Giugno 19th, 2014 Riccardo Fucile
“SEI UNO SCIACALLO”: LA RISPOSTA DEI GIORNALISTI CHE DIFENDONO IL POSTO DI LAVORO
“Il nuovo vento della Rete e della fine, lenta ma implacabile, dell’editoria assistita sta producendo i suoi effetti: la scomparsa dei giornali. Un’ottima notizia per un paese semilibero per la libertà di informazione come l’Italia”. Inizia così il post pubblicato sul blog di Beppe Grillo, in cui il leader del Movimento 5 Stelle attacca frontalmente il quotidiano l’Unità , la cui difficile situazione finanziaria è da giorni al centro delle cronache.
Secondo Grillo, che titola il messaggio con un ironico #unitastaiserena, la messa in stato di liquidazione del giornale fondato da Antonio Gramsci è una buona notizia, perchè “meno giornali significa infatti più informazione”.
Nel post, il comico snocciola i dati dei finanziamenti pubblici all’editoria percepiti dal giornale e considera un “bacio della morte” le dichiarazioni di Matteo Renzi sulla necessità di “tutelare il brand”.
Immediata le replica del Partito democratico, che definisce Grillo “uno sciacallo” che specula sui giornalisti, da due mesi senza stipendio e che rischiano di perdere il posto di lavoro.
Anche l’Unità risponde al comico, prima con un lapidario “vergogna” via twitter, poi con una nota del Cdr. “A un piccolo uomo senza memoria ricordiamo che la chiusura dell’Unità fu un obiettivo del fascismo”, scrivono, aggiungendo che “gli insulti rafforzano la nostra determinazione a batterci perchè non si spenga una voce importante, libera e di sinistra nell’informazione italiana”.
La solidarietà al giornale arriva anche dal centrodestra, attraverso una nota della responsabile comunicazione di Forza Italia Deborah Bergamini, secondo cui l’esultanza di Grillo è “una pessima uscita” e “ironizzare sul destino dei giornalisti che potrebbero perdere il proprio posto di lavoro è quanto di più lontano esista dal buon senso”
La situazione economica del giornale si è aggravata nelle ultime settimane, a causa della messa in liquidazione della Nie, la società editrice.
Nonostante le rassicurazioni del socio di maggioranza Matteo Fago sul fatto che il quotidiano continuerà a essere pubblicato e anzi è previsto un rilancio della testata, il consiglio di redazione ha denunciato la mancanza di certezze sul futuro.
Da giorni, poi, i giornalisti hanno ritirato la loro firma dal giornale in segno di protesta. Il Cdr ha anche annunciato che l’Unità sarà presente alle Feste dell’Unità , rilanciate nell’ultima assemblea nazionale dal segretario Pd Matteo Renzi, e che da lì racconterà “la battaglia di una redazione che sta difendendo il patrimonio di valore e di professionalità del giornale”
Il dibattito acceso dall’attacco di Grillo si è scatenato soprattutto sui social network, e anche l’opinione pubblica si è divisa tra applausi e sdegno.
Il fronte pro-grillino ha twittato usando l’hashtag lanciato dal blog, #unitastaiserenza, a cui hanno risposto i supporter del quotidiano con #iostoconlunita.
Il risultato finale, almeno per quanto riguarda il web, è tutto a favore del quotidiano vicino al Partito democratico.
L’hashtag di solidarietà è stato utilizzato più di 8mila volte, contro le 1900 di quello grillino.
Giulia Merlo
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Giugno 19th, 2014 Riccardo Fucile
AVRA’ COMPETENZA SULLA LEGISLAZIONE REGIONALE E SU QUELLA EUROPEA E DI COELEGGERE IL CAPO DELLO STATO, IL CSM E I GIUDICI DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Meno sindaci e più funzioni. Si fanno di giorno in giorno più definiti i contorni del nuovo Senato che sta emergendo dagli emendamenti messi a punto dai relatori Roberto Calderoli e Anna Finocchiaro.
La nuova assemblea frutto delle serrate trattative delle ultime settimane avrà competenza sulla legislazione regionale e su quella europea, avrà la funzione di co-eleggere il Capo dello Stato, il Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte Costituzionale, e potrà anche esprimersi sulle leggi elettorali e costituzionali.
Lo scrive il quotidiano La Repubblica.
