DOPO GIULI, I FRATELLINI D’ITALIA SI SPACCANO SUL NUOVO CAPO DEI CARABINIERI: IL 15 NOVEMBRE IL GENERALE TEO LUZI DEVE LASCIARE L’INCARICO MA IL NOME DEL SUCCESSORE NON C’È
È IN CORSO UN BRACCIO DI FERRO TRA IL MINISTRO DELLA DIFESA CROSETTO (A CUI FORMALMENTE SPETTA LA NOMINA), CHE HA INDICATO SALVATORE LUONGO, E I SOTTOSEGRETARI MANTOVANO E FAZZOLARI, CHE VOGLIONO RISPETTIVAMENTE MARIO CINQUE E RICCARDO GALLETTA – LA NOMINA DELICATISSIMA SI È TRASFORMATA IN UN REGOLAMENTO DI CONTI IN FDI
La cerimonia di avvicendamento nella carica di comandante generale dell’Arma dei carabinieri è prevista per il prossimo 15 novembre presso la caserma Salvo D’Acquisto a Roma. La data è già nelle agende di ministri, sottosegretari, alte cariche dello Stato, parlamentari, vertici delle altre Forze armate e di polizia che da giorni hanno ricevuto il prestigioso cartoncino d’invito con il logo della Benemerita.
Il generale Teo Luzi, l’attuale comandante, il 14 novembre compirà 65 anni, età massima per il trattenimento in servizio e quindi dovrà obbligatoriamente lasciare l’incarico. Proroghe non sono previste e, anche volendo, non sarebbero consentite dalla legge.
C’è però un piccolo particolare: ad oggi non si conosce il nome di chi sarà chiamato a prendere il posto di Luzi che rischia così la mattina del prossimo 15 novembre di fare il passaggio di consegne con se stesso. La nomina del successore di Luzi doveva essere pronta per il Consiglio dei ministri di lunedì scorso ma poi è saltato tutto. Motivo? Secondo i bene informati il ministro della Difesa Guido Crosetto, a cui spetta la proposta del candidato che dovrà poi essere ratificata dal Consiglio del ministri, avrebbe un suo nome.
Ma anche il sottosegretario Alfredo Mantovano, molto ascoltato dalla premier, avrebbe un nome, che è diverso da quello di Crosetto. Ed anche l’altro sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, anch’egli molto ascoltato dalla premier, a sua volta avrebbe un nome, diverso anch’esso da quello di Crosetto e Mantovano.
Tutto legittimo, ci mancherebbe, visto che la nomina del comandante generale compete alla politica che deve scegliere un nome fra i generali dell’Arma. La conseguenza di questo eccesso di candidati sta però creando grande sconcerto nella base dell’Arma in quanto il nome del comandante generale dovrebbe essere deciso per tempo e non all’ultimo momento.
I papabili sono sempre i soliti: il vicecomandante Salvatore Luongo, il capo di stato maggiore Mario Cinque ed il comandante interregionale “Pastrengo” Riccardo Galletta. Luongo sulla carta è quello più titolato e più trasversale, essendo stato capo ufficio legislativo del ministero della Difesa con i ministri dem Roberta Pinotti e Lorenzo Guerini, con la grillina Elisabetta Trenta, e da ultimo con Crosetto.
Cinque è la soluzione interna e rappresenterebbe il bis di quanto accaduto a Luzi che, prima di diventare comandante generale, aveva ricoperto il medesimo incarico. Galletta, infine, è il più anziano. I curricula si equivalgono e sono tutti di altissimo profilo. L’unico criterio realmente oggettivo, quello dell’anzianità di servizio, è stato da tempo mandato in soffitta con la conseguenza che il prescelto potrebbe trovarsi a dare ordini a chi, fino al giorno prima, obbediva.
L’aver tolto l’anzianità ha determinato un vero cortocircuito in quanto essa è alla base dell’ordinamento militare. Vale la pena allora ricordare cosa disse Beniamino Andreatta, fondatore dell’Ulivo e ministro della Difesa nel primo governo di Romano Prodi. “Il comandante generale – disse Andreatta – deve essere mantenuto esterno all’Arma come garanzia di neutralità nel comando: è infatti indispensabile evitare che potenziali rivalità interne tra i più alti esponenti dell’Arma si ripercuotano sull’intera organizzazione determinando sconcerto nell’opinione pubblica e minando quella fiducia generalizzata che è il patrimonio conquistato in una lunga storia”.
Chiunque sarà nominato susciterà dunque inevitabili mal di pancia nei bocciati. La novità di questa volta è che la nomina del comandante generale dell’Arma offre l’occasione per un regolamento dei conti fra le varie anime di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni condifa in un accordo fra Crosetto-Mantovano-Fazzolari. Il presidente della Repubblica, a cui i carabinieri garantiscono la scorta, è alla finestra. Non resta che attendere.
(da agenzie)
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