Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
ALESSANDRA KUSTERMANN: “IN ITALIA ABORTI IN COSTANTE DIMINUZIONE”
Le associazioni pro-vita nei consultori sono una crudelità. Perché il numero di aborti in Italia è tra i più bassi d’Europa e in costante diminuzione.
Alessandra Kustermann, prima donna primario della Clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano, in un’intervista a La Stampa parla del progetto del governo Meloni con i fondi del Pnrr.
«Il ricorso all’interruzione di gravidanza nel 2021 è diminuito in tutte le classi di età, in particolare tra le più giovani. I tassi di abortività più elevati restano tra i 25 e i 34 anni. L’età media delle donne al parto nel 1975 era 23, oggi è appunto di 34: si è ristretto l’arco di tempo in cui la donna sceglie di diventare madre», spiega.
Cosa cambia
E ancora: «In passato abortivano le donne con almeno due figli, già in una relazione di coppia. Oggi aumenta il numero di donne che non hanno ancora figli e non sono in una relazione stabile. Allora è qui che bisogna lavorare, sulle loro paure, se si vuole capire perché succede. Se hanno deciso di non essere pronte, se le loro motivazioni sono forti, è impossibile far loro cambiare idea. Nessuna pensa di abortire un grumo di cellule, pensare che qualcuno ce lo debba spiegare è un insulto alla nostra intelligenza. Alle ragazze di oggi per non essere terrorizzate all’idea di avere un figlio serve ben altro che la promessa di 200 euro al mese per un anno».
Per Kustermann invece serve altro: ««Nelle grandi città, come Milano, per l’affitto di un monolocale ci vuole uno stipendio. Alle giovani coppie per decidere di mettere su famiglia sarebbe molto utile, prima di tutto, una casa. Altra questione, quando la maternità obbligatoria, se ce l’hai, è finita, il bimbo ha tre mesi e tu devi tornare a lavoro, che fai? Se la destra al governo volesse davvero aumentare la natalità, la soluzione è una e una sola: l’uguaglianza, la vera uguaglianza, tra uomini e donne».
L’uguaglianza
E ancora: «Se dopo tre mesi dal parto devo tornare al lavoro, chi sta a casa con il neonato? La baby sitter che non mi posso permettere, la nonna che ancora lavora? Perché dopo i cinque mesi obbligatori per la donna non iniziano i cinque mesi obbligatori e pagati per il padre, la persona più adatta a badare al proprio figlio? Un colloquio per esplorare le motivazioni di una decisione così difficile nei consultori già si fa. Ma non è in quella sede che si costruiscono le soluzioni».
E infine, l’egg freezing: «Mi sembra una buona idea quando si hanno 34, 35 anni e si sa di volere un figlio, ma non è possibile perché non ci si trova ancora nella relazione considerata “giusta”. Crescere un figlio nel nostro Paese è molto difficile per tutto quello che abbiamo detto, da sola fa ancora più paura. Fertilità e business non vanno quasi mai particolarmente d’accordo».
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
“NELL’ENTOURAGE MELONIANO IL PRESIDENTE DEL SENATO LA RUSSA SI È MOSTRATO CON DELLE EFFIGI DI MUSSOLINI. IL MINISTRO LOLLOBRIGIDA HA DICHIARATO CHE ‘LA PAROLA ANTIFASCISMO HA PORTATO CON SÉ DEI MORTI PER PARECCHI ANNI’. IL NUOVO SCHEMA NAZIONALISTA E CONSERVATORE DELLA MELONI HA COME CARTA VINCENTE L’INDIFFERENZA DELLA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI”
Il caso Scurati e le polemiche sul 25 aprile arrivano anche su Le Monde, con il quotidiano francese che – in un editoriale – scrive che “un atto di apparente censura risveglia una lancinante diatriba attorno alla memoria storica”. “Dall’arrivo in una posizione dominante – quella della presidenza del Consiglio da parte di Giorgia Meloni – di una famiglia politica le cui radici affondano nella storia del regime fascista, questa vecchia ferita si fa più dolorosa”, scrive il quotidiano nella sua edizione di oggi pomeriggio.
