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MARINA IN CAMPO? BRUNETTA E’ PERPLESSO: “NO ALLE DINASTIE”

Giugno 26th, 2013 Riccardo Fucile

ANCHE LA PASCALE NON E’ MOLTO CONVINTA: “NON CREDO CHE SILVIO SAREBBE D’ACCCORDO”

Il nome di Marina Berlusconi rimbalza come una pallina da flipper su ogni canale di comunicazione.
E’ lei, secondo il popolo pidiellino, la naturale erede di Silvio Berlusconi. E’ di famiglia, conosce i segreti del padre e da lui ha preso il piglio manageriale, adatto, secondo molti, a guidare un partito che «ormai non c’è più», come afferma lapidaria Daniela Santachè, la prima vera fan della discesa in politica di Marina.
La figlia dell’ex premier al momento si dissocia (come era prevedibile) e parla «di ipotesi che non hanno alcun fondamento».
Ma forse, il nutrito gruppo di seguaci che si sta dichiarando favorevole alla sua nuova carriera politica potrebbero aiutarla nella scelta e spingerla oltre la sua reale volontà .
Anche se, ovviamente, sarà  il padre ad avere l’ultima parola.
POPOLO UNITO
«Il Pdl è stata un grandissima intuizione di Silvio Berlusconi, ma poi è finito perchè non c’è più Fini, che se n’è andato, e quindi credo che si impone la decisione di ritornare a Forza Italia». Parole della “pasionaria” Daniela Santanchè ai microfoni di RadioIes: «Marina Berlusconi è bravissima. Non ha mai fatto politica? Meglio. Ha fatto tante cose nella vita e quindi può essere bravissima a farlo, meglio di tanti altri», dice ancora Santanchè a proposito della presidente Mondadori.
«E poi – rileva – finalmente una donna. Il fatto della dinastia non la avverto come critica. Più Clinton o Kirchner? Ma negli Stati Uniti ci sono anche i Bush, i Kennedy. E gli Usa – rileva Santanchè – sono una democrazia molto avanzata».
LE PERPLESSITA’ DI BRUNETTA E PASCALE
Il capogruppo alla Camera Renato Brunetta pare avere qualche perplessità : «Non mi piacciono le dinastie, nè quelle monarchiche nè quelle democratiche. Se la dottoressa Marina Berlusconi vuole fare politica, e ne ha tutte le capacità , faccia pure. Ma non penso che sia plausibile un’investitura a carattere ereditario», ha spiegato ai microfoni di Radio 24.
Anche l’attuale fidanzata di Silvio Berlusconi, Francesca Pascale, non pare molto convinta: «Se Marina facesse un passo in politica non sarebbe un errore ma non credo che il padre sia così d’accordo, considerato quello che è successo a lui da quando è sceso in campo».

(da “il Corriere della Sera“)

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“LA SANTANCHE’ NON LA VOTIAMO”: NEL PD E’ RISCHIO FRANCHI TIRATORI

Giugno 26th, 2013 Riccardo Fucile

SLITTA L’ELEZIONE DEL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA…CRESCE IL DISAGIO PER LE LARGHE INTESE

«Teniamo i nervi saldi». Appena uscito da Palazzo Chigi, dove ha avuto un colloquio con Letta alle 8 del mattino, il segretario democratico, prima di partire per Bruxelles, ha consegnato ai suoi un lascito: evitare di scivolare su qualche buccia di banana, non rispondere in alcun modo al Berlusconi furioso per la sentenza Ruby.
Profilo basso. Ma le tensioni nelle file del Pd aumentano.
Lo sa bene il capigruppo Roberto Speranza, che ieri sera ha convocato i “non allineati”, una cinquantina di deputati fuori dalle correnti che hanno posto una questione che si sarebbe dovuta affrontare a Montecitorio oggi, e che invece è slittata a martedì, o forse oltre: l’elezione di Daniela Santanchè alla vice presidenza di Montecitorio (al posto di Lupi, diventato ministro) in quota Pdl, e di Francantonio Genovese a segretario d’aula, in quota Pd. «Non voteremo nè l’una nè l’altro», ha chiarito Alessandra Moretti.
Che nelle file democratiche si accetti un accordo di maggioranza sul nome della fedelissima berlusconiana Santanchè è da escludere.
Tanto più dopo la scelta della deputata pdl di presentarsi n tribunale a Milano durante la sentenza Ruby per accusare i giudici e difendere il Cavaliere.
A meno che non ci si voglia ritrovare con altri 101 “franchi tiratori”.
Pippo Civati, outsider e candidato al congresso d’autunno del partito, va all’assalto: «Faccio outing già  da adesso, sarò uno dei 101 che non voterà  la Santanchè. Purtroppo nel Pd c’è ormai una quota solida di parlamentari, intorno ai cento, appassionata di questo governo, a cui piace anche l’esperimento antropologico: in realtà  tutti gli altri sono a disagio… ».
Dissenso anche, e qui sta il supplemento di problema, nei confronti di Genovese. Messinese, della corrente di Beppe Fioroni (che lo difende a spada tratta), è finito sotto esame dei probiviri del partito sotto elezioni per un’inchiesta, anche se poi promosso.
Nel Pd sono n corso barricate e all’indomani della condanna a 7 anni di reclusione per il Cavaliere con relativa interdizione perpetua dai pubblici uffici, questo voto potrebbe scatenare la rivolta nel Pd.
Fioroni frena: «Ma quando mai! Se fosse candidata la Santanchè, il Pd voterebbe scheda bianca».
E insiste su Genovese. «Noi siamo perplessi — attacca Moretti — gli incarichi vanno affidati secondo competenze e merito, non sulla base delle divisioni correntizie». Dario Nardella, renziano, avanza a sua volta dubbi.
E il disagio per le larghe intese cresce.
Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria, contravviene alla consegna del silenzio: «Una condanna di questa portata per un ex presidente del Consiglio è una grande ferita per il paese».
E si spinge più in là : «Se la Cassazione dovesse confermare l’interdizione dei pubblici uffici, il Pd dovrebbe votare e ratificare la decadenza di Berlusconi dal suo seggio». Rosy Bindi rincara: «Il Pd può stare in maggioranza con Berlusconi? Apriamo un confronto politico serio».
E Renzi? In Transatlantico dicono che vuole vedere se la crisi di governo si avvicina, prima di decidere se candidarsi alla segreteria.

Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)

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“BERLUSCONI DINASTY”: DOPO SILVIO ECCO MARINA, MA LEI SMENTISCE

Giugno 26th, 2013 Riccardo Fucile

BISIGNANI RIVELA: “E’ TUTTO PRONTO, PIGLIERA’ LE REDINI DEL PARTITO”… PARERI ENTUSIASTICI DELLE AMAZZONI SANTANCHE’, COMI E BIANCOFIORE

Dopo Silvio Berlusconi, ecco Marina.
E il Pdl è pronto a diventare un partito dinastico. L’investitura delle amazzoni berlusconiane c’è, così come le indiscrezioni, che danno per fatta la successione all’interno della famiglia. “Sarebbe una scelta molto seria”, se si farà  “sarò orgogliosa di stare in un partito guidato da lei, semplicemente perchè è una donna seria, preparata, coraggiosa. Proprio quello che ci serve. E non soltanto a noi, ma a tutto il Paese”.
Parola di Daniela Santanchè, candidata della prima ora a prendere la guida del Pdl, ma ora superata nella corsa dalla figlia del Cavaliere.
Nonostante l’appoggio ricevuto da vari esponenti del Popolo delle Libertà , dalla primogenita del Cavaliere arriva la smentita: ”Di fronte al ripetersi di indiscrezioni su un impegno in politica di Marina Berlusconi, non possiamo che ribadire quanto già  più volte detto in passato: si tratta di ipotesi che non hanno alcun fondamento”, scrive il suo portavoce in una nota.
Ma la Santanchè insiste: “Il Pdl non c’è più. E’ stata un grandissima intuizione di Silvio Berlusconi, ma poi è finito perchè non c’è più Fini, che se n’è andato, e quindi credo che si impone la decisione di ritornare a Forza Italia. Marina Berlusconi è bravissima. Non ha mai fatto politica? Meglio. Ha fatto tante cose nella vita e quindi può essere bravissima a farlo, meglio di tanti altri. E poi finalmente una donna. Il fatto della dinastia non la avverto come critica. Più Clinton o Kirchner? Ma negli Stati Uniti ci sono anche i Bush, i Kennedy… E gli Usa sono una democrazia molto avanzata”.
Un altro falco del centrodestra, Michaela Biancofiore, è ancora più diretta, individuando in Marina la risposta azzurra a Matteo Renzi. “Confermo quanto già  accennato nei giorni scorsi, noi un Renzi, molto più serio, preparato e affidabile, lo abbiamo e si chiama Marina Berlusconi” ha detto il sottosegretario alla Pubblica amministrazione e semplificazione, secondo cui “di fronte ad una sua discesa in campo, con dietro un padre oggi ancora più amato dal popolo italiano, non ci sarebbe speranza per nessun altro di conquistare il governo del Paese”.
Michaela Biancofiore, però, assicura che “deve essere una sua scelta e non può e non deve essere spinta a farlo”. Ma se Marina deciderà  di ereditare lo scettro del padre, “avrà  tutto il partito compatto alle sue spalle e soprattutto il rispetto di tutti, alleati ed avversari, quello che spesso è mancato indegnamente nei confronti di suo padre” ha detto la Biancofiore.
Sulla stessa linea d’onda anche un’altra donna ‘importante’ del Pdl, ovvero Lara Comi: ”Marina Berlusconi a capo di una Forza Italia 2.0 sarebbe un’ottima prospettiva. Spero che la rivelazione fatta oggi (ieri, ndr) in questo senso a Un Giorno da Pecora da Bisignani non sia una battuta giornalistica ma corrisponda al vero — ha detto la parlamentare — Marina è una grande imprenditrice, oltre che una donna forte e capace di farsi valere, nel lavoro come nella vita privata”.
La citazione di Lara Comi circa l’indiscrezione fornita da Luigi Bisignani non è una casualità .
Il faccendiere, infatti, non solo è stato il primo a parlare di Marina Berlusconi leader del Pdl, ma è andato anche oltre, sottolineando che il passaggio di consegne dal padre alla figlia è praticamente pronto.
”Ieri sera c’è stata una cena ad Arcore. Il presidente Berlusconi si è convinto che il dopo-Berlusconi è Marina” ha detto Luigi Bisignani a Radio2.
Ai conduttori che gli chiedevano se era a quella cena, Bisignani ha replicato: “Io non c’ero ma c’erano i familiari, Piersilvio, Marina e Barbara. Poi Francesca Pascale e l’avvocato Ghedini“. Cosa hanno deciso?
“Il piglio e la forza che Marina Berlusconi ha messo in quella cena ha convinto tutti che il vero erede è lei. D’altra parte, in tutte le grandi democrazie, per esempio negli Stati Uniti, ci sono delle dinastie: quella dei Bush, quella dei Kennedy“.
Non solo. A sentire Bisignani, la figlia dell’ex premier è stata fatta anche ‘testare’: “E’ stato fatto anche un sondaggio coi parlamentari del Pdl che è andato molto bene — ha detto — E poi c’è un altro fatto: loro cercavano un imprenditore. E Marina è un grande imprenditore”.
Il ritorno di Forza Italia con Marina Berlusconi leader, inoltre, sarebbe una possibilità  a cui stanno pensando più persone, tra cui imprenditori come Alessandro Benetton.
A confermarlo sempre Luigi Bisignani, che ha aggiunto: “So che sta studiando con un uomo che aveva già  fatto Forza Italia nel ’94″.
Il nome? “Paolo Del Debbio, professore di filosofia, quello che fece il programma nel 1994, credo sia uno di quelli più ascoltati”.
Quindi la ‘struttura’ è già  pronta? “Secondo me è tutto pronto”.
Chi potrebbe votare Marina Berlusconi? “Il popolo di Berlusconi che vuole votare Berlusconi ma che si rende conto che non può più votare Silvio, voterebbe Marina con grandissima gioia”. In uno scontro tra Marina Berlusconi e Matteo Renzi, chi vincerebbe?
“Sui problemi della giustizia, vincerebbe Marina”.