Un aumento di funzioni cui fa da contraltare la diminuzione del numero di sindaci che entreranno a far parte dell’assemblea: l’idea di Matteo Renzi — scrive Repubblica — era quella dio avere un terzo dell’assemblea composta da primi cittadini e due terzi da consiglieri regionali, ma Forza Italia sarebbe riuscita a portare a casa la quota di un sindaco per ogni regione.
Il risultato: le proporzioni si avvicinano ad un quarto di primi cittadini, che saranno in tutto una ventina, e tre quarti di rappresentanti delle Regioni.
Tornano a far capolino anche i senatori nominati dal Colle e scelti nella società civile.
La conferenza stampa tenuta ieri da Silvio Berlusconi e l’annuncio del ministro Maria Elena Boschi dell’incontro di oggi con il forzista Paolo Romani danno l’idea che l’intesa sia davvero vicina.
L’ex cavaliere è tornato a parlare di presidenzialismo, ma ha anche specificato che l’elezione diretta del Capo dello Stato non è una condizione essenziale per arrivare all’accordo definitivo.
Tra gli ultimi dettagli da limare, la questione della rappresentanza politica delle minoranze regionali: poichè ogni Regione ha una legge elettorale che penalizza le minoranze, occorre trovare un modo per far sì che queste ultime siano adeguatamente rappresentate nel futuro Senato.
La soluzione suggerita da Calderoli pare in vantaggio sulle altre: i consiglieri regionali dovranno avere una scheda con un numero di opzioni inferiore a quello dei senatori da mandare a Roma.
Così, è il ragionamento, anche le opposizioni potranno avere i loro rappresentanti ponderati sul voto reale preso in Regione
Nell’entourage renziano si rafforza una convinzione: il pugno duro tenuto con i dissidenti ha pagato e ora il miracolo pare possibile: arrivare al voto a Palazzo Madama entro la pausa estiva.
Le promesse iniziali non sono state rispettate (“Entro il 25 maggio dobbiamo arrivare al superamento del bicameralismo”, diceva Renzi il 12 aprile), ora l’obiettivo è rispettare la scadenza riportata nel Def: “settembre 2014″.
Intanto bisogna arrivare al voto finale in commissione entro il 2 luglio, per poi pensare all’Italicum, che il premier vorrebbe veder approvato prima della pausa.
Ma non tutti sono d’accordo.
“L’accordo non c’è”, il testo base della riforma del Senato presentato dal governo “è una riformetta che non serve a granchè, produce più problemi di quanti ne risolva e certamente non fa risparmiare nulla”.
Ne è convinto Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, intervistato da Repubblica.
“Io vedo ancora tensioni — aggiunge — tra maggioranza e opposizione e soprattutto dentro la maggioranza e il Partito democratico. Il 3 luglio è un termine non obbligatorio, bisogna vedere se il lavoro in commissione fila liscio”.
Berlusconi, prosegue, “non ha mai detto” che si è impegnato a rispettare il patto del Nazareno: “Ha detto che ci sono dei punti da definire”.
Brunetta voterebbe la riforma “dell’ordine del giorno Calderoli” che prevede un Senato elettivo. “I problemi che abbiamo oggi — sottolinea — non dipendono dal bicameralismo. Se il governo mette la fiducia, in pochi mesi, più di una decina di volte è perchè ha problemi dentro la maggioranza. E il bicameralismo spesso salva situazioni pericolose. Penso a Renzi che annuncia il cambiamento della responsabilità civile dei giudici al Senato”.
“Il patto del Nazareno lo rispettiamo se i contenuti sono buoni. Oggi abbiamo tutto il diritto di non essere d’accordo con il testo base del governo. Se cambia, valuteremo“.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 19th, 2014 Riccardo Fucile
SE LA CONDANNA A 7 ANNI SARA’ CONFERMATA PURE IN CASSAZIONE L’EX CAVALIERE RISCHIA 10 ANNI DI ARRESTI
Primo processo senza immunità . Peggio. Da condannato che sta scontando la pena «residua» di dodici mesi per frode fiscale, «affidato» ai servizi sociali, al fianco di malati di Alzheimer in un centro alle porte di Milano.
È l’appello che prende il via domani mattina: unico imputato Silvio Berlusconi. Non uno scherzo. Il Cavaliere decaduto dovrà difendersi dalle accuse di concussione e prostituzione minorile.
