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DUE EX ASSESSORI DI FUTURO E LIBERTA’ TRA GLI ARRESTATI IN REGIONE SICILIA NELLA MAXI RETATA PER TRUFFA, CORRUZIONE E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

A CONFERMA DELL’OTTIMA SELEZIONE DELLA CLASSE DIRIGENTE COMPIUTA DAI VERTICI DI FLI: ALLONTANARE GLI ONESTI E GARANTIRE GLI ARRIVISTI

Diciassette arresti per associazione a delinquere, corruzione, truffa e false fatturazioni. In manette pure due ex assessori e alcuni burocrati regionali.
Quarantatrè indagati, tra cui una sfilza di politici, chiamati a rispondere chi di corruzione, chi di finanziamento illecito ai partiti, chi di entrambi i reati.
Società  e milioni di euro sequestrati.
Le indagini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza smascherano un sistema di tangenti che ruoterebbe attorno al projet manager Faustino Giacchetto e ad una raffica di società  a lui riconducibili.
Laureato in Economia, nato a Canicattì nell’Agrigentino, negli anni è diventato uno dei massimi esperti nell’intercettare i fondi europei riservati ai piani per la comunicazione.
E ha fatto affari d’oro.
“Giacchetto ha creato un vero e proprio sistema criminale, attraverso continui favoritismi ed elargizioni erogate a funzionari pubblici, politici, soggetti a vario titolo operanti nel settore della comunicazione e della pubblicità ”, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Luigi Petrucci.
E così da semplice collaboratore del Ciapi, ne sarebbe diventato il deus ex machina.
Riuscendo ad allungare le mani sull’attività  dell’assessorato regionale al Lavoro e alla Formazione professionale, e dell’Agenzia regionale per l’impiego.
In cella sono finiti con l’accusa di corruzione gli ex assessori regionali Gianmaria Sparma e Luigi Gentile.
In cambio della compiacenza nei confronti di Giacchetto avrebbero ottenuto concessioni in uso gratuito di appartamenti, viaggi, sponsorizzazioni e corposi contributi per per le campagne elettorali. E persino biglietti gratis allo stadio per assistere alle partire del Palermo.
Rinaldo Sagramola, ex amministratore delegato della società  rosanero, è indagato per truffa.
La sua vicenda è legata all’emissione di due fatture al Ciapi per degli spazi pubblcitari mai resi.
Chi sono Gentile, Sparma e Riggio
Fra gli arrestati all’interno dell’inchiesta sul Ciapi ci sono tre politici: si tratta degli ex assessori regionali Luigi Gentile e Gianmaria Sparma, oltre che dell’avvocato e presidente del Ciapi Francesco Riggio.
Quest’ultimo ha sfiorato l’approdo a Palazzo dei Normanni in occasione dell’ultima tornata elettorale, quando la sua candidatura con l’area Innovazioni entro il Pd ha portato ha portato con sè 6.881 voti.
Riggio non ce l’ha fatta a diventare deputato, ma è risultato comunque fra i più votati.
Anche Luigi Gentile non è riuscito a farsi eleggere all’Ars lo scorso ottobre.
Eppure l’ex assessore era stato deputato regionale nella passata legislatura, eletto con il Pdl con oltre 12mila voti di preferenza e poi passato a Fli.
Il 52enne agrigentino ha ricoperto l’incarico di assessore ai Lavori pubblici, al Lavoro ed alle Infrastrutture sempre nella giunta Lombardo.
E’ stato anche vicepresidente della commissione di indagine e di studio sulla formazione professionale
Gianmaria Sparma , originario di Lampedusa ma presto trasferitosi a Palermo, è stato invece assessore regionale al Territorio e ambiente del governo Lombardo dal 29 settembre 2010 al 7 novembre 2011.
Un tecnico in quota Futuro e libertà  fra i più giovani a guidare un assessorato, che è stato anche dirigente generale del dipartimento Pesca.
Dopo aver abbandonato la giunta Lombardo ha lavorato nell’ufficio di gabinetto del ministro dell’Ambiente Corrado Clini.