(da “La Repubblica“)

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L’ITALIA NON MERITA IL BERLUSCONISMO

Giugno 26th, 2013 Riccardo Fucile

L’ANALISI DI UN GIOVANE DI DESTRA CHE RIMANE IN ITALIA PERCHE’ HA ANCORA VOGLIA DI INSEGUIRE IL SOGNO DI UN PAESE NORMALE

Molte immagini stanno scorrendo nella mia testa, immagini dell’Italia dei furbetti di quartiere, delle macchiette, della mafia-spaghetti-pizza-mandolino.
Mi chiedo come possa essersi ridotta così la Patria di Dante, di Leonardo e di Caravaggio.
Ho nella testa l’immagine di Giuliano Ferrara che si mette il rossetto per pubblicizzare la sua iniziativa “Siamo tutti puttane” con alle spalle un ritratto di Gesù Cristo.
Vedo Ferrara agitarsi in piazza “contro il moralismo”, per difendere un individuo condannato per prostituzione minorile e mi viene in mente quel ritratto di Gesù e Sodoma e Gomorra.
Il Dio iracondo dell’ Antico Testamento avrebbe forse riservato ad Arcore la stessa fine di quelle due città .
Mi viene in mente un uomo entrato in politica solo a tutela dei propri interessi e per il suo enorme ego.
Voleva essere ricordato per opere improbabili come il Ponte sullo Stretto, passerà  alla Storia come il Premier puttaniere, il Premier che in momenti di crisi raccontava le barzellette e faceva campagna elettorale comprando Mario Balotelli, il Premier che è riuscito a farsi interdire dai pubblici uffici.
E il mondo ci guarda sconcertati.
Riccardo, nel suo blog Destra di Popolo, al quale va riconosciuta la coerenza di aver sempre lottato contro ciò che ha rappresentato questo individuo, anche quando noi non ci eravamo accorti del male che ha sempre rappresentato per il Paese (si sa, da giovani, i proclami gridati fanno colpo e se si è di Destra si vedono comunisti dappertutto), ci fa notare come in Inghilterra un politico del genere sarebbe finito.
Basta seguire attentamente la politica estera per avere conferma come in ogni Paese “normale” sarebbe stato così.
Berlusconi, dopo aver ucciso la Destra italiana, sta uccidendo l’Italia, mettendola in ridicolo davanti a tutti.
Un Capo di Governo non fa le corna nelle foto, un Capo di Governo non ne definisce un’altra “culona inchiavabile” (per quanto antipatica e deleteria sia), un Capo di Governo non fa schifare la Regina d’Inghilterra mettendosi a gridare “Mr. Obama” (forse per dargli spiegazioni sul suo concetto di abbronzatura).
Un Capo di Governo non si fa beccare con delle prostitute, sia maggiorenni (la D’Addario e chissà  quant’altre) che (soprattutto) minorenni.
Un Capo di Governo che ha a cuore il destino del suo Paese non fa leggi a suo uso e consumo, non fa proclami pericolosi contro la Magistratura.
Un Capo di Governo serio non dà  questi pessimi esempi ai giovani.
No, l’Italia, per quanto sia caduta in basso, non merita il berlusconismo.
Non merita un Ministro degli Interni che solidarizza con un condannato, non merita “L’Esercito di Silvio” e baracconate varie, non merita le Amazzoni, non merita la politica diventata avanspettacolo e cronaca rosa (lo so, ho pescato da Renato Zero, ma credo di aver reso bene l’idea).
L’Italia merita di essere in prima fila grazie al suo genio, ai suoi ricercatori costretti a scappare in altri posti per non vivere le umiliazioni che subiscono in questo paese berlusconizzato, dove un tronista è più rispettato di un biologo.
L’Italia merita di essere in prima fila grazie al made in Italy, invidiatoci in tutto il mondo, grazie alla sua cucina (non sottovalutiamola, mai), alla sua arte e ai suoi paesaggi.
Bisogna conservare tutto questo e spingerlo in alto per modernizzare il Paese.
Lo dobbiamo alla nostra dignità .
Dobbiamo tornare a sognare, dobbiamo rialzare la testa: solamente così ci libereremo di questo tumore che ci affligge da quasi vent’anni rendendo questo paese un eterno scontro tra due fazioni opposte di ultrà , rendendolo una barzelletta mondiale e , purtroppo, un bordello a cielo aperto.
Sono un giovane che vive ancora in questo Paese solamente perchè ho ancora voglia di sognare.
Aiutatemi a crederci.

Tomaso Ardi

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COSA RISCHIA REALMENTE BERLUSCONI, TRA CONDANNE E DOMICILIARI

Giugno 26th, 2013 Riccardo Fucile

CHE SUCCEDE ORA?

