Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
LA LINEA DI SALVINI INQUIETA L’ALA GOVERNISTA GIORGETTI-FEDRIGA E ZAIA CHE CHIEDE UN INCONTRO URGENTE AL CAPITONE
L’altolà. Pacato, ma non per questo meno deciso. Le preoccupazioni
per le sorti della Lega hanno spinto tre pesi massimi del partito a chiedere un incontro urgente a Matteo Salvini.
Il governatore del Veneto Luca Zaia, quello del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti guardano alle mosse del segretario con inquietudine crescente. Al punto da spingerli, cosa che non sarebbe nelle loro attitudini e nelle loro corde, a chiedere un confronto diretto con il numero uno leghista.
Nessuna volontà di ribaltoni al vertice, nessuna ambizione personale. Soltanto la convinzione che, proseguendo di questo passo, le sorti di un partito che soltanto pochi anni fa era al 34% rischiano di precipitare. Anche perché, negli ultimi mesi, in molti hanno lasciato la Lega, a tutti i livelli. E nei prossimi, gli addii potrebbero moltiplicarsi in un partito che certamente non potrà rieleggere tutti coloro che sono oggi in Parlamento: c’è chi parla di decine di eletti in cerca di altri lidi.
Coloro che hanno chiesto l’incontro a Salvini dicono che il punto non è quello. Ma di certo, la formazione delle liste salviniane e non leghiste rischia di diventare un incubo anche per i leader regionali.
Il fatto è che la preoccupazione riguarda la scomparsa della Lega. Sostituita, nel nome ma anche negli uomini, da Prima l’Italia. Secondo gli annunci di Salvini, avrebbe dovuto essere soltanto il nome delle liste elettorali per le Regionali in Sicilia. In realtà, Prima l’Italia è stata presentata anche altrove, per esempio a Catanzaro, mentre «Prima Napoli» di Catello Maresca fu bocciata, per altri motivi, dal Consiglio di Stato.
La federazione, perlopiù, è con l’Udc di Lorenzo Cesa e forze centriste locali. Ma guai a parlarne in Forza Italia: anche martedì Salvini ha dovuto ribadire che «di fusioni con Forza Italia non abbiamo mai parlato, di accordi o di federazioni sì».
Ma a innervosire Zaia, Fedriga e Giorgetti è stato il fatto che la recente campagna di tesseramento leghista è stata condotta ovunque con il simbolo di «Prima l’Italia», relegando l’Alberto da Giussano in un bollino che, a seconda delle grafiche, nemmeno era sempre presente.
Un passaggio deciso dal solo Salvini che suscita le ire, oltre che dei governatori e del ministro, di una parte cospicua del partito: «Non si tratta di nostalgia. Qui è in gioco la nostra identità».
E poi, c’è il tema che si può ridurre al nome non beneaugurante di «cerchio magico». L’influenza sul leader di una serie di personalità che molti chiamano i «leghisti per caso» scatena le ire di molti dei «governisti». L’elenco delle doglianze è lungo, a partire dall’atteggiamento che alcuni continuano a tenere verso la campagne anti Covid: sul contenimento della pandemia i governatori hanno fatto notte per due anni.
E poi c’è la questione russa, che include più in generale la «postura» verso il governo. Il caso più clamoroso è il viaggio mancato di Salvini a Mosca, ma anche il continuo mettere in discussione l’attività diplomatica italiana (e dello stesso Draghi) è considerato un clamoroso autogoal.
E una contraddizione rispetto alle ambizioni di relazioni con gli Usa coltivate dal vicesegretario leghista Lorenzo Fontana, che peraltro non è affatto iscrivibile al partito dei «governisti».
Ma l’atteggiamento nei confronti del governo sarà cruciale. E gli insofferenti dell’uomo solo al comando attendono la mozione che sarà messa a punto in vista del discorso di Draghi al Parlamento. Anche perché, come dice uno di coloro che ha chiesto l’incontro a Salvini, «l’attività di governo è uno degli asset fondamentali della Lega. Non possiamo metterlo in discussione con posizioni temerarie».
