Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
“SALVINI PARLA IN BASE AI TREND DEI SOCIAL CHE SONO LA DISCARICA DEL PAESE. INSEGUENDO IL CONSENSO HA DETTO TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO. SE LA LEGA CROLLA LA RESPONSABILITÀ È SUA”
«Matteo Salvini è venuto in Veneto a promettere che l’autonomia sarà nell’ordine del giorno del primo Consiglio dei ministri? Sarebbe bello, ma purtroppo con Giorgia Meloni al governo non avremo mai l’autonomia: Fratelli d’Italia è un partito romanocentrico. Se vince lei ce la dimentichiamo per sempre l’autonomia».
Arrigo Cipriani, patron dell’Harry’s Bar di Venezia e icona vivente del Made in Italy gastronomico, non nasconde la sua insofferenza per la campagna elettorale mentre i camerieri gli ronzano intorno servendo i primi Bellini del mattino.
Dottor Cipriani, cosa non le piace della leader di Fratelli d’Italia?
«La vera questione, che però come sempre resta in secondo piano dietro la propaganda, è cosa vuole fare davvero Giorgia Meloni se arriva a Palazzo Chigi. Io credo che si adeguerà ai tempi. Tutto qui. Dopodiché, a novant’anni compiuti, non ne posso davvero più delle balle da campagna elettorale: la fiamma sì, la fiamma no. Ma per piacere».
Sarebbe stato meglio se fosse rimasto Mario Draghi?
«Draghi è un uomo pragmatico, una persona che giustamente gode di un grande prestigio in Europa per come ha gestito la crisi del debito. Oggi però abbiamo anche bisogno di politica vera. Draghi è stato il quarto presidente non eletto dal popolo. Cos’è: dobbiamo fare a meno della democrazia? Sarei felicissimo se tornasse Draghi, questa volta però dovrebbe essere la gente a sceglierlo, non il Capo dello Stato».
Quanto è preoccupato, come imprenditore, per quello che può accadere nei prossimi mesi?
«Vedremo questo autunno se davvero succederanno tutti i cataclismi per cui ci stiamo già fasciando la testa. Quando è scoppiata la Seconda Guerra Mondiale avevo otto anni e me la ricordo bene. Qui all’Harry’s Bar c’erano i fascisti. Oggi mi pare che tutto venga molto drammatizzato inutilmente. Si crea il terrore nelle persone per poi governarle. E l’Unione europea di Ursula von der Leyen è in prima fila in questo gioco al massacro».
Veramente l’aumento del prezzo del gas è realtà. Alcune aziende stanno già chiudendo…
«È vero, ma proprio per questo l’Europa dovrebbe intervenire velocemente facendosi sentire con una voce sola. Invece siamo vittime del veto di Amsterdam, che con la borsa del gas guadagna un sacco di soldi. Un’Europa costruita sul denaro, invece che sulla cultura, non va da nessuna parte».
Cosa pensa delle sanzioni europee alla Russia?
«Le sanzioni sono sacrosante. Putin ha dichiarato guerra all’Europa intera, non solo all’Ucraina. È giusto reagire. Anche se questo ha un prezzo».
Matteo Salvini sostiene che le sanzioni danneggiano l’Europa, e l’Italia in particolare, invece che la Russia. Condivide l’analisi?
«Lasciamo perdere Salvini. Lui parla in base ai trend dei social network. E i social sono la discarica del Paese, l’azzeramento di ogni cultura. Inseguendo il consenso ha detto tutto e il contrario di tutto. Se la Lega crolla la responsabilità è sua. Avrebbero bisogno di uno come Zaia…».
Zaia dice che vuole continuare a fare il governatore del Veneto…
«A Zaia piace stare nel suo mondo, è vero. Ma bisogna considerare che se si muovesse adesso dovrebbe o mettersi al fianco di Salvini o rompere definitivamente con lui. Chi lo capirebbe? Il futuro, però, è di gente come Zaia. Lui è uno che ragiona, che c’è sempre, che è rispettato dai suoi elettori e che è capace di circondarsi di gente capace. Deve solo aspettare il suo momento».
Quale altro politico apprezza?
«Matteo Renzi, uno intelligente che ha saputo andare in giro per il mondo. Lo preferisco a Enrico Letta, che sta facendo una campagna elettorale sbagliata, tutta giocata sull’ideologia e sulla contrapposizione. Ma credo che entrambi paghino il prezzo di non essere troppo simpatici, e anche questo in politica conta».
Ha già deciso per chi voterà?
«Certo che ho deciso. Ma ho troppi clienti per dirglielo».
(da La Stampa)
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Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
IN CHE RUOLO RENZI HA PARTECIPATO A QUESTI INCONTRI? DI COSA HA PARLATO CON IL PRINCIPE SAUDITA, ACCUSATO DI AVER DATO L’ORDINE PER UCCIDERE JAMAL KHASHOGGI? E CHE DICE CALENDA, CHE A GIUGNO BASTONAVA IL COLLEGA DEL TERZO POLO PER I SUOI RAPPORTI CON MBS?
A fine luglio un pezzo dell’establishment europeo è stato convocato ad Atene. Nelle sale e nelle suite dell’albergo a cinque stelle Four Seasons di Atene, prezzo medio 2.500 euro a notte. In quei giorni, l’hotel era stato affittato interamente da Mohammed bin Salman, il principe saudita in visita ufficiale al primo ministro greco Kiryakos Mitsotakis.