“Mentre la leader – si legge nell’analisi del corrispondente da Roma – ha ripudiato la memoria del regime di Mussolini, alcuni fautori della continuità sono rimasti nel suo movimento politico. Li si è rivisti nel 2013, in occasione della fondazione di Fratelli d’Italia da parte di Giorgia Meloni, il cui logo presentava la fiamma tricolore, segno di adesione dei neofascisti del MSI”.
“All’avvicinarsi delle commemorazioni del 25 aprile – continua – la presidente del Consiglio pensava di aver già detto tutto sul fascismo, avendo ribadito la sua condanna senza appello dell’antisemitismo del regime.
I suoi oppositori, come Antonio Scurati, le rimproverano di non aver condannato globalmente l’esperienza mussoliniana, la sua violenza, i suoi omicidi, le sue torture.
Nel suo entourage, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, si è mostrato con delle effigi di Benito Mussolini.
Più recentemente, Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, cognato e compagno di militanza in gioventù della Meloni, ha dichiarato che ‘la parola antifascismo ha purtroppo portato con sé dei morti per parecchi anni’.
Per la destra di Giorgia Meloni, l’antifascismo è un fattore di divisione e l’arma dell’avversario, non il cemento della Costituzione o della nazione.
Fa parte dell’egemonia culturale che essa attribuisce alla sinistra, e che intende far arretrare opponendole un nuovo schema nazionalista e conservatore, che ha come carta vincente l’indifferenza della maggioranza degli italiani per questi dibattiti sulla memoria”.
(da Le Monde)
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Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
LA SUA COLPA? AVREBBE CONDIVISO SUL SUO CANALE TELEGRAM UN POST SULLA SCOPERTA DELLE FOSSE COMUNE DI BUCHA, IN UCRAINA… IL REATO È STATO INTRODOTTO NEL 2022, DOPO L’INIZIO DELLA GUERRA, E SONO STATI CONDANNATE GIÀ 132 PERSONE
Il giornalista di Forbes, Serghei Mingazov, è stato arrestato in Russia per “diffusione di false notizie sulle forze armate”. Lo riferiscono le testate Rbk e Meduza citando il suo avvocato. Il legale, Konstantin Bubon, ha riferito su Facebook che Mingazov, giornalista dell’edizione russa di Forbes, è accusato di avere condiviso sul suo canale Telegram, Khabarovskaya Mingazeta, un post riguardante la scoperta delle fosse comuni a Bucha, in Ucraina, nel 2022.
Il reporter è ora in detenzione nella città di Khabarovsk, nell’Estremo Oriente russo.
L’accusa di diffusione di false informazioni e discredito delle forze armate è stata introdotta nel Codice penale russo nel 2022, poco dopo l’avvio dell’intervento armato in Ucraina, ed è stata più volte utilizzata contro giornalisti e oppositori che hanno criticato quella che in Russia è chiamata ‘l’operazione militare speciale’. Secondo stime dei media riprese da Meduza, sono finora 132 le persone condannate sulla base di tale imputazione.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
SECONDO VARIE TESTATE CARLO NON STAREBBE RISPONDENDO ALLE CURE
Sono giorni che Re Carlo III non appare in pubblico. Le condizioni di salute del sovrano 75enne, malato di cancro, sembrano essere serie. «Sta male ed è peggiorato», rivelano alcuni insider citati da alcuni tabloid americani. «Parlando della salute del monarca con alcuni suoi amici, abbiamo appreso che le cose non stanno andando bene», dice Tom Sykes del Daily Beast.
Un amico di Carlo III ha spiegato che il sovrano «è determinato a sconfiggerlo e sta dando il massimo. Tutti rimangono ottimisti, ma sta davvero molto male. Più di quanto lasciano intendere».
Non una voce isolata, in quanto molti quotidiani statunitensi e britannici hanno diffuso un’indiscrezione secondo la quale il Palazzo starebbe aggiornando i piani del funerale del monarca, l’Operazione Menai Bridge.
