Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
LEI E IL CANCELLIERE TEDESCO SCHOLZ NON SI SONO INTESI SU NULLA: LA GERMANIA NON CEDE IN MERITO AL FONDO SOVRANO” … “LA DIVISIONE SUGLI AIUTI DI STATO E SUL DOSSIER IMMIGRAZIONE”
Sfida il rigore tedesco, Giorgia Meloni. Con il freddo che spazza l’ingresso
della cancelleria ha la meglio. Olaf Scholz la accoglie intabarrato dentro a un cappottone con tanto di sciarpetta. Lei no: pantaloni e giacca. Marcia, foto, inno, prima del bilaterale.
Discorso diverso è l’altro rigore, quello sul fondo sovrano che la Germania non è disposta a concedere. Al massimo flessibilità sui fondi del Pnrr. I giornalisti tedeschi tirano fuori una vecchia intervista della premier allergica alla Germania. Lei si sfila dicendo che intendeva la lingua da studiare a scuola. Poi niente, anche qui ecco spuntare Andrea Delmastro. Un’ombra che si spande fino al Quirinale.
E allora tutto come previsto: al termine del colloquio con Scholz, al momento delle domande della stampa (quattro in tutto), spunta fuori la faccenda del sottosegretario alla Difesa di Fratelli d’italia, il quale dopo aver diffuso un’informativa non divulgabile del Dap al coinquilino Giovanni Donzelli per attaccare il Pd sui rapporti fra l’anarchico Alfredo Cospito e la mafia, ieri se n’è uscito con una frase che insinua “l’inginocchiamento dei dem ai mafiosi”.
Una bomba che esplode mentre Meloni è in viaggio da Stoccolma a Berlino. A Berlino, davanti alla questione di nuovo riproposta dai cronisti, usa questa formula: “Questa cosa non interessa alla stampa internazionale: vi risponderò domani”. C’è da capire se intende prendere provvedimenti nei confronti del suo sottosegretario, se gli toglierà le deleghe al Dap (veicolo attraverso il quale è transitata l’informativa).
Nessuno parla. Ma molti l’ascoltano. A partire dal Quirinale. “C’è un’inchiesta in corso”, è la formula del Colle per non entrare a gamba tesa in una polemica politica e istituzionale. E però in molti danno per scontato che alla fine la “capa” dia un segnale. Batterà un colpo? Farà una nuova puntata degli Appunti di Giorgia? Ma per dire cosa?
C’è un po’ la sensazione che la situazione stia sfuggendo di mano a Meloni e al partito che continuano ad accusare il Pd di aizzare gli anarchici. Sembra tutta un po’ lunare questa storia vista dal cappotto del cancelliere tedesco. Il vis à vis dura quasi due ore. E dalle dichiarazioni a fine incontro si capisce che i punti di contatto sui dossier cari all’Italia sono ancora molto lontani.
(da agenzie)
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Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
“QUANDO VEDO CHE VA AL MERCATO A FARE LE INTERVISTE MI VIENE UN’INCAZZATURA CHE SPACCHEREI IL TELEVISORE… COSA DEVE DIRE LA SIGNORA DEL MERCATO? È OVVIO CHE È INCAZZATA CON TUTTO QUELLO CHE VEDE”… “HAI MAI VISTO IN UN MERCATO MARIO GIORDANO? CI ANDRÀ IL LORO PERSONALE DI SERVIZIO”
David Parenzo a “La Zanzara” si è fatto notare criticando i servizi di Dritto e Rovescio dove Del Debbio intervista la vox populi nei mercati d’Italia. “Quando vedo Del Debbio che va al mercato mi viene un’incazzatura che spaccherei il televisore” – “Cosa deve dire la signora del mercato? È ovvio che è incazzata con tutto quello che vede, ma che roba è il mercato?”. “Me ne fotto della gente del mercato! Me ne frego della gente del mercato! Vacci tu (riferito a Cruciani ndr) e Del Debbio al mercato, me ne fotto!
A me interessano le istituzioni, non me ne frega niente del mercato e ti devo dire di più quando vedo Del Debbio che va al mercato mi viene un’incazzatura che spaccherei il televisore. Al mercato ci manda la filippina e lui va lì a fare le interviste. Cosa deve dire la signora del mercato? E’ ovvio che è incazzata con tutto quello che vede, ma che roba è il mercato?
