Giugno 3rd, 2017 Riccardo Fucile
SONDAGGIO “ATLANTE POLITICO”, UNA RADIOGRAFIA DI CHI VOTA M5S
Oggi l’Atlante politico di Ilvo Diamanti su Repubblica è dedicato al MoVimento 5 Stelle: una radiografia dei suoi elettori e delle loro preferenze politiche.
Dai risultati si evince che il M5S è un partito trasversale, che raccoglie ampi consensi tra giovani e operai, la cui collocazione politica preferita è il centro, lo stesso celebrato per 40 anni di Prima Repubblica dagli elettori della Democrazia Cristiana.
E apprezza Donald Trump e Vladimir Putin tra i leader internazionali “forti”.
Nello studio è presente anche una ricerca sul gradimento di alcune alleanze piuttosto che altre dopo il voto, nel caso il MoVimento 5 Stelle non riuscisse a ottenere la maggioranza nei due rami del parlamento.
In particolare gli elettori del MoVimento 5 Stelle sono in maggioranz favorevoli (in ad una alleanza alleanza con la Lega Nord e Fratelli d’Italia piuttosto che con i Pd: esattamente 47% per la prima ipotesi, 41% per la seconda.
(da “NextQuotidiano“)
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Giugno 3rd, 2017 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO CONTRO LE ELEZIONI ANTICIPATE
“Credo che una sinistra unita e responsabile, all’interno di una coalizione di centrosinistra, abbia già dimostrato di saper governare e di farlo bene. Non nuove tasse ma chi ha di più, dia di più e chi ha meno, dia di meno. Questa è giustizia sociale, nostro impegno prioritario, insieme a una più efficace lotta all’evasione fiscale, alle diseguaglianze, al divario tra Nord e Sud, alla riduzione del debito pubblico sui cui paghiamo interessi enormi. E poi bisogna pensare anche al futuro e fare investimenti che creino occupazione”.
Così, in una intervista alla Stampa, l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che si dice pronto a divenire il leader della sinistra.
“Non intendo la politica come lo strumento dell’io – spiega -, per me la politica è il noi. Ma se il leader è qualcuno che guida un progetto, allora io voglio contribuire a tenere insieme chi ha gli stessi valori, avendo come punto di riferimento il bene del Paese e non l’interesse di una persona o di un partito”
Sull’ipotesi voto in autunno, Pisapia parla di “grave errore” mentre, avverte, “se Renzi si allea con Forza Italia il popolo del Pd si ribellerà “, “l’alleanza con Silvio Berlusconi – aggiunge – non si può digerire. È come chiedere a un vegano di mangiare carne”. “Un accordo di governo col M5S – fa poi sapere – è impraticabile. È invece possibile una convergenza su alcuni punti programmatici”.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2017 Riccardo Fucile
GIOVANI INDIFFERENTI, PER LORO SONO PAROLE VUOTE
Addio alla “bussola” per antonomasia della politica: destra e sinistra sono parole vuote per gli elettori giovani di oggi. Addio ideologie e senso di appartenenza, com’è stato per generazioni. Lo dice il Rapporto Giovani 2017 dell’Istituto Toniolo realizzato in collaborazione con Fim Cisl: il 61,5% di un campione di 2000 persone nega qualsiasi importanza alla distinzione destra-sinistra.
Questa “indifferenza” tocca il picco tra chi ha come riferimento il Movimento 5 Stelle: si arriva al 77,6%. Il no alla discriminante classica prevale comunque nell’elettorato di tutti i partiti.
Solo il 16,8% dei giovani dichiara, invece, di non avere un’idea chiara su cosa rappresentino effettivamente i diversi orientamenti ideali
“Il voto dei ragazzi, l’elettorato più difficile da intercettare, può fare la differenza in vista delle prossime elezioni – commenta Alessandro Rosina, curatore del rapporto – . I partiti devono sapere che non convince più l’offerta politica che usa gli schemi del passato, della destra e della sinistra. C’è un mondo che cambia e i giovani non vengono inclusi, per questo si chiudono e si avvicinano ai partiti anti-sistema ”
Disillusione.