((da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
COME LEI, MOLTI ALTRI LICEALI HANNO DECISO DI NON RINUNCIARE ALLA FESTA DI FINE ANNO E, VESTITI A FESTA, HANNO DANZATO PER “RESISTERE” A MODO LORO ALLA GUERRA
L’immagine è di sicuro effetto: una ragazza vestita di rosso fiammante, con un abito da sera, circondata da maceri
La storia dietro la foto è difficile da verificare in maniera indipendente, ma anch’essa, così come viene raccontata, è di sicuro impatto: siamo in Ucraina, a Kharkiv, la giovane che posa circondata dalla distruzione è Valerie, ha 16 anni e in questi giorni avrebbe dovuto partecipare al ballo della scuola per la fine dell’anno.
Della scuola rimangono solo macerie, di quella magica notte tanto sognata rimane l’abito principesco. Il resto è guerra.
L’immagine compare su un profilo di Facebook, è a nome di Anna Episheva che sullo stesso social network risulta residente a Toronto in Canada. Con questa foto Anna racconta la storia di quella che dice essere sua nipote Valerie, la liceale che con le sue amiche pianificava da tempo la notte da sogno, abiti da sera compresi… “Poi arrivarono i russi – si legge nel post su Facebook in ucraino e in inglese – La sua scuola è stata colpita e distrutta il 27 febbraio 2022. Oggi (Valerie ndr) è tornata a ciò che è rimasto della sua scuola e dei suoi piani per il diploma. Grazie mia cara Valerie, per essere forte e coraggiosa. Molto orgogliosa di te, ti amo molto”.
Da Facebook a Twitter rimbalza la determinazione dei liceali di Kharkiv che alle loro danze di fine anno non hanno voluto rinunciare, sebbene siano diventate un modo per denunciare la guerra, mostrarne la distruzione e rispondere con la speranza: e allora fra quello che resta dell’edificio scolastico 10 diplomati ballano un valzer, nella loro specialissima cerimonia che avrebbe dovuto segnare un gioioso momento di passaggio, davanti ai genitori orgogliosi e commossi in questa circostanza per più di una ragione, naturalmente filmata e postata su Twitter.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
“UN PATTO CON I BOSS PER L’ELEZIONE”
La polizia ha arrestato per scambio elettorale politico-mafioso uno dei
candidati di Forza Italia al Consiglio comunale di Palermo per le elezioni che si terranno domenica prossima. Repubblica scrive che l’arrestato è Pietro Polizzi, già consigliere provinciale dell’Udc.
In manette anche Agostino Sansone, 73enne fratello di Gaetano, padrone di casa di Totò Riina. Secondo la Procura, per essere eletto Polizzi avrebbe stretto un patto con i boss dell’Uditore, i costruttori Sansone, storici alleati del capomafia Totò Riina che ospitarono il padrino di Corleone in una delle loro ville nell’ultimo periodo della latitanza. Sansone sarebbe stato intercettato anche nelle stanze del comitato elettorale di Polizzi, che sostiene il candidato sindaco del centrodestra Roberto Laganà.
Gaetano Sansone era il proprietario della villa di Via Bernini in cui Riina passò gli ultimi mesi prima dell’arresto nel 1993. A carico dell’aspirante consigliere comunale ci sarebbero alcune intercettazioni ambientali che hanno indotto la Procura a chiedere la misura della custodia cautelare in carcere. Conversazioni dalle quali emergerebbe con chiarezza il «patto elettorale» stretto tra l’esponente di Fi e Sansone. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Polizzi è dipendente di Riscossione Sicilia. L’incontro con il boss sarebbe avvenuto ai primi di maggio.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
“MELONI E MARINE LE PEN? STRATEGIE DIVERSE
Il 12 giugno si vota anche in Francia, per le elezioni “legislative”. Ne abbiamo parlato con il professor Lazar: «I sondaggi sono abbastanza favorevoli al presidente, Le Pen rischia un risultato molto inferiore alle presidenziali»
Professore di storia e di sociologia politica presso l’Institut d’études politiques di Parigi, presidente del Consiglio scientifico della Luiss school of government, Marc Lazar conosce bene tanto la politica francese quanto quella italiana.
Non è difficile dunque per lui mettere in parallelo le elezioni legislative che si terranno in Francia il 12 e il 19 giugno con quelle italiane che dovrebbero svolgersi nei primi mesi del 2023, ma già premono sul dibattito politico quotidiano.