Il capo del regime di Riad, però, ha approfittato della visita istituzionale per incontrare in via ufficiosa una ristrettissima cerchi di altri capi di stato, importanti parlamentari europei, oligarchi russi, tycoon e giornalisti. Un gruppo di una ventina di eletti, di cui ha fatto parte anche il senatore Matteo Renzi.
Nel bel mezzo della campagna elettorale, e a pochi giorni dal primo incontro con il leader di Azione Carlo Calenda prodromico all’alleanza elettorale del terzo polo, l’ex premier ha preso un aereo ed è atterrato in gran segreto nella capitale greca.
Amico personale di bin Salman, Renzi è membro del board dell’FII Institute di Riad controllato dal fondo sovrano saudita (guadagna 80mila dollari l’anno), e siede nella Royal commission per Alula, antica città del deserto che il dittatore vuole trasformare in un grande polo turistico. Una poltrona di consulente che gli ha fruttato finora incassi per circa mezzo milione di euro complessivi.
A differenza dei precedenti viaggi mediorientali, spesso legati a occasioni propagandistiche organizzate dai sauditi per il lancio del progetto “Vision 2030” (bin Salman punta a trasformare entro quella data il regno da una petrolmonarchia a un’economia basata sui servizi e sul turismo), ad Atene Renzi non doveva partecipare a cda, né fare conferenze e interviste sul futuro «rinascimento» dell’Arabia. Non ha preso gettoni né consulenze per eventi ufficiali.
Il senatore ha incontrato in segreto il principe, e ha avuto rendez vous con il primo ministro albanese Edi Rama, con il capo del governo del Montenegro Dritan Abazovic (recentemente sfiduciato), il ministro dell’Energia saudita, il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas, quello del parlamento di Strasburgo Eva Kaili e, ovviamente, il premier di casa Mitsotakis.
Anfitrione al Four Seasons era anche il ricchissimo Theodore Kyruakou, classe 1974 e proprietario del gruppo Antenna, il più grande colosso mediatico della Grecia.
LE MIRE DEI SAUDITI
In che ruolo Renzi ha partecipato agli incontri con personaggi pubblici di questa leva? Di cosa si è parlato durante i pranzi a tavola con il principe accusato di aver dato l’ordine di aver ammazzato giornalisti dissidenti (su tutti Jamal Khashoggi, ucciso dai sauditi su ordine, dice la Cia, di bin Salman), politici e imprenditori nel bel mezzo della crisi energetica e della guerra tra Russia e Ucraina?
E come mai nessuno dei partecipanti – a parte Mitsotakis – ha dato notizia della loro presenza nell’albergo di lusso affittato per giorni da bin Salman?
È un fatto che il principe saudita stia cercando di modernizzare, da un punto di vista economico, il suo paese. E stia cercando di cambiare anche la percezione dell’Arabia saudita nell’immaginario collettivo occidentale. Patria dell’integralismo musulmano, dove i diritti delle donne e delle minoranze sono minimi, il regno saudita deve trasformarsi in fretta se vuole sopravvivere all’età post petrolifera, finora unico core business dell’economia dello stato.
Bin Salman sta investendo miliardi a Riad, e contemporaneamente tesse da anni nuove relazioni internazionali, sfruttando l’enorme liquidità dei fondi governativi come il Pif. Il viaggio ufficiale in Grecia del 26 e del 27 luglio, il suo primo in Europa dopo la pandemia, è stata una tappa importante di questo processo.
L’erede al trono ha portato dall’Arabia un codazzo di 700 persone che hanno viaggiato su 6 aerei, oltre al cibo personale per sé e i suoi consiglieri, la biancheria della camera da letto, i piatti e i bicchieri (non si fida né del Four Seasons né dei servizi d’intelligence di Atene), quasi 200 valigie personali.
«Vorrei congratularmi con voi per il progetto Vision 2030, e vorremmo esplorare ulteriori opportunità di cooperazione tra i nostri due paesi», ha detto Mitsotakis al principe. Mentre bin Salman vedeva il premier greco nella sede del governo, le due delegazioni hanno firmato accordi commerciali ed economici che secondo i giornali greci «sono stimati in alcuni miliardi di euro».
Basati quasi tutti su futuri investimenti sauditi in Grecia, sul settore della difesa e quello della cultura. Ma soprattutto sull’energia: il principe ha spiegato di voler collegare le reti elettriche, «per fornire all’Europa, soprattutto quella meridionale e occidentale, energia rinnovabile molto più economica: oggi firmeremo un memorandum d’intesa su questo. Siamo anche interessati all’idrogeno, e a come rendere la Grecia un hub per l’Europa nel campo dell’idrogeno», si legge in un comunicato.
RENZI E I PRESIDENTI
Le questioni trattate nel summit ufficiale con i greci sono state dunque strategiche. Ma probabilmente lo sono state anche quelle discusse durante gli incontri informali avuti da bin Salman. Il principe ha infatti convocato ad Atene anche due premier slavi, che sono corsi a omaggiarlo in piena estate: si tratta dell’albanese Rama, amico di Renzi, e del montenegrino Abazovic.
Con loro bin Salman ha avuto un incontro riservato, a pranzo, il 26 luglio, presente anche il premier greco, il ministro dell’Energia saudita e l’ex presidente del consiglio italiano. «Sono andato ad Atene perché bin Salman è un amico, e perché ha la grande ambizione di portare energia elettrica prodotta con pannelli fotovoltaici in Arabia Saudita verso la Grecia, verso i Balcani, e poi l’Europa: sarebbe una risorsa eccezionale per sostituire il gas russo, e più in generale gli idrocarburi» dice Rama a Domani.