Riccardo Lo Verso
(da “Sicilia Live“)

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INTERVISTA A SALLUSTI: “NAPOLITANO DICA SE IL PATTO CON BERLUSCONI E’ ANCORA GARANTITO”

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

“NECESSARIO UN INCONTRO CON IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, IL CAVALIERE DEVE ESSERE TUTELATO”

“Berlusconi salga al Colle e chieda a Napolitano se il patto è ancora valido: il presidente lo deve tutelare, dato che è stato lui a volere fortemente questo governo”: dice Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale che ieri, appena la Consulta ha respinto il ricorso del Cavaliere, ha titolato sul sito “Assalto a Berlusconi”.
Ma “avrei dovuto chiamarlo ‘assalto finale’, ormai ci siamo”.
Direttore Sallusti, cosa può fare il capo dello Stato per respingere gli invasori?
Non può intervenire direttamente sulla Cassazione, nè sul Parlamento che, guarda caso, ha messo all’ordine del giorno l’ineleggibilità  del Cavaliere. Ma deve dare assicurazioni, e non più tramite ambasciatori: bisogna che i due s’incontrino di persona, che si guardino negli occhi.
L’ineleggibilità  non è mai stata votata prima, perchè si preoccupa?
Sottolineo che è bizzarro che venga messa in calendario nonostante un accordo garantito da Napolitano. E poi chi ne assicura l’esito, le colombe del Pdl? Le stesse che partono col ramoscello d’ulivo in bocca e tornano con bombe da sganciare? Nella migliore delle ipotesi sono piccioni
Potete sempre contare sul Pd.
Gli stessi che avevano assicurato a Prodi la presidenza della Repubblica? Spetta solo a Napolitano chiarire se questo patto, nato nell’interesse del Paese, è ancora valido.
Ci contava davvero, il Cavaliere, sul fatto che l’armonia nata dalle larghe intese potesse influenzare i suoi processi?
Nella sua testa era un modo per disinnescarle politicamente, per mostrare la sua buona volontà  e collocarsi, agli occhi dei giudici, non più come nemico assoluto. Però quando 15 giorni fa l’ho incontrato era molto pessimista, c’è da dire che è sempre estremamente lucido.
Cosa succederà  ora?
Berlusconi è sempre imprevedibile, tutti quelli convinti delle sue prossime mosse dovrebbero stare attenti.
Potrebbe anche far cadere il governo?
Un’azione politica forte ci deve essere, da parte di tutto il Pdl: non puoi assistere immobile all’uccisione del leader. Ma vediamo come va al Quirinale.

Beatrice Borromeo
(da “il Fatto Quotidiano”)

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“VOI VOTATE CONTRO LA MIA DECADENZA E IO NON FACCIO CADERE LETTA”

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

IL “PIANO C” DI BERLUSCONI PER OTTENERE IL NO ALL’INTERDIZIONE: “NIENTE CRISI MA CHIEDO UN PATTO AL PD”