Tra l’altro, proprio in questi giorni ha partecipato ad un progetto di Fondazione Feltrinelli sulle reti nazionali e internazionali delle destre radicali in Italia e in Europa, Di Segno Nero, altro tema che vede vari punti di contatto e nuove differenze tra Francia e Italia.
Professore, come vede questa nuova scadenza elettorale in Francia?
«Al momento non c’è una grande mobilitazione. Il quadro di partenza è questo: da una parte c’è un raggruppamento di piccoli partiti legati a Macron, che fanno campagna per avere la maggioranza presidenziale al parlamento, il che consentirebbe al presidente di sviluppare la sua politica pienamente. Poi abbiamo il Rassemblement national, la formazione di Marine Le Pen, che ha avuto un ottimo risultato alle elezioni presidenziali, anche se è stata battuta. Per questo partito, e come vedremo non è il solo, le elezioni legislative possono essere difficili. Per due ragioni: il tasso di astensionismo che rischia di essere importante, soprattutto per questa formazione. L’elettorato del Rassemblement national è composto in larga parte di persone con redditi bassi e basso livello di istruzione, come operai e impiegati, poco politicizzati, che si mobilitano più facilmente per le elezioni presidenziali, più difficilmente per l’elezione dei deputati. L’altro problema è che il Rassemblement national non è molto insediato sul territorio. Poi, c’è la piccola formazione di Eric Zemmour ma è molto difficile che conquisti deputati. C’è anche l’ormai piccolo partito di centrodestra, Les Repubblican, ai quali bisogna fare attenzione. Ovviamente la candidata alle presidenziali Valerie Pecresse ha avuto un pessimo risultato, ma questo partito ha sempre un insediamento territoriale, può contare su alcuni notabili locali, e potrà resistere. Dopo le elezioni avrà un gruppo indebolito, tentato o di andare verso la destra estrema o verso la maggioranza presidenziale di Macron, soprattutto se quest’ultimo non avrà la maggioranza assoluta.
La grande novità di questa elezione, però, è il cartello Nuova unione popolare, ecologica e sociale, dominato dalla sinistra radicale, in coalizione con i socialisti, i comunisti i verdi. Sono tutti molto indeboliti, ma la grande intelligenza tattica di Mélenchon, li spinge a puntare su 577 battaglie locali, quanti sono i collegi elettorali.
Mélenchon sa che i suoi candidati non sono conosciuti sul territorio, problema analogo al Rassemblement national. Altro dato che li accomuna è il ruolo dell’astensionismo: con un astensionismo forte l’elettorato giovane e popolare di Mélenchon potrebbe non votare. Tutto questo per dire che in linea di massima Macron dovrebbe avere la maggioranza assoluta e la principale opposizione non sarà Marine Le Pen ma questo cartello della sinistra, in termini di seggi elettorali».
Quanto pesa il sistema elettorale francese su questo contesto?
«Il risultato delle legislative è un misto di atteggiamento dell’opinione pubblica su questioni di carattere nazionale, quindi il voto per un partito, per un’idea, e questa volto con la strategia di Mélenchon su una persona, ma nello stesso momento si vota anche per una persona insediata in un collegio territoriale. Nelle piccole città, o in quelle medie, il deputato è una persona prestigiosa, dal giovedi alla domenica è sul territorio, gira, ha una sede dove tutti possono incontrarlo. La dimensione locale è molto importante in Francia. Abbiamo delle proiezioni, sono complesse dato il sistema elettorale, ma quello che sembra probabile è che la maggioranza assoluta o relativa andrà a Macron, con un forte ruolo di Mélenchon. Per quest’ultimo si parla di 160 forse un po più di 200 deputati, la maggioranza assoluta è di 289, ma sarebbe comunque una presenza importante».
Quanto conterà, invece, la presenza di una forte opposizione sulla politica di Macron?
«Non molto perché le leggi della Quinta repubblica hanno indebolito il ruolo del parlamento. Se Macron avrà la maggioranza assoluta, potrà tranquillamente sviluppare il suo programma, ma in ogni caso dovrà stare attento ad alcuni fattori. Prima di tutto ci sarà la forte opposizione del cartello elettorale della sinistra che si farà sentire all’interno del parlamento. Il risultato delle elezioni presidenziali e, stando ai pronostici, quello delle legislative, dimostrano una componente di protesta populista importante nell’attuale situazione politica francese. C’è un astensionismo enorme, a cui si sommano i risultati delle forze populiste di destra e sinistra. Tutti elementi che Macron dovrà prendere in considerazione».