«Perché Renzi era lì? Mi è parso molto dentro al progetto di bin Salman di esportare verso l’occidente dell’energia solare saudita. Un’ipotesi interessantissima. Se abbiamo parlato anche di portare l’energia saudita in Italia dall’Albania? Sì, loro vogliono espandersi oltre i Balcani certo. Ma nella prima fase saranno coinvolti la Grecia e paesi limitrofi».
LAWRENZI D’ARABIA
Al netto dell’efficacia del disegno industriale ed economico del principe, è possibile che Renzi da consulente dei presunti valori neo rinascimentali del regime (fu proprio Renzi a suggerire al principe lo slogan all’evento FII di gennaio 2021, chiamata la Davos del deserto) sia ora diventato pure una sorta di consigliere di bin Salman anche in merito al cruciale settore energetico?
Lo staff di Renzi a Domani spiega che l’ex premier sarebbe stato chiamato ad Atene da Mitsotakis, suo amico personale, ma ammette che l’invito al Four Seasons potrebbe essere dovuto anche alla circostanza che i suoi eccellenti rapporti con bin Salman siano ormai universalmente conosciuti.
Negano che il suo viaggio, a differenza delle conferenze e dei soldi presi dalle fondazioni e commissioni saudite, avesse «natura professionale»: «Renzi intrattiene costantemente rapporti con colleghi che hanno o hanno avuto responsabilità di governo. L’incontro ad Atene ha visto la partecipazione di vari politici, tra i quali esponenti della Ue. Renzi non ha alcuna consulenza o interesse economico nel mondo energetico».
Nessuna risposta alla domanda se il leader, essendo pagato dai sauditi in merito ad altre partite, sia anche pagato in modo indiretto.
Renzi in persona, contattato, dice solo che se lui fosse al governo non disdegnerebbe affatto un aiuto da parte di bin Salman: «Penso che l’Europa debba ridurre il costo delle bollette anche con l’aiuto dei paesi arabi e del nord Africa. Questa dovrebbe essere la priorità politica della delicata stagione che stiamo vivendo». Nessun altra dichiarazione in merito al viaggio estivo.
LA COERENZA DI CALENDA
Se Renzi non ha alcuna intenzione di chiudere con le consulenze in giro per il mondo o rinunciare ai soldi di Riad, la vicenda non crea alcun imbarazzo all’alleato Calenda. «Non sapevo nulla dell’incontro di luglio, ma se non ha preso soldi non ci vedo nulla di male. E per un politico non è un obbligo pubblicizzare sempre chi si incontra».
Il numero uno di Azione che, dopo aver stracciato in 48 ore un accordo già firmato con il Pd, ha deciso ad agosto di legarsi al senatore di Rignano, fa della «serietà» e della «coerenza» la sua cifra politica, ma a causa del patto con Renzi ha già dovuto rimangiarsi quanto detto nel recentissimo passato.
Solo a fine giugno aveva detto: «Con Renzi, che è una persona che stimo, c’è però un tema inaccettabile della lobbying internazionle, non si può essere pagati dall’Italia e dall’Arabia Saudita. Senza una linea retta e coerente non andrà mai sopra il 3 per cento. È un buco etico».
Poi, di nuovo: «Ho detto a Renzi: “Scegli se vuoi fare politica o business”». Qualche giorno fa Calenda giustificava il suo dietrofront così: «Io le consulenze non le prendo, tanto meno da paesi stranieri. Renzi risponde dicendo che questa cosa dell’Arabia Saudita è lecita, e in effetti per la legge lo è. Ma io sono disponibile domani mattina a votare per vietarla».
Il paradosso è che Calenda, che fa del liberalismo il suo mantra (nulla di più lontano dal regime saudita) e dell’agenda Draghi la sua stella polare, ha organizzato uno dei primi incontri con Renzi in vista di un possibile accordo tra Azione e Italia viva proprio il 25 luglio.
Cioè il giorno prima che il senatore e lobbista raggiungesse bin Salman ad Atene nelle stanze del Four Seasons dove si discuteva di energia elettrica saudita e investimenti con il principe ereditario, il suo ministro dell’Energia e i premier di altri paesi. «Ripeto: con Matteo siamo in disaccordo sulle consulenze, ma questo viaggio per me non ha nulla di scandaloso», spiega. Chissà se prima dell’accordo politico avrebbe usato parole così conciliatorie.
OLIGARCHI FORTUNATI
Ma chi erano gli altri avventori dell’albergo affittato da bin Salman in quei due giorni? Nella lista degli invitati al Four Seasons che c’è il nome di sir “Len” Blavatnik, il cui ufficio stampa non ha però risposto alle nostre domande sulla sua effettiva presenza e sui motivi della visita.
Blavatnik è l’uomo più ricco d’Inghilterra con un patrimonio che si aggira sui 40 miliardi di dollari, proprietario della Warner Music e di Dazn. Ha passaporto americano e inglese, ma le origini della sua fortuna sono simili a quelle degli altri oligarchi russi poi sanzionati dall’Europa (lui ne è rimasto indenne).
Nato nel 1958 a Odessa, al tempo Urss, è diventato miliardario sotto le presidenze Boris Eltsin e Vladimir Putin. Ha lavorato nell’acciaio e poi nel petrolio: qualche lustro fa ha comprato il 40 per cento della compagnia russa TNK, poi fusa con l’inglese Bp. Nel 2013 la nuova società è stata comprata dalla Rosneft, multinazionale legata al Cremlino.