«Questa è una sentenza schifosa, ma è chiaro che io non mi farò sbattere in galera tanto facilmente». L’allarme rosso è scattato, la trincea si è alzata.
Il no pronunciato a piena voce dalla Corte costituzionale contro il ricorso di Silvio Berlusconi e contro il legittimo impedimento reclamato per il processo Mediaset, ha spinto il centrodestra sul piede di guerra.
Come nelle giornate di massima allerta, l’intero stato maggiore del Pdl si schiera al fianco del suo leader.
I ministri corrono a via del Plebiscito, i colonnelli fanno sentire la loro voce e invocano una reazione. Immediata. La crisi di governo.
Per l’ex premier è una sconfitta pesante. Prevista, ma comunque dolorosa. Promette battaglia, ma evita lo show down.
Vuole trattare, restando nella posizione di socio di maggioranza della coalizione governativa.
Il suo sguardo, però, non è più rivolto alla Consulta. Bensì alla Cassazione.
A questo punto i tempi del caso Mediaset non si possono più allungare.
I giudici costituzionali hanno riaperto la strada ad un percorso fisiologico della giustizia.
La Suprema Corte nei prossimi 8-9 mesi sarà  chiamata a emettere la sua decisione finale. Confermando o respingendo la condanna dell’Appello.
La prescrizione scatta a giugno 2014: i giudici dovranno quindi esprimersi prima di quella data. E se ratificheranno la sentenza dei primi due gradi, allora esploderà  una vera e propria bomba nucleare.
Perchè? Perchè i quattro anni di reclusione saranno accompagnati dalla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
Ossia l’addio al Parlamento.
«Ecco – si è sfogato il Cavaliere con i suoi fedelissimi – nessuno può pensare che io esca dalla politica in questo modo. No, non sarà  così».
La posta in palio non è solo il suo destino giudiziario, ma la vita del governo Letta e della “strana maggioranza”.
L’appuntamento finale è solo rinviato al prossimo inverno.
Nel frattempo l’esecutivo può andare avanti. Anzi, dopo l’esito delle ultime elezioni amministrative che ha visto il centrodestra crollare e soprattutto dopo l’esplosione del Movimento 5Stelle, l’ex premier si è convinto che la carta della crisi di governo e delle elezioni anticipate va giocata solo come una extrema ratio.
«Rompere adesso – è il suo ragionamento – non conviene. Quale risultato otterremmo? Per noi niente. Mentre il Pd avrebbe il ribaltone con i dissidenti grillini o, più probabile, il ritorno al voto in una posizione di forza. Con Renzi in pole position e Grillo ormai in discesa libera. Non si ripeteranno più le circostanze di febbraio».
Il Cavaliere, allora, sta costruendo un’altra via d’uscita.
Una sorta di “Piano C” da edificare all’interno del governo.
Ossia mettere sul tavolo della trattativa con il presidente del Consiglio e soprattutto con il Pd una sorta di “scambio”: la vita dell’esecutivo per il “no” all’interdizione.
Un ragionamento che gli “ambasciatori” di Palazzo Grazioli hanno già  iniziato a formulare con i parlamentari più disponibili del Partito Democratico.
E questi lo hanno riferito a Palazzo Chigi.
Il disegno è semplice: se venisse confermata l’interdizione dai pubblici uffici, la “decadenza” dalla carica parlamentare (come prescrive l’articolo 66 della Costituzione) dovrà  comunque essere votata dall’Assemblea di appartenenza, ossia dal Senato.
La “Procedura di contestazione dell’elezione” viene prima esaminata dalla Giunta per le immunità  e quindi dall’Aula. A scrutinio segreto.
E proprio in vista di questo passaggio, il baratto proposto dal Cavaliere è chiaro: «Voi votate contro la mia decadenza e io non faccio cadere Letta».
È evidente che per condurre una contrattazione del genere, ha bisogno di rimanere nel confine della maggioranza. Di mantenere i piedi nella squadra governativa.
Un negoziato, ovviamente, durissimo e soprattutto indigeribile per molti dei Democratici. Eppure, la prima puntata è iniziata proprio ieri.
Basti pensare a cosa è accaduto al vertice serale a Via del Plebiscito.
Praticamente tutto il Quartier generale del Pdl – un po’ meno i ministri – ha sbattuto sul tavolo della discussione l’ipotesi di uscire dal governo per provocarne la crisi.
Il Cavaliere li ha frenati: «Bisogna distinguere le mie questioni dall’esecutivo. Questa è una sentenza schifosa, figlia del conflitto orchestrato da una parte della magistratura contro la mia discesa in campo, ma il Paese ha bisogno di questo governo ».
Essersi messo sul fronte delle colombe e aver schierato l’intero partito su quello dei falchi, è esattamente la prima mossa della trattativa.
Un modo per dire: «Io posso calmare i miei ma fino ad un certo punto. Per calmarli, voi dovete aiutarmi».
In questa ottica un passaggio fondamentale sarà  il prossimo voto sulla ineleggibilità  del Cavaliere di cui si discuterà  a Palazzo Madama a partire dal 9 luglio.
L’ex premier sa che il Pd in quel caso voterà  contro l’ineleggibilità  e userà  quella decisione per provocare una sorta di corto circuito ineleggibilità -interdizione.
Se i Democratici si sono espressi per la liceità  della mia elezione – sarà  il suo discorso – possono farlo anche quando si tratterà  di pronunciarsi sulla decadenza dal mandato senatoriale.
Ma può il centrosinistra accettare questo “baratto”? Difficilissimo.
Enrico Letta fin dal suo insediamento a Palazzo Chigi ha ripetuto a tutti: «Il mio governo non può fare nulla per quanto riguarda i processi di Berlusconi».
Insomma, il principio cui ogni ministro del Pd si sta attenendo è quello della «totale separazione dalla vicende giudiziarie». Non solo.
Cosa accadrebbe nell’elettorato e nell’opinione pubblica progressista se Berlusconi venisse “salvato” in quel modo? Una vera e propria baraonda.
E, come spiega un esperto senatore democratico, «se io voto per mandare al macero una sentenza definitiva contro Berlusconi, poi mi devo dare alla macchia. Con che faccia mi presento nel mio collegio? Non potrei nemmeno passeggiare per strada. Non esiste, il “baratto” che ci propone il Cavaliere non può essere accettato».
Il leader del centrodestra ci proverà  comunque fino alla fine.
Contando anche sul fatto che fino a che sta in maggioranza la sua capacità  di trattativa potrà  essere espressa in tutte le direzioni, anche nei confronti del Quirinale («Mi aveva promesso una mano»).
«Se poi ogni tentativo fallirà  – ha avvertito – allora è chiaro che nessuno può pensare che io mi faccia sbattere in galera tanto facilmente. A quel punto tutto sarà  lecito. La crisi di governo e la rivolta contro la dittatura dei giudici».

