Giugno 24th, 2013 Riccardo Fucile
VOLPE PASINI: “CON ALFANO IL PDL HA PERSO TUTTE LE ELEZIONI, IN SICILIA HA RIDOTTO IL PARTITO AL NULLA”… “E’ TRA QUELLI CHE VOLEVA MANDARE SILVIO AI GIARDINETTI”
«Alfano è il “tappo” che impedisce la rigenerazione del centro destra, è vice presidente del consiglio ed è ministro dell’Interno, ruolo quest’ultimo di una delicatezza estrema che non si addice mai ad un segretario di partito in carica proprio per le sue funzioni e per il controllo che può esercitare anche utilizzando i servizi segreti».
A sferrare un attacco diretto e personale al segretario del Pdl è il capo dell’Esercito di Silvio, Diego Volpe Pasini, il più berlusconiano dei berlusconiani.
Che ha scritto una lettera ai probiviri del Pdl e allo stesso Berlusconi per chiedere, a norma dello statuto (articolo 35), la decadenza di Alfano da segretario in base al regolamento sulle incompatibilità tra ruoli politici e incarichi di governo.
Che tra la colomba Alfano e il falco Pasini non corra buon sangue non è un mistero. Ma nessuno immaginava che quest’ultimo arrivasse alla dichiarazione formale di guerra.
«Con la presente, in qualità di iscritto al Pdl – scrive ai probiviri il generale dell’Esercito di Silvio – tessera n. 138604, rilevato che appare chiara ed evidente la incompatibilità del Segretario Nazionale alle cariche di Governo (…), si chiede di valutare la palese incompatibilità , rispettare e applicare le regole esistenti e per altri già applicate e di consentire il rilancio, attraverso una nuova nascita, del partito».
Ma la questione, ovviamente non è soltanto formale.
L’affondo contro Alfano è tutto politico ed è tanto più pesante perchè viene da chi si propone di difendere Berlusconi perinde ac cadaver contro i giudici e contro i “traditori”.
A quale categoria appartenga Alfano per Volpe Pasini è fin troppo chiaro: «Con lui il Pdl ha perso tutte le elezioni, ovunque, a cominciare da casa sua, aveva ridotto il partito al nulla, solo il ritorno in prima persona di Berlusconi ha ridato stimolo e forza agli elettori e alla nostra gente. Proprio quel Berlusconi che in tanti, a cominciare da Alemanno, Cicchitto, Quagliariello e altri, Alfano compreso, volevano ai giardinetti a fare il nonno».
Per il futuro il generalissimo minaccia sfracelli.
«Se Alfano non si dimetterà sarà lui il responsabile di una scissione certa che riguarderà il Pdl da qui a breve, scissione da cui rinascerà Forza Italia. E sarà una Forza Italia con le porte sbarrate ad Alfano».
Francesco Bei
(da “la Repubblica”)
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Giugno 24th, 2013 Riccardo Fucile
L’APERTURA DEL MINISTRO MAURO DI SCELTA CIVICA A FAVORE DI UN PROVVEDIMENTO DI AMNISTIA PER UNA “STAGIONE DI RICONCILIZIONE”
L’ex berlusconiano Mario Mauro, ministro per la Difesa, dovrebbe avere mestiere con carri
armati e aerei caccia, ma si è schierato sul fronte giustizia, a poche ore dal verdetto del processo Ruby che inquieta il Cavaliere, già preoccupato per la condanna Mediaset a 4 anni: “Contrariamente a molti — dice al Corriere — io penso che per fare la riforma della giustizia ci voglia un provvedimento di amnistia”.
Il ministro è angosciato per le carceri, che ospitano 65.866 detenuti e la capienza si ferma a 46.995?
Mauro va oltre, s’intrufola in un panegirico che potrebbe segnare l’estate di governo e Parlamento: “Una stagione di riconciliazione comincia rimuovendo tutte le cause che fanno pensare alla politica come a una dimensione di scontro, senza esclusioni di colpi”.
Chissà se il montiano si riferiva al Cavaliere, che teme le pene accessorie incluse nelle sentenze, cioè l’interdizione ai pubblici uffici e si sovrappone a una questione serissima: le carceri in condizioni incivili.
La soluzione la prevede l’articolo 151 del Codice Penale: “L’amnistia estingue il reato e, se vi è stata condanna, fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie”.
Le Camere non hanno mai ospitato una maggioranza così larga e ampia, e la votazione, che richiede i due terzi, non è impossibile.
Non fu nemmeno sette anni fa, nonostante il precario esecutivo di Romano Prodi, per l’indulto firmato Clemente Mastella.
