IL MONITO DI SERGIO MATTARELLA ERA DIRETTO A GIORGIA MELONI
“SAREBBE GRAVE SE (UN PREMIER) PRETENDESSE DI ATTRIBUIRSI COMPITI CHE LA COSTITUZIONE ASSEGNA AD ALTRI POTERI DELLO STATO“, È LA SECCA RISPOSTA ALLA DICHIARAZIONE DELLA DUCETTA
Due giorni fa, approfittando di un incontro al Quirinale con i vertici della Casagit (l’assicurazione sanitaria dei giornalisti), Sergio Mattarella non l’ha toccata piano. Camuffata da lezione di diritto costituzionale, come quando insegnava all’università, il primo inquilino del Colle si è tolto un bel sassolone dalla scarpa e l’ha lanciato in direzione della meloniana “madre di tutte le riforme”. Un monito che è stato poco evidenziato dalla grande stampa.
In ossequio al suo ruolo di garante della Carta Costituzionale, il capo dello Stato ha sentito la necessità urgente di mettere un punto fermo sui propri poteri anche nei confronti del centrosinistra, e ai suoi giornali di riferimento, facendo presente che sa benissimo quello che può o non può fare e ciò che deve fare, e non sopporta più d’essere tirato per la giacchetta.
“C’è chi gli si rivolge chiedendo con veemenza: “Il presidente della Repubblica non firmi questa legge perché non può condividerla, perché gravemente sbagliata””. Oppure chi gli contesta: “Il presidente della Repubblica ha firmato quella legge e quindi l’ha condivisa, l’ha approvata, l’ha fatta propria”.
Ma il Quirinale, ricorda il prof. Mattarella, “non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è una cosa ben diversa. È quell’atto indispensabile per la pubblicazione ed entrata in vigore delle leggi, con cui il presidente della Repubblica attesta che le Camere hanno entrambe approvato una nuova legge, nel medesimo testo, e che questo testo non presenta profili di evidente incostituzionalità“.
Se il presidente “andasse al di là di questo limite che gli assegna la Costituzione e dicesse, per esempio: “non promulgo questa legge perché c’è forse qualche dubbio di costituzionalità che potrebbe racchiudere e raffigurarvisi”, si arrogherebbe indebitamente il compito che è rimesso alla Corte costituzionale. O, se addirittura dicesse: “non firmo questa legge perché non la condivido, perché, a mio avviso è sbagliata”, farebbe ben altro, andrebbe al di là di qualunque limite posto dalla Costituzione nel rapporto tra i poteri dello Stato e tra gli organi costituzionali”. E ha ricordato che ‘’Il presidente della Repubblica non è un sovrano, fortunatamente, e quindi non ha questo potere”.
Traduzione: cari giornalisti, mettendomi in mezzo, attribuendomi giudizi sottintesi o intenzioni, lanciandogli perfino “veementi” ultimatum, indebolite il mio ruolo di garante della Carta.
Sistemati i pii desideri della sinistra, il Presidente ha mattarellato le smanie di premierato della Ducetta della Garbatella. Quando sibila che tra i suoi poteri, anzi “tra quelli fondamentali”, c’è “quello di fare in modo che ciascuno rispetti la Costituzione, a partire da se stesso, naturalmente. E che ciascuno la rispetti nel colloquio e nel confronto tra gli organi costituzionali”.
E qui parte il siluro diretto alla Fiamma Tragica di Palazzo Chigi: “Sarebbe grave se uno di questi, e tra questi anche il Presidente della Repubblica, pretendesse di attribuirsi compiti che la Costituzione assegna ad altri poteri dello Stato“.
Quanto sopra è la secca risposta alla dichiarazione della Ducetta del 2 marzo a Toronto, quando sillabò che il premierato è una riforma che “volutamente non tocca i poteri del capo dello Stato, perché so che il presidente Mattarella è una figura di garanzia, è un’istituzione unificante”.
E quando la Melona esprime solidarietà e stima per il Capo dello Stato per questi tentativi “scorretti” di coinvolgerlo affermando che “I miei rapporti con il presidente della Repubblica sono ottimi, c’è un tentativo di creare una crepa fra Palazzo Chigi e il Quirinale per schermare la contrarietà alla riforma del premierato. Non mi sembra corretto utilizzare una figura come quella del presidente della Repubblica per questo”, non fa altro che ciurlare nel manico.
Per Mattarella, quando la coatta premier afferma che i poteri del Capo dello Stato non vengono intaccati dalla sua riforma del premierato, smorfieggia solo una falsità.
(da Dagoreport)
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