Secondo le cronache finanziere del tempo l’operazione, benedetta da Putin, ha portato nelle tasche di Blavatnik la bellezza di sette miliardi di euro. Abbiamo chiesto all’oligarca come mai era stato invitato al Four Seasons, e se avesse parlato con bin Salman e i presenti anche di energia o altri business, ma non ci è pervenuta risposta.
Oltre al magnate dei media Kyruakou e il fondatore del sito Vice Shane Smith, nella lista degli invitati alla due giorni all’hotel affittato da bin Salman compare anche il nome di Margaritis Schinas, un liberal conservatore del partito greco Nuova Democrazia, lo stesso del premier Mitsotakis ora al governo, membro della grande famiglia del partito popolare europeo.
GLI IMBUCATI DI BRUXELLES
Schinas è un uomo che conta a Bruxelles: è uno degli otto vicepresidenti della Commissione europea guidata Ursula von der Leyen. Ha la delega alla Promozione dello stile di vita europeo. Schinas è stato membro del parlamento europeo tra il 2007 e il 2009, da quel momento in poi ha trascorso gli ultimi 13 anni negli uffici della Commissione, con vari ruoli: da portavoce a vicedirettore generale della comunicazione fino alla vicepresidenza attuale.
In quest’ultimo ruolo ha svolto diverse attività collaterali. Per esempio ha coordinato il lavoro della commissione sullo Sviluppo della sicurezza europea e di quella istituita per rafforzare le misure di prevenzione, rilevamento e risposta alle minacce ibride. In una sua recente dichiarazione ha espresso la linea di fermezza dell’Unione contro l’invasione russa in Ucraina spiegando perché è necessario limitare il rilascio dei visti ai cittadini della federazione governata da Putin.
Sui canali social non c’è traccia della sua presenza ad Atene all’incontro con il principe il 27 luglio. Su Twitter quel giorno ha pubblicato un post per magnificare il progetto ErasmusPlus e le «nostre università europee campionesse di conoscenza, educazione e innovazione per il bene degli studenti, educatori e società. Di certo tra i tanti accordi firmati tra Arabia Saudita e Grecia c’è anche un piano di partnership commerciali e industriali nel settore marittimo.
I rappresentanti di questa categoria, riuniti sotto la sigla “Unione armatori greci” (Union of Greek Shipowers), erano stati ricevuti da Schinas lo scorso marzo, incontro inserito nell’agenda del vicepresidente seguendo la normativa sulla trasparenza che obbliga i membri della Commissione a dichiarare i soggetti (aziende, associazioni, industrie) che incontrano e dove lo fanno. Con gli armatori ellenici il tema della riunione è stato il settore marittimo e il Green new deal.
Ma come mai Schinas è stato invitato al Four Seasonss? Da chi e perché? E come mai non dichiararlo, visto il livello degli altri invitati? Schinas non ha risposto alla nostra richiesta di commento sull’incontro con bin Salman, di cui non c’è traccia nell’agenda ufficiale del vicepresidente.
Neppure Eva Kaili ha risposto alle nostre domande sul perché il suo nome sia nella lista ristretta di invitati. A differenza di Schinas, Kaili è una dirigente del Partito socialista, ma come il suo collega ha fatto carriera in Europa. È attualmente vicepresidente del parlamento europeo e presiede il Comitato per il futuro della scienza e della tecnologia. È stata deputata in Grecia tra il 2007 e il 2012 e poi è stata eletta a Bruxelles, dove è diventata capo della delegazione per le relazioni con l’assemblea parlamentare della Nato, l’alleanza atlantica.
Sui canali ufficiali della leader politica non c’è alcun riferimento a incontri o cene ad Atene a luglio. In quei giorni, tra il 26 e il 27, ha però rilasciato un’intervista alla tv Mega, dove ha lavorato come giornalista prima di dedicarsi alla politica. Un’intervista ripresa da vari media: Kaili denunciava infatti che circa due anni prima era stata oggetto di un tentativo di intercettazione abusivo durante un viaggio nella penisola arabica. Un tentativo di attacco hacker simile a quello più noto subito e denunciato a fine luglio dal presidente del Pasok, il Partito socialista panellenico di cui Kaili fa parte.
Uno scandalo di spionaggio interno di rilevanza internazionale che ha portato alle dimissioni del segretario generale del governo Grigoris Dimitriadis, nipote del primo ministro Mitsotakis, e del capo del National Intelligence Service (EYP) greco, Panagiotis Kontoleon. Il caso ha portato all’apertura di un’indagine parlamentare, tuttora in corso.
La vicepresidente del parlamento europeo Kaili è relatrice per i socialdemocratici europei nella commissione che si occupa di sicurezza informatica e software di sorveglianza. Tra i regimi accusati di aver usato il sistema di spionaggio informatico Pegasus per controllare attivisti e oppositori c’è l’Arabia Saudita di bin Salman, che ne ha sempre negato l’utilizzo.
Chissà se il gruppetto di fortunati invitati, tra energia elettrica, affari in Albania e Peloponneso, memorandum su telecomunicazioni e digitale, ha parlato anche di sicurezza informatica con il principe saudita, che si presenta ormai ai suoi interlocutori come uno dei pochi leader mondiali che può aiutare l’Europa di fronte alla crisi energetica globale.