“Questo qua non ce l’avevo sulla punta della lingua. Io ti giuro veramente l’intervista al mercato è la cosa che in assoluto detesto di più. Il vox populi al mercato è una roba che io ti giuro mi fai impazzire. Tu hai mai visto in un mercato Del Debbio? Hai mai visto in un mercato Mario Giordano? Mario Giordano lavora 22 ore al giorno, 22 ore al giorno secondo te va alla mercato a fare la spesa? Ci andrà il suo personale di servizio immagino, però lui si fa vedere al mercato col microfono. Che cazzo vuoi che dicano al mercato”.
(da “La Zanzara – Radio 24)
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Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
INDENNITA’ AD PERSONAM, FONDI PRELEVATI DALLE DONAZIONI, ABBANDONO DELLA DIAGNOSTICA TERRITORIALE
La gestione della Croce Rossa sotto la guida di Francesco Rocca non
sembrerebbe eccellere per trasparenza.
Indennità ad personam, fondi prelevati dalle donazioni del terremoto di Amatrice e l’abbandono della diagnostica territoriale per dedicarsi agli appalti dei centri di accoglienza banditi del ministero dell’Interno sono solo una parte di quanto emerge dal racconto del giornalista Cristiano Adolfo Degni nel libro Croce rossa Spa.
Degni, volontario della Cri, per oltre 30 anni ha analizzato quanto sarebbe accaduto all’interno di una delle associazioni umanitarie più importanti d’Italia.
Una serie di fatti che sono quanto c’è di più lontano dal programma del Rocca candidato del Centrodestra alla presidenza della Regione Lazio e che aggiungono altre ombre sul suo passato, ma soprattutto sulla gestione dei fondi pubblici.
Come abbiamo già scritto raccontato su La Notizia, Rocca, sia in relazione all’appalto per il Cara di Mineo finito nell’inchiesta del “Mondo di Mezzo” sia nel subappalto ambulanze dell’Ares di Latina, aveva chiesto più soldi di quelli previsti tentando persino (ma senza successo) di lasciare a casa 50 lavoratori pontini per sostituirli con dei volontari.
Cronache degli anni passati alle quali l’aspirante governatore del Lazio (prima commissario e poi presidente Cri per circa 20 anni) non ha mai risposto e che vanno ad aggiungersi ad un’altra opaca vicenda. Quella relativa ai fondi delle donazioni private per i terremotati di Amatrice (circa 10 milioni). “Al fine di garantire i servizi essenziali e far fronte ai pagamenti indifferibili da effettuare della Cri”, sono rimasti tre anni nelle casse della Croce Rossa per poi essere utilizzati non per la ricostruzione delle case di Amatrice, ma per il sostentamento dell’associazione.
§E non finisce qui: nel libro, che non è facile reperire, Degni cita un lungo elenco di indennizzi ad personam. Ne riportiamo una parte. Quasi 6mila euro per Ruggero Ferreri dipendente di Ama Spa, l’azienda del Comune di Roma che si occupa della raccolta e del trattamento dei rifiuti urbani, che lavora allo stesso tempo per la Cri. Ventimila euro invece per Fabio Francia che ha assunto la funzione di responsabile UdP Sisma Centro Italia. Poi c’è Elisabetta Parise dirigente delle risorse umane della Croce Rossa Italiana dipendente Anas, finita nell’inchiesta iAnas, Dama nera secondo atto dell’Espresso, ed ex candidata con Marchini. Alla Parise viene accordata un’indennità di 15mila euro.
Ma torniamo al business dell’immigrazione del 2016. La Cri tramite il suo segretario Flavio Ronzi (in pole per succedere a Rocca con il placet dell’ormai ex presidente) ha preferito spostare la propria attenzione dal servizio di diagnostica e di visite specialistiche (divenuto nel tempo un’eccellenza) agli appalti del ministero dell’Interno per l’accoglienza degli immigrati. In un’interrogazione parlamentare della senatrice Paola Binetti dell’agosto 2018 viene lanciata una grave accusa nei confronti di Rocca: “L’ex ispettrice della Cri sarebbe stata vittima di una profonda ingiustizia da parte dell’avv. Francesco Rocca”, scrive l’interrogante.
Infatti allo scadere del suo mandato, l’ex ispettrice ha messo insieme tutta la documentazione raccolta nel corso della sua attività svolta nella Croce Rossa e conservata in 4 buste chiuse, identiche e perfettamente sigillate, predisposte dalle sue collaboratrici e custodite nel suo ufficio chiuso a chiave. Dal quale, stando sempre all’interrogazione della Binetti, sarebbero state portate via a sua insaputa da Rocca. Un fatto denunciato dall’ex ispettrice con un esposto nel quale lamentava la sottrazione di posta personale e l’incursione nel suo studio da parte di ignoti.
