sbandierato ai quattro venti, manifestando il suo disappunto per la decretazione d’urgenza usata per cambiare la legge più importante dei suoi 15 mesi al Viminale. Una condotta che non deve avere fatto piacere al Quirinale
Il paradosso, sottolinea Repubblica, è che Salvini è andato a lamentarsi proprio con chi aveva chiesto di modificare i decreti sicurezza, ovvero il presidente della Repubblica, che nell’agosto 2019 aveva firmato i due rilievi sull’obbligo di salvare vite in mare e sulle super multe alle Ong.
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
ORA IL GIORNALE SE LA PRENDE CON LA FAMIGLIA DELLA RAGAZZA, FINGENDO DI NON SAPERE CHE SE UNA E’ MAGGIORENNE PUO’ FARE QUELLO CHE LE PARE, ANCHE ANDARE A UNA FESTA SENZA PER QUESTO ESSERE STUPRATA
Se pensavate che Libero avesse già dato il massimo per quanto riguarda il processo di descrizione del caso Genovese e della ragazza coinvolta nella storia su cui sta indagando la magistratura (Genovese è in carcere con l’accusa di violenza sessuale, spaccio di droga e sequestro di persona), provate a leggere questo pezzo pubblicato nell’edizione di oggi, a firma Azzurra Barbuto.
All’articolo è stato dato questo titolo: «Famiglia assente, figli allo sbando e lo stupro vien da sè».
Non era bastata la «ragazza ingenua» che «credeva forse di andare a recitare il rosario nella stanza di Genovese» di cui ha parlato Vittorio Feltri in un articolo che ha creato anche successivamente delle polemiche (si veda la mancata pubblicazione sull’Huffington Post di un intervento di Laura Boldrini in cui si citava il victim blaming dello stesso Feltri). Oggi scopriamo addirittura che lo stupro possa essere quasi una diretta conseguenza di una presunta assenza della famiglia nella “formazione” e nell’educazione di una ragazza di 18 anni. Una visione che proviene da una firma femminile di punta della testata diretta da Pietro Senaldi.
In un passaggio dell’articolo, Azzurra Barbuto punta il dito sulla famiglia della ragazza: «Non si è udito — si legge — un padre, non si è udita una madre, non è emerso un accenno ad un qualche genitore che abbia chiamato la diciottenne, rimasta nell’attico di Genovese ben 20 ore, ossia quasi un giorno intero, senza che i familiari si domandassero: “Che diavolo di fine ha fatto nostra figlia?”».
Davvero avevamo bisogno di quest’altro punto “inedito” sul caso Genovese, che si concentra ancora una volta sulla vittima e sul suo contesto familiare invece di approfondire in maniera critica quanto fatto dal protagonista maschile della vicenda?
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
IN OGNI CASO UN GIORNALISTA HA DIRITTO A CHIEDERE UNA INTERVISTA A CHIUNQUE NELLE FORME DOVUTE MA NON A ROMPERE I COGLIONI AI FAMILIARI DI UN QUALSIASI POLITICO SE QUESTI NON VUOLE CONCEDERLA
È sorpreso lui stesso e lo ammette nelle battute finali del suo editoriale pubblicato quest’oggi su Libero quotidiano: Vittorio Feltri difende Conte.
Un evento più unico che raro, come spiega lo stesso ex giornalista, il cui mirino dialettico è rivolto — questa volta — sulla magistratura rea di aver aperto un’indagine nei confronti del Presidente del Consiglio con l’accusa di peculato.
Il casus belli è quello della scorta del capo del governo, intervenuta in soccorso della sua compagna Olivia Paladino. Feltri non ci sta e implora i giudici di lasciarlo stare e di fargli fare il suo lavoro, già molto complesso in tempo di pandemia.
«Credo che nessuno si stupisca se le forze dell’ordine che scortano Giuseppe Conte, in un momento di libertà , siano intervenute in favore della moglie o compagna che sia del premier, in difficoltà poichè minacciata — scrive Vittorio Feltri nell’incipit del suo editoriale dal titolo ‘Accusano Conte anche quando ha ragione’ -. Quando polizia e carabinieri fanno qualcosa di utile al di fuori del loro incarico specifico non solo non meritano deplorazione, ma vanno lodati».