Page Six, il Daily Beast, il New York Post, il The Mirror, il The New Zealand Herald descrivono una situazione allarmante e un costante «peggioramento di salute». Carlo III non starebbe rispondendo bene alle cure. TMZ, poi, sostiene che la situazione sta precipitando: «Sembra che tutti si stiano preparando al peggio». Sky News Australia descrive le condizioni di salute del Re come «terribili».
Lo scorso gennaio il 75enne è stato operato per un ingrossamento della prostata. Pochi giorni dopo l’intervento, l’annuncio di Buckingham Palace. Al sovrano è stato diagnosticato un cancro
Poi le indiscrezioni che lo descrivono in pessime condizioni. «Nelle ultime settimane ho parlato con gli amici del sovrano, abbiamo avuto conversazioni sulla sua salute. La risposta comune è stata “Non sta andando bene”», ha spiegato Sykes. «Mi hanno detto chiaramente che sta davvero molto male. Più di quanto lasciano intendere, la situazione è questa ed è brutto, ma è comunque la verità».
Anche il New York Post ha riportato indiscrezioni nefaste: «Le condizioni di salute di Re Carlo stanno progressivamente peggiorando, portando i funzionari di Buckingham Palace ad aggiornare il piano per il suo funerale. Le fonti ci hanno spiegato che la situazione non è affatto buona. Naturalmente in questi giorni stanno esaminando ogni aspetto del Menai Bridge. [
L’Operazione Menai Bridge, ponte sospeso situato in Galles, è il nome in codice dei piani legati alla morte dell’attuale re del Regno Unito Carlo III. Il piano prevede la preconizzazione della sua morte, nonché il periodo di lutto ufficiale, che durerà dieci giorni. La pianificazione del funerale del re iniziò quasi immediatamente dopo l’ascesa di Carlo al trono alla morte di sua madre, la regina Elisabetta II.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
L’AGENDA DELLA PREMIER CAMBIA DI CONTINUO, IMPOSTO IL SILENZIO ANCHE AI DIPLOMATICI… ANNULLATI TRE VIAGGI IN UNA SETTIMANA
Giorgia Meloni si sente «sotto assedio». Anche «circondata». Come se fosse «al 41 bis», il regime di massima sicurezza dove finiscono mafiosi e terroristi. Proprio per questo dice a un amico direttore tv: «Non mi fido più di nessuno. E forse non dovrei fidarmi neppure di te». Mentre il capo della sua segreteria particolare Patrizia Scurti, finita sui giornali all’epoca della finta telefonata del leader africano in realtà realizzata da due comici russi, cerca di imporre un regime di silenzio anche ai diplomatici. E annulla viaggi di continuo. Questa sera avrebbe dovuto vedere il premier del Regno Unito Rishi Sunak. Poi avrebbe dovuto arrivare in Arabia Saudita. E anche l’inaugurazione di una caserma in Aspromonte è saltata all’ultimo minuto.
Sindrome di accerchiamento
La Stampa fa sapere che nell’occasione della visita con il ministro degli Interni Matteo Piantedosi era stata allertata anche la Rai. La tv pubblica aveva predisposto tutto per il servizio sul posto. Alla fine l’aereo è partito con il codice identificativo della presidenza del Consiglio. Ma senza lei a bordo. Una sindrome di accerchiamento dalla quale sono risparmiati in pochi. Tra queste, oltre a Scurti, c’è il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Che dalla trincea di Palazzo Chigi continua a movimentare veline per difendere il governo e rintuzzare gli attacchi dell’opposizione. Poi c’è il buio. E oltre la siepe l’incognito. Ad amici e confidenti racconta il suo senso di oppressione. A causa del ruolo, che porta con sé infinite responsabilità. Ma anche delle difficoltà interne con gli alleati. E con il suo partito.
La Giorgia Furiosa
Subito dopo le elezioni Meloni riservava la sua furia agli attacchi che arrivavano dall’estero. Nei confronti della ministra francese Boone parlò di inaccettabili ingerenze contro uno Stato sovrano. Poi, all’epoca della formazione dell’esecutivo, se la prese con i diktat e minacciò il ritorno al voto. Si è arrabbiata anche all’epoca della scorsa edizione del festival di Sanremo, a causa dell’esibizione di Rosa Chemical. Ma gli ultimi strali (privati, privatissimi) li ha riservati a Matteo Salvini. Imputato principale della sconfitta del centrodestra in Sardegna per i voti non arrivati a Paolo Truzzu. Anche se all’epoca fu lei a imporre il candidato poi sconfitto alle urne. Oggi l’imprevedibilità politica del Capitano va a intrecciarsi con i timori sulla legge di bilancio.