Cresce lo scontento tra i giovani e aumenta anche la disillusione nei confronti della politica e della classe dirigente, ritenuta la responsabile di tutti i mali: “In Europa abbiamo la più alta percentuale di Neet (not in education, employment or training), ossia giovani non inseriti nello studio, nel lavoro o nella formazione – spiega Rosina – . Lo scenario più probabile è un voto di astensione o di protesta”.
I millennials sono “tripolari”: c’è una parte che protesta; una che non aderisce a nessun partito e rimane lontano da tutti, in attesa di una proposta politica che parli il loro linguaggio; e una parte minoritaria, rappresentata dai giovani con i titoli di studio più alti, che cerca di essere propositiva e manifesta interesse per un partito o movimento. In una scala da 1 a 10 per esprimere il grado di vicinanza ai vari partiti-movimenti, un giovane su tre (il 34,6%) dà l’insufficienza a tutti. I 5Stelle ottengono un voto uguale o superiore al 6 dal 35,1%, il Pd dal 25,7% .
Il fattore cambiamento.
Il discrimine più forte sul voto è legato al dualismo apertura-chiusura al nuovo: “La sfida è far capire che il cambiamento può essere colto come opportunità mettendo i Millennials al centro – prosegue Rosina – l’Italia deve investire sui propri giovani, considerarli una risorsa: nessun governo finora si è mai dotato di un piano di crescita che abbia al centro le nuove generazioni. E’ questa l’offerta politica che può catturare il loro consenso”.
(da “La Stampa”)
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Giugno 3rd, 2017 Riccardo Fucile
DALLA CATALOGNA ALLE BALEARI CORTEI E SCRITTE: “TOURIST GO HOME”
Le scritte poco ospitali compaiono ormai quasi tutti i giorni: «Tourist go home». Tornatevene a casa vostra, è il messaggio esplicito, perchè la nostra è troppo affollata. La Spagna macina record su record, i visitatori stranieri nel 2016 sono stati 75 milioni, quest’anno si punta a superare gli 80.
Se per l’economia è una benedizione (non sempre ben distribuita), per tanti cittadini, in un Paese di 46,5 milioni di abitanti, la convivenza è complicata.
Non esiste un movimento organizzato, ma tante realtà che cominciano a non limitarsi a commenti acidi al bancone del bar.
Per descrivere l’atteggiamento cambiato verso le masse di visitatori, è nato anche un termine, molto contestato ma chiaro, la «turismofobia».
L’ostilità , del tutto pacifica, è in aumento e preoccupa un’industria che cresce con cifre impressionanti.
LA SUSCETTIBILITà€
Quello che lo studioso Claudio Milano chiama «l’indice di suscettibilità », ha toccato vette altissime a Barcellona.
Il paradosso, almeno visto dall’Italia, è che nella capitale catalana il motto «tourists go home», spesso è accompagnato da «refugees welcome». Orde turistiche no, ma profughi sì.
Barcellona è la più visitata (e invasa) e più si consolida il primato, più si rompe l’equilibrio con gli abitanti. Aumentano le navi da crociera, arrivano più voli low cost e d’estate anche tanti vacanzieri in auto.
Tutti, o quasi, si concentrano in centro e alla Barceloneta, un tempo il quartiere dei pescatori, oggi praticamente monopolizzato da comitive in ciabatte, costume con l’asciugamano in spalla (la spiaggia è a due passi).
Il tema del cambio di modello turistico è al centro dell’agenda pubblica da qualche anno, tanto che l’attuale sindaca, Ada Colau, alleata di Podemos, deve parte del suo consenso alla sfida aperta che ha intrapreso contro l’eccessivo successo di visitatori. La giunta Colau nei suoi primi due anni di vita ha mantenuto aperto il fronte.
I nemici sono fondamentalmente due: la giungla degli appartamenti in affitto soprattutto nei portali come Airbnb e il proliferare degli alberghi dove un tempo sorgevano case.