E adesso, che succede a Silvio Berlusconi dopo la terza condanna, peraltro ancora provvisoria?
Se fossimo negli Usa, avrebbe dovuto presenziare alla lettura della sentenza e, subito dopo, sarebbe stato accompagnato in carcere per scontare la pena.
E di lì, eventualmente, avrebbe potuto appellare la sentenza, ma solo in caso di nuove prove, o ricorrere alla Corte suprema (che difficilmente avrebbe esaminato il suo caso, visto che ne analizza poche decine all’anno).
In Italia invece le condanne sono esecutive solo in via definitiva, di solito dopo il terzo grado di giudizio in Cassazione.
Poniamo il caso che le condanne diventassero definitive (se invece fossero annullate o ribaltate o prescritte, non accadrebbe nulla).
Diritti Mediaset.
B. è stato condannato in primo e secondo grado a 4 anni e a 5 di automatica interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale.
Se, a fine anno, la Cassazione confermasse la sentenza, per la pena accessoria il Senato dovrebbe ratificare la sua espulsione dal Parlamento e la sua ineleggibilità  fino al 2018; la pena detentiva invece B. non la sconterebbe in carcere, sia perchè la ex-Cirielli consente agli ultrasettantenni di sostituire la cella con gli arresti domiciliari; sia perchè 3 dei 4 anni sono coperti dall’indulto del 2006.
Gliene resterebbe uno, che sconterebbe (in base alla legge penitenziaria) in affidamento ai servizi sociali, cioè libero.
Telefonata Unipol.
B. è stato condannato in primo grado a 1 anno di reclusione senza condizionale per rivelazione di segreto a proposito della telefonata rubata tra Fassino e Consorte sulla scalate Unipol-Bnl e pubblicata sul Giornale.
I fatti sono del 2005-2006, dunque la prescrizione di 7 anni e mezzo, con qualche recupero del tempo perso, è dietro l’angolo.
Ma poniamo che si faccia in tempo a condannarlo fino alla Cassazione: la pena, inferiore ai 3 anni, in base alla legge penitenziaria verrebbe scontata in affidamento ai servizi sociali.
Nessuna pena accessoria di interdizione.
Caso Ruby.
Qui, in Tribunale, Berlusconi è stato condannato a 7 anni (6 per concussione e 1 “in continuazione” per prostituzione minorile) e all’automatica interdizione perpetua dai pubblici uffici.
L’anno prossimo si celebrerà  l’appello, fra due anni ragionevolmente quello di Cassazione. Dunque nel 2015 B. potrebbe essere condannato definitivamente — poniamo — a 7 anni.
Per la pena accessoria, non potrebbe più mettere piede in Parlamento nè al governo. Più complicato il discorso per quella detentiva.
L’ex-Cirielli esclude dal beneficio dei domiciliari i condannati, anche se over 70, per reati sessuali: quindi 1 anno B. dovrebbe scontarlo comunque in carcere.
Gli altri 6, per concussione, invece ai domiciliari.
Ma, essendo condannato a più di 2 anni per un delitto commesso nel quinquennio successivo all’indulto 2006, si vedrebbe revocare l’indulto sulla sentenza Mediaset, che tornerebbe a 4 anni, senza più sconti.
Dunque, in totale, sconterebbe: 1 anno (prostituzione Ruby) in carcere; 2 anni (1 Unipol+1 Mediaset) ai servizi sociali; 9 anni (6 concussione Ruby + 3 Mediaset) ai domiciliari.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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L’IRA DEL CAVALIERE: “IL PD NON MI DIFENDE”, LETTA: “SOSTEGNO PIENO O MI FERMO QUI”

Giugno 26th, 2013 Riccardo Fucile

LO SPETTRO DI UN GOVERNO DIVERSO FRENA IL PDL, LE LOTTE INTERNE AL PD INVITANO A PRENDERE TEMPO

A dispetto della maschera neo dorotea che ha indossato fin dal primo giorno del suo incarico di governo, l’Enrico Letta che ieri sera ha accolto Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi ha tirato fuori le zanne.
«Queste fibrillazioni – è il senso delle discorso fatto dal premier al Cavaliere – le paga tutto il paese, lo spread sta risalendo anche perchè gli investitori scommettono sulla crisi di governo: a questo punto io voglio un sostegno pieno, altrimenti andare avanti non ha senso».
Un ragionamento duro, con parole nette, perchè alla vigilia del consiglio europeo di domani Letta non vuole finire vittima del fuoco “amico”.
Nella strategia del capo del governo l’importante è scavallare l’estate, poi tutto dovrebbe essere più semplice.
Come ha spiegato a Mario Monti, incontrato due giorni fa, «la mia scommessa è arrivare a settembre: a quel punto potremo sederci tutti insieme e stendere un vero programma per la nuova fase che si aprirà  grazie ai margini di flessibilità  che avremo conquistato in Europa».
Ma, a sorpresa, quello che il premier si è trovato di fronte è stato un Berlusconi in versione ultramoderata.
Molto lontano dai toni bellicosi di certa propaganda Pdl.
Sarà  perchè era accompagnato da due colombe come Angelino Alfano e Gianni Letta, il Cavaliere (“briffato” per due ore da Capezzone sui temi economici) non ha affatto minacciato la crisi di governo o lanciato ultimatum su Iva e Imu.
«È stato un incontro teso a costruire – riferisce una fonte vicina Berlusconi al termine della cena – , abbiamo cercato dei punti di convergenza per dar seguito agli impegni su Iva, Imu e strategia europea».
Toni molto diversi da quelli risuonati all’ora di pranzo a palazzo Grazioli durante il vertice del Pdl.
Una riunione che ha confermato la divisione del partito fra moderati e incendiari.
Alla presenza di Berlusconi, dei capigruppo e dello stato maggiore del partito, Denis Verdini e Daniela Santanchè si sono infatti schierati per la crisi di governo a luglio. Ma altrettanto radicalmente Alfano (con il supporto inaspettato di Renato Brunetta) ha guidato il fronte delle colombe sulla linea della prudenza.
Indeciso sul da farsi, Berlusconi ha lasciato per ora tutte le porte aperte.
Certo, di fronte a Enrico Letta il leader del Pdl ha alzato la voce, eccome, quando si è arrivati a toccare il punto dolente della condanna a Milano al processo Ruby.
Non ce l’aveva tanto con i giudici, quanto con gli alleati: «Nessuno del Pd mi ha difeso, eppure facciamo parte della stessa maggioranza!».
Una requisitoria che, durante il vertice a via del Plebiscito, aveva coinvolto anche il capo dello Stato: «Napolitano è rimasto alla finestra, non ha fatto o detto nulla per difendermi».
E tuttavia, a parte la solidarietà  umana, nell’incontro a palazzo Chigi Berlusconi non ha ottenuto nulla da Letta.
Nessuna garanzia di salvacondotto« («tanto – osserva un lettiano – in Parlamento non passerebbe nulla») e nemmeno uno scudo politico: «Il nostro è un governo di servizio al paese e non si occupa di vicende giudiziarie. La nostra missione è l’economia e il lavoro: stiamo sul pezzo».
Uno stato d’animo che il ministro Dario Franceschini definisce «atarassico » e risolve con uno scioglilingua: «Facciamo quel che dobbiamo fare, finchè ce lo fanno fare. Che altro dobbiamo fare?».
Oltretutto la convinzione diffusa nel Pd e tra i ministri del governo Letta è che, al di là  della rabbia per la sentenza e della pressione dei falchi Pdl, alla fine il Cavaliere non farà  nulla.
Non avendo carte forti in mano, si limiterà  ad alzare la voce. Anche perchè, come fa notare il ministro Andrea Orlando, «qualsiasi altro scenario per lui è pieno di incognite e, alla fine, peggiore di questo».
Minacciare la crisi di governo? E con quale scopo?
La questione la inquadra Pier Ferdinando Casini,conversando con Anna Finocchiaro in un corridoio del Senato: «Voi del Pd state usando Renzi come spauracchio elettorale. Se infatti Berlusconi va allo scontro diretto con Renzi perde di brutto, la sa anche lui. Ma non è detto che si vada a elezioni anticipate, anzi. È più probabile che Napolitano rimandi il governo di fronte alle Camere. A quel punto anche la solidarietà  del Pdl nei confronti di Berlusconi sarebbe messa alla prova».
E questo sarebbe lo scenario peggiore per il Cavaliere: lo spettro di un governo diverso, con dentro grillini e scissionisti Pdl, pronto a votare la sua decadenza da parlamentare.