Nella fase pre elettorale, Macron aveva fatto aperture soprattutto a destra, con leggi contestate come quella sul “radicalismo” musulmano. Paradossalmente in parlamento ora dovrà temere più la sinistra. Ha sbagliato i calcoli?
«Il Rassemblement national non ha mai avuto un risultato così importante come quello ottenuto alle scorse presidenziali. A causa della legge elettorale non avrà lo stesso risultato al parlamento, ma dopo cinque anni di Macron la crescita del Rassemblement è un elemento decisivo, anche quando si guarda alla geografia del voto. Poi c’è la progressione della sinistra radicale, certo. Ma non tutto è legato al ruolo di Macron, in Francia c’è una situazione sociale complicata, su cui queste formazioni hanno giocato. Sicuramente Macron s’è sbagliato pensando che sarebbe stato rieletto facilmente e che quasi automaticamente avrebbe avuto una maggioranza parlamentare ampia».
In Italia da anni le istanze populiste rafforzano soprattutto la destra, o formazioni che si presentano come lontane dagli schieramenti destra/sinistra. In Francia non è così?
«Alle presidenziali si è rafforzato soprattutto il Rassemblement national. Ricordiamo che se la progressione fosse questa, continua e costante, potremmo pensare che la prossima volta riescano a prendere la presidenza. Ma è vero che il rafforzamento della sinistra radicale è interessante al livello europeo. La Francia è un’eccezione in Europa non solo rispetto all’Italia, dove il Movimento cinque stelle ha pochi punti di contatto col cartello di Mélenchon. Dappertutto in Europa vediamo il ritorno al potere dei partiti socialdemocratici: in Spagna, in Portogallo, in Germania, nei paesi dell’Europa del Nord. L’unico paese dove la sinistra moderata crolla è la Francia».
Come mai?
«Ci sono varie spiegazioni. La prima è che una parte della sinistra è molto anti Macron e quindi guarda all’area radicale. Secondo: il partito socialista è in una situazione di grande declino, non rappresenta più un’alternativa a Macron. Terzo: Jean Luc Mélenchon ha presentato un programma sociale ed economico classico, da sinistra anni Settanta, con grande spesa sociale e nazionalizzazioni, qualcosa che in Francia corrisponde a una certa cultura della sinistra storica. Ha, però, messo nel suo programma un elemento che non vedo in Italia: una dimensione ecologica enorme, ha fatto dell’ecologia una priorità, pari a quelle sociali ed economiche, parlando di lotta al riscaldamento globale e pianificazione ecologica. E in questo modo ha conquistato i giovani.
La maggioranza dei giovani tra i 18 e i 24 anni non va a votare, ma quelli che vanno a votare votano soprattutto per Mélenchon, soprattutto se sono giovani delle città e delle periferie perché sono molto sensibili alla tematica ecologica. Molti di loro, specie quelli con un elevato livello di istruzione, vivono una frustrazione sociale enorme perché non trovano lavori all’altezza del loro livello scolastico. Mélenchon ha anche attratto molti giovani di origine musulmana, perché ha preso posizioni di solidarietà con i musulmani che si sentono discriminati in Francia e vittime, a loro dire, di un “razzismo sistemico”. Il suo elettorato, però, è concentrato nelle città e alle periferie delle città, molto poco omogeneo a livello nazionale».
I grandi protagonisti delle scorse presidenziali e delle legislative hanno tutti partiti poco radicati a livello territoriale, compreso il partito di Macron. Conta davvero qualcosa essere radicati?
«Il partito di Macron, che ora si chiama Renaissance, ha alcuni deputati presenti sul territorio che hanno una notorietà personale. Da una parte Les Républicains e dall’altro i socialisti, una forma di radicamento ce l’hanno. Il paradosso è che questi partiti sono attualmente quasi distrutti a livello nazionale, ma hanno ancora una chance di salvarsi a livello territoriale e dunque di continuare ad esistere. Per le elezioni politiche, amministrative e regionali, conta essere radicato sul territorio. Ma conta anche per il buon funzionamento della democrazia. La debolezza dei partiti è un grosso problema in Francia».