Mauro ha riproposto, però col taglio politico, la possente apertura del ministro Cancellieri: “La via maestra potrebbe essere l’amnistia, ma decide il Parlamento”, ha detto qualche giorno fa.
Per la disumana situazione nei penitenziari italiani, che l’Europa non smette mai di rimprovera a palazzo Chigi, proprio il ministro per la Giustizia vuole intervenire con un decreto.
E poi tocca al Parlamento, per l’amnistia, e quelli sensibili al Cavaliere non si fanno pregare: “Un atto di clemenza è necessario, noi siamo disponibili, non saprei dire se il pensiero ‘riconciliazione’ di Mauro era per il nostro presidente…”, dice Saverio Nitto Palma, ex ministro, ora senatore Pdl e presidente in commissione Giustizia.
Il Partito democratico, seppur impera assieme ai berlusconiani, si divide su questo argomento scivoloso, che potrebbe servire un regalo a Berlusconi.
Il democratico di estrazione prodiana Sandro Gozi, che ha presentato una proposta di legge per indulto-amnistia a Montecitorio, quasi una fotocopia di quella al Senato trasversale Pdl-Pd, resta disponibile: “Parlare di amnistia non deve essere vietato dalla presenza dei problemi giudiziari di Berlusconi. Quindi, se l’ipotesi avanzata dal ministro Mauro serve per andare oltre, per affrontare la riforma della giustizia a prescindere dalle vicende di Berlusconi, la condivido”.
Che c’entri o meno Berlusconi è quasi inevitabile, c’entra.
Al governo la fanno passare per “riconciliazione”.
E così Luigi Zanda, capogruppo Pd al Senato, non cambia opinione: “Noi siamo sensibile al tema carceri, per questo vogliamo che ci siano pene alternative per evitare il sovraffollamento. Ma non va concessa l’amnistia, come capitò per l’indulto, per rinviare il problema di qualche anno. Il nostro sistema ha bisogno di una riforma strutturale, non di scorciatoie che potrebbero avere un’utilità politica”.
La giovane renziana Lia Quartapelle si aggancia a Zanda: “Ci sono dei progetti di legge in discussione, anche in fase avanzata in Commissione. à‰ inutile andare con la testa altrove”.
Anche il Movimento Cinque Stelle, che già aveva individuato nel testo Cancellieri un aiutino per il Cavaliere, cioè i settantenni in libertà se la pena non supera i 4 anni, annusa il pericolo: “Ci sono tante strade percorribili per dare umanità ai detenuti, per noi non è valida quella — spiega il capogruppo a Montecitorio, Riccardo Nuti — che può agevolare l’impunibilità di Berlusconi”.
I centristi di Scelta Civica, che ripongono in Mauro le ultime speranze di visibilità mediatica e politica, non si fanno troppe domande.
E il magistrato e deputato Stefano Dambruoso al desiderio di “riconciliazione” di Mauro affianca la “stabilità ”.
Giù la maschera, tendiamo una mano, anzi il braccio verso Berlusconi: “All’interno di Scelta civica Mario Mauro è uno dei rappresentanti con più esperienza politica e in chiave politica l’amnistia può essere una concausa per raggiungere quella stabilità a cui Mauro fa riferimento”.
Gianfranco Rotondi è un democristiano, ora votato al Cavaliere, che interpreta bene i segnali. E se promuove Mauro, non lo fa per cortesia: “Rompe un tabù. Questo paese è paralizzato da vent’anni da una guerra fra poteri”.
Il governo potrà sempre dire che delibera il Parlamento.
Quel Parlamento che unisce Pdl e Pd.
E pazienza se qualche democratico dovrà provare ancora disgusto.
Carlo Trecce
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 24th, 2013 Riccardo Fucile
RUBY, OGGI IL VERDETTO… L’ULTIMO PRESSING SUL COLLE
L’ora fatale della sentenza Ruby è arrivata, Berlusconi l’attenderà ad Arcore come sempre.
Poi in settimana racconterà la sua «verità », in televisione, l’unico foro che riconosce e davanti all’unica giuria dalla quale si aspetta un’assoluzione: il pubblico.
Al ricevimento per il matrimonio di Geronimo La Russa, il Cavaliere sabato notte (è rimasto fino all’una) è apparso quasi indifferente alla sua sorte.
Seduto al tavolo con Sergio Dompè, Adriano Teso e altri industriali, Berlusconi aveva poca o nessuna voglia di parlare di politica.
