Settembre 22nd, 2012 Riccardo Fucile
IL GIP INVIO’ LO STUDIO AL MINISTERO… BOCCIATO IL PIANO DELL’AZIENDA
Le carte che spiegano la drammaticità della situazione di Taranto e la reticenza del governo erano lì, sotto gli occhi di tutti.
Già nel Decreto di sequestro preventivo dello scorso luglio si leggeva una frase che oggi inchioda il ministro della Sanità , ma anche quello dell’Ambiente e il governo tutto, alle proprie responsabilità .
Il Gip, infatti, scrive che già nel marzo del 2012 era acquisita agli atti del procedimento “una nota elaborata congiuntamente dall’Ufficio di Statistica e dal Reparto di Epidemiologia Ambientale dell’Istituto Superiore di Sanità relativa ai dati aggiornati agli anni 2003 e 2006/2008 della mortalità a Taranto”.
Si tratta, aggiunge il Gip, di “atti pubblici — trasmessi in data 8 marzo 2012 dal predetto Istituto al Ministero della Sanità — sulla cui piena utilizzabilità non può sussistere dubbio alcuno”.
I dati e i suggerimenti relativi alla mortalità a Taranto per malattie gravissime — vedremo più avanti che si tratta di quasi tutte le patologie tumorali — erano noti da tempo, giunti sui tavoli giusti ma momentaneamente accantonati.
Non erano ancora definitivi, si è giustificato il ministro Balduzzi mentre l’Isituto Superiore di Sanità ha precisato di attendere la loro pubblicazione sulla rivista scientifica.
“O forse erano solo in attesa dell’Autorizzazione integrata ambientale” provoca invece Angelo Bonelli, presidente dei Verdi che di questa vicenda è uno dei protagonisti.
E’ stato Bonelli a rendere pubblici i dati dello sperimentato progetto “Sentieri” (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento): dati sconvolgenti.
La mortalità generale a Taranto, non solo fino al 2002, come era noto finora, ma anche negli anni 2003, 2006/2008 è del 10% più alta rispetto a quella attesa (sono i Rapporti Standardizzati di Mortalità , Smr, cioè l’eccesso o il difetto in percentuale del numero di morti della popolazione in studio rapportata a quella di riferimento, la Puglia in questo caso).
La mortalità relativa ai tumori lo è del 12%, dei tumori al fegato del 24, fino ad arrivare a un più 306% per il mesotelioma alla pleura, il tumore provocato dall’amianto.
Ma ci sono dati fuori controllo anche per le demenze (+25%), la sclerosi multipla (+28%), le malattie dell’apparato digerente (+34%) o le malattie respiratorie acute (+36%).
Dopo le rivelazioni del presidente dei Verdi, il ministro Clini ha minacciato querela per diffusione di allarmismo.
E ieri, a Radio Anch’io, ha ribadito che sui dati sanitari di Taranto “non c’è nulla di segreto, nulla di nascosto.L’unica cosa evidente è che si stanno manipolando con grande spregiudicatezza dati incompleti”.
Sempre ieri Bonelli ha annunciato la contro-querela al ministro Clini presentandosi in conferenza stampa con i documenti comprovanti la sua denuncia e spiegando che intende ottenere dal ministro un milione di euro da devolvere alle vittime dei fumi di Taranto.
In ogni caso la sostanza è che i dati esistono, documentati, dal marzo scorso.
Il governo li conosceva e ha fatto finta che non ci fossero.
Mentre il Tribunale di Taranto, dopo averli consultati, li ha ritenuti così rilevanti da inserirli nel Decreto di sequestro.
La gravità si evince anche dagli effetti sui bambini e sulle donne, non solo sui lavoratori esposti alla fabbrica.
“Nello studio di aggiornamento la mortalità per tutte le cause nel primo anno di vita risulta significativamente in eccesso” con un incremento della mortalità del 35%. E sempre in “eccesso” è la mortalità “per tutti i tumori in età pediatrica (0-14 anni)”.
Per quanto riguarda le donne, poi, la mortalità per tumori è più alta del 15% e quella del mesotelioma del 140%.
In questo quadro non stupisce che la Procura di Taranto si prepari a bocciare il piano di risanamento presentato dall’azienda.