Parlando del parallelo con l’Italia, viene subito in mente il paragone tra Marine Le Pen e Giorgia Meloni, per vari motivi, incluso il fatto che anche il partito di Meloni è cresciuto molto e che lei potrebbe candidarsi a guidare il governo.
«Ci sono vari elementi di contatto. Sono due donne, diverse per età e storia personale, ma due donne in un mondo molto maschile e machista. Secondo elemento: sono due persone che vengono da storie personali di estrema destra, per Meloni la gioventù è stata caratterizzata dalla militanza in un partito post fascista, per Marine Le Pen il papà Jean Marie ha avuto un’attrazione enorme per il Movimento sociale, al punto che aveva scelto come simbolo la fiamma ispirandosi a quella italiana. Su alcuni temi avevano e in parte hanno atteggiamenti simili, sulla critica all’Europa e sul pericolo dell’islam radicale ad esempio. Ma ci sono differenze importanti che ha riassunto Meloni quando, tra i due turni delle presidenziali, ha detto che Marine Le Pen non era la sua candidata. Tutte e due ormai sanno che non possono uscire dall’Unione europea ma sono per l’Europa delle nazioni.
Meloni si presenta sempre di più come una donna cattolica e conservatrice. Non è la posizione di Marine Le Pen che ha scelto di darsi il profilo della donna moderna, quasi femminista e non conservatrice. Non a caso, non sono nello stesso gruppo al parlamento europeo. Quando Meloni attacca l’Islam lo fa a nome della tradizione cattolica e cristiana, mentre Marine Le Pen quando critica la religione islamica distingue tra islamisti e musulmani francesi, che difende. Quando contesta le pratiche islamiche in Francia dice che lo fa in nome della Laicité, non in nome della religione, sicuramente perché lei non è per niente cattolica e infatti è abbastanza aperta sui temi della omosessualità e non è mai andata alle manifestazioni contro le leggi che autorizzano le unioni omosessuali, come ha fatto invece sua nipote Marion.
Marine Le Pen ha scelto questa linea per una ragione semplice: i giovani tra i 18 e i 24 che votano per lei non intendono intervenire su come vivono gli omosessuali. Anche sulla guerra in Ucraina sono diverse: Meloni si è subito schierata con la Nato, una svolta abbastanza importante, Marine Le Pen chiede che la Francia esca dalla Nato».
Che tipo di leader potrebbe diventare Giorgia Meloni se vincesse le elezioni politiche italiane?
«Meloni sta cercando progressivamente di uscire dalla tradizione da cui viene, non è facile perché il gruppo accanto a lei è fatto in buona parte di nostalgici e questo le impedisce una rottura totale. Io sono uno specialista della sociologia dei partiti: so che se un leader vuole cambiare un partito, non può dichiarare che tutto quello che esisteva prima è nullo. Meloni deve mantenere alcuni elementi di continuità e progressivamente introdurre avanzamenti, ad esempio è interessante quanto spesso citi la Costituzione.
Dice che è una vera democratica, non abiura il fascismo è vero – limitandosi a dire “io non ero nata, perché tornate su questo’” che a me pare abbastanza strana come argomentazione – ma in ogni caso si apre a personalità venute da altri orizzonti, come si è visto alla convention nazionale del suo partito a Milano. È chiaro che se venisse eletta, ci sarebbe sicuramente delle tensione a livello europeo, ma questo ovviamente non può limitare la scelta dell’elettorato italiano».
La critica dell’Europa potrebbe impedirle di governare?
«La mia convinzione è che la democrazia italiana abbia una capacità straordinaria di assorbimento delle forze estremiste: sa indurle al compromesso. Voi italiani vi lamentate della debolezza della vostra democrazia, ma in realtà la democrazia italiana ha saputo ricondurre sui binari istituzionali le forze ostili al sistema. Gli esempi includono il Movimento cinque stelle e la Lega, ma anche, nel passato, Pci ed Msi. Se sarà presidente del consiglio, penso che probabilmente Meloni sarà portata a non rovesciare in modo clamoroso il quadro esistente. Non la vedo andare in direzione di un Orban, che ha fatto leggi molto drastiche capaci di esporlo a livello internazionale. Prevarrà la mediazione tipica della tradizione italiana».
