“GIULI? UN TRADITORE CHE HA GIURATO FEDELTÀ AL SISTEMA NEOLIBERALE, NON UNA MA DUE VOLTE”: PARLA RAINALDO GRAZIANI, FONDATORE NEGLI ANNI ’90 DEL GRUPPUSCOLO NEONAZI MERIDIANO ZERO NEL QUALE MILITAVA IL FUTURO MINISTRO DELLA CULTURA
DAL PADRE LELLO, FONDATORE DI ORDINE NUOVO, AL FIGLIO RAINALDO CHE SOSTIENE UNA VISIONE NEO-PAGANA DELL’ESISTENZA
Report ha intervistato il referente della destra extraparlamentare neofascista e neonazista Graziani. Ci ha raccontato le origini della vita politica del ministro della Cultura: “figura brillante” in Meridiano Zero, movimento di ispirazione neonazista.
Già il titolo è tutto un programma: «Tecniche di comunicazione contro il mainstream». Rainaldo Graziani, figlio dell’esponente del movimento di estrema destra extraparlamentare Ordine Nuovo Clemente Graziani, pubblica sul suo profilo Facebook l’intervista di Report. L’incontro lo registra anche lui. La definisce una «tecnica contro la comunicazione mainstream». Poi anticipa l’intervista, che andrà in onda domani su RaiTre. E mette tutto sui social.
Sullo sfondo l’inchiesta di Report sul ministero della Cultura e sul ministro Alessandro Giuli che in passato ha militato nell’organizzazione neonazista Meridiano Zero. Rainaldo Graziani la fonda a inizio Anni 90. E lui di certo non rinnega nulla. Giuli? «Un traditore bianco». E il post, a corredo del video, è tutto un susseguirsi di paroloni e sentiment nostalgico e rivendicazioni letterarie, da Artù e Il Signore degli Anelli.
«In molti mi chiedono quali concetti ho espresso e quali idee ho sostenuto nell’intervista a Report…», scrive Graziani. Ecco il video. E otto punti, che «a prescindere dalle posizioni assunte dai rappresentati delle istituzioni, delle lobby e dai “grand commis” della infosfera, riassumono ciò che ho affermato». Al settimo punto arriva a parlare dell’attuale ministro Giuli.
Negli Anni 90 era tra i militanti di Meridiano Zero. «Eravamo centinaia di centinaia – ricorda Graziani – Se lui l’ha confermato, sicuramente era una delle figure brillanti. Altrimenti chi mai vorrebbe dare un ministero se non a una figura brillante. Purtroppo, non avevamo Sangiuliano».
C’è stato un voltafaccia? L’attuale ministro ha rinnegato sé stesso? «Un autore sudamericano l’avrebbe definito come il traditore bianco. Ha giurato fedeltà al sistema neoliberale, non una ma due volte. Quindi essendo stato candeggiato dalle lavatrici del sistema neoliberale è così bianco che più bianco non si può». Meridiano Zero si scioglie. Con Giuli, dice Graziani, non si sono mai più incontrati.
Il gruppo Meridiano Zero in cui militava il giovane Alessandro Giuli futuro ministro aveva simpaticamente scelto come data di nascita l’8 settembre 1991, per festeggiare il giorno dell’occupazione nazista in Italia.
Il 4 ottobre ’91 i militanti di Meridiano Zero si scontrarono con gli appartenenti ai collettivi studenteschi di sinistra nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma. Volarono botte da orbi. Alla direzione politica del nuovo movimento si pose Rainaldo Graziani, figlio del carismatico leader di Ordine Nuovo, Clemente Graziani.
La tradizione conta nei partiti e nei movimenti di destra e il testimone della politica spesso passa di padre in figlio. Clemente detto Lello era stato leader dei Far, dei Fronti d’azione rivoluzionaria, fondati dall’antisemita Julius Evola e da Pino Rauti.
Il papà di Rainaldo era nato a Roma il 17 marzo 1925, aveva perso suo padre da piccolo, aveva sempre vissuto alla Garbatella futuro quartiere di Giorgia Meloni. Nel 1944 si era arruolato volontario nella milizia della Repubblica sociale italiana ed era stato un militare di collegamento tra la prima linea e le retrovie durante la battaglia di Montecassino.
Era meccanico e, appena finita la guerra, trovò lavoro in un’autorimessa. L’impegno in politica era stato la sua ragione di vita: nel dopoguerra dei vinti, così scialbo e poco illuminato dai vecchi ideali, la politica rappresentava per lui una fatale attrazione per cui partecipò con entusiasmo alla fondazione del Movimento Sociale Italiano, ma non ne prese subito la tessera.
Graziani diventerà poi l’animatore del Centro Studi Ordine Nuovo, il laboratorio di idee che fonderà con Rauti in cui figuravano Paolo Signorelli, Stefano delle Chiaie, Giuliano Bracci e Marcello Perina.
Nel mirino della polizia per le sue attività sovversive finirà la sua vita da latitante in Paraguay. Il figlio Rainaldo continua la sua battaglie e la sua opera. C’è Ernst Jünger all’origine del nome Meridiano Zero con lo scritto il “Trattato del Ribelle” e c’è anche la decisione del regime fascista di istituire un proprio meridiano zero passante da Battipaglia, da contrapporre a quello di Greenwich.
Il movimento ha come simbolo Algiz (la runa della vita, già utilizzata dal Deutsches Frauenwerk, movimento nazista femminile) e decide di caratterizzarsi con la cosiddetta “tecnoribellione”, una specie di luddismo.
Meridiano Zero con i suoi giovani militanti come Giuli inizia la sua opera nelle scuole e nelle università dove riscuote qualche successo: “Il potere tecnocratico vuole uccidere l’uomo, profanando il mondo, rendendo artificiale l’esistenza, arrestando il corso della storia”, predicavano gli adepti, (sopprimendo ogni forma di cultura, cancellando ogni senso di appartenenza, ogni etnia, ogni nazionalità).
I ragazzi di Meridiano Zero celebravano una visione neo-pagana dell’esistenza, officiando al sole il culto della costituzione di “Uomini Nuovi”. Rainaldo è un ammiratore di Aleksandr Dugin.
Al controverso consigliere dell’autocrate Vladimir Putin, nel 2021 Graziani Junior squaderna un libro a più voci per AGA Editrice dal titolo significativo per il rinvio al nazismo così ammirato anche da Dugin: “Solstizio d’inverno. Dialoghi alla luce del Sole di mezzanotte”, autori Dugin, Rainaldo Graziani, Lorenzo Maria Pacini.
Così viene il volume descritto dalla Feltrinelli: “La prima parte è trascrizione del simposio tenutosi la notte del solstizio d’inverno 2020, un dialogo filosofico che ha ruotato attorno il concetto del Sole di Mezzanotte con sguardo prospettico sulle dinamiche innescate dal ciclo della post-modernità…
(da Dagoreport)
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