I soldi che mancano
L’ultima occasione è stata la storia degli 80 euro in più nella prossima tredicesima. Annunciata come mossa alla Renzi per vincere le elezioni europee e finita con un rinvio in consiglio dei ministri a causa delle scarse coperture. Sul caso Scurati un’altra arrabbiatura ma stavolta proprio con i suoi. Ha telefonato al direttore generale Giampaolo Rossi e a quello degli approfondimenti Paolo Corsini. Poi ha scritto il post in cui ha cercato di mettere una pezza alla censura nei confronti dell’intervento dello scrittore sul 25 aprile. In più si sente «perseguitata» dai cronisti. A causa delle fughe di notizie, per le quali ogni volta imbastisce una caccia alla talpa. L’atmosfera che si respira a Palazzo Chigi è quella di una caccia alle streghe. O ai complotti, come all’epoca della separazione da Andrea Giambruno.
Il fantasma del 2011
Un anno dopo il suo arrivo a Palazzo Chigi era preoccupata per il presunto governo tecnico pronto a sostituirla. Un’altra occasione di rabbia è stata quella del «trappolone» sul Def. All’epoca veniva descritta come «fuori dalla grazia del cielo». All’epoca tornò anche in auge il fantasma del 2011, ovvero la caduta dell’ultimo governo di Silvio Berlusconi sotto la spinta delle istituzioni internazionali (la lettera della Banca Centrale Europea). Ha evocato complotti anche in occasione della storia del dossieraggio nell’inchiesta su Pasquale Striano. Oggi si sente sempre più sola. E domani diventerà ancora più difficile.
(da La Stampa)
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Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
IL GENERALE E’ SOSPESO DALL’ESERCITO PER AVERNE “COMPROMESSO IL PRESTIGIO E LA REPUTAZIONE” ED E’ INDAGATO DALLA PROCURA MILITARE PER PECULATO E TRUFFA
“Vannacci con la Lega? E che novità c’è? Era chiaro che sarebbe finita così, d’altronde Salvini e Vannacci hanno molte cose in comune: gli stessi valori e soprattutto lo stesso senso dello stato”.
Detto da Guido Crosetto, non sembra proprio un complimento al segretario della Lega. Il missile del ministro della Difesa di Fratelli d’Italia in direzione “Lega al contrario” arriva a caldo.
Da pochi minuti un raggiante Matteo Salvini ha ufficializzato la notizia che era nell’aria da mesi: il generale Roberto Vannacci sarà candidato con la Lega alle prossime elezioni europee. Il suo nome sarà nelle liste di tutti e cinque i collegi elettorali.
Non è un segreto invece che tra Vannacci e Crosetto non circoli proprio buon sangue. Dopo la pubblicazione ad agosto scorso del best seller del generale, “Il mondo al contrario”, il ministro ha subito pubblicato una nota e aperto un’inchiesta disciplinare: “Non vanno, in alcun modo, utilizzate le farneticazioni personali di un generale, ancorché in servizio, per polemizzare con la Difesa. Per questo sarà avviato dalla Difesa l’esame disciplinare previsto”.
La scelta fu poi spiegata da Crosetto con diverse interviste: “Ognuno può pensare ciò che vuole, ma le istituzioni, forze armate in primis, devono essere percepite da tutti come il luogo di difesa dei principi e dei valori democratici”.
Insomma il senso dello stato di Vannacci non è proprio quello auspicabile né per un militare, né per un politico.
Alcuni mesi più tardi, il 27 febbraio, quell’inchiesta ha portato a una sospensione disciplinare di 11 mesi del generale per aver “compromesso il prestigio e la reputazione” dell’esercito italiano ingenerando “possibili effetti emulativi dirompenti e divisivi nell’ambito della compagine militare”.
