LA BALLA DI DI MAIO SULLE CANDIDATURE RITIRABILI
SMENTITO DALLA TAVERNA: “QUEL MODULO DI RINUNCIA NON SERVE A NULLA”
La rinuncia al seggio o alla candidatura o a chissà cosa di Emanuele Dessì è stata “ricusata” dalla Corte d’Appello perchè doveva essere presentata prima della formalizzazione delle candidature e ormai è troppo tardi.
A dirlo è Paola Taverna, senatrice e candidata del MoVimento 5 Stelle, da Massimo Giletti a Non è l’Arena durante un’intervista.
L’ammissione di Paola Taverna fa quindi pulizia di tutte le curiose tesi grilline sulla possibilità di rinuncia alla candidatura degli impresentabili tramite modulo autoprodotto che aveva costituito un’altra balla da campagna elettorale: era stata prodotta il 4 febbraio scoso — quindi prima dell’intervento di Ainis citato sempre da Di Maio — e secondo il prestigioso costituzionalista Giggetto l’aspirante impresentabile avrebbe dovuto sottoscrivere un modulo in cui c’è scritto di inserire il “nome e cognome dell’impresentabile” (autoinsultandosi da solo, in pratica) solo per soddisfare lo spirito di Torquemada che a fasi alterne e mai nei confronti dei propri esponenti ogni tanto ritorna nel MoVimento 5 Stelle.
«Noi abbiamo presentato alla Corte d’Appello una formale rinuncia per Dessì e la Corte d’Appello l’ha ricusata perchè questa deve venire presentata prima della presentazione formale delle liste; al momento stiamo cercando di capire se ci sono possibilità per procedere a una formale rinuncia, sembra di no», dice con grande sincerità la Taverna.
La quale però prima di affrontare questo argomento era tornata a sostenere che le Iene avrebbero dovuto parlare di Rimborsopoli prima della presentazione formale delle liste, così i 5 Stelle avrebbero potuto cacciare i candidati che non si erano comportati correttamente.
Una sciocchezza, perchè ai 5 Stelle sarebbe bastato fare un accesso agli atti e riscontrare i versamenti sul conto del microcredito con i bonifici caricati su Tirendiconto.it — come hanno fatto successivamente — per verificare loro stessi se tutto stesse procedendo bene con i rimborsi.
Era infatti compito loro controllare per tempo, non certo dei giornalisti o dei programmi televisivi: sono loro a non averlo fatto (nonostante un accesso agli atti della parlamentare M5S Patrizia Terzoni di qualche anno fa) e sono loro a doversi prendere la responsabilità di questo e di altri controlli che sono mancati e che li hanno infilati in questa situazione.
Resta quindi in vigore però la legge italiana, che non prevede una procedura simile e anzi istituisce che delle candidature si occupino le camere di appartenenza come prevede in primo luogo la Costituzione, che all’articolo 66 stabilisce: “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità ”.
D’altro canto un paio di giorni fa lo stesso Dessì ha rilasciato un”intervista al Messaggero dalla quale si comprende che il candidato al Senato nel Lazio ha dimostrato proprio di avere una grandissima voglia di rinunciare alla candidatura:
Ma alla fine una volta eletto lascerà davvero il Senato?
«Il 5 marzo vedrò l’esito delle elezioni. Se il M5S sarà andato bene nella mia Frascati, qualche domanda me la farò. Un giro al Senato per vedere l’arredamento di lusso ci sta, dai».
Le parole di Dessì sono facilmente interpretabili: com’era altamente prevedibile, il candidato aspetta i risultati del M5S in quel di Frascati perchè se i grillini andranno bene sosterrà , a ragione, che il popolo abbia votato il M5S perchè c’era lui in lista. Esattamente come i candidati dei collegi uninominali che il M5S nel frattempo ha cacciato perchè massoni potranno dire di aver vinto il collegio nonostante Di Maio e quindi la volontà popolare li vuole in parlamento.
E chi è Giggetto per imporsi nei confronti della volontà popolare?
Nessuno, appunto.
Ecco quindi che le rinunce in Corte d’Appello che ha sbandierato Luigi Di Maio senza che i candidati ne abbiano ancora presentata una sono un modo per vendere la pelle dell’orso prima di averlo preso.
(da “NextQuotidiano”)
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