Secondo le prime indiscrezioni, infatti, la valutazione dei custodi giudiziari sugli investimenti per risanare gli impianti sarebbe negativa.
Va in tal senso la relazione presentata alla Procura in cui si sospetta che l’Ilva voglia fermarsi alle promesse senza passare ai fatti.
Basti pensare all’ipotesi di copertura dei parchi minerari delegata al gruppo Wurth che ha preso 15 mesi di tempo per realizzare il progetto.
Nessuno assicura che alla fine la copertura si faccia. Lo scorso 26 luglio il procuratore Sebastio aveva detto che la Procura avrebbe valutato un piano Ilva in linea con le prescrizioni della magistratura.
Da questo punto di vista il piano dell’Ilva è inadeguato rispetto all’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni inquinanti.
“Aspettiamo che sia il procuratore della Repubblica di Taranto a pronunciarsi – dicono dall’Ilva – e a formalizzare la sua decisione. Per noi conta questo pronunciamento”.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 22nd, 2012 Riccardo Fucile
CHI GIA’ PRENDE UN ASSEGNO DA FAME DOVRA’ RESTITUIRE 12 EURO AL MESE… SPESSO SI TRATTA DI ERRORI FORMALI
La legge è legge. L’Inps sta per far partire 200 mila lettere indirizzate ad altrettanti pensionati al minimo che dal 2008 percepiscono la ricca quattordicesima concessa loro dal governo Prodi: circa 300-400 euro al mese pagati nel mese di agosto.
Sono i 200 mila (su 3 milioni di aventi diritto) per i quali è stata riscontrata un’imprecisione nell’autodichiarazione con cui hanno chiesto il bonus.
La decisione è stata confermata ieri dal presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua: “La quattordicesima è una bella iniziativa, ma non può percepirla chi non ne ha diritto. 200.000 persone hanno presentato dichiarazioni sbagliate, noi possiamo verificarle solo quando l’Agenzia delle Entrate rende disponibili i loro redditi per poi poter incrociare i dati. Per questo l’accertamento viene fatto quando questa somma è già stata versata. I pensionati che hanno indebitamente percepito la quattordicesima dovranno restituirla”.
Funziona così: ogni anno il pensionato, dai 64 anni in su, deve autocertificare di avere un reddito annuo inferiore a 8.504 euro lordi, pari a 655 euro lordi per tredici mensilità .
Incassa la quattordicesima, e poi l’Inps chiede all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione dei redditi dei tre milioni di percettori del bonus e guarda se veramente hanno un reddito inferiore al tetto.
Per chi ha sgarrato scatta la restituzione, facilissima: l’Inps trattiene il cosiddetto “indebito” dalla pensione.
Due cose vanno notate.
In primo luogo è lo stesso Inps a dire che si tratta di errori in buonafede.
Nè potrebbe essere diversamente: l’autocertificazione presentata all’Inps viene semplicemente confrontata con la denuncia dei redditi che è anch’essa un’autocertificazione.
Quindi l’errore nasce da una errata considerazione dei redditi da sommare, oppure dai Caaf che redigono per i pensionati la quasi totalità delle autocertificazioni.
Ci sarà anche qualcuno che, stando magari poco al di sopra del tetto, “ci prova” sperando che i controlli non vengano fatti.
In secondo luogo la notizia è che, se anche fossero dichiarazioni disoneste, 200 mila furbi su tre milioni di poveri costituiscono una percentuale talmente bassa da far pensare che, come in molti già sospettavano, i poveri sono in fin dei conti, e a dispetto dell’oggettivo stato di bisogno in cui versano, più onesti dei ricchi.
Cionondimeno la legge è legge .
E l’Inps parte lancia in resta per il recupero di una somma che si aggira tra gli ottante e i cento milioni di euro, pari a poco più di un chilometro di alta velocità ferroviaria.
Già un anno fa sono stati chiesti indietro i soldi indebitamente versati a 185 mila pensionati per la quattordicesima del 2008.
Adesso scatta il recupero per l’anno 2009.
Dei 200 mila che hanno presentato dichiarazioni errate nel 2009 è ipotizzabile che, per un’amare legge di natura, 15-20 mila siano morti nel frattempo.
Per loro, trattandosi di una prestazione assistenziale e non previdenziale, gli eredi non saranno chiamati a pagare.