Pochi giorni fa Vannacci ha fatto ricorso al Tar contro il provvedimento. La sospensione fece arrabbiare moltissimo anche la Lega. Salvini temeva potesse in qualche modo impedire la candidatura di Vannacci. Sempre Crosetto fu costretto a spiegare: “Le sanzioni disciplinari non compromettono in alcun modo i diritti civili e politici del militare sanzionato, ivi inclusa l’eventuale candidatura”.
Ci si domanda invece cosa succederà adesso alla carriera del generale candidato, prenderà un’aspettativa? “Non so e onestamente non mi interessa, ma se ha fatto questa scelta immagino sia nel rispetto della legge”, dice Crosetto. Politicamente invece il giudizio del ministro di FdI rimane quello: “Ripeto, mi sembra la scelta più giusta per lui perché con Salvini c’è senz’altro una condivisione di valori e senso dello stato”.
Per dare un’idea ulteriore di quale sia, secondo il ministro della Difesa, il senso dello stato di Vannacci basta tornare indietro di qualche mese. A un incontro al ministero tra il generale e Crosetto, raccontato più volte da quest’ultimo. Vannacci si presentò senza divisa. “Gli ho detto – ha raccontato più volte il ministro – ‘Scusi come mai non ha la divisa?’ ‘Mi hanno detto di non metterla i miei superiori perché venivo da lei come se fosse una cosa privata e non mi hanno dato neanche il rimborso del treno’.
Gli ho detto ‘no perché quando uno chiede il rapporto con il superiore gerarchico rientra in servizio anche se lei momentaneamente non è in servizio. Quindi doveva venire con il foglio di viaggio e vestito in divisa’”.
Ma la disputa tra Lega e FdI su Vannacci non finisce qui. Il generale è indagato dalla procura militare con le accuse di peculato e truffa in seguito agli esiti di un’ispezione svolta dallo stato maggiore della Difesa sul suo periodo da addetto militare italiano a Mosca.
Crosetto ha sempre spiegato che su questo lui non c’entra nulla. Ma per i fedelissimi di Salvini quelle “sono accuse senza fondamento fatte uscire dal ministero per bruciare politicamente il generale”.
Vannacci comunque non scalda neppure i cuori di tutti i leghisti. Alcuni giorni fa è stato il sottosegretario all’Agricoltura Gianmarco Centianio a spiegare: “Il mio entusiasmo per l’ipotesi di candidatura di Vannacci è meno 2 mila, io non lo voterò”. Crosetto non è stupito neppure da questo: “Sì, mi sembra evidente che questa candidatura non rispecchi i valori di tutta la Lega”.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
SECONDO AMBIENTI DEL LAVORO AEROPORTUALE IL DEPUTATO E’ RECIDIVO
Secondo ambienti del lavoro aeroportuale Piero Fassino è recidivo. Per questo è stato denunciato dal duty free dell’aeroporto di Fiumicino. E per questo i vigilantes lo stavano tenendo d’occhio. E per questo gli agenti della Polaria hanno deciso di ascoltare altri dipendenti dell’esercizio commerciale, non in servizio lunedì 15 aprile. Ovvero quando il deputato del Partito Democratico è stato fermato dai vigilantes con in tasca il profumo Chance di Chanel del valore di un centinaio di euro. L’indiscrezione che vorrebbe l’ex sindaco di Torino non nuovo a episodi come quello di una decina di giorni fa viene dai lavoratori in servizio allo scalo Leonardo da Vinci. E spiegherebbe, se fosse vero, come mai i titolari del negozio hanno deciso di denunciare il parlamentare. Invece di insabbiare tutto dopo che Fassino si è offerto di pagare il conto.
Il video
Fassino sostiene di aver preso il profumo per fare un regalo alla moglie, anche se quel giorno era diretto a Strasburgo per una riunione con alcuni parlamentari europei. I filmati delle telecamere di sorveglianza però lo smentiscono: nelle immagini lo si vede mettersi in tasca il profumo senza avere il telefono tra le mani, come da lui sostenuto. E lo si vede anche uscire dall’esercizio commerciale prima dell’intervento dei vigilantes, anche se lui ha detto che sono intervenuti quando era ancora in loco. Sulla vicenda indaga la procura di Civitavecchia. Che ha ben presente il fatto che il deputato gode dell’immunità per tutta la durata del mandato. Mentre per poter effettuare gli accertamenti sarà necessaria l’autorizzazione a procedere. Che deve essere chiesta a Montecitorio, come di regola.