Noi siamo portati a pensare, al di là dei casi specifici, che più che mediazione sia trasformismo, che i politici italiani finiscano quasi tutti per essere corrotti dal potere. Non è così?
«Pensiamo a Luigi Di Maio che da antieuropeista, capace di causare la prima crisi diplomatica post bellica tra Francia e Italia con la visita ai gilet gialli, oggi è diventato il più europeista di tutti. È un opportunista? Forse, non sono nella testa di Luigi Di Maio, io penso però che sia un processo di acculturazione democratica. I politici italiani si rendono conto dei vincoli, del fatto che non possono fare tutto quello che avevano promesso e cambiano alcune cose. Non è compromettersi, ma cambiare ildna politico.
In Francia il problema è esattamente l’opposto. Noi siamo il paese delle istituzioni forti, il paese della rivoluzione, e la mediazione non è accettata. In Francia il 50% degli elettori hanno votato contro Macron ma in parlamento avranno un percentuale di deputati molto più basso e dunque non si sentono rappresentati, lo scarto tra risultato e rappresentanza è troppo forte. Anche così si spiega, tra altre ragioni, la radicalizzazione permanente di questa fase politica francese».
(Open)
argomento: Politica | Commenta »
Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
ERA A MOSCA DAL 1993
Il rabbino capo di Mosca Pinchas Goldschmidt è scappato dalla
Russia. L’esponente religioso sarebbe stato messo sotto pressione dalle autorità per sostenere l’invasione russa dell’Ucraina e avrebbe lasciato il paese per non obbedire.
A scriverlo è la giornalista newyorkese Avital Chizhik-Goldschmidt, moglie di uno dei figli del rabbino, la quale ha raccontato che il rabbino e sua moglie Dara si sono rifiutati di sostenere la guerra.
«Sono volati in Ungheria due settimane dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Ora – scrive la giornalista su Twitter – sono in esilio dalla comunità che hanno amato e costruito e in cui hanno cresciuto i loro figli per oltre 33 anni. Il dolore e la paura nel nostro famiglia negli ultimi mesi è al di là delle parole».
Goldschmidt è rabbino capo di Mosca dal 1993. È presidente della Conferenza dei Rabbini Europei. Era stato espulso dalla Russia nel settembre 2005. Dopo una campagna internazionale è riuscito a rientrare nel paese. Cinque anni dopo è diventato cittadino russo per decisione dell’allora presidente della Russia Dmitry Medvedev.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
“DATECI LE ARMI E FINIRIREMO LA GUERRA ENTRO L’ANNO”
Yulia Tymoshenko è stata per due volte premier dell’Ucraina e protagonista della Rivoluzione Arancione.
Oggi è un membro della Verchovna Rada, il parlamento di Kiev e si colloca all’opposizione del presidente Zelensky. E in un’intervista al Corriere della Sera parla della guerra e della Russia che conosce bene. A partire da Dmitry Medvedev, che ha detto di voler vedere sparire l’Occidente: «Lui non è un politico, è uno schiavo. Non è uno che può parlare liberamente. L’unico che conta a Mosca è Putin. E a lui non importa sapere come la pensi chi lo circonda».
Quanto a lei, è pronta al peggio: «Se i russi entrassero a Kiev, so che sarei uccisa subito. Come Zelensky e gli altri leader. Ma fin dal primo giorno, quando m’è stato consegnato il mio fucile automatico, io ho deciso di non andarmene. Son capace di sparare, mi sono addestrata, perché non ho idea di quanto tempo mi darebbero per andarmene».
Tymoshenko non sembra avere molta fiducia nei negoziati di pace: «In Occidente dicono che ci sono due opzioni, per far finire questa guerra. Una, è la sconfitta dei russi. L’altra, è un accordo di pace che salvi la faccia a Putin. Ma io conosco bene la situazione e voglio essere chiara: non ci sono due opzioni. Ce n’è una sola, vincere. Guardi che cosa chiedono i russi: una smilitarizzazione e garanzie sulla sicurezza, che significano niente Nato e disarmo unilaterale delle nostre forze. E in cambio? Gli ucraini riceverebbero garanzie di sicurezza dal Paese aggressore e dovrebbero rifiutare la protezione d’un sistema di difesa come la Nato: è assurdo! Non c’è un politico responsabile che possa accettarlo».