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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LA TENTAZIONE DEL CAVALIERE: USARE I REFERENDUM RADICALI E GIOCARE LA CARTA DELL’AMNISTIA

Giugno 26th, 2013 Riccardo Fucile

SUI REFERENDUM RADICALI PERO’ I TEMPI SAREBBERO LUNGHI…SI PENSA A INSERIRE QUALCHE NORMA   AD HOC IN FUTURI DECRETI

È tutta in salita la strada del Pdl sulla giustizia. Più affidata ai proclami e agli annunci che alla concreta possibilità  di portare a casa le riforme “epocali” che Berlusconi vagheggia da anni e che ripropone adesso, con il dichiarato scopo di dare una lezione definitiva alle toghe che, a suo dire, «lo perseguitano».
Lo sanno bene anche i senatori e i deputati che si occupano di giustizia i quali, riservatamente, sono pronti a dire che «con questo governo, se dura, e in questa legislatura, se sopravvive, non si realizzerà  nessuna delle riforme che da anni fanno parte dei programmi del Pdl».
Eppure, non appena è diventata pubblica la sentenza Ruby, è partito un tam tam pesante, con una minaccia esplicita, «Letta sopravvive se cambia la giustizia».
Subito sono partiti segnali espliciti nei confronti dei Radicali e dei cinque referendum sulla giustizia per «sottoscriverli in pieno», come dice il capogruppo Pdl alla Camera Renato Brunetta, visto che di mezzo ci sono la separazione delle carriere, la responsabilità  civile dei giudici, la stretta sulla custodia cautelare e sui magistrati fuori ruolo e infine anche l’abolizione dell’ergastolo, tutti temi da sempre presenti nei programmi Pdl.
I Radicali, ovviamente, ringraziano.
Interesse scontato anche per l’amnistia e l’indulto, contenuti nella proposta fatta a marzo dal senatore Pd Luigi Manconi, ma firmata anche da Luigi Compagna di Gal, lista che fiancheggia il Pdl, in cui si ipotizzano rispettivamente un’amnistia a quattro anni e un indulto a tre.
Esclusi tutti i reati gravi, quindi Berlusconi non potrebbe utilizzarla dopo la condanna per Ruby per via della concussione.
Ma entrambe le strade sono irte di difficoltà .
I Radicali stanno raccogliendo adesso le firme. Dovranno portarle in Cassazione, che verificherà  se il quorum (500mila) è stato correttamente raggiunto.
Poi sarà  la volta della Consulta sull’ammissibilità . Quindi tempi lunghi, sicuramente ben oltre l’anno.
Stesso problema per l’amnistia, che richiede i due terzi, e su cui molti parlamentari del Pd non sono assolutamente d’accordo.
In concreto, l’attivismo del Pdl, a spigolare tra i provvedimenti, alla fine sembrerebbe più affidato ad agguati in Parlamento che, sfruttando maggioranze anomale, possano far entrare qualche singola norma a favore del Cavaliere, piuttosto che veri e propri progetti di riforma.
Tuttavia l’intenzione di cavalcare qualche puledro utile c’è tutta.
E c’è anche l’estrema attenzione a bloccare qualsiasi norma o misura sfavorevole, come dimostra il caso del decreto legge sulle carceri, che sarà  approvato oggi in consiglio dei ministri.
Ridotto all’osso, privato di tutta la parte sulla sicurezza che il ministero dell’Interno aveva cercato di far passare, il dl perde definitivamente il comma che cancellava la detenzione domiciliare «per qualsiasi reato» per gli over 70 e ne riduceva la possibilità  solo a chi ha una pena di quattro anni.
Salve invece le modifiche alla Cirielli per reinserire i recidivi nel giro di agevolazioni e permessi.
Allo stesso modo c’è massima vigilanza su due capitoli delicati per Berlusconi, la partita dell’ineleggibilità  a palazzo Madama e il progetto del Pd di cambiare la legge anti-corruzione, sulla base di un ddl presentato dall’attuale presidente Pietro Grasso. La battaglia comincia oggi nella giunta per autorizzazioni, e due uomini di punta del Pdl, il vice presidente della giunta Giacomo Caliendo e il capogruppo Nico D’Ascola (vice dell’avvocato Niccolò Ghedini da Roma in giù e legale di Giampi Tarantini, il procacciatore barese di escort per il “sultano”), staranno di guardia.
La stessa coppia ricompare nella commissione Giustizia dove il presidente Nitto Palma ha affidato proprio a D’Ascola il ruolo di relatore della legge anti-corruzione.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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GLI OLGETTINI, ZITTI, SI STAMPI: BUGIE E OMISSIONI SU BERLUSCONI & RUBY