“Noi siamo per il rispetto della legge”, commenta Carla Cantone del sindacato pensionati Cgil, “ma è bene anche sapere che l’Inps chiede la restituzione della quattordicesima anche a chi ha sforato di un solo euro il tetto dei 650 euro lordi mensili”.
Mastrapasqua ha già detto che, a differenza dell’anno scorso, quando il recupero fu fatto in cinque rate mensili, stavolta sarà scelta una linea soft: “Lo faremo in 24 mesi, per consentire a tutti di avere una trattenuta bassa evitando un impatto negativo. Sono circa 300 euro diviso 24, quindi 12 euro al mese”.
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 22nd, 2012 Riccardo Fucile
IL MINISTRO GIARDA: “LE LINGUE SONO DUE”… MENTRE DURNWALDER PROMETTE AI SUOI SCRITTE SOLO IN TEDESCO
Italiani che gridano alla «pulizia linguistica» e si preparano a dare battaglia, a costo di arrivare alla Corte costituzionale.
Tedeschi che agitano antichi fantasmi: «Ecco che torna lo spirito fascista, lo stesso di 90 anni fa».
Lingue bollenti in Alto Adige, dove di lingue ce ne sono almeno tre (italiano, tedesco e ladino) e dove da quasi mezzo secolo il pendolo delle varie comunità , a dispetto dell’obbligo al plurilinguismo previsto dallo Statuto d’autonomia, non ha ancora trovato un assetto definitivo.
Figurarsi ora che è stata varata dalla giunta provinciale di Bolzano, dopo quasi mezzo secolo, la nuova legge sulla toponomastica (grazie all’asse Svp-Pd): testo «d’indirizzo», come lo chiamano, ma dalla valenza oggettivamente storica, visto che in queste vallate ancora sopravvive, seppur affiancato da toponimi tedeschi e ladini, il famigerato Prontuario stilato nel 1923 dall’irredentista Ettore Tolomei sotto l’ombrello nazionalista del governo Mussolini.
Benedetta dal grande capo della Svp, nonchè potente presidente della Provincia, Luis Durnwalder, la nuova normativa, che affida a una commissione paritetica composta dai 3 gruppi linguistici il compito di valutare i toponimi di monti, torrenti, malghe e frazioni, ha scatenato le ire di Pdl e Fli, che hanno denunciato l’ennesimo tentativo di penalizzare il ruolo della comunità italiana («Un grave passo indietro che rischia di portare alla scomparsa di tutti i toponimi della nostra lingua»).
A rendere gli animi ancora più bollenti ci si è messo pure Durnwalder, che, durante la conferenza stampa di presentazione della nuova legge, ha affermato (parlando in tedesco): «È chiaro che migliaia di toponimi verranno ripristinati nella loro forma originaria», aggiungendo poi che «solo le grandi frazioni dei Comuni» resteranno bilingue.
Parole interpretate come un de profundis per i toponimi italiani.
A nulla è poi valso il tentativo del presidente della Provincia di rasserenare gli animi: «Ora serve buon senso: non guardiamo cosa manca, ma che cosa è stato raggiunto». Ormai le trincee erano scavate.
Mercoledì il caso è approdato alla Camera sull’onda di un’interrogazione dei deputati pdl Giorgio Holzmann e Michaela Biancofiore, che, accusata «la maggioranza tedesca di comportarsi come quel Tolomei che combattono da sempre», hanno puntato il dito contro la composizione delle comunità comprensoriali che dovrebbero avanzare le richieste di revisione alla commissione («Organismi nei quali gli italiani sono minoranza»).
La risposta del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, ha lasciato aperta la strada a chi spera di poter impugnare la normativa davanti alla Corte costituzionale: «La nuova legge verrà attentamente vagliata» ha assicurato l’esponente di governo, facendo capire che non potrà sottrarsi a quel principio di bilinguismo sancito dalla Costituzione.
I vertici della Svp ostentano sicurezza: «La legge reggerà ad eventuali impugnazioni». E si sentono a un passo da una storica vittoria: «Finalmente vengono riconosciuti come primari i nomi tedeschi e ladini».
Ma Pdl e Fli: «Presenteremo ricorso al Tar caso per caso». La guerra dei nomi.
Francesco Alberti
(da “Il Corriere della Sera“)
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