Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL DUBBIO DEGLI ALLEATI E DEL SUO PARTITO E’ CHE ABBIA RICEVUTO QUALCHE SUGGERIMENTO ESTERNO
Ieri l’ex premier Silvio Berlusconi ha provato a smentire le frasi su
Vladimir Putin a Porta a Porta. Il Cavaliere aveva detto che lo Zar è stato costretto a invadere l’Ucraina perché pressato dai separatisti del Donbass. E che l’obiettivo era solo quello di sostituire il presidente Zelensky con «persone perbene».
Nella replica mandata ieri alle agenzie di stampa il Cavaliere ha sostenuto di essere stato frainteso: «Riferivo quello che mi avevano detto altri». E mentre anche il portavoce del presidente ucraino ha fatto circolare l’indignazione di Kiev, subito dopo la trasmissione è scattata la caccia al retroscena. Un dirigente di Fratelli d’Italia, che si sta giocando le elezioni sulla fedeltà alla Nato, ha definito «assolutamente inaccettabili» le affermazioni del Cavaliere.
Il “suggerimento esterno”
Ma mentre la versione dei fedelissimi è sempre la stessa – ovvero che la frase è «uscita male» – c’è chi pensa che dietro le parole di Berlusconi si nasconda qualcosa di più.
Un retroscena di Repubblica oggi dice che il dubbio degli alleati e del suo partito è che abbia ricevuto qualche suggerimento esterno. Un’ipotesi che poggia anche sulla replica del Cav. Ovvero sul punto in cui parla di «altri» di cui riferiva semplicemente il pensiero.
Chi sono gli altri? Il sospetto è che ci siano emissari di Putin dietro l’uscita. E poggia su un’altra affermazione a Porta a Porta. Ovvero quella in cui Berlusconi dice di «non aver capito perché le truppe russe si siano sparse in giro per l’Ucraina mentre dovevano fermarsi intorno a Kiev». Si tratta, argomenta il quotidiano, della stessa critica fatta da Putin ai generali.
D’altro canto, è il ragionamento, da quando è iniziata la guerra Berlusconi è ondivago sull’Ucraina. Ha dato un suo aereo per portare in Italia i bambini malati di cancro. Ha detto di aver chiamato un paio di volte proprio Putin, senza ricevere risposta. Ma ha anche seminato dubbi – e poi corretto il tiro – sulle armi a Kiev. E ha criticato il presidente Biden e la Nato. Ce n’è abbastanza per giudicare il suo comportamento come un po’ troppo leggero. Soprattutto per chi, come il centrodestra, si è impegnato a proseguire la politica del governo Draghi sulla guerra.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
TRA BOMBARDAMENTI, BAMBINI SPARITI E FOSSE COMUNI: IL RACCONTO DEI RESIDENTI UCRAINI DELLE SETTIMANE TRASCORSE SOTTO IL DOMINIO DI MOSCA
Quando cellulari e internet non funzionano, la propaganda torna a essere stampata sui giornali. Ne è una prova quanto successo a Izjum, nel nord-est dell’Ucraina. La città era stata occupata dalle forze russe lo scorso marzo. Nelle settimane seguenti avevano instaurato un’autorità fantoccio che potesse guidare la popolazione verso il referendum che ne avrebbe giustificato l’annessione.
Izjum, però, è stata riconquistata a inizio settembre dai soldati ucraini. E nei giorni seguenti sono stati ricostruiti quelle settimane in cui a comandare era Mosca.
Un residente ha raccolto alcune copie di giornali stampati dai russi e le ha inviate al Washington Post. Ha raccontato di averli conservati «per la storia».
Per testimoniare come nonostante i bombardamenti, i saccheggi e la gente che lottava per sopravvivere, le autorità insediate promuovevano una narrazione di normalità e unità.
Oltre a racconti in completa contraddizione degli scontri militari. I giornali inviati sono due: The Izjum Telegraph e Kharkiv Z. Il primo si occupava di presentare la ricostruzione operata dai soldati russi nelle zone distrutte da Kiev. Il secondo usava toni ben più aggressivi, simili agli organi di propaganda di Mosca.
In entrambi i casi, si ricorreva spesso al linguaggio tipico della Seconda guerra Mondiale. La differenza, però, è che con «forze alleate» si riferivano alle truppe sostenute dalla Russia e provenienti dalle Repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk.