In pratica: sette anni inflitti dal Tribunale lo scorso giugno. Il Rubygate.
Pressioni da presidente di Consiglio in carica sulla questura milanese – la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 – per fare rilasciare la minorenne marocchina Ruby El Marough. Una delle custodi – è il filone dell’accusa – dei segreti delle cene eleganti di Arcore, testimone e protagonista del bunga bunga presidenziale
È una partita importante quella che andrà in scena da domani. Davanti alla seconda Corte d’appello – presidente Enrico Tranfa – è scontato che il sostituto procuratore generale Pietro De Petris, invocherà la conferma della condanna.
Dal canto loro, i legali dell’ex premier – Niccolò Ghedini, Piero Longo e Filippo Dinacci – tenteranno di smontare l’accusa, di insinuare più di un dubbio sulle motivazioni alla base del verdetto di primo grado.
I tempi per conoscere la sentenza, oggi, non si possono ancora prevedere con esattezza. Come minimo serviranno tre udienze, ed è possibile che si possa arrivare al verdetto d’appello anche subito dopo l’estate.
Ma proprio i tempi sono un elemento decisivo per il condannato Berlusconi
Nel caso di una conferma della condanna, infatti, il leader di Forza Italia vedrebbe a rischio anche l’affidamento in prova per la condanna Mediaset.
I sette anni – se dovessero essere confermati anche dopo l’ultimo grado della Cassazione – rimetterebbero in discussione il beneficio dell’affidamento, portando così l’ex Cavaliere a dover scontare il cumulo di pena interamente agli arresti domiciliari.
Beneficio, questo, concesso solo ai condannati ultrasessantenni. Non solo.
Il processo Rubygate potrebbe definitivamente precludere ogni attività politica all’imputato Berlusconi, per addirittura dieci anni.
Se, infatti, dovessero diventare definitivi i sette anni di carcere per concussione e prostituzione minorile, verrebbe «revocato di diritto», anche l’altro beneficio dell’indulto che copre i tre anni della sentenza Mediaset.
In totale, insomma, un verdetto negativo in questo processo costringerebbe l’imputato a 10 anni di arresti domiciliari.
Addio «agibilità politica ». Semplicemente, l’oblio.
E si capisce quindi perchè Berlusconi in questi giorni si sia occupato assai poco di riforme (ad eccezione della conferenza stampa di ieri) rinviando di giorno in giorno una decisione sulla linea da tenere, in attesa di capire almeno i tempi del processo
Ed è per questo che il pool di difensori si prepara a una scontata battaglia per scongiurare l’ipotesi peggiore.
I legali, ad oggi, non hanno ancora depositato alcuna richiesta di trasferimento del processo. Mossa tutt’altro che campata in aria, visto che proprio nella querelle che ha contrapposto al Csm il procuratore Edmondo Bruti Liberati al suo aggiunto Alfredo Robledo, c’erano anche i metodi con i quali la procura ha affidato l’inchiesta Ruby a Ilda Boccassini.
Su questo tema – a meno di ripensamenti – la difesa dell’ex premier non intende muoversi. Molto probabile, invece, che si chieda la riapertura del dibattimento con la richiesta di testi o prove non accolte nel primo grado.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica”)
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Giugno 19th, 2014 Riccardo Fucile
NEL 2012 UN PRETE SCRISSE UN ESPOSTO ANONIMO ANNUNCIANDO LO SCANDALO-RICOSTRUZIONE E INTERESSI POCO CHIARI ALL’INTERNO DELLA CHIESA
Mentre le indagini puntano al “livello romano”, e viene indagato anche Fabrizio Magani ex direttore regionale del Mibac, si scopre che un prete scrisse al Vaticano, annunciando lo scandalo-ricostruzione.
Era il 2012 e un prete aveva già capito che a L’Aquila, sugli appalti delle chiese distrutte dal terremoto, s’erano accesi molti appetiti: era anche convinto che si consumassero truffe e si elargissero mazzette.
Il prete si trasformò così in “corvo”, e scrisse un esposto anonimo, convinto che anche all’interno della curia, tra i sacerdoti, qualcuno brigasse con gli imprenditori per scopi personali.
Annunciava uno scandalo all’interno della Chiesa, il prete — corvo, e pensò di spedire l’esposto anonimo al comando generale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, alla procura aquilana e — soprattutto — di informare un importante carica del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, anch’egli tra i destinatari dell’anonimo.