Giugno 26th, 2013 Riccardo Fucile

DALLA “SPACCATURA DELL’OPINIONE PUBBLICA” ALLE POVERE SORTI DELLE “LARGHE INTESE”… TRA GIORNALONI E GIORNALINI, È UNA FURIBONDA GARA A NASCONDERE L’ABUSO DI POTERE, LE MINACCE E LA PROSTITUZIONE MINORILE

Mentre tutta la stampa mondiale si fa beffe dell’Italia, ancora nelle mani dopo vent’anni di un vecchio puttaniere che ne ha combinate più di Bertoldo in Francia, nessun quotidiano italiano — a parte un paio di eccezioni — commenta la condanna di Berlusconi a partire dai fatti che l’hanno originata.
Che un presidente del Consiglio abbia minacciato una Questura, abusando del suo potere, ordinandole di violare la legge per rilasciare una prostituta minorenne senza documenti nè fissa dimora fermata per furto, e che l’abbia fatto perchè la ragazza tenesse la bocca chiusa sul monumentale giro di prostituzione anche minorile che gravitava nelle sue residenze, sono fatti che tutti conoscono ma che quasi nessuno scrive.
Sono comportamenti puniti dal Codice penale, addirittura in base a leggi — nel caso della prostituzione minorile — approvate dal suo stesso governo, ma quasi nessuno lo dice. Fiumi di parole e d’inchiostro per buttarla in politica e parlare d’altro, cioè del nulla.
Pigi Pigi non lo sa.
L’orecchiante del Corriere della Sera è affranto per “la condanna rigidissima, addirittura superiore alle richieste dell’accusa” (se invece i giudici avessero aderito alle richieste dell’accusa, Battista li avrebbe accusati di “appiattirsi sui pm” e chiesto la separazione delle carriere; in ogni caso la pena massima per la concussione è 12 anni e per la prostituzione minorile è 3 anni, e B. per il primo reato ha avuto 6 anni e 1 anno per il secondo, quasi il minimo delle pene).
Ma soprattutto perchè i giudici “considerano il capo di uno schieramento che compartecipa in modo determinante al governo del Paese” come “il vertice di una ramificata banda dedita a reati moralmente spregevoli” (ma se il capo dello schieramento commette reati spregevoli che devono fare i giudici? Assolverlo solo perchè compartecipa in modo determinante?).
Poi, col pilota automatico, il Ballista ripete la giaculatoria della “spaccatura che da vent’anni spezza in due l’opinione pubblica italiana”, ora “ancora più profonda e irriducibile, fra chi considera B. “come una figura losca da gettare nel precipizio della vergogna e della non rispettabilità ” e chi lo difende come “vittima di un accanimento politico-giudiziario senza precedenti”.
Il compito di un giornalista sarebbe appunto quello di spiegare ai suoi lettori che non c’è bisogno della sentenza Ruby per sapere che B. è una figura losca da gettare nel precipizio eccetera, visto che altre sentenze definitive hanno già  accertato la corruzione della Guardia di Finanza, del teste Mills e del giudice Metta, i fondi occulti a Craxi, i falsi in bilancio per 1.500 miliardi di lire, la falsa testimonianza sulla P2 e così via.
Ma Battista fa un altro mestiere, dunque dopo vent’anni è ancora lì a chiedersi se il suo ex editore (quand’era vicedirettore di Panorama) sia una brava persona o un mascalzone. Siccome poi non sa nulla di ciò che scrive, aggiunge il suo stupore perchè 30 testimoni pagati dall’imputato vengono denunciati per falsa testimonianza prezzolata, quasi che B. fosse “il capo di una banda” e di una “rete di complicità  omertosa”, mettendo addirittura “in discussione la legittimità  morale del capo di un partito”.
Il fatto che i giudici abbiano capito ciò che tutti sanno, e cioè che il capo di un partito è anche il capo di una banda e di una rete omertosa, non lo sfiora neppure.
Altrimenti dovrebbe scegliere fra le due categorie che lui da sempre mette sullo stesso piano: “I cantori di una ‘guerra civile fredda’ che hanno trovato nella demonizzazione o nella santificazione di B. l’unico parametro dei loro giudizi politici”.
Insomma, alla sua età , dovrebbe mettersi a informare: e non vi è proprio portato. Il Sorgi in bocca.
Sulla Stampa, Marcello Sorgi si avventura in arditi paralleli fra Craxi, Andreotti e B. Il primo “scelse la strada dell’esilio” (latitanza, Marcello: si dice latitanza).
Andreotti fu accusato di rapporti con la mafia e c’era chi sorrideva sulla scena inverosimile del bacio con Totò Riina” (anche perchè la scena, molto verosimile per chi conosce i rituali mafiosi, era il bacio di Riina ad Andreotti e non viceversa). Quanto a B., anche lui viene “abbattuto per via giudiziaria”, e con lui tutta la “Seconda Repubblica” (chissà  perchè).
I giudici infatti “hanno fatto calare la ghigliottina sul collo del Cavaliere” (si chiama sentenza, Marcello: sentenza) e per di più gli hanno affibbiato “la pena aggiuntiva dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici” (Marcello, dà i, chiedi a qualcuno che ha studiato un po’: l’interdizione perpetua è prevista automatica e obbligatoria per legge a tutte le pene superiori a 5 anni e, per quelle inferiori, c’è quella quinquennale).
E, cattivoni, hanno “sorprendentemente chiesto alla Procura di incriminare per falsa testimonianza i testi della difesa” (Marcello, su, la falsa testimonianza è reato e pagare un testimone perchè dica il falso si chiama corruzione giudiziaria).
Segue copiosa lacrimazione per le sorti del “governo delle larghe intese che doveva favorire la pacificazione dopo l’inutile e infinita epoca della guerra civile”.
Scusa, Marcello: pacificazione fra chi e chi? e per quale guerra? e dichiarata da chi a chi? La pacificazione che hai in mente tu si chiama impunità , privilegio, è roba da monarchia assoluta. Ci fai sapere in quale incunabolo l’hai scovata? Grazie.
Stappa un prodino.