Claudio Tito

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L’ULTIMO GIORNO DA GRILLINA: “QUESTO E’ NAZISMO INFORMATICO”

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

“E’ STATA CORAGGIOSA”: ATTESTATI DI STIMA ALLA GAMBARO CHE PARLERA’ A TEMPO DEBITO….PER ORA SI LIMITA A DIRE: “QUESTA E’ UAN GABBIA DI MATTI, ALCUNI PERSONAGGI SONO ASSURDI, ATTENTI A NON SOTTOVALUTARLI”

Adele Gambaro si è svegliata di colpo, bruscamente: «Questo è una specie di nazismo informatico».
In privato la senatrice ha scelto parole pesanti come pietre. Perchè in un attimo l’incantesimo grillino si è spezzato.
La Rete, la democrazia diretta dei cinquestelle, l’immagine tranquillizzante dei parlamentari-portavoce che docili si lasciano guidare dai consigli degli attivisti del movimento. Tutto evaporato.
L’hanno processata, insultata, buttata fuori.
Lei ha osservato l’escalation sentendosi già  lontana. E nel momento più cupo dell’epurazione si è lasciata andare: «Questa è una gabbia di matti».
In pubblico, però, Gambaro ha scelto un profilo diverso. Quasi sempre silente.
Si era già  spinta troppo in avanti, sfidando il leader assoluto. Ha ascoltato chi l’ha difesa fino alla fine e chi le ha chiesto di togliere il disturbo per un’intervista.
Ha dimostrato doti di grande incassatrice. Mai scomposta, mai sopra le righe: «Lo devo — ha confidato — a quelli che mi sono stati vicini. Ai colleghi che mi hanno accompagnato ».
L’ormai ex parlamentare grillina si è confrontata a lungo con chi ha condiviso con lei i giorni più difficili. «Ho sofferto, ho sofferto tantissimo».
Ora che tutto è finito, però, non riesce a scacciare lontano i timori per l’andamento del dibattito interno al pianeta grillino, nè l’angoscia per il futuro: «Nessuno deve sottovalutare questa situazione, che è davvero preoccupante sotto il profilo democratico».
L’ultimo giorno a cinquestelle, Gambaro ha deciso di viverlo almeno un po’ al Senato.
Accanto ai suoi ex compagni di strada. Anche a quelli che le hanno voltato le spalle. L’esito dello spoglio virtuale l’ha atteso però lontano da tutti, mentre in Aula proseguiva il dibattito.
In fondo, la Corte del web doveva ancora pronunciarsi, ma la senatrice già  sapeva come sarebbe andata a finire: «L’esito è scontato — ha detto ad alcuni senatori — Come volete che vada a finire?».
È finita con la senatrice Adele Gambaro da Bologna fuori dal gruppo grillino del Senato.
La prossima destinazione è già  fissata, l’accoglierà  il gruppo Misto.
E come spesso accade quando una storia finisce male, i titoli di coda hanno il vantaggio di sembrare quantomeno liberatori: «Finalmente è finita… Non vedevo l’ora che questa pantomima terminasse».
I rapporti umani con molti dei senatori restano ottimi. La maggioranza dei colleghi di Palazzo Madama si è esposta per lei, rischiando nuove scomuniche.
Ieri la senatrice ha ringraziato parecchi di loro. Ma il giudizio sul movimento e sulle dinamiche che l’hanno stritolata, quello è cambiato radicalmente: «Io sono una persona per bene, ma alcuni di questi sono personaggi assurdi. Attenzione — ha avvertito in privato — non dovete sottovalutarli».
Il processo l’ha lasciata a tratti senza fiato. E un po’ l’ha fiaccata: «Mi è molto pesato, umanamente, essere finita in prima pagina per un’intera settimana. Io sono schiva, riservata. È stato un verotritacarne. Mi ha fatto soffrire».
Al Senato i colleghi degli altri partiti l’hanno osservata a lungo con curiosità . Hanno imparato il suo cognome dall’accento che inganna. E di fronte al processo del web, iniziato ben prima della votazione finale, hanno iniziato a rispettarla.
Se non altro per la determinazione con la quale ha affrontato il giudizio.
Proprio ieri un senatore, lontano anni luce dall’orbita grillina, si è avvicinato a Gambaro. Davanti agli altri colleghi del movimento le ha stretto la mano. E senza abbassare il tono della voce l’ha salutata: «Senatrice, complimenti. Lei è stata coraggiosa».
Ha ringraziato, nulla di più. Mai una parola fuori posto, in pubblico.
Parlerà , l’ex grillina. Non ora, ma tornerà  a farsi sentire. Forse con un video, sicuramente incontrando la stampa.
Intanto ragiona sui numeri, sui tredicimila che l’hanno bocciata e i seimila che hanno tentato di salvarla: «Voglio comunque analizzare cosa significano questi dati. Voglio capire».
Con la stessa calma con la quale, dopo aver osato contestare Beppe Grillo in persona, domandava: «Ma cosa ho detto di male?».

Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)

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INTERVISTA ALLA CINQUESTELLE FUCKSIA: “IL VOTO SULLA GAMBARO NON E’ UN GIUDIZIO RAPPRESENTATIVO”

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

“A QUELL’ORA VOTANO SOLO I FANATICI DEL WEB”

È una furia. Incontenibile, a tratti.
Non si ferma un attimo mentre percorre il Transatlantico del Senato.
Appassionata, la senatrice grillina Serenella Fucksia contesta la scelta di aver indetto la votazione per l’espulsione di Adele Gambaro senza un ragionevole preavviso: «Il voto non è rappresentativo. Ma dico, ma si può far votare dalle 11 alle 17? Io avevo da lavorare, non ho potuto neanche votare. Non è una cosa normale».
Lei era contraria alla cacciata. L’ha detto in assemblea, l’ha ribadito davanti ai cronisti.
Non pensa che sia un errore e non teme sanzioni: «Io dico sempre quello che penso. L’ho sempre fatto. Mio padre mi diceva di stare un po’ più attenta, ma ho sempre fatto così».
Lo dice sorridendo, la rabbia va via in fretta.
Senatrice, si calmi. Ripartiamo dall’inizio. Dalla scelta di intraprendere la strada dell’espulsione di Adele Gambaro.
«Io avrei evitato. Ero contraria. Abbiamo creato un caso dal nulla».
Le rimproverano di aver mosso critiche troppo forti.
«Io ero contraria all’espulsione. L’ho detto. Adele non ha detto nulla di rilevante».
Oggi però la Rete ha deciso che Gambaro deve lasciare il Movimento cinque stelle.
«Il voto non è rappresentativo. Ma dico, ma si può far votare dalle 11 alle 17? Io avevo da lavorare, non ho potuto neanche votare».
In tutto si sono espressi in diciannovemila. Tredicimila hanno votato per l’espulsione.
«A quell’ora possono votare solo i cosiddetti fanatici della Rete».
Ne vuole parlare con Grillo?
«Sì».
Ma lei ce l’ha con Grillo?
«Ma ci mancherebbe. Io non ho nulla contro Grillo. Non gli rimprovero nulla. I post li ha sempre fatti. Le parolacce le ha sempre dette. Pure io le dico e va bene così. Io non ho nulla contro Grillo, non ho mai detto nulla contro di lui».
E allora?
«Lui è il nostro megafono. Ma non è più solo il nostro megafono, è anche qualcosa di più».
Non è che lascia il movimento?
«Ma scherziamo? Io penso che il movimento sia l’unica strada».
Non teme che possano cacciarla?
«Io dico quello che penso. Lealmente. Poi se qualcuno vuole, mi può espellere…».
Senatrice, però forse in Parlamento non riuscite a incidere come vorreste.
«Il Parlamento non è solo critica, noi vogliamo e dobbiamo anche costruire».
Resta il caso Gambaro.
«È stato un errore. Un grave errore. Una vicenda iniziata male e finita peggio. Ma…».
Ma?
«Ma il movimento è vivo e dagli errori ci possiamo rinforzare. Per ripartire».

Tommaso Ciriaco
(da “la Repubblica“)

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GRILLO E CASALEGGIO ORA HANNO PAURA DI PERDERE IL GIOCATTOLINO E CHIAMANO I DISSIDENTI: “DOBBIAMO RESTARE UNITI”

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

SI SONO RESI CONTO DI NON AVER PIU’ LA MAGGIORANZA DEI PARLAMENTARI E ALLORA GRILLO RECITA LA PARTE DELL’AGNELLO: TELEFONA A CURRO’ E A “PINNA CHI?” PER PROPORRE LA PACE IN TERRA… COSA NON FA FARE L’INTERESSE