Il misterioso sacerdote, tra gli uomini indicati nell’esposto, menzionava l’imprenditore Graziano Rosone, imprenditore arrestato — con l’accusa di millantato credito — due giorni fa dalla procura aquilana.
Al di là dell’episodio di millantato credito, che nulla c’entra con la ricostruzione, Rosone era interessato alla ricostruzione della parrocchia di San Marco.
Ed era frequentemente in contatto con Luciano Marchetti e Alessandra Mancinelli — ex vice commissario alla ricostruzione e funzionaria del Mibac — arrestati, sempre due giorni fa, con l’accusa di aver intascato mazzette per pilotare la ricostruzione delle chiese aquilane.
La matassa dipanata dalla Procura de L’Aquila, con le indagini condotte da Squadra Mobile e Guardia di Finanza, è fitta e complessa.
Un fatto però — nel leggere l’ordinanza d’arresto, richiesta dai pm David Mancini e Antonietta Picardi, coordinati dal procuratore Fausto Cardella — sembra chiaro: Marchetti e Mancinelli incassarono 10mila euro, l’uno per cento d’una tangente da 190 mila euro, legata alla ricostruzione della chiesa di Santa Maria in Paganica.
I due puntavano tutto su una norma, da inserire in un decreto firmato dall’ex premier Enrico Letta, che rendesse la curia aquilana il “soggetto attuatore” per la ricostruzione delle chiese.
Interessarono il “livello romano”, una sorta di “cerchio magico” vicino a Enrico Letta, composto da Antonello Antonellis e Amedeo Piva.
“La Mancinelli — dice Antonellis a il Fatto Quotidiano — mi contattò perchè sapeva che ero molto amico di Letta, mi chiese quale fosse la strada più facile per ottenere quell’emendamento, ma alla fine, con l’ex premier, io non ne parlai. Non ne ebbi l’occasione”.
L’emendamento rimase una bozza e non fu mai attuato. Intercettato con Mancinelli, però, Antonellis spiega che, per agevolare l’iter, era necessario convincere il premier che la richiesta arrivava dalla Cei.
E in effetti la curia aquilana, per spingere il decreto, spedì una lettera a Gianni ed Enrico Letta. Dice Antonellis nell’intercettazione: “Mercoledì alle tre vedo il premier e Ferrara che è il Vice Segretario Generale di Palazzo Chigi, è quello che fa la legge… lo vedo insieme ad Amedeo (Piva, ndr) … facciamo vedere che… una cosa che viene proprio dal Vaticano e che non è una questione politica. Ad Enrico gli diciamo che questa cosa è venuta direttamente dalla Cei… Se la fai uscire dalla Conferenza Episcopale… ha maggior forza! … gli facciamo avere il testo in modo tale che mercoledì, quando andiamo da… non tanto da Letta, da Ferrara che è il Vice Segretario Generale… gli dà la legge. … Amedeo (Piva, ndr) ce lo porto io…. perchè … tu hai capito che è l’uomo del Vaticano Piva… È lui che presenta… come dire… quella massoneria cattolica… che comanda… anche se qualche ministro vuole fare lo stronzo, quando gli dice che viene dalla Cei… non può dire nulla! Chiaro?”.
Talmente chiaro che, di lì a poco, Monsignor D’ercole e i vescovi aquilani firmano la lettera indirizzata a Gianni ed Enrico Letta.
“Non potevo immaginare — dice al Fatto Monsignor D’Ercole — che Mancinelli e Marchetti fossero implicati in una storia di tangenti e, comunque, la curia chiedeva di diventare soggetto attuatore della ricostruzione, sì, ma non di gestirne il denaro”.
Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 19th, 2014 Riccardo Fucile
CENSIS: NEGLI ULTIMI SEI ANNI I DISOCCUPATI OVER 50 SONO AUMENTATI DEL 146%
Gli over 50 anni in Italia sono 24,5 milioni.
Tra loro gli occupati sono solo poco più di un quarto, quasi 6,7 milioni, di cui gli uomini superano di poco i 4 milioni e le donne raggiungono i 2,6 milioni.
Negli ultimi sei anni i disoccupati over 50 sono aumentati del 146%.
Lo rileva il Censis sottolineando che «con la crisi il segmento degli adulti di 50-70 anni sembra abbandonato al triste destino di esuberi, prepensionati, esodati, staffettati, senza alcun meccanismo utile per conservare almeno una porzione di quell’importante capitale umano».