(da Domani)
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Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
CARLO E WILLIAM CORRONO A BALMORAL, TUTTO IL PAESE E’ IN APPRENSIONE
I medici di Elisabetta II si dicono «in apprensione» per lo stato di salute della sovrana. A farlo sapere è il Palazzo reale che conferma le preoccupazioni espresse per la regina d’Inghilterra nelle ultime ore, dopo che, sotto consiglio dei suoi medici, era stata costretta a cancellare un incontro virtuale programmato con i ministri.
Dopo le notizie, a Buckingham Palace è stata interrotta la consueta cerimonia del cambio della guardia. Lo indica un cartello davanti al palazzo reale a Londra che recita: «Niente cambio della guardia oggi»
La famiglia riunita a Balmoral
Nel frattempo tutti i figli di Elisabetta – Il principe Carlo, erede al trono, con Camilla al fianco, Andrea, Edoardo, accompagnato dalla consorte Sophie e Anna – sono arrivati in Scozia.
Hanno raggiunto la residenza di Balmoral per stare vicino alla madre 96enne, le cui condizioni sembrano essersi aggravate. I media locali precisano anche che il principe William, primogenito di Carlo e secondo il linea di successione, è arrivato nel castello di Balmoral da Londra.
In viaggio verso la residenza anche Harry e la moglie Meghan. Il primo è considerato il nipote ribelle della famiglia, con la quale aveva rotto circa tre anni fa per poi trasferirsi negli Stati Uniti. I due erano tornati in Europa per degli appuntamenti d’affari e di beneficienza ma non era previsto uno loro incontro con la sovrana.
Tutto il mondo è col fiato sospeso: a conferma di ciò il sito della famiglia reale è andato in tilt dopo che il Palazzo reale ha deciso di diffondere la notizia di un aggravamento delle condizioni di salute della regina.
Il tweet di Liz Truss
«Tutto il Paese è preoccupato per le notizie sullo stato di salute della regina Elisabetta», ha scritto su Twitter poche ore fa la neo prima ministra del Regno Unito Liz Truss.
La Bbc One interrompe il palinsesto
Per seguire l’emergenza, l’emittente britannica Bbc ha interrotto il suo programma diurno sul canale 1 per trasmettere un notiziario in diretta sulle condizioni di salute della regina Elisabetta.
(da agenzie)
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Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
POTREBBE COSI’ RIUSCIRE A ENTRARE NELLA “STANZA DEI BOTTONI”, ALTRIMENTI CHIUSA A CHIAVE…I MAGGIORI OSTACOLI SONO BIDEN CHE SI RICORDA ANCORA IL DISCORSO DI GIORGIA ALLA CPAC E L’OSTILITÀ DI SCHOLZ E MACRON
“Se vuole governare, dovrà creare il governo più forte e credibile che l’Italia abbia mai avuto”, ha detto Crosetto al “Financial Times”. Qualche anima pia dica all’eminenza grigia di Giorgia Meloni che non basterà nemmeno un governo Marvel con i supereroi. Il maggior ostacolo si chiama Biden. Al contrario di Trump, Biden è un politico molto ideologico, che ragiona con la pancia e odia visceralmente The Donald. E gli Stati Uniti non vogliono a palazzo Chigi uno svalvolone del Papeete con la maglietta di Putin né una che si è sbattuta per il trumpismo.
Il presidente americano non dimentica che prima del famigerato intervento sul palco di Vox a Madrid, Giorgia Meloni (tanto per farsi vedere di essere più trumpiana di Salvini) era volata in Florida per intervenire al C-Pac, il congresso dei Conservatori Usa, “come presidente del partito dei Conservatori Europei, che riunisce 44 partiti patriottici e conservatori d’Europa e del resto del mondo, compreso il Partito Repubblicano americano”.
All’amministrazione Biden basta rileggere parte dell’intervento della Ducetta in modalità trumpiana per farsi venire un coccolone e metterla subito nella black list: “È lo stesso in tutto il mondo: i cosiddetti progressisti usano il potere e l’arroganza dei loro media mainstream per costringere i loro avversari politici a cambiare, per essere ammessi nei loro circoli ristretti. Solo che, una volta che gli uomini e le donne di destra sono ammessi nei loro circoli ristretti, saranno cambiati così tanto che i conservatori non li riconosceranno più e smetteranno di sostenerli”.
Ha continuato la “Reginetta di Coattonia”: “Ed è esattamente quello che vogliono: una destra al guinzaglio, irrilevante e addestrata come una scimmia. Ma sapete una cosa? Noi non siamo scimmie, non siamo nemmeno “RINOs” (ndr: acronimo di “Republicans In Name Only”, appellativo usato dai conservatori Usa per indicare i repubblicani più vicini alla sinistra), non faremo parte del loro zoo.
Quanto sopra non è successo anni fa ma il 26 febbraio dell’anno 2022: sette mesi fa…
All’ostilità degli Stati Uniti (avete notato? finito Draghi, Biden non parla più del nostro paese), occorre aggiungere l’avversione verso Giorgia della Germania di Scholz, che non vuole avere davanti i fantasmi del passato avendo già dato col nazismo, e l’insofferenza di Macron per gli amici di Marine Le Pen che lo hanno azzoppato.
Nessun giornalone ha sottolineato il primo, grande segnale geopolitico di chiusura verso un ipotetico governo di centrodestra in Italia: il recentissimo summit che ha riacceso la storica alleanza franco-tedesca, con le due principali economie Ue determinate a sostenersi a vicenda.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il capo dell’Eliseo Emmanuel Macron hanno infatti siglato un patto che garantirà l’aiuto reciproco dei due Paesi “in caso di necessità”, ha spiegato il presidente francese. L’accordo prevede che la Francia fornirà gas alla Germania, che ricambierà il favore fornendo elettricità a Parigi.