Intervistato da La Stampa, il prodiano (povero Prodi) Sandro Gozi esorta i dirigenti del Pd a “non esultare”, come fanno i volgari militanti del Pd, dinanzi alla triste notizia della condanna di B. (raccomandazione peraltro superflua, visto che sono tutti listati a lutto) perchè “noi dirigenti siamo chiamati a una prova di maturità ”: cioè a governare col puttaniere concussore e in prospettiva a “confrontarci con un progetto politico che stia in piedi a prescindere da B.”.
Meglio dunque raccontare che la condanna di B. non riguarda tanto B., ma è piuttosto “un punto di arrivo anche per gli antiberlusconiani in servizio permanente effettivo. Rischiano di cadere molte rendite di posizione politica e anche professionale, tra cui quelle di certi giornalisti. Dicono niente i nomi di Ingroia o Travaglio? Sono queste le rendite di posizione che rischiano di saltare.
Berlusconismo e antiberlusconismo finiranno insieme”. Intanto, per anticipare la fine del berlusconismo, Gozi sta nella stessa maggioranza con Berlusconi e, quando lo condannano, i primi nomi che gli vengono in mente sono Travaglio e Ingroia. Bravo, bis.
L’Unità  e i Mostri.
Il sempre acuto direttore dell’Unità , Claudio Sardo, quello che era contrario al governo Pd-Pdl finchè il Pd non fece il governo col Pdl, si guarda bene dal domandare al Pd che cosa ci faccia ancora al governo con B., meno che mai dall’incalzarlo perchè voti finalmente l’ineleggibilità  dell’ineleggibile (e non sia mai: “una maggioranza politica non può cambiare oggi la prassi sull’ineleggibilità  di B.: sarebbe come tradire il carattere giurisdizionale di quella decisione”; cioè, siccome han violato la legge per vent’anni, devono continuare a violarla, sennò poi la gente si disorienta).
Così lancia uno straziante appello a B. perchè tolga il disturbo e il Pd dall’imbarazzo, così che possa finalmente governare con un Pdl pulito e presentabile, cioè coi vari Schifani, Alfano, Verdini, Fitto, Gasparri, Letta (Gianni).
La scena ricorda quella dei Mostri, quando il seduttore Gassmann che vuole scaricare l’amante per dedicarsi a un’altra la convince a mollarlo per il suo bene (di lei).
Ed ecco Sardo ululare sotto le finestre di Palazzo Grazioli: “Vogliono ancora continuare così? Vogliono alzare la posta del conflitto? Ma si rendono conto della responsabilità  della politica in questa drammatica crisi?”.
Segue un appello che persino Alice nel paese delle meraviglie troverebbe un po’ ingenuo: “Il centrodestra è a un bivio strategico. Deve scegliere tra due strade. O sostiene il governo Letta e usa questo tempo per darsi una struttura democratica interna e una successione a B., oppure si chiude nel bunker del Capo, confermando il carattere personale, anzi proprietario di quel non partito”.
Ci pare di sentire la risposta, direttamente dal sottosuolo: “Senti, bello, noi stiamo ancora tremando per la tua intimazione, ma confermiamo il carattere personale, anzi proprietario del non partito e restiamo qui nel bunker, che fra l’altro è pieno di gnocca. E tu salutaci Bersani o Epifani o come si chiama Coso”.
M’hai detto un Prospero. A proposito di commedia all’italiana, poteva mancare sull’Unità  l’illuminato parere del professor Michele Palmiro Prospero? No che non poteva.
A preoccuparlo non è che il Pd governi col puttaniere concussore, ma “l’intervento di un fattore esterno, non collegato cioè alle normali dinamiche elettorali, che si impone in maniera irresistibile come la causa immediata della netta cesura che infrange la continuità  dei cicli politici”.
Siete ancora vivi? Bene, fate un altro bel respiro: “Fattori esterni al consueto gioco competitivo furono al centro delle tragiche vicende che si sbarazzarono di Moro (uccisione per mano del partito armato)… Anche la decapitazione politica di Craxi… assunse i tratti di una rovina esterna (tintinnio delle manette)”. E ora, per B., i giudici “esterni” tornano “per la terza volta come elemento dirompente incaricato di sferrare colpi micidiali agli assetti di potere esistenti”.
Mica male il paragone fra i giudici di Milano che condannano dei politici malfattori e le Br che ammazzano un politico innocente.
Ma non è niente, al confronto con le conclusioni più sconclusionate che memoria d’uomo ricordi: condannando il puttaniere concussore invece di lasciarlo eliminare dai suoi avversari politici (che per eliminarlo meglio lo portano al governo anche quando perde le elezioni), i giudici “esterni” gli fanno un favore perchè ora il Pdl “acuisce il peso del-l’irruzione catastrofica del fattore esterno e cerca anzi di utilizzarlo per trarne qualche profitto (im)politico ravvicinato. Il fattore esterno come ferita mai cicatrizzabile”. Lo portano via.
Libero bordello.
Libero, che pure in passato aveva focalizzato la questione meglio di altri (quando titolò “Il guaio di Silvio è la gnocca” o quando Belpietro lo qualificò di “vecchio porco”), dimentica tutto e somministra ai lettori un titolo elegante almeno quanto le cene del Cainano: “Giustizia a puttane”.
Seguono le solite panzane sui reati che non ci sono perchè le vittime li negano (se è per questo, li nega pure l’imputato).
Ma, se questa baggianata giuridica valesse nei codici, non si farebbe mai un processo ai mafiosi che impongono il pizzo (i negozianti, terrorizzati, negano quasi sempre di aver subìto minacce e si dicono felici di pagare spontaneamente per l’innata simpatia dei loro aguzzini, autori di “riscossioni eleganti”).
E nemmeno a certi mariti violenti che pestano le mogli (“vostro onore, mio marito non c’entra coi lividi, sono caduta dalle scale”). Ma tutto questo Belpietro e quello con le mèches non lo sanno.