Ma dopo la denuncia del 31 luglio 2018, nella stessa giornata, l’ispettrice venne convocata dal presidente Rocca che, durante l’incontro, avrebbe ammesso di essere stato lui, in forza di un vantato potere di ispezione attribuitogli dalla sua carica, a prelevare le buste dall’ufficio della stessa ispettrice sospettando che la documentazione potesse risultare lesiva per la sua persona e per la stessa Croce Rossa.
Una vicenda dai contorni opachi sulla quale abbiamo chiesto chiarimenti e delucidazioni all’ufficio stampa di Rocca. Dal quale, però, non abbiamo avuto alcuna risposta. Ma chi guida l’ufficio stampa del candidato del Centrodestra alla Pisana durante la sua campagna elettorale? Carla Cace che, curiosa coincidenza, è pure lei dipendente della Croce Rossa.
(da lanotiziagiornale.it)
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Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
“ACCUSARE IL PD DI AVER FATTO L’INCHINO AI MAFIOSI E’ VERGOGNOSO”
Dall’altro capo del telefono, Giuseppe Conte si scusa: “Mi dia un attimo”. Echi di voci, poi l’ex premier torna al cellulare: “Mi hanno fermato per strada alcune membri di una troupe, qui a Roma girano un film su Mussolini”. Un cortocircuito spazio-temporale.
Per il sottosegretario alla Giustizia Delmastro, “il Pd dovrà spiegare l’inchino ai mafiosi”. E il segretario dem Enrico Letta ha reagito parlando di linciaggio da parte di FdI.
Fratelli d’Italia sta reagendo in modo inaccettabile: pensa di poter sottacere l’irresponsabilità e la grave superficialità di due suoi esponenti, Delmastro e il vicepresidente del Copasir Donzelli, ingiuriando e soffiando sul fuoco. Accusare una forza di opposizione di essersi inchinata al volere dei mafiosi è vergognoso, e aggrava la posizione di chi ha divulgato informazioni riservate per finalità di lotta politica.
Giorgia Meloni ha fatto appello “all’unità contro i violenti”. Che ne pensa?
Meloni è la grande assente ingiustificata. Scappa dai giornalisti e si preoccupa più di proteggere i suoi fedelissimi Delmastro e Donzelli che la sicurezza dello Stato e delle istituzioni alle prese con mafia e terrorismo. Questa non può essere la strategia del presidente del Consiglio.
Il Guardasigilli Nordio li ha giustificati per le rivelazioni sui colloqui tra Cospito e i boss giocando sulla differenza tra documenti “riservati” e “di limitata divulgazione”.
Nordio colleziona un disastro dopo l’altro. O fa finta di non sapere o non sa quello che accade nel suo ministero: non so cosa sia peggio. In entrambi i casi è un atteggiamento pilatesco e inaccettabile. Rimane un dato inoppugnabile: un sottosegretario, per ragioni di ufficio, è venuto in possesso di informazioni riservate, anche se non segrete, che non sono divulgabili e che chiaramente servono a prevenire i disordini nelle carceri e sono utili agli inquirenti per acquisire materiale investigativo. Quelle informazioni le ha passate a un suo compagno di partito, ossia Donzelli, che riveste una carica istituzionale che, a sua volta, imporrebbe massima riservatezza.
Ma la visita di quattro parlamentari del Pd a Cospito, nel corso della quale hanno parlato anche con tre mafiosi, per lei è stata opportuna?
Recarsi in visita negli istituti penitenziari per verificare le condizioni dei detenuti rientra tra le prerogative dei parlamentari. Qualsiasi altra speculazione è fuori luogo: contano le posizioni politiche assunte sul 41-bis. FdI mira ad alimentare polemiche per evitare le necessarie dimissioni di due esponenti di governo che hanno messo a repentaglio la sicurezza dello Stato, e soprattutto la funzione preventiva repressiva che gli apparati dello Stato perseguono nei confronti di detenuti sottoposti al 41-bis.
Con la mancata alleanza nelle Regionali, voi e il Pd rischiate di regalare il Lazio alle destre.
Se il Pd, dismettendo la sua tradizionale arroganza, avesse accettato di confrontarsi con noi sui programmi e avesse evitato di farsi imporre un candidato da Calenda, avremmo potuto sederci a un tavolo e trovare una soluzione condivisa, come abbiamo fatto in Lombardia e come stiamo facendo in Friuli-Venezia Giulia.
Il Pd ha invocato il voto disgiunto: i vostri elettori dovrebbero votare il M5S ma pure il dem D’Amato.
Chi vota per noi e crede nella nostra proposta non può accettare una logica del genere: la nostra candidata Donatella Bianchi è stata scelta per attuare il nostro programma politico. Questi sono espedienti che lasciamo alla vecchia politica.