«Comunque non è una questione che riguardi solo il presidente Zelensky, che sia o no d’accordo: gli ucraini sanno che l’unica garanzia di sicurezza sono armi strapotenti. E un ombrello di difesa come la Nato». E pronostica una possibile fine della guerra per il 2022 «ma a varie condizioni: una vittoria formale sulla Russia, armi più efficienti all’Ucraina, nessuna assistenza economica a Mosca. Era Churchill a dire “dateci i mezzi e noi faremo la nostra parte”. Ecco, dateci le armi e noi finiamo la guerra entro il 2022: sono sicura che ad agosto, quando arriveranno, ci sarà il punto di svolta».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
“TI LAMENTI DELLE LISTE DI PROSCRIZIONE DI FILO-PUTINIANI, MA NON DICI CHE IL M5S FACEVA LA STESSA COSA CON I GIORNALISTI”
Scontro a distanza tra Alessandro Di Battista e Alessandro Sallusti a
Dimartedì. L’ex grillino in collegamento se la prende con i giornalisti che “sbattono il mostro in prima pagina come ha fatto il Corriere della Sera con foto segnaletiche con i putiniani d’Italia”.
“Il contenuto lo condivido – replica Sallusti – c’è di buono che siamo in Italia e quindi è più una farsa che una tragedia. Non c’era bisogno dei servizi segreti per capire chi sono i filo-Putin, che non è un reato. Però secondo me Di Battista non ha il diritto di dire questo, perché quando lui comandava nei 5 Stelle tutte le settimane facevano una lista di proscrizione di giornalisti da mettere all’indice. Io ero sempre nei primi dieci, per cui lezioni di libertà di opinione da Di Battista anche no perché io sono stato per mesi nella lista di proscrizione dei 5 Stelle”.
“Quando il Movimento 5 Stelle pubblicava sul blog, quindi un giornale privato online, una parte delle menzogne di alcuni giornalisti – è la replica di Di Battista – non erano coinvolti i servizi segreti. Dato che Sallusti dice che il contenuto lo condivide, gli chiedo perché non ha il coraggio di condannare le parole di Berlusconi: ‘L’Europa si deve mettere tutta insieme cercando di far accogliere dagli Ucraini quelle che sono le domande di Putin’. Paura, vero, Sallusti?”.
Gli animi si scaldano anche per il gesto della “paura” fatto da Di Battista con le mani.
“Non ho paura – ribatte il giornalista – non ho condiviso quello che ha detto Berlusconi. Sei tu che hai paura della verità”.
“Io di te non ho paura – conclude Sallusti – tu mi fai ridere”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
SI E’ TUFFATO NONOSTANTE NON SAPESSE NUOTARE… DOPO AVER TRATTO IN SALVO I BIMBI, IL CUORE NON HA RETTO
Rahhal Amarri, 42enne gestore del Lido dei Gabbiani di Castel Volturno, di origine marocchina, ha perso la vita per salvare due bambini in mare. Quando l’uomo si è accorto che due ragazzini urlavano, così come i loro genitori, chiedendo aiuto perché non riuscivano ad arrivare a riva a causa delle forti correnti. Rahhal, nonostante non sapesse nuotare, si è tuffato per salvare il primo bimbo, ma quando si è buttato per portare in salvo anche l’altro ha accusato un malore in acqua ed è morto.
Il bagnino del luogo aveva tentato il salvataggio, ma era già troppo tardi.
«Mi sono buttato in acqua per cercare di salvarlo, era in difficoltà. Si aggrappava a me e mi stava trascinando sotto. Ho dovuto lasciarlo», racconta a Repubblica Francesco Pio Russo, il bagnino 20enne che ha poi portato in salvo il secondo bambino con l’aiuto di un pescatore.
«Poi sono rientrato in acqua col pattino, ma il suo corpo già galleggiava. L’abbiamo portato a riva, ma non c’è stato nulla da fare», continua Russo. Poi aggiunge che se Rahhal, conosciuto anche come Said, l’avesse aspettato tutto questo non sarebbe successo.
Tra i due c’era un rapporto molto solido che durava da anni. «Said era come uno di famiglia, gli volevamo tutti bene. In pratica è come se lui mi avesse cresciuto. È qui da quando io avevo 6 anni. Lo consideravo un fratello. Si era integrato. Viveva da solo qui in Italia, aveva moglie e figlio in Marocco», racconta Francesco Russo.
