Settembre 4th, 2012 Riccardo Fucile
SI PARLA DELLA MELONI MA PER TUTTI LA CANDIDATURA E’ A RISCHIO….ALEMANNO POTREBBE CERCARE RIPARO IN PARLAMENTO
Il punto di partenza è già un punto d’arrivo: Gianni Alemanno non ha fiducia in Gianni Alemanno. à‰ un’illuminante presa di coscienza, però tiene il sindaco di Roma incatenato ai propri errori e ai propri (futuri e vicini) fallimenti.
Il romano di Bari avverte la rovinosa caduta elettorale: al secondo mandato ci credono soltanto i suoi sondaggisti e consulenti di sostegno, Luigi Crespi; un pezzettino di ex Alleanza Nazionale; nemmeno un naufrago di Forza Italia e neppure i palazzinari unti nel cemento.
Di buon umore, palazzo Chigi ha smentito la telefonata del Cavaliere ad Alemanno (fonte Repubblica) per convincerlo a una ritirata strategica in favore di Giorgia Meloni.
Due cose non tornano: il sindaco non ha bisogno di lavaggi cerebrali, già quattro anni fa temeva la sconfitta e vinse, figuratevi oggi; l’ex ministro non vuole bruciare la carriera per coprire l’inettitudine di Alemanno.
Non senza niente in cambio: a precise garanzie, si può parlare.
La Meloni apre un elenco vastissimo (“Andiamo avanti con Gianni”), che va oltre i confini di partiti più o meno fusi, più o meno ancora operativi.
I berlusconiani veraci non scommettono un euro su Alemanno, ma non s’intravedono giovani o vecchi politici disposti a immolarsi per un onorevole massacro contro Nicola Zingaretti (Pd), che aspetta le primarie per trionfare con qualche mese di anticipo.
Il sindaco indica l’uscita di emergenza: un paracadute a Montecitorio, un posticino tranquillo e abbastanza inosservato.
Però dovrebbe dimettersi entro settembre per evitare il giudizio di quella Giunta per le incompatibilità che, ultimamente, perdona di rado: il primo cittadino di un comune oltre i 200mila abitanti non può avere continuità di carica se la scadenza della legislatura coincide con l’apertura dei seggi; resta la clemenza, certo, e i condoni, pure.
Alemanno voleva spingere in battaglia l’imprenditore Luigi Abete o il poliedrico Giovanni Malagò, scomparsi sin da subito.
In contrasto con se stesso, ormai abbattuto, Alemanno ha citato Obama per replicare su Twitter, non a Clint Eastwood bensì ai suoi numerosi oppositori: si è fatto fotografare di spalle con la frase di Tito Livio “Hic manebimus optime” (qui staremo benissimo).
Non funziona la sincronia perchè lì, in Campidoglio, Alemanno ci sta in qualche modo, forse non benissimo, dal remoto 2008 e s’è guadagnato il soprannome di Aledanno per il traffico, i lavori, le piogge miste a neve e le raccomandazioni nostalgiche ad amici di amici.
Per correggere la “balla ridicola”, Alemanno ne confezione una personalissima: “Lo ribadisco ancora una volta: sono candidato a sindaco di Roma e ricordo a tutti che ci saranno le primarie del 26 gennaio prossimo”.
Ecco, le primarie immaginarie. Da solo, potrebbe vincerle.
A tu per tu con la Meloni, non c’è scampo.
I berlusconiani sperano di proporre un candidato non berlusconiano, un tecnico salvavita: l’aspirazione più complessa, e forse più ecumenica, si chiama Anna Maria Cancellieri.
Il ministro dell’Interno, ex prefetto a Bologna durante il commissariamento, appare irraggiungibile.
Chi presidiava le piazze con Alemmano, e ora non lo cerca o lo evita, commenta: “Non vuole fare la campagna elettorale, vuole tirarsi fuori molto prima. Il centrodestra vorrebbe cedere il controllo senza perdere il potere.
Forse a Giorgia Meloni la proposta piacerebbe, ma per Alemanno sarebbe troppo umiliante”. Anche il sindaco ha un limite.
A parte se stesso.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 4th, 2012 Riccardo Fucile
IL RADUNO DI CITTADELLA: CELEBRANO L’EVASIONE FISCALE E PENSANO ALLE ELEZIONI
“Napoleone ne ha tolti 2mila di leoni da casa nostra, io pian piano li rimpiazzo”.