Ma quando, inevitabilmente, uno degli ospiti gli ha chiesto della sentenza in arrivo dal Tribunale di Milano, l’ex premier ha scosso la testa: «È impossibile che mi condannino, sarebbe una cosa talmente assurda… io comunque non getterò la spugna».
L’ultimo che gli ha parlato ieri, mentre il premier riceveva messaggi di solidarietà preventiva da mezzo partito, ha colto in Berlusconi una cupa vena di pessimismo: «La condanna è già emessa, mi aspetto che quelle tre donne scrivano di tutto e di più, finirà male: mi vogliono far sparire dalla scena politica ».
Anche per questo, venti giorni fa, il Cavaliere aveva tentato il tutto per tutto, spedendo al Quirinale un recalcitrante Angelino Alfano (convinto che sarebbe stato un buco nell’acqua) per supplicare il capo dello Stato di firmare un decreto di nomina a senatore a vita per Berlusconi. «Ma Napolitano – si è sfogato l’ex premier con un amico – gli ha risposto quasi indignato, come se fosse una richiesta assurda. Da quel momento ho capito che mi avrebbero condannato e che la Consulta mi avrebbe dato torto sul legittimo impedimento. E così è stato».
Il leader del Pdl ha fatto giungere segnali anche al premier, facendo presente che avrebbe apprezzato un gesto di copertura da parte del governo.
«In fondo – ha argomentato Berlusconi – se non fosse per me Enrico Letta non sarebbe a palazzo Chigi ». Come ha detto ieri la senatrice Pdl Elisabetta Alberti Casellati, visto che «la persecuzione giudiziaria subita da Berlusconi è sotto gli occhi di tutti, il presidente del Consiglio se ne faccia carico nell’interesse dei cittadini ».
Ma anche da palazzo Chigi, a parte le parole di umana comprensione del premier dopo la sentenza della Corte costituzionale, non è arrivata più alcuna risposta.
Enrico Letta, intervistato da Lucia Annunziata a In mezz’ora, ha alzato un muro di indifferenza per la sorte giudiziaria del Cavaliere: «Ho sempre pensato che devo lavorare come se questi temi non ci fossero. Il governo rispetta l’autonomia della magistratura, noi lavoriamo per aiutare il Paese e la giustizia civile ha problemi maggiori di quella penale ».
Berlusconi intende ora reagire in due modi, con un risposta a breve ai magistrati e una conseguenza di più lungo periodo sul fronte politico.
La risposta a breve arriverà in settimana (oggi ci sarà solo una nota scritta concordata con Bonaiuti e gli avvocati) e sarà ovviamente in televisione.
Il Cavaliere intende ripetere a qualche milione di italiani, possibilmente sulla Rai, quella che definisce «la mia verità » e che è stata già confezionata nei due speciali andati in onda su Mediaset.
Nessuna manifestazione a Milano, nessuna mobilitazione oggi al Tribunale.
Gli stessi responsabili dell’Esercito di Silvio, la nuova organizzazione nata proprio per scendere in piazza in difesa del leader «perseguitato », negano che ci siano in campo iniziative: «La manifestazione davanti al Tribunale sarebbe un dèjà vu».
È un missile a due stadi quello che sulla rampa di lancio.
Perchè la strategia preparata ad Arcore prevede un’escalation politica che fornisca il terreno adatto a una crisi di governo.
Da aprire in estate sui temi dell’economia o sull’Imu.
Uno dei falchi Pdl spiega con parole dure il concetto: «Per noi il governo ormai è finito. Sta in piedi, ma è solo questione di tempo. Tanto, qualsiasi cosa accada, non può essere peggiore della prospettiva di vedere Berlusconi in galera ».
Il prossimo bersaglio, destinato a diventare il capro espiatorio della rabbia Pdl, sarà il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni.
La pressione contro di lui aumenterà giorno dopo giorno, sperando di metterlo con le spalle al muro. «Il governo non ha più bisogno di un “Signor No” – osserva un alto esponente del Pdl – altrimenti tanto valeva tenersi Tremonti o Grilli. Serve qualcuno che trovi le soluzioni, non l’ennesimo esecutore della volontà della Merkel».
Voci di questa escalation che potrebbe sfociare in una crisi sono giunte fino a Mario Monti che ieri sera, in un orario domenicale insolito, ha lanciato l’allarme per iscritto: «Un indebolimento del governo sarebbe pagato dai cittadini e dalle imprese attraverso un ritardo della ripresa economica e maggiori tassi di interesse. Il governo, tutore del bilancio pubblico e responsabile verso tutti gli italiani di oggi e di domani, non può e non deve sentirsi tenuto a mantenere promesse elettorali fatte, talora irresponsabilmente, dai partiti».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Giugno 24th, 2013 Riccardo Fucile
LETTA NON FA SCONTI, NEL PD NON E’ STATA APPREZZATA LA CONFERENZA STAMPA DELL’ATLETA
Le dimissioni da ministro dell’atleta Josefa Idem sono attese per oggi. 