Che giudizio dà del congresso dem?
Ho auspicato dall’inizio che fosse un congresso vero, realmente rifondativo. Ciò significa mettersi davvero in discussione e accettare lo scontro anche aspro tra differenti visioni. Ma non mi sembra che al momento prevalga questa prospettiva. Non credo che faccia bene al Pd e all’intero fronte progressista concludere i lavori senza una chiara linea politica. Continuare a sostenere che il partito si confronterà con Calenda e Renzi e anche con il M5S è una prospettiva priva di visione.
Elly Schlein sostiene che il Pd debba allearsi solo con il M5S: la preferisce a Stefano Bonaccini, che teorizza il campo largo?
Io dico che sarebbe assurdo completare un congresso mettendo sullo stesso piano la nostra agenda sociale e ambientale e la nostra visione con il cosiddetto efficientismo di Calenda o l’affarismo renziano. Ciò significa condannare il Pd a una nuova débâcle come quella vissuta da Letta che ha voluto il campo largo con Di Maio, Renzi, Calenda, Fratoianni e Bonelli. Noi non ci saremo, a scanso di equivoci. Avverto tutti i partecipanti al congresso che, se questa sarà la linea che prevarrà, noi non ci saremo.
Insisto: meglio Schlein?
Non mi esprimo sui candidati. A me interessano la linea e il posizionamento politico che assumerà il Pd. Facciano il congresso e scelgano: servono linearità e chiarezza di visione.
L’ha fatta sorridere il trambusto provocato nel Pd dall’ex 5Stelle Dino Giarrusso?
I vertici del Pd nelle scorse Politiche hanno cercato candidati fra gli ex M5S che hanno provato a distruggere la nostra linea politica. Se entrasse anche Giarrusso non mi sorprenderebbe. Aspetto ancora che lasci l’incarico ottenuto grazie al Movimento.
Sul Fatto Gad Lerner si è rivolto a lei e al M5S: “Con l’attendismo non si fa una vera opposizione”.
Francamente non vedo nessun attendismo, siamo chiari e determinati su tutte le questioni e non rinunciamo a restituire una visione di Paese, per un rilancio della nostra economia e un nuovo protagonismo dell’Italia.
Lei vuole superare i dem nei consensi, giusto?
Non facciamo la corsa sul Pd: vogliamo poter incidere con sempre più forza per migliorare la vita dei cittadini, e ovviamente per questo la crescita di consenso è utile.
A dividervi con il Pd c’è anche l’invio di armi in Ucraina. Pensa che dobbiate scendere di nuovo in piazza assieme contro la guerra?
Sta per ricorrere l’anniversario del primo anno di guerra. Torneremo in piazza con tutte le forze sociali, civiche e politiche che condividono la necessità di una svolta, per un’alternativa all’escalation militare. Se ci sarà anche il Pd sarà cosa buona e giusta.
(da il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
“DIFESA TRIBALE DEI SUOI”… LA PREMIER VACILLA
Quando a Stoccolma le mostrano lo screenshot che riporta i nuovi insulti di
Andrea Delmastro al Pd, Giorgia Meloni vacilla. Sembra un incubo. Si fa mandare il testo integrale dell’intervista.
Da giorni, ostinatamente, difende il suo sottosegretario. Garantisce copertura politica agli affondi di Giovanni Donzelli. È arrivata a urlare durante una riunione con Carlo Nordio e il suo staff, in nome di un principio: “I miei uomini non si toccano”.
E non si toccano perché sfilare una carta rischia di far crollare un castello. Ma adesso? Adesso la premier inzia a pensare di dover concedere almeno qualcosa. Lo capisce a Berlino, a un passo da Olaf Scholz, quando le domande della stampa sullo scandalo la inseguono fin dentro la Cancelleria. Parlerà, per provare a rompere l’assedio.
Attraverso un video, anche se forse con un format diverso rispetto agli “Appunti di Giorgia”. Un messaggio da diffondere oggi. “Serve un segnale”, ha confidato ai suoi. Due le opzioni più gettonate: una sottrazione di deleghe a Delmastro – o uno scambio di competenze con un altro vice di Nordio – oppure il congelamento della sua posizione (e di quella di Donzelli) in attesa del gran giurì della Camera o di eventuali notizie dell’inchiesta aperta in Procura.