Tra i bocconi avvelenati della crisi c’è il conflitto latente fra le generazioni sul mercato del lavoro, rileva il Censis: «se avere un impiego non è mai stato così difficile, soprattutto per i giovani – osserva l’istituto – Si è contestualmente ridotto l’orizzonte di opportunità anche per chi ha oggi 50 anni. Insomma gli over cinquantenni, anche a causa del prolungamento dell’età pensionabile, si trovano a competere con i ventenni per conquistare il lavoro che non c’è»
Fra gli over 50, tra il 2008 e il 2013 è aumentata l’incidenza dei lavoratori dipendenti e degli occupati a tempo pieno, come effetto dello slittamento in avanti dell’età da pensione.
Ma nello stesso periodo c’è stato un aumento del 7,6% dei lavoratori autonomi e tende a raddoppiarsi la componente degli occupati a tempo parziale, che nel 2013 diventano circa un milione, con un incremento nei sei anni pari al 47,5%.
I disoccupati over 50 hanno raggiunto le 438mila unità , con un aumento rispetto al 2008 di 261mila persone in termini assoluti e del 146% in termini relativi (in soli dodici mesi l’area della disoccupazione ha visto un incremento di 64mila unità : +17,2% tra il 2012 e il 2013).
E i disoccupati di lunga durata ultracinquantenni sono quasi triplicati negli ultimi sei anni: sono passati da 93mila a 269mila (+189%).
Oggi l’insicurezza economica determinata dalla crisi, l’erosione oggettiva dei redditi, la necessaria compressione dei consumi spingono molti over 50 a cercare di entrare nel mercato del lavoro.
Se si somma il numero delle persone in cerca di occupazione e quello di chi, pur inattivo, si dichiara disponibile a lavorare, la pressione esercitata sul mercato del lavoro da parte degli over 50 supera il milione di individui.
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Giugno 19th, 2014 Riccardo Fucile
ORA CHE IL PRESUNTO ASSASSINO DI YARA SAREBBE UN BERGAMASCO DOC, IL CARROCCIO E’ SILENZIOSO, MA TUONAVA QUANDO SEMBRAVA ESSERE COLPEVOLE IL RAGAZZO MAROCCHINO…SONO ANNI CHE CAVALCA CASI DI CRONACA NERA, SALVO POI TACERE QUANDO SI SCOPRE CHE GLI AUTORI SONO ITALIANI
“Ieri un ‘matto’, che girava nudo per Milano, ha ucciso e ferito senza nessun motivo. Non sarebbe il caso di riaprire delle strutture dove accogliere, curare e controllare i malati di mente?”.
Su Facebook il segretario della Lega nord Matteo Salvini mostra comprensione nei confronti di Davide Frigatti, responsabile dell’ accoltellamento di tre passanti a Cinisello Balsamo , uno deceduto e due ricoverati in gravi condizioni.
Eppure lo stesso “garantismo” il Carroccio (e Salvini in persona) non sembrano averlo mostrato quando casi di cronaca nera hanno coinvolto cittadini non italiani.
Al contrario, ogni delitto compiuto da un extracomunitario (vero o supposto che fosse) è stato quasi sempre il pretesto per campagne politiche sul tema dell’immigrazione.
A cominciare dal caso di Adam Kabobo, il ghanese che lo scorso anno uccise tre passanti a picconate a Milano e al quale Salvini augurava di ‘marcire in prigione’.
Così il segretario della Lega Nord sulla mancata richiesta dell’ergastolo ai danni Adam Kabobo, il ghanese che l’11 maggio del 2013 uccise a colpi di piccone tre passanti a Milano. Il pm Isidoro Palma ha chiesto una condanna a vent’anni di reclusione.
Discorso simile per il caso di Yara Gambirasio, che nei giorni scorsi ha portato al fermo di Massimo Giuseppe Bossetti. Il 5 dicembre 2010, ad esempio, quando il marocchino Mohammed Fikri era stato appena fermato quale sospettato dell’omicidio, l’europarlamentare Mario Borghezio apparve sicuro della sua colpevolezza.
Tanto da tuonare sulla necessità di «raccogliere le impronte digitali» perchè era evidente la «necessità di introdurre un’aggravante per i reati commessi dai clandestini».