Una via d’uscita
Intanto il Corriere della Sera fa sapere che per il deputato c’è comunque una via d’uscita. La società potrebbe infatti prendere in considerazione l’idea di ritirare la denuncia se il deputato si offrisse di pagare il conto. E lui ha già fatto sapere di volerlo fare. La nuova norma prevede che i magistrati procedano soltanto in presenza di una querela. E poi i magistrati potrebbero propendere per la tenuità del fatto. Evitando così un imbarazzante seguito giudiziario per quello che secondo gli addetti non era nemmeno il primo caso.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
“RICHIAMARE L’ANTIFASCISMO NON PUO’ SOSTITUIRE UN PROGRAMMA POLITICO, MESSE LE FONDAMENTA BISOGNA COSTRUIRE”
Massimo Cacciari avverte: «Basta chiedere abiure e pentimenti. Così rischiamo che l’antifascismo diventi una foglia di fico per coprire la mancanza di proposte politiche sull’oggi»
Professore, 80 anni dopo c’è ancora chi non riesce a dirsi antifascista. Perché?
«Ottant’anni dopo siamo ancora qui a non capire. In teoria con il passare del tempo il giudizio dovrebbe diventare più semplice. Sono state scritte tonnellate di saggi documentati e autorevoli sul fascismo e l’antifascismo e sui totalitarismi del Novecento. In teoria non dovrebbe essere difficile capire che cosa è stato il fascismo e quali furono le ragioni della Resistenza».
Perché allora?
«Perché richiamarsi all’antifascismo non basta. L’antifascismo è il valore fondante della nostra Costituzione. Ma una volta messe le fondamenta bisogna costruire una casa che sta in piedi. La nostra invece scricchiola, è sbilenca».
L’antifascismo non è una politica?
«L’antifascismo non è immediatamente un programma politico. Soprattutto non può sostituirlo, non può diventare una foglia di fico per coprire la vuotaggine delle proposte sull’oggi. Lei guardi gli altri Paesi europei. Trova Paesi in cui, ancor oggi, i partiti si dividono in base all’antifascismo?».
Beh ci sono Paesi europei in cui le posizioni fasciste stanno prendendo piede anche più che da noi…
«Ah certo. A Est dell’Europa ci sono partiti esplicitamente nazisti. Sono dei pazzi, una patologia».
Ottant’anni dopo però non è tanto normale che la presidente del Consiglio italiana non riesca a dire di essere antifascista. Non trova?
«Trovo che dovremmo smetterla tutti quanti di chiedere pentimenti. Io non so come reagirei se mi chiedessero di dichiararmi anticomunista».
Allora glielo chiedo io: perché lei non si dichiara anticomunista?
«Ecco vede? Nella mia vita avrò detto e fatto delle scemenze, come tutti. Ma non sono responsabile dei lager di Stalin, non sento di dovermi pentire per quell’abominio. Così come Giorgia Meloni non è responsabile delle leggi razziali, non si può chiedergliene conto. Se non altro per una questione generazionale. Dobbiamo smetterla con la categoria del pentimento che purtroppo è invece alla base dei giudizi politici e non solo in Italia. Perché da noi basta pentirsi per cambiare status. Anche nella giustizia è così. Sei stato un terrorista? Se ti penti hai una pena più lieve».
Beh, i pentiti sono stati utili nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata…
«È giusto che chi ha collaborato a smantellare un’organizzazione criminale venga premiato. Ma è assurdo che abbia sconti di pena chi si pente per il solo fatto di aver ripudiato il suo passato. Questa storia del pentimento salvifico è molto italiana e molto dannosa. C’è sempre qualcuno che ci deve dare l’assoluzione. I protagonisti della politica si giudicano sulle scelte politiche di oggi, non sui loro pentimenti».