La strategia è quella della falange. Il mantra è il ritorno alla compattezza.
Gli scricchiolii, le tensioni, le dichiarazioni (e ovviamente anche gli allontanamenti e le espulsioni) hanno lasciato il segno anche sui leader del Movimento, che hanno deciso di prendere in mano di persona la situazione.
Un giro di telefonate con i dissidenti per tastare il polso dei Cinque Stelle, capire quanto ci sia di vero nei progetti di scissione.
Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio sono intervenuti in prima persona con senatori e deputati.
Lo stratega nei giorni scorsi dovrebbe avere contattato direttamente Lorenzo Battista, ieri invece il capo politico dei pentastellati ha telefonato a Tommaso Currò e a Paola Pinna
Colloqui lunghi, per tranquillizzare e sondare gli animi. Specie nel caso della deputata sarda, duramente attaccata sul web dopo le prese di posizioni contro i fedelissimi bollati come «talebani».
Proprio Pinna racconta: «Abbiamo parlato di dinamiche interne al gruppo». E aggiunge: «Beppe era abbastanza sereno, c’è voglia di risolvere i problemi».
Un primo passo in vista del summit con i parlamentari che si dovrebbe tenere la prossima settimana. Un passo decisivo.
«C’è un tentativo di evitare altri strappi e tenere unita anche la base degli attivisti», commentano nei Cinque Stelle.
Una strategia che dovrebbe rafforzarsi ancor di più dopo l’esito del voto su Adele Gambaro, con gli attivisti spaccati in una proporzione di due a uno.
«I timori che al prossimo voto si arrivi a una maggioranza stiracchiata sono elevati», spiegano nel Movimento. «Beppe ritiene – fanno sapere i pentastellati – che, finita la campagna elettorale, sarà  più presente perchè ai suoi manca un confronto con lui, altrimenti si rischia di parlare attraverso comunicati stampa»
Anche l’ala dei fedelissimi segue l’esempio di Grillo e Casaleggio. Ieri sarebbe stata ritirata la richiesta di espulsione per Pinna.
Alcuni parlamentari sostengono che sia solo uno stratagemma per incastrare chi è interessato, a loro avviso, a tenere solo la diaria. «Noi la vogliamo mettere spalle al muro con i fatti», affermano.
Intanto, la deputata sarda – che si definisce «sempre ottimista» – ha ribadito la presa di posizione nei confronti della Gambaro: «Il voto? Era prevedibile che finisse così. Ho difeso Adele – ha dichiarato – come avrei difeso chiunque».
Una posizione, quella del no all’epurazione, che vede schierato sulla stessa linea anche Federico Pizzarotti.
Il sindaco di Parma ha ritwittato il voto di un militante contrario all’espulsione della senatrice. È il tweet di Davide Valeriani, ingegnere informatico, attivista di Reggio Emilia, collaboratore della senatrice emiliana Maria Mussini: «Ho appena votato NO all’espulsione di Adele Gambaro. C’è tempo fino alle 17.00…».
Anche altri parlamentari hanno esternato il loro dissenso. «La rete non aveva elementi per giudicare correttamente. L’espulsione di Adele Gambaro è per il Movimento Cinque Stelle un danno d’immagine enorme – ha dichiarato Roberto Cotti –. Una cosa assurda espellere una persona che fa una dichiarazione che non condividiamo».
In Parlamento, comunque, i Cinque Stelle si avvicinano al momento della verità  sulla diaria.
Da venerdì in poi deputati e senatori potranno restituire le eccedenze con bonifici bancari.
Nel caso di mancate restituzioni scatterebbero però nuovi guai e crepe all’interno del gruppo: in quel caso ci sarebbero una violazione palese dello Statuto e, forse, nuove possibili espulsioni.

Emanuele Buzzi
(da “il Corriere della Sera”)

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INTERVISTA A BATTIATO: “DISSI PUTTANE, MI CACCIARONO. MA IL TEMPO E’ GALANTUOMO”