Fa lo scultore a tempo perso Alvise Piccoli, un omone grande che con pasta di marmo e olio di gomito (“ci vuole almeno un mese di lavoro per farne uno”) ti ricostruisce una copia fedele del Leone marciano col libro aperto, inciso in altorilievo su pesantissime tavole ottime per androni di condomini, uffici pubblici e sedi comunali.
Alla festa dei veneti di Cittadella è venuto col banchetto per vendere i suoi leoni pret a porter, “uno lo regalo al mio paese, Breda di Piave, il sindaco dice che lo mette sulla facciata del municipio”, l’omone che indossa una maglietta blu con scritto dime can ma no talian (dimmi cane ma non chiamarmi italiano).
Di mestiere Alvise fa l’imprenditore, produce friggitrici industriali nel Trevigiano; da ieri i suoi 8 dipendenti sono in cassa integrazione.
“Dopo 30 anni di attività , non era mai successa una crisi così profonda, siamo a brandelli, bisogna che il Veneto si liberi dal giogo del Paese”.
L’equazione alla Festa, la tre giorni (31-1-2 settembre ) organizzata da Raixe venete che radunava i movimenti indipendentisti, serpeggia facile facile: il Paese è agli stracci, la crisi ci sta mettendo in ginocchio mentre i politici che dovevano difendere l’autonomia del “popolo veneto” dormono in Parlamento.
Soluzione: proclamare l’indipendenza.
Come non è chiaro, ma una cosa è certa: qui il nemico numero uno è la Lega, in una piazza che mai come quest’anno (siamo alla nona edizione) getta un amo ai delusi del Carroccio per dirottarli nel calderone venetista dei tanti movimenti pro liberazione. “La Lega ci ha tradito” dice con delusione una signora.
Ecco come la pensa l’omone dei leoni: “Sono stato iscritto per anni al Carroccio ma ora ho stracciato la tessera; quelli appena respirano l’aria di Roma si dimenticano della missione indipendentista, e di noi”.
Poco più avanti un grammofono anni 20 manda musiche fasciste, sul tavolo campeggia la foto di Mussolini; nessuna meraviglia, alla festa c’è posto per tutti, espongono la loro mercanzia in piazza aziende agricole, serissime onlus legate alle malattie oncologiche dei bambini (Città della speranza) e persino – in una via secondaria – i No Tav.
La parte del leone però, è il caso di dirlo, la fanno i partiti con aspirazioni indipendentiste, a cominciare da Veneto Stato che ha lo spazio più grande, vende i soliti gadget — tazze, piatti, cucchiaini e libri rigorosamente corre-dati di leone marciano — e offre un abbonamento multasking come sky: 20 euro amigo, 30 patriota, 40 serenissimo e 50 dogale.
Alle spalle una gigantografia di Bepino Segato, “ideologo” dei Serenissimi che hanno dato l’assalto a Venezia col tanko fatto in casa (“I Serenissimi sono i nostri eroi e Bepino è un martire di Stato” azzarda uno dallo stand commemorativo).
Ci sono anche quelli di Xoventù independentista, strano agglomerato di passione per il rugby nostrano e la “nathion veneta”, vicini alla sinistra e persino ai centri sociali. Qualche mese fa hanno lanciato la campagna giovanilistica “Ocio” in cui invitavano a fotografare scuole dove accanto alla bandiera europea e italiana mancasse quella veneta col leone. In palio a chi portava più segnalazioni 4 t-shirt di loro produzione. Nel gran calderone ci sono anche mastri d’ascia che costruiscono al momento antiche trottole per bambini, soldati in uniforme della Serenissim, guardie nazionali (?) e bande musicali con palandrane settecentesche.
Una carnevalata apparente, dove però la crisi economica alimenta un malcontento con risvolti preoccupanti.
“Stiamo valutando se candidarci alle prossime elezioni — dice Lucio Chiavegato, presidente di Veneto Stato e imprenditore veronese dell’abbigliamento — ma io sono contrario. à‰ venuto il momento delle barricate, di indire una rivolta fiscale dove nessun veneto paghi più le tasse. E’ già così, tanti evadono come possono ma nessuno ha il coraggio di dirlo. Ora ci dobbiamo tenere i soldi in tasca, e metterli a disposizione per progetti solo veneti”.
Erminia della Frattina
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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