Rahhal infatti viveva in un’abitazione dei gestori del lido e li aiutava da quattordici anni, tanto che stava per diventare anche comproprietario in qualità di rappresentante legale di una società che stava per prendere una parte dell’azienda che gestisce il lido.
Il bagnino si è detto dispiaciuto perché i genitori dei due bambini se ne sono andati senza ringraziarlo.
Il presidente della Camera Roberto Fico ha definito il gesto «eroico, che non possiamo dimenticare». Si ipotizza che la causa del decesso sia un arresto cardiocircolatorio.
Mentre Rahhal Amarri moriva, madre dei piccoli di sei e otto anni – che facevano il bagno nonostante il mare agitato e i cartelli di pericolo affissi dallo stesso gestore del Lido dei Gabbiani – era già corsa via insieme ai figli, probabilmente per il timore che qualcuno le contestasse la mancata vigilanza.
Per ora non ne risponderà perché nessuno avrebbe fornito indicazioni sulla sua identità.
“La verità è che il mare era molto agitato e quei bambini non si sarebbero proprio dovuti tuffare. Qualcuno aveva il dovere di dirglielo”, spiega al Messaggero un gestore di un lido di Ischitella. “Lungo questo litorale muoiono bagnanti a decine per imprudenza, a volte troviamo i corpi dopo sei o sette giorni”, raccontano invece i volontari di un’associazione del luogo.
Il bagnino del Lido dei Gabbiani, Francesco Pio Russo, ha confermato che i genitori dei bambini salvati si sono dileguati: “Spiace solo di una cosa, che nessuno ha ringraziato Said per quello che ha fatto. I genitori dei due bambini non li abbiamo più visti. Sono letteralmente spariti”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Giugno 8th, 2022 Riccardo Fucile
RISCHIO INCIDENTI E CORI PER ORBAN… SENTIVAMO LA MANCANZA DI TESTE DI CAZZO DI SEDICENTE DESTRA CHE LI HANNO ACCOLTI CON LO STRISCIONE “AVANTI RAGAZZI DI BUDA”… QUELLI COMBATTEVANO CONTRO UN REGIME DITTATORIALE, OGGI L’UNGHERIA APPOGGIA GLI STESSI CRIMINALI DI ALLORA: CARI FIGHETTI DESTORSI, NON AVETE CAPITO UN EMERITO CAZZO
“Avanti ragazzi di Buda”. Così, con uno striscione appeso davanti alla
stazione, la sedicentedestra di Cesena dava il benvenuto in città agli ultrà ungheresi.
Che il loro orientamento politico fosse lo stesso è noto, ma bastava vederli. La “divisa” era quella dell’internazionale del tifo psicopatico di sedicente destra: una maglia nera. Arricchita da messaggi in favore di Viktor Orban, l’amico di Putin.
Italia-Ungheria, oltre che per il primo ministro ungherese, in tribuna con al collo uno sciarpone dei colori della bandiera, è diventata la vetrina per i quasi duemila ultrà della nazionale di Budapest.
Arrivati allo stadio dopo un corteo per la città, in cui si è rischiato moltissimo: alcuni tifosi del Cesena, storicamente di sinistra, oggi politicamente neutrali, avevano cercato di intercettare la marcia sulla città della curva ungherese.
Li ha respinti la polizia, non senza qualche turbolenza, per evitare guai peggiori. Ma il rischio di incidenti più seri è stato alto.
Una nota a margine, dedicata a quelle emerite teste di cazzo, ignoranti atavici, che hanno pensato bene di lordare una canzone di destra, scritta dopo dieci anni dalla rivolta ungherese del 1956 contro il regime dittatoriale comunista e cantata allora da Leo Valeriano.
Una canzone che inneggia alla libertà di espressione, quella che Orban nega in Ungheria.
Una canzone che denuncia i crimini sovietici perpetrati da quel Kgb di cui Putin è stato agente segreto.
E questi coglioni accolgono il complice di Putin omaggiandolo insieme ai suoi scherani. da avanspettacolo.
Rileggetevi la Storia, massa di ignoranti, e vergognatevi.
Siete indegni di definirvi di destra, siete solo dei coglioni prezzolati.
argomento: Politica | Commenta »