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

E IN SICILIA DEFLAGRA LO SCANDALO ESCORT AI POLITICI PAGATI CON I FONDI PER I DISOCCUPATO

Arresti, furti di denaro pubblico e donne barattate, sostiene Battiato: “Come cammelli in un suk”.
Dalla stretta grondaia dell’“illustre e onorata società ”, l’ex assessore al Turismo della giunta Crocetta è evaso con un paio d’ali.
Il foglio di via, una frase pronunciata a Bruxelles a marzo e ritagliata a margine di un lungo ragionamento sui percorsi culturali: “Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa, dovrebbero aprire un casino”.
La puntuale riprovazione ipocrita dell’intero arco costituzionale, governatore in testa, la controfirma all’espulsione.
Ora che in meno di 90 giorni il decreto Battiato è diventato legge e nell’isola i finanzieri scardinano la trasversale impalcatura di escort e regalìe, l’asceta di Milo non si aspetta scuse terrene: “Questo Paese è una barzelletta, Il tempo è stato galantuomo, ma sei onesto e dici la verità  non c’è smentita possibile. A poco a poco cadono le maschere. Dopo i 30 anni ognuno ha la faccia che si merita e la farina, come si dice, va in crusca”.
È andata in crusca, in effetti.
Avevano deciso di farmi fuori ben prima di Bruxelles. Ma non importa. È una storia chiusa. Come dicono i francesi: “Je m’en fous, à§a ne me dèrange pas”. Al potere piace travestire i sudditi da idioti, ma gli italiani non sono scemi. Hanno già  visto tutto, compreso ogni cosa. Non le nascondo che da allora non posso più andare in giro. Il musicista Battiato è passato in terz’ordine, mi fanno dei complimenti che non ho mai avuto in vita mia.
Nel cacciarla dalla Regione, destra, sinistra e centro dissero che ce l’aveva con le donne. Boldrini, Grasso, Fornero, mezzo parlamentino siciliano. Santanchè anche: “Ignoranza becera senza confini”
L’elegantissima cantrice del “lui ci vuole tutte in orizzontale, ma io non gliela do”? Donna di rara finezza, sì. Mi hanno accusato di misogìnia, ma l’hanno fatto in evidente malafede. Io non ce l’ho con le prostitute. Non riconosco proprio il genere come categoria. Per me maschile, femminile e animale nuotano nello stesso insieme. Qui il fatto grave e inaccettabile è che le escort vanno in Parlamento, diventano politici e usano i soldi con cui paghiamo le tasse. Ma ripeto, le ragazze non hanno colpe. I frustrati che le vendono al mercato, invece sì. Sono dappertutto, è incredibile, come il cacio sui maccheroni. A Bruxelles parlai anche di Lusi. Non c’è uno che l’abbia scritto. Tutti a sparare sul dito, mentre indicavo la luna. Domina l’ipocrisia. Non sarebbe più facile dichiarare che la tassa occulta per le escort è una specie di Imu aggiuntiva? In fondo, nell’interpretazione di questi signori, la donna è solo una merce di scambio.
L’idea del mercimonio è antichissima
Ricorda Bandiera bianca? “Siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà  il denaro”. Finchè in Parlamento rimarranno 100 deputati funzionali al mantenimento dello status quo, non gireremo pagina. Prenda il governo Letta. Fa venire il dubbio che gli ultimi 20 anni di barricate siano stati una finzione. Che se certi uccellini non avessero avvisato al momento giusto Berlusconi, anche gli Scilipoti e i Razzi non avrebbero avuto un loro ruolo.
Se Berlusconi viene interdetto, il Pdl lascerà  il Parlamento.
Oggi ho sentito distrattamente uno scemo che lo sosteneva. Robe da matti. Farse terribili. Forza, andate via. Magari lo facessero davvero.
Lei rifarebbe l’assessore?
Non lo volevo fare neanche prima. Dissi “vengo a patto che non debba dialogare con i politici e possa confrontarmi con le intelligenze”. Crocetta insistette. È finita come è finita. Diciamo che lui non era il rivoluzionario che mi aspettavo e io ero quello che sono sempre stato.
Si dice si sia pentito e abbia provato a organizzare una carrambata pacificatoria a uso e consumo delle telecamere.
E questo come l’ha saputo? Lui continua a dire con un certo coraggio a chiunque, alle Iene l’ultima volta, 10 giorni fa, che i nostri rapporti sono splendidi e ci sentiamo spessissimo. Non ci parliamo da mesi.
Antidoti all’orrore?
Seguire la propria coscienza. Sono un fan di Jack Sarfatti, uno studioso che la mette al centro della sua ricerca. Che ce ne facciamo di una fisica quantistica che ignora l’amore e il cervello? Se non sei in grado di individuare i pensieri di un uomo, è meglio che tu faccia il geometra.
Dell’uomo nuovo del suo ultimo disco però non c’è ancora traccia .
Ma è pieno di gente in gamba, consapevole. Giorni fa ero a Roma, avrò preso il taxi 20 volte. Non c’è stato conducente che non mi abbia rivelato il desiderio di buttare Alemanno nel Tevere. Ovviamente è una metafora, non vorrei che l’ex sindaco si risentisse. (Sorride)
E il caos dei grillini
Li ho incontrati. Entusiasti, volevano devolverci i loro stipendi, mi sono piaciuti. Ma, purtroppo, mi pare stia franando tutto perchè i lupi romani, felici, approfittano dell’ingenuità  naà¯f per sbranarne le ragioni.

Malcom Pagani

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SICILIA, VIAGGI ED ESCORT PER I POLITICI CON I FONDI DESTINATI AI DISOCCUPATI