È l’ultimo tentativo di rompere senza rompere con la sua gente. Di provare a contenere una dinamica ormai sfuggita di mano. Ritiene che anche il Colle osservi con attenzione quanto sta accadendo, che attenda una mossa, un sussulto, anche se la linea ufficiale di Sergio Mattarella è e resta questa: c’è un’inchiesta in corso, il presidente non interviene. Di certo, Meloni dovrà forzare se stessa per cambiare anche di poco un approccio finora granitico. Che, almeno fino a ieri, ha consigliato silenzi capaci di scuotere nel profondo la maggioranza. Con episodi emblematici che, a metterli in fila, mostrano la gravità della situazione.
Il primo si consuma alla Camera, nel giorno in cui Donzelli scivola in Aula sulla rivelazione di notizie che non poteva divulgare. Molti leghisti sono infuriati. Diversi, tra loro, iniziano a lasciare l’Aula. Deve intervenire il capogruppo Riccardo Molinari per fermarli. “Ma dove andate? Qui crolla tutto”. Poche ore dopo, entra in scena Delmastro. È il responsabile della fuga di informazioni su un documento sensibile. Il dissenso di Nordio verso il suo vice fatica a restare negli argini. Il ministro vorrebbe prendere le distanze. E invece, sarà costretto a fornire una sostanziale copertura. Glielo impone Meloni, in nome del sostegno ai suoi fedelissimi. Chi invece non si spende per l’alleato è Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, anzi, concede un’intervista al Giornale nella quale sceglie di non difendere Delmastro, al pari dell’intera classe dirigente di FI. E riserva la stessa gelida indifferenza a Donzelli. Eppure, Meloni tace. O meglio: parla in tv, due volte, ma ignorando le polemiche. Nel frattempo, i suoi dirigenti continuano a rivendicare in Parlamento e sui giornali la campagna lanciata contro il Pd.
Sono ore complesse. Così delicate che un ministro di peso come Guido Crosetto incrocia alcuni deputati di Forza Italia e si sfoga: “Questi sono fuori di testa, non si può dare dei terroristi all’opposizione”. Il fuoco non si spegne. La presidente del Consiglio consulta alcuni alleati nel corso di una riunione. I partner muovono obiezioni, il cui senso è: “Così non reggiamo”. Meloni replica con argomenti che, riferiscono, scavano un nuovo solco: “Non mi avete mai difesa quando attaccavano me e la mia famiglia in campagna elettorale. E ore noi attacchiamo l’opposizione”. A quel punto fanno notare alla premier che sono state pronunciate parole più che scivolose: “State dando al Pd degli amici della mafia e del terrorismo…”. Niente, non basta. Meloni non arretra di un millimetro: “Per cinquant’anni ci hanno accusati di essere fuori dall’arco costituzionale e ora non possiamo dire quello che stiamo sostenendo?”.
Altre crepe. Che lambiscono settori di Fratelli d’Italia, quelli che non vantano un certificato di nascita nel Movimento sociale. E che coinvolgono pure leghisti e azzurri, che adesso lamentano: sta portando avanti una difesa “quasi tribale” della sua gente. Nulla, però, la frena. E anzi, trova nuovo slancio nel report periodico con cui il partito sonda gli umori sui temi d’attualità. Gli italiani, c’è scritto, hanno percepito poco o nulla di questa vicenda, se non che la sinistra avrebbe intenzione di abolire il 41 bis (circostanza falsa) e la destra intenderebbe invece mantenerlo. Di più: dopo tre settimane consecutive in cui è stato registrato un calo nei sondaggi – in seguito al pasticcio sulle accise – sarebbe in corso un recupero di consenso. Anche per questo, e in vista dell’imminente voto in Lazio e Lombardia, la leader terrebbe alta la polemica sul 41 bis.
Con lo stesso obiettivo – lucrare voti e un debito di riconoscenza – Matteo Salvini avrebbe deciso di fornire copertura all’alleata. Fino a ieri. Al viaggio a Berlino. All’ultima uscita scomposta di Delmastro. Ai tormenti di Meloni. Alla tentazione di dare un segnale. All’appello all’unità contro la minaccia anarchica, pronunciata sotto lo sguardo severo nei ritratti di Kohl e Adenauer, elogio di una stabilità politica che la premier inizia già a invidiare.
(da La Repubblica)
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Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
MOLTE COSE NON TORNANO IN QUESTA STORIA DI AFFARI IMMOBILIARI A PREZZI STRACCIATI
Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, continua a non rispondere a Domani sull’acquisto della casa di lusso nella prestigiosa via Cortina d’Ampezzo a Roma, acquistata con il 30 per cento di sconto dalla fondazione Enpaia, l’ente previdenziale per gli addetti del settore agricolo, sul quale è delegato a vigilare il sottosegretario.
