GIUSTIZIA CANAGLIA: FALSO IN BILANCIO SLITTA, L’IMMUNITÀ RIMANE
NONOSTANTE GLI ANNUNCI, DOMANI IN CONSIGLIO DEI MINISTRI SI DISCUTERANNO SOLO “LINEE GUIDA”… PER I PROVVEDIMENTI CI SI AFFIDERà€ A DISEGNI DI LEGGE NON ANCORA IN CALENDARIO
“Alla fine l’immunità resterà così come è prevista nel testo emendato dai relatori, Finocchiaro e Calderoli”, ragionava qualche giorno fa un senatore democratico che sta seguendo molto da vicino le riforme costituzionali.
Prevedendo che nessuna cancellazione dello “scudo” ci sarebbe stata.
Guardando ai fatti, sembra proprio che abbia ragione. Non solo il governo ha dato il suo assenso alla norma sull’immunità durante il vertice a Palazzo Chigi del 17 giugno, non solo il premier si è assunto in proprio la responsabilità di averla approvata.
Ma c’è un altro dato di fatto: venerdì è scaduto il termine in commissione Affari costituzionali per i sub emendamenti al testo consegnato da Finocchiaro & Calderoli.
E non ce n’è uno di iniziativa governativa e neanche degli stessi relatori che cancelli la norma in questione.
Domani inizia il voto in commissione Affari Costituzionali e i sub emendamenti che vogliono l’abrogazione dell’immunità sono firmati dai Cinque Stelle o dai “ribelli” Pd, in testa Vannino Chiti.
Anna Finocchiaro aveva annunciato che avrebbe presentato lei stessa una modifica per affidare alla Consulta la decisione (soluzione questa che ha fatto registrare perplessità sia dal Quirinale, che dalla stessa Consulta).
Ma, a conti fatti, ha preferito non fare niente e lasciare il cerino nelle mani del governo.
Che per ora ha lasciato tutto com’era. I renziani meglio informati sono certi che lo scudo non verrà tolto: potrebbe essere riformulato, prevedendo che valga per i membri della nuova Camera delle autonomie solo nell’esercizio delle loro funzioni da senatori e non da amministratori. Ma tutto sta a vedere come andrà il dibattito in Aula.
Perchè poi le riforme si accavallano, le esigenze si incrociano.
E quando si parla di giustizia il tema diventa incandescente. Domani in Consiglio dei ministri non ci sarà la riforma annunciata dal premier, già durante il discorso per la fiducia, per giugno, termine ribadito più volte nei mesi.
Alla fine dell’ultimo Cdm era stato il ministro Boschi ad annunciare che nel prossimo (quello di domani appunto) si sarebbe discussa la riforma.
Ma il dibattito si limiterà alle linee guida, che verranno illustrate ai ministri dal Guardasigilli, Andrea Orlando.
Da via Arenula la raccontano così: il ministro e il premier si sono sentiti giovedì mattina, prima della partenza di Renzi per il Consiglio Ue, e non avendo di fatto mai avuto il tempo di discutere a fondo hanno deciso che sarebbe stato necessario un ulteriore approfondimento, prima di entrare nel merito di provvedimenti molto delicati, magari rischiando dissensi dai titolari degli altri dicasteri.
Fino a quando? Non è chiaro. Ci sarà , di certo, un decreto che affronterà il sistema della giustizia civile per fare fronte all’arretrato pesantissimo rappresentato da milioni di cause.
I tecnici di Palazzo Chigi stanno decidendo quando vararlo: stanno valutando bene le questioni legate all’iter parlamentare. Tradotto: se si fa a inizio luglio si rischia di non riuscire a convertirlo entro i tempi a disposizione, ovvero fineagosto.
Quindi si potrebbe spostare in là , magari alla fine del mese.
E il resto? Sarà tutto affidato a disegni di legge, che saranno presentati in momenti successivi, anche qui difficilmente prevedibili.
Se si prende il caso Pa, il Cdm con “le linee guida” si è fatto il 30 aprile, quello con i provvedimenti (in bozza) il 13 giugno, e i decreti effettivi sono stati scritti solo dopo e firmati dal Quirinale martedì 24.
Se è per la riforma del Senato, il ddl costituzionale è stato approvato il 31 marzo, il voto in Commissione inizia domani, con un testo che è stato quasi riscritto.
A proposito di ddl, a Palazzo Chigi ne esiste già uno sull’autoriclaggio, predisposto dal ministero della Giustizia, e consegnato oltre un mese fa, al quale lo stesso dicastero ha ipotizzato di aggiungere alcune norme sul falso in bilancio.
Ma, a meno di sorprese dell’ultimo secondo, domani non verrà tirato fuori.
I tempi si dilatano. E a occhio e croce l’iter parlamentare dei provvedimenti in questione non comincerà che dopo l’estate.
Il metodo Renzi — ormai s’è capito — è quello di spingere l’annuncio oltre l’ostacolo. Però trattandosi di materia incandescente come la giustizia ogni sospetto è lecito. Anche perchè il governo ha chiesto in Senato un rinvio della legge sull’anticorruzione proprio in attesa dei provvedimenti di fine giugno. Che non ci saranno.
Tra le voci che si rincorrono a Palazzo Madama ce n’è una insistente secondo la quale Forza Italia starebbe facendo pressione perchè l’accertamento del falso in bilancio abbia il via solo su querela di parte (come adesso), e non diventi automatico.
Renzi ha bisogno dei voti di Forza Italia per portare a casa le riforme costituzionali, tanto più la fronda di Palazzo Madama si allarga. E l’“ombra” dello scambio si allunga soprattutto quando trattativa su alcuni temi e temporeggiamento su altri vanno di pari passo.
Ieri il presidente del Consiglio ha annunciato che questa settimana è “decisiva” e quindi vedrà tutti: Pd, Forza Italia e Cinque Stelle.
“Le polemiche non devono frenarci, neanche quelle interne”, ha detto ai fedelissimi.
I suoi lavorano ad allargare la maggioranza, ma le falle restano.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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