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

ARRESTATE 17 PERSONE TRA POLITICI, FUNZIONARI E MANAGER…TRA GLI INDAGATI IL SENATORE PDL SCOMA

I fondi pubblici destinata ai disoccupati siciliani finivano in viaggi, cene eleganti e serate con escort, per politici e faccendieri.
È quanto accertato dall’ultima inchiesta della Guardia di Finanza che a Palermo ha notificato 17 ordinanze di custodia cautelare richieste dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e da un pool di altri 5 sostituti.
Tra le persone finite in manette anche il manager Faustino Giacchetto, definito il «re della pubblicità ».
L’ennesima inchiesta sull’uso dei fondi pubblici alla Regione Siciliana ha portato alla scoperta di un vero e proprio comitato d’affari che, con la complicità  di politici e funzionari, avrebbe pilotato gli appalti per grandi eventi intascando anche i fondi comunitari destinati a progetti per la formazione professionale di giovani disoccupati.
GLI ARRESTI
A 5 delle 17 persone arrestate sono stati concessi gli arresti domiciliari mentre per gli altri si sono aperte le porte del carcere.
Contestualmente è stato disposto il sequestro del capitale sociale e dei beni aziendali di 5 società  e dei beni degli indagati per un valore complessivo di oltre 28 milioni di euro.
Le accuse vanno dall’associazione a delinquere, alla corruzione, alla truffa e false fatturazioni. In manette sono finiti anche due ex assessori e alcuni burocrati regionali. Complessivamente ci sono poi altri quaranta indagati, tra cui molti politici. I loro nomi probabilmente si conosceranno nel corso della conferenza stampa convocata per la tarda mattinata.
GLI INDAGATI –
Circolano comunque le prime indiscrezioni. T
ra i 40 indagati «eccellenti» ci sarebbe anche il senatore del Pdl Francesco Scoma, ex assessore al Lavoro.
Stando all’accusa, dovrà  rispondere di corruzione, avrebbe ricevuto 26.000 euro da Giacchetto in viaggi, contributi per spese elettorali e biglietti per lo stadio.
La procura ha già  inviato la richiesta di autorizzazione al Senato per il sequestro dei 26 mila euro.
Un altro politico, l’ex presidente dell’assemblea regionale Francesco Cascio, dovrà  invece difendersi dall’accusa di finanziamento illecito ai partiti.
Indagati pure gli ex assessori Santi Formica (Pdl) e Carmelo Incardona, all’epoca dei fatti di Grande Sud, come pure l’ex consigliere comunale di Palermo, Gerlando Inzerillo.
Per tutti si ipotizza il reato di corruzione, eccetto che per Cascio, indagato per finanziamento illecito dei partiti, come pure l’ex deputato regionale del Pd, Gaspare Vitrano, che era già  imputato di corruzione in un’inchiesta sugli appalti dell’eolico.
E ancora l’ex assessore al lavoro Lino Leanza, prima dell’Mpa e poi dell’Udc, l’ex deputato regionale del Pdl, Salvino Caputo e Salvatore Sanfilippo candidato sindaco a Santa Flavia.
LE ESCORT
Le indagini hanno passato al setaccio l’utilizzo di quindici milioni di euro di fondi pubblici finalizzati a favorire l’apprendistato di circa 1.500 giovani disoccupati.
Ma, appunto, parte di questi fondi finivano nelle tasche di politici e manager con viaggi, cene e anche escort.
Solo le briciole finiva al reinserimento dei disoccupati.
Stando sempre all’accusa tutto il sistema ruotava attorno alla figura di Faustino Giacchetto, ritenuto un grande in materia di fondi europei.
IL CIAPI
Nell’inchiesta l’attività  del Ciapi, un ente di formazione già  al centro di molte polemiche e inchieste giornalistiche.
Tra gli arrestati anche la moglie di Giacchetto, Concetta Argento.
Tra l’altro Giacchetto avrebbe gestito anche Taormina Fashion Award, il torneo internazionale di golf organizzato a Castiglione di Sicilia, i mondiali di scherma di Catania.

(da “il Corriere della Sera“)

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MEDIASET, LA PAROLA SUL FUTURO DI BERLUSCONI ADESSO PASSA AI GIUDICI DI CASSAZIONE

Giugno 20th, 2013 Riccardo Fucile

DOPO IL «NO» DELLA CONSULTA AL LEGITTIMO IMPEDIMENTO NON SI POTRA’ ARRIVARE ALLA PRESCRIZIONE

La parola passa adesso alla Corte di Cassazione, ma di fronte a quei giudici Silvio Berlusconi non potrà  giocare la carta del legittimo impedimento.
La Consulta chiude la strada a un motivo di nullità  che si basi su un errore o peggio sull’intromissione abusiva dei giudici nella sua attività  di presidente del Consiglio durante il processo per diritti tv Mediaset.
L’8 maggio scorso, in appello, Berlusconi è stato condannato a 4 anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Se la Consulta avesse lasciato aperto uno spiraglio in motivazione, il Cavaliere poteva sperare in un nuovo processo e quindi di arrivare alla prescrizione che scadrà  nel luglio 2014, esattamente fra un anno.
Adesso si avvicina invece il pronunciamento dei supremi giudici, previsto per novembre prossimo.
E la parola definitiva sul destino giudiziario di Berlusconi.

Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera“)

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