Molte cose però non tornano in questa storia di affari immobiliari a prezzi stracciati, con l’appartamento del politico della Lega, fedelissimo di Matteo Salvini, costato appena 469mila euro. Una cifra irrisoria per 170 metri quadri, otto vani, terrazzo angolare e balcone, con un ampio box auto.
Si tratta di un immobile che sul mercato vale tra gli 800mila e il milione di euro. Allo stesso modo anche Francesco Rocca, come ha sempre rivelato Domani, ha comprato casa grazie alle dismissioni di Enpaia: lui ha pagato mezzo milione per una casa di quasi 190 metri quadri. Entrambi hanno beneficiato dello sconto offerto dall’ente previdenziale destinato agli inquilini da più di 36 mesi, cioè dedicato a chi stava già in affitto da almeno tre anni.
Durigon alle nostre domande non ha voluto rispondere per giorni. Solo dopo l’uscita dell’inchiesta ha emanato un comunicato, che spiega solo in parte i gialli della compravendita. Ecco le sei domande a cui il sottosegretario del ministero del Lavoro dovrebbe rispondere. Perché l’Ugl pagava l’affitto? Sappiamo che Durigon è entrato nella casa a fine 2017, quando era vicesegretario generale del sindacato Ugl. È la confederazione, dunque, a trovare sulla carta l’appartamento di lusso e a pagargli l’affitto.
Domani ha scoperto però che, anche quando pochi mesi dopo, a marzo 2018, viene eletto in parlamento diventando a giugno sottosegretario al Lavoro, Ugl continua a versare la pigione a Enpaia. […] Enpaia ha confermato a Domani che i bonifici fino alla fine sono stati inviati dal sindacato.
Il sottosegretario ha spiegato in un comunicato che ha provveduto lui al pagamento dell’affitto una volta terminata l’esperienza da vicesegretario in Ugl: «Da quando sono diventato parlamentare nel 2018 mi sono fatto carico dell’affitto, 1.750 euro al mese circa». Può mostrarci il sottosegretario i bonifici o altro documenti che provino l’affermazione, visto che finora li abbiamo chiesti senza successo
Durigon era in subaffitto? Prendiamo comunque per vera la spiegazione. Perché dunque non è mai stata fatta una voltura del contratto di affitto con Ugl? E visto che è per Enpaia a disporre i bonifici era l’Ugl anche quando Durigon era diventato sottosegretario, in che modo il parlamentare ha restituito queste somme al sindacato? Esiste una scrittura privata (come ipotizzano all’Enpaia) tra Durigon e Ugl?
I pagamenti che il sottosegretario avrebbe versato a Ugl avvenivano in contatti o tramite bonifici? Secondo il direttore dell’Enpaia un subaffitto da parte dell’Ugl a Durigon non sarebbe stato comunque possibile. Come spiega tutte queste incongruenze?
Solo nel 2017? «È già capitato che il sindacato abbia sostenuto l’onere della locazione a uso abitativo per alcuni dirigenti a livello nazionale non residenti a Roma», spiegano dalla confederazione, «nel caso di specie l’onorevole Durigon proveniva da Latina e rivestiva la carica di vicesegretario nazionale del sindacato»
Questa è stata la risposta di Ugl inviata a Domani. Qualcosa non torna però. Durigon ha rivestito la carica di vicesegretario già a partire dal 2014: per quale motivo solo a partire dal 2017 il futuro sottosegretario si trasferisce nell’appartamento di via Cortina D’Ampezzo a spese del sindacato?
Come fa a comprare? L’Ugl paga l’affitto della casa dove vive Durigon a Enpaia dal novembre 2017 fino a giugno 2022. L’appartamento, che finisce nel piano di dismissioni dell’ente previdenziale, viene a un certo punto messo sul mercato. Durigon decide di comprarlo. Secondo le linee guida di Enpaia, può essere però acquistato solo dal conduttore del contratto. Cioè in teoria dall’Ugl.
Come ha fatto Durigon a comprarlo? Secondo l’atto di compravendita, è bastato che l’Ugl abbia segnalato all’Enpaia che l’inquilino effettivo dell’appartamento fosse il suo ex dirigente Durigon. Allo stesso, entrato da più di 36 mesi seppur non locatario ufficiale, viene così garantito uno sconto del 30 per cento rispetti ai prezzi di mercato. Per il sottosegretario la vicenda è davvero lineare?
E il ruolo della compagna?