Amorale della fava: con Mario Draghi ancora in sella al governo, armato di pieni poteri, Scholz e Macron non avrebbero mai fatto un accordo a due, ma a tre con SuperMario.
A questo punto, non basta più Draghi come “garante” per la Meloni. E nemmeno un ipotetico favore del Quirinale (per Mattarella un esecutivo Meloni-Salvini-Berlusconi è un incubo). Anche perché poi toccherà a Mattarella la corvée di garantire e rassicurare i tre caballeros alle cancellerie europee. Agli osservatori interessati, però, non è sfuggito neanche il buon rapporto che Giorgia Meloni ha intessuto con il Quirinale. Il dialogo tra la leader di Fratelli d’Italia e l’inner circle di Mattarella è più che cordiale.
Unica speranza per “Io sono Giorgia”: lo spappolamento del centrodestra con la Lega affondata sotto il 12% e Forza Italia inabissata sotto il 7%. Defenestrato Salvini, ricomposto nella teca Berlusconi, la Meloni, ricevuto l’incarico dal Colle come primo partito, potrà guardarsi in giro e magari, chiamando in causa l’emergenza economica e politica, metter su un governo rossonero con Enrico Letta. Sulla carta, le prime due forze del Paese. E con tre “garanti” – Draghi, Mattarella e Letta – chissà che la Draghetta non riesca ad entrare nella “stanza dei bottoni”.
Del resto, chi unirà le forze per dare all’Italia uno straccio governo, che appaia affidabile agli occhi dell’Europa del Pnrr e del nostro alleato e dante-causa americano? Da tempo viene registrata la corrispondenza d’amorosi sensi tra Enrico Letta e Giorgia Meloni, al punto che vengono svignettati come “Casa Vianello”.
I due si stimano, si confrontano e scontrano, presentano libri (l’ultimo quello di Fabrizio Roncone) e, ancora oggi, tra un insulto e l’altro, dialogano spesso via telefono.
Nonostante la distanza siderale che li separa, sia politicamente che di background, i due si piacciono. E poi la coerenza in politica è una virtù solo finché non diventa un clamoroso boomerang. Per se stessi e per il Paese.
La Meloni ora è consapevole che il centrodestra non esiste più da un pezzo: Salvini e Berlusconi la detestano, nei momenti migliori la vedono come una sosia burina di Rita Pavone e non le cederanno mai il ruolo di leader della coalizione e pur di sopraffarla ogni mezz’ora dichiarano il contrario di ciò che pigola per riposizionarsi nei confronti dei poteri forti, da lei insultati per anni.
Ovviamente, un “compromesso storico” tra Pd e Fratelli d’Italia è uno scenario, ora, ai limiti del “caos organizzato”. Un puzzle di questo tipo non si mette in piedi dalla sera alla mattina, sommando forze politiche così eterogenee. Né si può costruire a tavolino prima del voto. Ma solo dopo, quando l’urgenza di insediare un governo e la frammentazione del quadro politico spingeranno a esplorare opzioni ora neanche immaginabili. Comunque, mai dire mai: chi avrebbe mai immaginato Berlusconi a Palazzo Chigi o un governo Salvini-Conte, Lega e Cinque Stelle?
(da Dagoreport)
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Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
L’EX PRESIDENTE DEL COPASIR, VICINO A GIORGETTI, NON E’ STATO RICANDIDATO: “CI SONO VALORI CHE NON SONO NEGOZIABILI PER BASSA POLITICA”
Raffaele Volpi, già presidente del Copasir ed ex sottosegretario alla Difesa, annuncia l’addio alla Lega «dopo trent’anni».
Lo fa in un’intervista rilasciata al Foglio in cui dice che ha scelto di farlo ora «perché voglio togliere qualsiasi equivoco su mie eventuali aspettative derivanti dal voto del 25 settembre».
Rimasto fuori dalle liste della Lega, Volpi spiega: «La mia è una decisione sofferta ma che deriva da un disagio, che peraltro so non solo mio, che da un po’ provo ma che per lealtà e rispetto per la comunità che mi ha accompagnato per tanti anni non ho fino ad ora espresso».
Il disagio risale, in particolare, alla fase del lockdown: «Da bresciano ho vissuto il Covid nel suo epicentro. perdendo anche alcuni amici. Ho sostenuto i provvedimenti difficili e a volte impopolari ma che ho ritenuto utili per arginare il virus. Proprio in quel frangente non ho potuto apprezzare le posizioni, a volte opache, del mio partito, che non ha mai voluto arginare alcune voci interne, minoritarie ma rumorose, che ammiccavano a No vax e negazionisti fino al punto di partecipare alle loro manifestazioni».
Ma Volpi ha provato disagio anche in occasione della guerra tra Russia e Ucraina: «Io non posso che confermare la mia convinta visione atlantista. Una visione che non si limita, come pensa qualcuno, all’acronimo Nato, ma investe una ampia condivisione di valori che sono l’essenza stessa dello spirito dell’Occidente e che non possono essere negoziabili. Sulla feroce aggressione della Russia all’Ucraina non ho quindi potuto apprezzare certe ambiguità e certi distinguo, a partire da quelli sugli aiuti militari da inviare a Kiev. Tentennamenti incomprensibili, essendo convinto che lì vi sia una frontiera di valori, di libertà e di legalità che vada difesa».