Insomma, il caso che ha riempito molte prime pagine di diverse testate, che già parlavano di scandalo, viene sminuito da Vittorio Feltri che prende le difese del Presidente del Consiglio e prova a dare una versione dei fatti che scagiona Giuseppe Conte, la sua compagna Olivia Paladino e gli uomini della scorta del capo del governo.
Secondo l’ex giornalista, infatti, parlare di peculato (l’accusa mossa dalla magistratura) è del tutto fuori luogo. Anzi, chi è intervenuto in soccorso della compagna del Presidente merita encomi
Forse neanche Feltri aveva mai immaginato di trovarsi un giorno a difendere Giuseppe Conte dalle accuse. E lo scrive chiaro e tondo: «Per la prima volta nella vita siamo dalla parte del Presidente del Consiglio e dei suoi familiari, convinti che la vicenda in cui si trovano coinvolti sia degna di una alzata di spalle. I motivi per cui Conte non ci va a genio sono ben più gravi. Supplico l’autorità giudiziaria di lasciare in pace un premier già abbastanza tribolato».
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
LA FOTO IN UN REPARTO COVID DEL TEXAS… IL MEDICO: “ERO AL MIO 252ESIMO GIORNO DI LAVORO CONTINUATIVO”
Un abbraccio tra medico e paziente in un reparto Covid. Uno scatto di umanità e speranza che sta facendo il giro del web, quello realizzato da un reporter dell’agenzia Getty nel giorno della Festa del Ringraziamento presso lo United Memorial Medical Center di Houston, in Texas.
“Ero nell’unità Covid quando ho visto questo paziente anziano alzarsi dal letto, mentre stava cercando di andarsene e piangeva”: questo il racconto del dottor Joseph Varon, medico ritratto nella foto intervistato dalla Cnn.
Varon è capo dell’unità di terapia intensiva allo United Memorial e sul momento dello scatto (di cui confida di non essersi accorto) rivela: “Mi sono avvicinato e ho chiesto al paziente: ‘Perchè piange″. Mi ha risposto: ‘Voglio stare con mia moglie’. Così l’ho abbracciato. Mi è venuto spontaneo”.
“L’ho abbracciato perchè mi sono sentito molto triste. Ero al mio 252esimo giorno di lavoro consecutivo”, ha aggiunto il medico che presta il suo servizio in uno degli Stati americani più colpiti dalla pandemia. A novembre, il Texas è diventato il primo stato degli Stati Uniti a superare un milione di casi positivi da inizio pandemia con oltre 21mila morti.
Alla fine, il dottor Varon ha voluto lanciare un appello a chi non rispetta le regole: “Le persone fanno tutto ciò che è sbagliato. Vanno nei bar, nei ristoranti, nei centri commerciali. Non ascoltano e finiscono nella mia unità di terapia intensiva. Devono sapere che non voglio doverle abbracciare”.
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
EMESSE SANZIONI PER 145.000 EURO
Svolgevano tamponi per il Covid senza avere l’autorizzazione. In caso di risultato positivo, non comunicavano alle Asl – o lo facevano in ritardo – il referto che prevede l’obbligo di isolamento. Effettuavano il prelievo in ambienti non abbastanza protetti, impiegando a volte tecnici non abilitati o reagenti scaduti.
Alcuni kit per i test sierologici, utilizzabili solo da professionisti, venivano venduti direttamente ai cittadini, perfino in erboristeria o profumeria. Altri materiali da conservare in frigorifero erano tenuti a temperatura ambiente. E i prezzi praticati, in alcuni casi, erano superiori rispetto ai tariffari concordati con le Regioni.
Sono alcune delle irregolarità riscontrate dai Carabinieri Nas che nell’ultima settimana, su disposizione del nuovo comandante Paolo Carra, hanno controllato 285 aziende e laboratori di analisi, privati e convenzionati, ed altre strutture operanti nel commercio e nell’erogazione di test di analisi molecolari, antigeniche e sierologiche. Sono state contestate 94 violazioni penali ed amministrative in 67 centri, per un ammontare di 145 mila euro di sanzioni pecuniarie.
(da agenzie)
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