È però un fatto che l’antifascismo è il fondamento della nostra Costituzione…
«Certo, ci mancherebbe. Abbiamo una Costituzione bellissima perché è una Costituzione programmatica che si fonda sull’antifascismo e guarda avanti: promette la riduzione delle diseguaglianze sociali, il rispetto dei diritti delle persone, il ripudio della guerra come strumento per risolvere le controversie tra i popoli. Le pare che stiamo rispettando questo programma? Per questo dico che fermarsi all’antifascismo e chiedere abiure generazionali è un modo per non parlare di oggi, la foglia di fico appunto».
Che cosa imporrebbe di fare oggi la Costituzione antifascista?
«Per esempio di trovare una soluzione di pace invece di alimentare le guerre. L’opposizione al nazifascismo fu anche opposizione a ideologie che avevano la guerra come programma e l’annientamento dei popoli come pratica. Non mi pare che stiamo andando in questa direzione. L’unico che continua ostinatamente a sostenerlo è il Papa, una delle poche teste lucide rimaste. La sua dichiarazione sul fatto che stiamo vivendo una Terza guerra mondiale a pezzi è la definizione più calzante di quanto sta accadendo”.
Come dovremmo scongiurare questa guerra mondiale a pezzi, secondo lei?
“Intanto accorgendocene. Noi continuiamo a vivere nella beata illusione di essere al centro del mondo. Non è così, non è più così. I Paesi emergenti, i cosiddetti Brics, stanno unendo le forze. Stanno diventando loro il centro del mondo mentre noi continuiamo sulla nostra strada lasciando che si moltiplichino le contraddizioni che fanno da detonatore a nuove guerre».
A proposito di guerre: mai come quest’anno il conflitto tra israeliani e palestinesi ha pesato nelle celebrazioni del 25 aprile. Come giudica le aggressioni alla Brigata ebraica?
«Una tragedia nella tragedia. Ma come si fa a non vedere che i nemici da combattere sono due, Hamas e Netanyau? Gli studenti che sfilano per la Palestina dovrebbero manifestare insieme alla Brigata ebraica per cacciare i terroristi di Hamas e i responsabili della strage a Gaza. Questa è l’unica condizione per garantire la sicurezza a Israele e uno stato ai palestinesi. E’ da pazzi non capirlo».
Professore, come ha trascorso questo 25 aprile?
«Studiando. Devo preparare un saggio su Kafka. Studio istruttivo in questo periodo. Kafka, come Musil, aveva avvertito sui rischi degli equivoci, delle illusioni. Le società che si illudono finiscono in rovina».
(da La Stampa)
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Aprile 26th, 2024 Riccardo Fucile
IN LOMBARDIA LA PITONESSA E LA RUSSA SOSTENGONO MANTOVANI… CERTI DI UN SEGGIO FIDANZA, FIOCCHI E CROSETTO JR.
Mister Camomilla, al secolo Antonio Tajani, è il più longevo sbadigliatore della contemporaneità e concorre di diritto nella classifica mondiale dello strano ma vero. È divenuto – strano ma vero – uno dei pilastri del governo ed è capo indiscusso di Forza Italia che con lui – strano ma vero – è resuscitata a dispetto delle esequie svoltesi in forma solenne nel Duomo di Milano il 14 giugno dell’anno scorso, quando Mediaset interruppe le trasmissioni per l’ultimo atto di Silvio Berlusconi, l’ascensione al cielo insieme alla sua creatura politica, Forza Italia. Nessuno credeva che mister Camomilla potesse dare un futuro al partito divenuto salma, del resto fino ad allora – nel triste epilogo della malattia invalidante – affidato alla lacrima di Marta Fascina, la futura vedova bianca di Silvio. Per capire il deficit di stima verso Tajani il 23 agosto scorso, esattamente due mesi dopo dalla dipartita del grande leader, ladri presuntuosi decisero di fare visita alla sua abitazione, ai Parioli. L’impresa stava per andare in porto perché persino la super scorta parve perduta anch’essa in un super sbadiglio stante l’ora avanzata e magari la cena pesante e agevolmente aggirata. I malviventi furono però messi in fuga dal sistema di allarme casalingo e così tutto finì per il meglio.