(da agenzie)
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Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
M5S IN CRESCITA AL SUD MA IL 17% DI CHI LO SCEGLIEVA ORA PREFERISCE LA MELONI… PD IN DIFFICOLTA’ CON I LAVORATORI, MENTRE E’ PRIMO TRA GIOVANI E PENSIONATI
A pochi giorni dallo stop elettorale i sondaggi sulle elezioni del 25 settembre continuano a mostrare una situazione in cui il centrodestra è largamente in testa. Mentre il centrosinistra arranca e il Terzo Polo non sfonda. Il Movimento 5 Stelle invece continua a crescere.
Soprattutto al Sud, dove è attualmente primo partito secondo il campione di Ixé. Una rilevazione di Cluster17 per Il Fatto Quotidiano dice che la distanza tra i due poli principali è enorme: 44,8% contro 27,4%. Mentre la forbice tra Fratelli d’Italia e Partito Democratico si allarga: 24,4% contro 20,8%. Il M5s arriva al 14,4% e distacca la Lega (11,3%).
Mentre in questa rilevazione Forza Italia (8,4%) è ancora sopra il Terzo Polo (6,8%). Sopra alla soglia di sbarramento l’alleanza Verdi-Sinistra (3,6%) e Italexit di Gianluigi Paragone (3,3%). Sotto gli altri: compresi Unione Popolare (1,2%), +Europa (2,4%) e Luigi Di Maio con Impegno civico (0,6%).
Secondo i flussi di voti Fdi si prende la metà di chi ha votato Lega negli anni precedenti e il 38% degli elettori di Fi. Ma anche il 17% degli ex elettori grillini.
Il partito di Conte confermerà solo il 46% di chi lo ha votato negli anni precedenti.
Per quanto riguarda il voto e le fasce d’età, tra i 18 e i 24 anni il primo partito è il Pd, seguito dal M5s. Poi ci sono Sinistra Italiana – Verdi e Azione. Tra i 25-34enni il M5s ha la leadership ma Fdi arriva subito dopo e supera i Dem. Quello di Meloni è il partito dominante nella fascia d’età tra i 35 e i 64 anni e porta a casa il 31% dei voti degli ultracinquantenni.
Più in generale, il centrosinistra mostra una debolezza chiarissima tra gli elettori in età di lavoro: «È all’interno di queste fasce d’età – sottolinea il report – che oggi si fa la differenza tra il centrodestra e il centrosinistra». In compenso va forte con i pensionati: il Pd torna primo partito tra chi ha più di 65 anni (31% contro il 26 di FdI).
(da agenzie)
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Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
E IN AUSTRIA E REPUBBLICA CECA MANIFESTAZIONI DEI PARTITI FILORUSSI
-Non è possibile stabilire se ci sia un coordinamento a livello europeo, ma di sicuro c’è una coincidenza.
Negli ultimi giorni Matteo Salvini ha intensificato le sue critiche alle sanzioni occidentali contro il regime di Vladimir Putin: “Non stanno facendo male alla Russia, che sta guadagnando centinaia di migliaia di miliardi in più. Stanno facendo male a noi, per cui è evidente che ci sia qualcosa da ripensare”, ha dichiarato.
Le uscite del leader della Lega non sono un caso isolato, ma si inseriscono in un fenomeno europeo che si è intensificato praticamente in simultanea tra i partiti del gruppo europeo “Identità e Democrazia”, quello di cui fa parte la Lega.
Il gruppo euroscettico di estrema destra, attualmente presieduto dal leghista Marco Zanni, è quello che storicamente in Europa ha manifestato più vicinanza alla Russia di Putin. In simultanea.
Pochi giorni prima che il leader della Lega partisse con le sue dichiarazioni a raffica contro le sanzioni, si era mossa in Germania Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra che esprime il vicepresidente del gruppo ID.
Tino Chrupalla, il leader di AfD, ha invitato i membri del proprio partito a prendere parte alle manifestazioni antigovernative – la più importante si terrà l’8 ottobre a Berlino – per chiedere la rimozione delle sanzioni alla Russia (“Prima gli interessi tedeschi della guerra economica”) e l’apertura del gasdotto Nord Stream 2, che è stata sospesa a causa dell’invasione dell’Ucraina.
Proprio ieri, dal forum economico di Vladivostok, Putin ha dichiarato che “c’è solo un modo” per l’Europa per avere il gas: “In Germania ci sono manifestazioni che chiedono l’attivazione del Nord Stream 2. Siamo pronti a farlo domani, basta premere un pulsante. Ma non siamo stati noi a imporre le sanzioni a Nord Stream 2”.
Sulla stessa linea di pensiero c’è Marine Le Pen, l’altra grande leader della destra filorussa europea. Qualche settimana fa, in una conferenza stampa, la presidente del Rassemblement National ha detto che le sanzioni “sono un fallimento”, “fanno soffrire gli europei” e pertanto vanno tolte.
Gli alleati austriaci della Fpö, il partito che come la Lega aveva siglato un accordo con il partito di Putin, a fine agosto hanno chiesto un referendum contro le sanzioni: “Non hanno alcun effetto sulla guerra, ma stanno alimentando l’inflazione e danneggiano l’economia nazionale”.
Il 3 settembre, a Praga c’è stata un’importante manifestazione contro le sanzioni alla Russia a piazza San Venceslao, la stessa invasa dai carri armati sovietici nel 1968, organizzata dal partito di estrema destra Spd, alleato della Lega in Europa, contro il governo di Petr Fiala, che a Bruxelles è alleato di Giorgia Meloni.