Il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, la riceverà , per la seconda volta in pochi giorni, e le chiederà di lasciare l’incarico di Governo per il bene del Paese e del Partito Democratico.
“Voglio vedere le carte” ma “l’opportunità e il rispetto delle regole sono uno degli elementi chiave della vita del nostro governo: nessun doppio standard”, ha garantito ieri il premier a Otto 1/2, intervistato da Lucia Annunziata.
Nel Governo e nel Pd sono in molti a dare per scontata la richiesta di Letta, meno ovvia è la reazione di Idem: dopo la conferenza stampa di sabato, infatti, non sembra disposta a salutare la poltrona della Repubblica italiana con facilità .
“Io credo si dimetterà ”, dice Giuseppe Civati, il giovane deputato del Pd, ex rottamatore renziano, aggiungendo però di essere in attesa “di parole chiare da parte di Letta” sulla vicenda.
Mentre Enrico Rossi, presidente della Toscana, suggerisce a Idem come comportarsi: “Della ministra non convince soprattutto la frase ‘non lascio’.
Avrebbe dovuto dire ‘penso di essere onesta, ma rimetto il mio mandato nelle mani del Presidente del Consiglio. Sta a lui decidere’. In politica si fa così”.
E ancora: Dario Ginefra, deputato Pd, invita Josefa Idem a “valutare seriamente l’ipotesi di togliere il Governo Letta dall’imbarazzo di dover scegliere per lei”. Messaggio, tradotto dal politichese, quanto mai chiaro: o ti dimetti da sola o ci pensa Letta.
Lo scenario atteso dai più, fanno notare i deputati vicini al premier, è proprio questo: Letta le chiederà le dimissioni.
“Enrico le pretenderà , lei potrà temporeggiare forse un giorno, massimo due ma Idem sarà costretta a lasciare”, dice una giovane deputata lombarda del Pd, tra le prime animatrice del think net lettiano, Vedrò.
Se gli esponenti del Pd danno per scontate le dimissioni di Idem, anche nel Pdl (l’altra metà del governo) la convinzione è diffusa.
L’ex ministro Claudio Scajola, cui è stata paragonata Idem per la vicenda della casa acquistata sua insaputa, ieri in un’intervista a Il Messaggero, ha chiesto che Idem segua il suo esempio: “Per il bene del Governo dovrebbe dimettersi, come ho fatto io”.
Che il ministro per le Pari Opportunità non sia una “presenza indispensabile di questo esecutivo” lo sostiene Ignazio La Russa, oggi leader di Fratelli d’Italia. “Mi chiamano tutti gli amici, Pdl e Pd, per lamentarsi della situazione e io guardo e sorrido: questo governo, così come è, non può mica andar avanti per molto tempo ancora e la vicenda Idem lo ha già impantanato”.
A infastidire in realtà non è stato l’aver registrato la residenza nella palestra così da farla figurare come prima casa e non pagare l’Ici, nè i successivi escamotage per risparmiare anche sull’Imu, nè — ancora — l’essersi fatta assumere dal marito durante il suo incarico da assessore al Comune di Ravenna così da ricevere l’indennità da parte dell’amministrazione pubblica nei mesi dell’incarico. Nulla di tutto questo.
A indispettire, piuttosto, è stata la conferenza stampa indetta sabato pomeriggio a Palazzo Chigi in cui si è difesa dalle accuse non presentando una documentazione adeguata a smentire le notizie ma rivendicando rispetto e silenzio per i suoi meriti sportivi.
“Ci sono state delle irregolarità — ha detto fra l’altro — ma sanerò ciò che c’è da sanare”. E scappare di fronte alle domande dei giornalisti. “Un comportamento decisamente poco sportivo”, ha commentato Elvica Savino, deputata del Pdl.
Oggi, prima di incontrare Letta a Roma, Idem incrocerà nuovamente la stampa: alle 11.30 è infatti prevista la sua presenza alla presentazione dell’associazione Sintini a Ravenna.
Accompagnata dal suo avvocato, lo stesso a cui ha affidato la gestione della conferenza di sabato.
L’inchiesta sui mille quesiti irrisolti della sua casa-palestra sta entrando nel vivo degli accertamenti.
Da cittadina potrà dimostrare più agevolmente la sua “assoluta buona fede e onestà ”. Da cittadina, appunto.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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