Il fatto è che Tajani c’è, ma non si vede. Soprattutto non si sente. Con lui valgono il silenzio, la musica classica, le marcette militari. Ama il colletto della camicia alla francese, la carbonara, la pajata, l’inno di Mameli e la Ciociaria. È un monarchico di rara e preziosa coerenza: fosse stato per lui il re sarebbe ancora al Quirinale. Ha fatto anche cose buone. Ha per esempio devoluto la sua “indennità di reinserimento” quand’era a Bruxelles (eh sì, chi fa il commissario europeo gode, oltre a un sontuoso stipendio, di una liquidazione speciale pari a 13 mila euro per ogni mese lavorato, diciamo così) pari a 466 mila euro a una associazione di volontariato.
Nasce a Ferentino, provincia di Frosinone, nel 1951 e la sua vita politica ha inizio nel 1994. Lui, giornalista capo della redazione romana del Giornale, scrive una lettera d’amore a Silvio Berlusconi. Piegato il capo fino alle caviglie del leader di Forza Italia, offre anima e core: totus tuus. Il Cavaliere lo fa trasferire in un angoletto del villone di Arcore dove Tajani acquisisce i rudimenti del mestiere che gli serviranno a Bruxelles e poi a Strasburgo dove soggiornerà per più di un decennio insignito delle stellette prima di commissario europeo ai Trasporti, poi all’Industria infine, nel biennio 2017-2019 di presidente del Parlamento europeo.
La sua fortuna, col senno di poi, è di non aver avuto granché fortuna in Patria. Fallisce la conquista del Campidoglio nel 2001 in competizione con Walter Veltroni, era fallita una prima elezione alla Camera nel 1996, schiverà per un nonnulla la candidatura alla Regione Lazio che forse gli avrebbe reso altre grane. Però appare sempre dietro Berlusconi, alcune volte di fianco: disciplinato, ordinato, devoto.
Quando nel giugno scorso quel che resta di Forza Italia viene lasciato nelle mani di Tajani, pare che la sua unica funzione sia quella di commissario liquidatore tanto che Matteo Renzi, e siamo a ottobre scorso, immagina di mangiarsi Forza Italia facendo filtrare l’idea dei due simboli in coppia per – udite udite – superare lo sbarramento del 4 per cento. Fino a quel momento s’era detto che sarebbe stato Matteo Salvini – grazie all’intesa con Licia Ronzulli, plenipotenziaria in rappresentanza del Cavaliere – a farsene un sol boccone lanciando un’opa sul partito.
Eppure mister Camomilla inchiavarda Forza Italia alla sua poltrona e la tiene ferma. Ronzulli e tutti i nemici interni vengono messi alla porta, lo statuto cambiato tre volte e sempre in favore di Tajani, dominus del nuovo corso. Chissà come ma Forza Italia inizia a salire nei sondaggi. Prima uno 0,5 per cento, poi l’uno, poi l’uno e cinquanta. Il partito avanza, bruca l’erba leghista fino a tallonare il Carroccio e anzi, come si vede oggi, di essere in condizione di superarla.
Calenda e Renzi fanno i diavoli a quattro in tv e sui giornali per godere di un po’ di visibilità. Lui, mister Camomilla, avanza nel silenzio e produce fatti. La sua forza sta nell’idea che il pensiero debole sia il colpo magistrale. “Vediamo cosa mi dice il ministro dei giovani che protestano nelle università”, gli ha chiesto un disperato Paolo Del Debbio nell’intervista sbadiglio andata in onda lunedì scorso. “Io dico che chi vuole può protestare, ma senza far male ai carabinieri, ai poliziotti, ai finanzieri”. “Ecco”, Del Debbio stava per immaginare una polemicuccia sugli scontri all’università, un breve tric trac sui centri sociali animati da estremisti manganellatori comunisti ma Tajani, super prudente: “Vuoi sostenere la Palestina? Puoi farlo. Vuoi sostenere Israele? Puoi farlo….”. A quel punto anche Del Debbio si è arreso, Tajani ha proseguito con la sua omelia e amen.
(da ilfattoquotidiano.it)
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