Ma in questo scenario l’Italia è un’anomalia. Perché se nel resto d’Europa i partiti della destra filorussa sono ovunque all’opposizione, la Lega di Salvini è l’unico che molto probabilmente andrà al governo.
Il posizionamento rispetto alla Russia è diventato una discriminante in Europa, ed è anche ciò che divide, da un lato, la destra conservatrice guidata da Meloni e dai polacchi del Pis, e dall’altro la destra filorussa di Salvini e Le Pen. Per l’Italia avere al governo un partito che sostiene l’agenda Putin sarebbe un problema di credibilità internazionale, e quindi di interesse nazionale.
(da agenzie)
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Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
NEL CARROCCIO PERÒ SONO PREOCCUPATI CHE POSSA TRATTARSI SOLO DI UN ANTIPASTO, E CHE DA QUI AL 25 SETTEMBRE POSSA USCIRE ALTRO DI PIÙ SOSTANZIOSO
Sono solo “insinuazioni, zeppe di dubbi e condizionali, contro la Lega e Matteo Salvini che si difenderanno in ogni sede opportuna contro le parole di Julia Friedlander e il quotidiano che le ha pubblicate”, è la nota della Lega dopo l’intervista di Repubblica alla ex collaboratrice di Donald Trump, responsabile del sud Europa della sua amministrazione. Friedlander, senza mezze parole, ha spiegato che “i rapporti tra Salvini e Putin sono guidati da probabili interessi finanziari”.
Certamente però, al di là delle accuse che non sono nuove se si pensa ad esempio allo scandalo dell’Hotel Metropol che vide coinvolto Gianluca Savoini, nel Carroccio si è rimasti molto colpiti del fatto che abbia parlato una persona vicina a un ex presidente molto amico della Lega stessa, perlomeno sul piano ‘ideologico’.
Il timore è che possa trattarsi solo di un ‘antipasto’, e che da qui al 25 settembre possa uscire altro di più sostanzioso. “Sta accadendo qualcosa di strano – confida un colonnello salviniano – Sembra quasi che sia in corso una manovra per rendere Giorgia Meloni affidabile e gradita al sistema e contemporaneamente delegittimarci giorno dopo giorno”.
Dice Gianluca Pini, ex parlamentare della Lega Nord che non ha mai sostenuto il nuovo corso nazionalista, che “tutto fa pensare che la ricostruzione di Friedlander sia credibile, mancano però dei riscontri oggettivi. Di suggestioni ce ne sono diverse e da tempo, cominciano ad essere un po’ troppe, finché non esce la prova”.
(da agenzie)
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Settembre 8th, 2022 Riccardo Fucile
L’APPELLO DI MELENCHON ALL’ASSEMBLEA DI UNIONE POPOLARE CON DE MAGISTRIS
«Resistenza, resistenza, resistenza». Con il pugno alzato, Jean-Luc Melenchon ha lanciato un coro davanti alle 300 persone riunite in piazza dei Consoli, nel quartiere romano del Quadraro, per l’assemblea pubblica organizzata da Unione popolare.
Il presidente de La France Insoumise e di Nouvelle union populaire écologique et sociale, il partito francese di sinistra radicale, ha preso parte all’evento organizzato dall’alleanza formata da Autonomia, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista, rispondendo all’invito di Luigi de Magistris. «L’Italia ha una fortuna ad avere Unione popolare, se voi non ci foste non ci sarebbe nessuno per resistere, voi state costruendo il vero futuro per l’Italia», ha detto Melenchon in piedi sul tavolo.
«Luigi è un buon leader, non bisogna avere paura». I due si sono conosciuti a Napoli, quando de Magistris era sindaco. Il segretario di Up presenta l’ospite francese come «un uomo di sinistra radicale, e noi da sempre siamo per pacifismo, giustizia sociale ed economica».
Fra le bandiere viola della lista guidata dall’ex sindaco di Napoli e quelle rosse di Potere al popolo e Rifondazione comunista, Melenchon ha detto di aver «sempre avuto un’ammirazione enorme per il movimento operaio italiano e il movimento comunista italiano» e, scherzando, che avrebbe preferito venire a Roma come presidente della Repubblica francese: «La prossima volta magari torno come primo ministro francese», ha aggiunto. Melenchon ha poi lanciato un invito ai presenti a parlare con parenti, amici e colleghi: «Siamo noi che dobbiamo avere il coraggio di dire a chi vota estrema destra pensando che faccia i loro interessi: “ma cazzo, fate uso del cervello una volta. Non è sbarazzandovi di arabi e musulmani che migliorerete la vostra condizione”».
«La sinistra non è stata in grado di rinnovarsi»
Ospite a TgLa7, Melenchon ha spiegato il motivo del suo viaggio in Italia: «La lista che è in testa è di estrema destra. Io non voglio restare a letto mentre i compagni italiani affrontano questa situazione».
Sulla condizione della sinistra europea, il presidente di Nouvelle union populaire écologique et sociale ha ammesso la responsabilità, «un lavoro che non è stato fatto». Se il voto di operai e dei lavoratori in generale è sempre più indirizzato verso la destra, è perché la sinistra, come quella italiana, «ha pensato che correndo dietro al centrosinistra avrebbero avuto il consenso del popolo. Non è stata in grado di rinnovare il suo pensiero. Se ne è disinteressata a favore della borghesia». La soluzione, secondo Melenchon, sarebbe quella di andare «porta a porta, a discutere con le persone».
(da agenzie)
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