Una posizione isolata? Non proprio, visto che lo stesso Matteo Salvini si diceva convinto che – a prescindere dalla nazionalità del colpevole – se era vero che «queste cose succedevano anche prima che arrivassero gli immigrati, da quando ci sono così tanti irregolari succedono di più»
Insomma, la colpa era dei danni prodotti dall’“immigrazione incontrollata” e perchè «c’ è un senso di impunità ».
E siccome «Brembate è una città tranquilla e ospitale dove episodi del genere non si ricordano negli ultimi anni e se si verificano adesso un motivo ci sarà ». Parole cui fa da contraltare il silenzio di questi giorni
NOVI LIGURE
La fretta di incolpare gli immigrati non è arrivata solo per Yara. Un altro esempio clamoroso di uso strumentale della cronaca risale al febbraio del 2001.
Delitto di Novi Ligure. Erika, quella che poi si scoprirà aver ucciso col fidanzatino adolescente madre e fratello, incolpa all’inizio due presunti ladri slavi. Albanesi, probabilmente.
Occasione ghiotta per la Lega Nord, che organizza subito una fiaccolata in nome della sicurezza.
In un’interrogazione immediata il parlamentare Mario Borghezio ricorda una donna stuprata pochi giorni prima chiedendo al ministro dell’Interno se non si ritiene «necessaria e urgente un’azione coordinata interforze per individuare e sradicare dalla zona le bande criminali di extracomunitari clandestini che attualmente vi spadroneggiano pressochè indisturbati, con misure efficaci ed effettive di espulsione».
Criticato da tutti gli esponenti politici dopo il riconoscimento di Erika e Omar come gli autori del massacro, Borghezio non arretrò di un passo: «Citare la criminalità albanese ed extracomunitaria è un riflesso condizionato naturale di fronte al reiterarsi di episodi che hanno creato una grande paura» disse, e ancora: «Queste mie affermazioni sono la conferma che vi è una grande preoccupazione e averle citate non è nient’altro che la riprova, la dimostrazione che queste bande criminali sono troppo libere di agire».
Borghezio non fu solo. Il clima anti-immigrati che si era creato lo ha ricordato in una recente intervista a Il Secolo XIX anche Mario Lovelli (Pd) che nel 2001 era sindaco di Novi: «Per la città furono giorni traumatici, c’è voluto tempo per metabolizzare la tragedia. Ricordo il giorno dopo il delitto, la reazione strumentale della Lega Nord e di Forza Italia, quando non si conosceva ancora la verità . C’era stato un consiglio Comunale infuocato, molti esponenti del centrodestra chiedevano di usare la mano pesante contro gli immigrati clandestini: si pensava che gli assassini fossero extracomunitari»
I ROM DEL FALSO STUPR
Di tono simile le dichiarazioni lasciate da un esponente leghista dopo la denuncia, da parte di una ragazzina torinese di 16 anni, di uno stupro ad opera di alcuni rom. La violenza si rivelò poi falsa, un’invenzione, ma nel frattempo una spedizione punitiva andò a incendiare le abitazioni del campo nomadi della Continassa, alla periferia di Torino.
In quei giorni Davide Cavallotto dichiarava: «A Torino l’emergenza rom è diventata ormai una piaga sociale. C’è voluto un episodio deprecabile come l’incendio doloso di un campo nomadi per capire che ormai la misura è colma. La politica deve mettere da parte l’ipocrisia e iniziare a fare i conti con l’impossibilità di una convivenza civile fra chi vive nella legalità e paga le tasse e chi rifiuta ogni forma d’integrazione e si macchia di reati restando impunito anche di fronte alla legge».
LA CAMIONETTA ASSALTATA
«Varese, ASSALTO a un furgone della POLIZIA per far scappare un detenuto ALBANESE. Primi effetti bastardi dell’infame legge SVUOTA CARCERI».
Così commentava a caldo sempre Matteo Salvini la notizia di un furgoncino della Penitenziaria preso d’assalto a Gallarate, in provincia di Varese.
Poi si venne a sapere che il detenuto evaso grazie alla sparatoria era Domenico Cutrì. «Per me poteva essere anche Finlandese», cerca di minimizzare allora Salvini, messo di fronte all’errore: «Cambia poco: lo svuota carceri resta una boiata».
Paolo Fantauzzi e Francesca Sironi
(da “L’Espresso”)
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