E allora ecco il primo ricordare che Ruby “ha sempre sostenuto di non essersi prostituita e nessuno l’ha mai vista a letto col Cavaliere”, dunque “il processo non doveva neppure cominciare”. L’altro non s’è ancora dato una risposta al “mitico quesito: B. sapeva che Ruby era minorenne?”. Tanto poco lo sapeva che, appena Ruby fu portata in questura, telefonò al capo di gabinetto per farla “affidare” a Nicole Minetti con una procedura che ha un senso per i minorenni, visto che i maggiorenni non devono essere affidati a nessuno.
Invece i soldi dati alle ragazze dopo le cene (2-3 mila euro) e le notti (5-6 mila) eleganti -tenetevi forte — erano “rimborsi spese”: per i costumi del burlesque. A quel punto arrivava la Fata Turchina, accompagnata da Peter Pan e Capitan Nemo.
Stato sallustionale.
Una prece per il povero Alessandro Sallusti, in evidente stato confusionale.
Affranto per la condanna del capo, giura che “stiamo parlando di un galantuomo, mattacchione sì, ma di gran lunga moralmente più integro dei suoi accusatori e giudici”: mai il galantuomo avrebbe “molestato una donna” (peccato che l’accusa non sia di molestie, ma di prostituzione minorile, reato che scatta anche quando la minorenne è consenziente).
E, “se avessi un solo dubbio che il presidente l’abbia fatto anche una sola volta in vita sua, non sarei qui a scrivere queste righe”.
Dunque dobbiamo fidarci di lui, sulla parola, anzichè di “questi pazzi scatenati travestiti da giudici, i quali vogliono che tutti pieghino la testa di fronte alla loro arroganza e impunità ”. Roba da “tribunali stalinisti e nazisti”.
Completano il quadro (clinico) la raffinate analisi di Annamaria Bernardini De Pace nonchè Serbelloni Mazzanti Viendalmare contro le donne in toga che hanno “umiliato le donne”, cioè le olgettine; e la squisite dissertazioni giuridiche di Vittorio Sgarbi che ora, per coerenza, vorrebbe “processate tutte le donne mantenute”: non gli entra proprio in testa che qui il reato non è mantenere, ma andare con minorenni a pagamento e abusare del proprio potere per costringere la polizia a violare la legge.
Citofonare Giuliana.
Ieri Giuliano Ferrara, con la consumata perizia dell’habituè, si è spalmato il rossetto sulle labbra e ha convocato le masse in piazza al grido di “Siamo tutti puttane”. Proprio tutti magari no, ma se parlasse per sè potremmo anche dargli ragione. Poi, senz’accorgersene, ha scritto per conto del padrone una piena confessione: che male c’è “se ti piace invitare giovani donne a casa tua”, tieni “un comportamento generoso con le ragazze ospiti” e poi ”ti prende il ghiribizzo di raccomandare per telefono un trattamento umano per una di loro incappata in una disavventura (un fermo per furto, ndr) e trattenuta in Questura”?
C’è che è un reato, anzi due: quelli per cui è stato condannato B.
Esilarante poi la definizione di “sentenza ad personam”: tutte le sentenze sono ad personam, visto che — art. 27 della Costituzione   — “la responsabilità  penale è personale”.
Addirittura irresistibile che l’accusa di sentenziare “ad personam” venga lanciata da colui che imputa da sempre alla magistratura milanese di “processare un sistema” o generici “stili di vita”: ora che han processato e condannato uno solo per due specifici reati, non gli va bene lo stesso. Ma lui non fa il giornalista, fa un altro mestiere ancora più antico: l’ha detto lui.
Raccolta differenziata.
Sul Foglio c’è anche il redivivo Mario Sechi, già  direttore del Tempo, poi portavoce e candidato di Monti (invano), ora editorialista dell’house organ berlusconiano, ma soprattutto giureconsulto: ci informa che “un collegio di sole donne è un altro elemento rilevante ai fini dello squilibrato giudizio”: già , da quando hanno aperto la magistratura alle donne la giustizia è andata a rotoli. Erano meglio tre giudici maschi, possibilmente puttanieri.
C’è poi Ritanna Armeni, ma ve la risparmiamo perchè non (si) capisce nulla di ciò che scrive.
E c’è persino Piero Ostellino, in momentanea trasferta dal Corriere, che ripete il ritornello del “reato senza parti lese” (Piero, informati: tre ragazze si sono costituite parte civile), poi s’inventa un altro reato: “corruzione di minorenne”.
Ne avesse azzeccata una: il reato si chiama prostituzione minorile ed è punito fino a 3 anni da una legge fatta da B., che dunque dovrebbe conoscerla.
Ma questi per Ostellino son solo dettagli. Lui è un Prospero in formato extralarge, infatti segnala un solo precedente della sentenza: “i partigiani comunisti” che “dopo il 25 aprile del ’45 ammazzarono alcuni partigiani che non appartenevano alla propria parte politica, oltre ad alcuni possidenti terrieri e riccastri che bisognava far fuori per arrivare alla rivoluzione proletaria”. La quale poi “non riuscì e quei partigiani comunisti furono costretti a fuggire in Cecoslovacchia”.
Purtroppo “oggi i giudici che hanno emesso la sentenza contro Berlusconi non scapperanno certo in Cecoslovacchia, anzi saranno elogiati da tutti gli avversari del Cavaliere. Ma hanno fatto la stessa cosa: hanno promosso una rivoluzione attraverso la quale far fuori qualcuno che non appartiene allo stesso campo”. Dunque, siccome le tre giudici assassine non sono fuggite, bisogna arrestarle.
PS. L’articolo di Ostellino non è stato scritto da Ostellino: si tratta — avverte il Foglio — di un “testo raccolto”. Le cose sarebbero andate così: Ferrara è uscito a portare a spasso il cane e ha trovato sul marciapiede il testo di Ostellino, ancora bello fumante. Parendogli brutto lasciarlo lì, l’ha raccolto.
Con la paletta.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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