Dagli atti risulta che Durigon compra solo un decimo della casa. I 9/10 sono acquistati dalla compagna Alessia Botta, con cui non è sposato. Quando Enpaia decide di dismettere parte del suo patrimonio nel 2015, una serie di delibere chiariscono chi può comprare oltre al legittimo affittuario. Cioè i familiari dello stesso di primo e secondo grado, nonché il coniuge. Abbiamo chiesto al Enpaia come ha fatto allora a comprare la fidanzata del sottosegretario: ci hanno spiegato che, qualche mese prima del rogito della coppia, l’ente ha allargato le maglie anche alle unioni civili e alle «convivenze» di fatto. «Non è una norma ad personam, l’abbiamo fatta per evitare discriminazioni», spiegano.
Esistono conflitti? Un’altra questione concerne il ruolo ricoperto da Durigon, due volte sottosegretario al Lavoro, con delega alla previdenza e alle relazioni industriali. È già inopportuno a parere di chi vi scrive vivere in una casa affittata a nome di un sindacato. Ma non è tutto. Enpaia ha nel consiglio di amministrazione un membro del ministero del Lavoro, che ha il compito di vigilare sull’ente stesso. Durigon è stato segretario in quel dicastero e allo stesso tempo inquilino della casa affittata al sindacato dall’ente di previdenza. Ancora: nel decreto di nomina in quel ruolo a Durigon vengono concesse le deleghe alla vigilanza degli enti di previdenza, tra cui anche Enpaia. Il 23 giugno 2022 Durigon ha firmato il rogito, non era più sottosegretario al Lavoro ma solo parlamentare della Lega.
Qualche mese più tardi dopo aver acquistato casa da Enpaia ritorna negli uffici del ministero con il nuovo governo Meloni: anche in questo caso ha tra le mansioni affidate il controllo degli enti di previdenza. Questo impasto di interessi tra controllore e controllante è a suo parere normale? Non sarebbe il caso di dimettersi all’istante?
(da Domani)
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Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
COSI E’ MORTO IL MEDICO USA COLPITO DA UN MISSILE RUSSO A BACKMUT
«Stava evacuando i civili e curando i feriti quando la sua ambulanza è stata
colpita dal fuoco russo a Bakhmut. È morto facendo ciò che amava e salvando un membro del suo team con il proprio corpo».
È la moglie di Pete Reed, il medico statunitense ucciso ieri da un missile russo in Ucraina, a raccontare la dinamica esatta in cui ha perso la vita il marito.
Secondo il Kyiv Independent, nel bombardamento in cui è rimasto ucciso il volontario americano sarebbero state ferite anche altre cinque persone. Reed, 34 anni, si era recato in Ucraina da volontario soltanto qualche settimana fa per prestare soccorso e mettere a disposizione dell’esercito di Kiev la sua esperienza da medico di guerra.
Reed, infatti, aveva già guidato un team di medici a Mosul, in Iraq, curando oltre 10mila pazienti. Quando ha deciso di partire per l’Ucraina, il volontario americano ha scelto proprio Bakhmut, la città nel sud-est del Paese che da settimane è teatro di violenti scontri con l’esercito russo.
Chi era Pete Reed
Originario di Bordentown, nel New Jersey, Reed ha prestato servizio in Afghanistan come fuciliere nel corpo dei Marines. Dopo aver lasciato l’esercito nel 2015, aveva intrapreso un percorso di formazione medica nel nord dell’Iraq, a sostegno delle forze curde.
Negli anni successivi, Reed ha anche fondato una Ong medica internazionale, la Global Response Medicine, che fornisce cure di emergenza in zone di guerra ed è gestita quasi interamente da veterani dell’esercito Usa.
Con la Grm, Reed ha partecipato a operazioni di primo soccorso in Iraq, Yemen, Siria e Polonia. Suo fratello, Chandler Reed, lo ha ricordato così: «Era un pazzo buono. Si metteva sempre altruisticamente in pericolo per aiutare gli altri».
Secondo il Kyiv Independent, il bombardamento in cui ha perso la vita il medico americano avrebbe ferito anche altre cinque persone.
(da Open)
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Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
“SONO SCIOCCATA, COSA SIGNIFICA UGUAGLIANZA?”
Clarisse Crémer è una velista oceanica francese: detiene il record femminile del giro del mondo in solitaria più veloce di sempre, compiuto in 87 giorni e 2 ore. A 31 anni, ha attraversato l’Atlantico da sola a bordo di una barca di 6 metri e mezzo (seconda alla Mini Transat) e compiuto imprese entrate nella storia della vela.
Ma questo non è bastato a dissuadere il suo sponsor, Banque Populaire, dallo scaricarla dopo che è diventata mamma. Il gruppo bancario, infatti, ha deciso di rimpiazzarla con un uomo per la prossima regata in solitaria intorno al mondo, così da scampare «il rischio» che Crémer non riesca a qualificarsi.