Mentre «fascisti» e «nazisti» erano gli ucraini.
Paragoni tra battaglie nel Donbass e altre del secondo conflitto mondiale erano all’ordine del giorno. Come nel numero di aprile di Kharkiv Z nel quale si ricordava lo scontro di Kursk nel 1943 tra Unione Sovietica e Germania nazista. In cui «le forze delle Repubbliche Popolari e della Russia sono i loro liberatori».
Alcuni dei residenti di Izjum, poi, hanno raccontato che quella carta che gli veniva consegnata dalle autorità occupanti spesso nemmeno la riconoscevano come giornale. Ma la usavano come combustibile per cucinare o per coprirsi.
In pochi, quindi, hanno potuto leggere il numero del 25 maggio di The Izjum Telegraph in cui si parlava del nuovo sindaco russo Vladislav Sokoliv che accusava l’Ucraina di voler «distruggere completamente i nostri territori, rovinare le infrastrutture ed eliminare le persone». Non solo, Sokoliv il giorno dopo dichiarò anche che il russo sarebbe diventato lingua ufficiale della città.
Scuole e campi estivi
Poi ancora altri dettagli per raccontare che tutto fosse normale, come le scuole di musica che avrebbero riaperto dal 1° settembre perché le truppe russe «le hanno salvate dai ladri». O ancora l’apertura delle iscrizioni a un campo estivo in Russia. Con accanto la notizia che riportava il ritrovamento di 47 corpi in un edificio residenziale danneggiato.
In altri numeri, si legge come circa 200 bambini sono partiti lo scorso 27 agosto dalla regione di Kharkiv per dei campi pubblicizzati dai giornali russi e che non sono ancora tornati. Bloccati, si legge, dall’improvviso cambiamento del controllo territoriale.
Attenzione ai sabotatori ucraini
Poi ancora il racconto della lenta avanzata russa perché le truppe erano intente a proteggere la vita dei civili. Ma che comunque avevano già conquistato l’equivalente di «cinque Crimee, il 20% dell’intera Ucraina». Spesso si avvertivano i residenti di Izjum circa presunti sabotatori fedeli all’Ucraina: «Fate attenzione. Non dite nulla su distruzioni o riguardo le faccende militari per telefono», si leggeva nel giornale.
Oppure si consigliava di spegnere la luce di notte. E di informare i funzionari circa tombe «fatte in luoghi inappropriati». Le pubblicazioni di Orizzonti di Izjum ripresero solo il 16 settembre, pochi giorni dopo che le forze ucraine avevano riconquistato la città.
In alcuni articoli si parlava di questa propaganda russa, di un presunto collaborazionista e del sindaco nominato dai russi che avrebbe rivelato l’identità di chi faceva parte delle unità di difesa territoriale ucraine.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
“SONO UNA DONNA, AMO UN’ALTRA DONNA, NON SONO UNA MADRE, MA NON PER QUESTO SONO MENO DONNA”
“Con noi c’è un futuro migliore per le persone e per l’ambiente. La
destra non parla mai di redistribuzione, mai di precariato, mai di clima. La destra si riempie la bocca di sicurezza ma non parla mai di sicurezza sul lavoro. Lo sappiamo cosa c’è di la, c’è Orban che dice che non bisogna mescolarci e invece noi vogliamo mescolarci. C’è una bella differenza tra leadership femminili e femministe. Amo una donna, non sono una madre ma non per questo sono meno donna”.
Elly Schlein reinterpreta mettendo in evidenza quali sono gli errori nel famoso slogan di Giorgia Meloni “sono una donna, sono una madre”, durante il comizio di chiusura della campagna elettorale del Partito Democratico a piazza del Popolo.
“Non basta essere donna per aiutare le altre donne”, “se non difendi i diritti delle donne a partire da quelli sul proprio corpo” ha sottolineato la vicepresidente dell’Emilia Romagna: “C’è una bella differenza tra le leadership femminili e femministe” concludendo con la reintepretazione dello slogan della leader di Fratelli d’Italia: “Sono una donna, amo un’altra donna, non sono una madre, ma non per questo sono meno donna. Non siamo uteri viventi, siamo persone con i loro diritti”.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
“NON VOLEVO SENTIRMI SOLO, VOLEVO DIRE ADDIO IN UNA COMPETIZIONE DI SQUADRA. SONO SEMPRE STATO IN UNA SQUADRA. È STATO UN PIACERE, VOLEVO SENTIRMI COSÌ, COME FOSSE UNA FESTA”
E’ finita con una sconfitta la carriera di Roger Federer, battuto con Rafa Nadal nel doppio a Londra per la Lever Cup dalla coppia statunitense composta da Jack Sock e Frances Tiafoe. Vincitori al primo set, gli europei sono stati poi sopraffatti dagli americani, imposti al terzo set 11-9 al super tie-break. Subito dopo per il campione uscente un lungo saluto al centro del campo dove, in lacrime, ha ricevuto l’abbraccio di tutti i compagni, rivali e del pubblico.
Malgrado la sconfitta, una uscita di scena colma di affetto ed emozioni. “E’ stata una festa fantastica, speravo fosse così”, il commento del ‘maestro’ svizzero. “E’ stata una giornata meravigliosa, sono felice e non sono triste” – ha detto Federer a fine partita. “Mi sono goduto ogni momento, dall’allacciarmi le scarpe l’ultima volta al giocare, ad essere qui con la famiglia e gli amici. Sono arrivato fino alla fine e non potrei essere più felice. Giocare con Rafa e con tante leggende accanto a me”.
Poi le lacrime, con lui Rafa Nadal e il resto della squadra a piangere con lui. “È tutto straordinario, non volevo sentirmi solo, volevo dire addio in una competizione di squadra. Sono sempre stato in una squadra. È stato un piacere, volevo sentirmi così, come fosse una festa”.
L’ultimo grazie, ma non per importanza, è per la moglie Mirka, ex tennista che ha lasciato i tornei dal 2002: “Mi poteva fermare tanto tempo fa – dice Roger – e non l’ha fatto, mi ha permesso di continuare a giocare ed è stata straordinaria”.
Due uomini che piangono senza ritegno, uno di fianco all’altro, tenendosi stretta la mano. Non esiste oggi un’immagine così bella, dirompente, rivoluzionaria come quella che ci hanno regalato ieri sera a Londra queste due leggende del tennis e dello sport in senso assoluto: Roger Federer e Rafael Nadal.
La ragione è persino pleonastico specificarla: l’addio del “most ichonic athlete”, come Rafa Nadal ha definito ieri l’amico e rivale Roger Federer. Perché questo è stato Federer negli ultimi 20 anni, il perfetto punto di incontro tra la perfezione estetica e il risultato sportivo.
Non il più vincente di sempre (chiuderà dietro Djokovic e lo stesso Nadal) ma il più bello, il più amato. In una parola, il tennis.
La sconfitta al super tie-break del loro ultimo doppio insieme, alla Laver Cup, il torneo di esibizione che lo stesso Federer ha creato, non è che un numero del tutto marginale nell’ultima notte su un campo da tennis di Roger Federer, in mezzo a quel fiume umano di rosso e di blu che non riuscivano a nascondere le lacrime dei 15.000 della O2 Arena e di ogni singolo protagonista che ha avuto la fortuna di assistere dal vivo e dal campo all’ultima danza di King Roger. Tra loro, anche il nostro Matteo Berrettini, tra i più attivi, durante tutto l’incontro, a spingere, consigliare e incoraggiare le due leggende all’opera.
Ieri a Londra, in quelle lacrime torrenziali e inconsolabili, si è chiusa un’era. Dentro c’erano gli ultimi vent’anni della loro vita e una delle più grandi rivalità sportive e amicizie indissolubili (senza alcuna contraddizione in termini) che lo sport a ogni livello e di ogni epoca abbia mai prodotto.
Come due vecchi amici che si ritrovano per dirsi addio (anche se sarà solo un arrivederci). Si è ritirato Federer, ma sembra quasi che lo abbiano fatto insieme, e forse non manca ancora molto perché ciò avvenga davvero, complice il dolore al piede di Rafa che si fa ogni giorno più intenso e meno tollerabile. Passeranno altre generazioni, arriveranno altri campioni (alcuni sono già arrivati, su tutti Alcaraz e Sinner), ma di sicuro non esisterà nulla di paragonabile a quello che hanno rappresentato per il tennis e per lo sport Roger e Rafa negli ultimi vent’anni. Non nei prossimi cento anni. Bisogna solo essere grati di averli visti all’opera dentro e fuori dal campo, di essere stati loro contemporanei.
(da agenzie)
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