Così adesso dovrà rinunciare all’edizione del 2024 della Vendée Globe, il giro del mondo in solitaria senza stop, partenza dal porto della Vandea francese di Les Sables-d’Olonne e ritorno. Il caso viene raccontato da La Stampa.
Il botta e risposta
La velista ha dato alla luce sua figlia nel novembre 2022. Su Facebook, si lascia andare ad un lungo sfogo: «Sono scioccata, altri progetti lanciati molto più di recente continuano senza intoppi. Banque Populaire è pronta ad affrontare i rischi di un trimarano gigante e tutti i rischi naturali, tecnici e umani associati alle regate oceaniche, ma ovviamente non quelli della maternità. Se le regate oceaniche esistono oggi, è perché gli sponsor le scelgono come mezzo di comunicazione e le usano per raccontare belle storie sportive e quindi, a priori, umane». Banque Populaire ha replicato che «Clarisse si trova oggi in una situazione che non le permette di sperare di ottenere il numero di punti necessari per qualificarsi al Vendée Globe 2024». Questo perché, ha spiegato in un comunicato, «nell’ottobre 2021, l’organizzatore della regata ha annunciato un nuovo metodo di qualificazione, che non consente più ai finalisti di qualificarsi direttamente per la prossima edizione. Ha istituito un sistema di accumulo punti da acquisire tra l’inverno 2021 e l’estate 2024 partecipando alle gare in circuito per l’assegnazione di 40 posti in manifestazione (compresa una wildcard)». Gare alle quali Clarisse non ha potuto partecipare per «fortunati motivi di maternità».
Un messaggio politico
La velista ricorda tuttavia come il gruppo bancario fosse stato informato del progetto della maternità dal febbraio 2021, e avesse rinnovato il desiderio di puntare su di lei nell’autunno 2021. M
a poi, deve aver cambiato idea. «Sono determinata a navigare di nuovo, sotto i colori di un socio fidato con cui condividerò le convinzioni umane. La mia passione per la vela rimane intatta, e supererò rapidamente la delusione che vivo oggi. Pensando soprattutto a tutte le donne, atlete e altre, che attraversano lotte simili senza avere la possibilità di parlare», prosegue il messaggio social della velista.
Che si conclude domandando: «Cosa significa l’uguaglianza per le donne? Comportarsi come gli uomini e quindi soprattutto non essere incinta? Se oggi mi esprimo, non è per vendetta, per attirare attenzione o lamentarmi, ma per stimolare una riflessione, nella speranza di far progredire la nostra società».
(da Open)
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Febbraio 4th, 2023 Riccardo Fucile
“PER LA DISTRUZIONE DI OGNI PRIGIONE”… L’APPELLO LANCIATO IN OGNI PAESE
La federazione internazionale degli anarchici chiama una mobilitazione
internazionale per Alfredo Cospito. Una serie di appelli pubblicati sul web invita a protestare davanti alle ambasciate italiane di ogni paese. «Per la distruzione di ogni prigione» e «contro il 41 bis».
«Il compagno Cospito sta morendo perché lo Stato vuole che muoia. Questo non è solo un problema “umanitario”. La lotta del compagno è un appello all’azione rivoluzionaria internazionale. L’indifferenza e la passività non saranno mai nostre alleate; sì alla solidarietà», si legge nel testo. Una delle proteste è andata in scena ieri davanti all’ambasciata italiana a Santiago del Cile.
Nei giorni scorsi un’assemblea aperta sul caso si è svolta a Barcellona. Mentre sul web nei giorni scorsi sono comparsi anche filmati di propaganda. Un blog in spagnolo raccoglie anche le notizie delle proteste di questi giorni in Italia. In Italia gli anarchici sono scesi in piazza a Milano, a Bologna e in altre città. Alcuni manifesti a La Sapienza indicano «chi sono gli assassini di Alfredo Cospito».
Altri sono apparsi accanto alla targa commemorativa per l’anarchico Giuseppe Pinelli, in cima alla scala della facoltà di Lettere della Sapienza di Roma occupata da giovedì da alcuni studenti dei collettivi che in serata hanno interrotto la protesta. Tra le foto, anche quelle di politici e di alcuni magistrati.
«L’università è complice del silenzio. Fuori tutti dal 41 bis», è la scritta comparsa sulla facciata del rettorato della Sapienza. A Milano durante il corteo alcuni fumogeni sono stati lanciati contro i fotografi ed un cameraman, dipendente di un service legato a Mediaset, è stato colpito alla testa da un fumogeno riportando una lieve ferita.
(da Open)
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