Nel primo caso il Comune è intervenuto con denunce, controlli serrati, limitazioni e multe. Nel secondo, Colau ha firmato una moratoria per gli alberghi: stop alla costruzione in centro e concessioni aperte solo in periferia.
I numeri aiutano a capire il fenomeno: in un centro di 55.000 abitanti ogni giorno dormono 80.000 turisti e il calcolo è per difetto, visto che in tanti occupano illegalmente ogni tipo di alloggio.
È la forbice si allarga sempre di più a discapito dei residenti che affittano agli stranieri e abbandonano i quartieri di sempre.
È la cosiddetta sindrome di Venezia: il centro a misura di comitive e non più di abitanti. Davanti alle folle che intasano le Ramblas molti cittadini non restano più indifferenti. Sono nate in questi mesi gruppi, piattaforme e si sono organizzati cortei che chiedono rispetto per chi la città la vive.
Il movimento si sta allargando, coinvolgendo soprattutto le Baleari. A Maiorca e Ibiza, a causa del turismo di massa, neppure i medici stagionali riescono a trovare un appartamento dignitoso e sono costretti a soggiornare in stanze dedicate degli ospedali. Nell’arcipelago arrivano ogni anno 15 milioni di stranieri, ma la disoccupazione resta al 15%.
Il tema divide, se l’esproprio degli spazi comuni non può non turbare, sono tanti quelli che, più o meno alla luce del sole, guadagnano belle cifre.
I dati macroeconomici la dicono lunga: il settore vale almeno il 12% del Pil. Per un Paese, come la Spagna, affossato dalla crisi finanziaria, il turismo è stato il vero motore della ripresa, erodendo anche l’enorme tasso di disoccupazione.
Così, i turismofobici si confrontano con un altro partito molto nutrito, che dice: «Perchè dovremmo rinunciare a tutto questo?».
Uno dei più illustri teorici del turismo spagnolo è Fernando Gallardo, critico alberghiero del Paàs: «Nel 1950 in tutto il mondo viaggiavano 25 milioni di turisti ricchi, oggi siamo arrivati a 1,2 miliardi e non sempre benestanti. La verità è che tutti questi che vogliono mettere dei muri contro i turisti, come fossero Trump, vogliono far diventare la Spagna come Portofino o le Maldive, oasi di ricchi».
Francesco Olivo
(da “La Stampa”)
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Giugno 3rd, 2017 Riccardo Fucile
L’INCARICO FORMALE NELLE PROSSIME SETTIMANE
È senza dubbio un giorno storico per l’Irlanda.
Il 38enne Leo Varadkar, apertamente gay e di padre indiano, è stato eletto nuovo leader del Fine Gael, forza di maggioranza nella Repubblica, subentrando così al premier (taoiseach in lingua gaelica) Enda Kenny, dimessosi dopo 15 anni alla guida del partito.
Il medico “prestato” alla politica si appresta così a diventare primo ministro nelle prossime settimane, il più giovane di sempre nel Paese.
«Il pregiudizio non ha più presa nella Repubblica», ha dichiarato entusiasta Varadkar subito dopo la sua proclamazione e ha promesso di rendere il partito più «democratico, impegnato e inclusivo».
Per lui ora appare scontata la nomina a capo del governo dopo i colloqui coi rappresentanti dei partiti irlandesi necessari a garantire la fiducia a una compagine che resta comunque – come quella guidata da Kenny – di minoranza.
Con alle spalle diversi incarichi di ministro, da ultimo di titolare degli Affari sociali, Varadkar era già dato ampiamente favorito e ha sconfitto nelle elezioni interne grazie al sostegno dei deputati del Fine Gael l’avversario Simon Coveney, ministro per l’Edilizia.
Il nuovo leader rappresenta il volto di una Irlanda profondamente cambiata negli ultimi anni, in cui l’influenza cattolica si è via via affievolita aprendo la strada a mutamenti epocali per il Paese su temi quali l’aborto o le nozze gay.
Il neoleader ha in effetti alle spalle una storia familiare e individuale “eccentrica”: fuori dagli schemi classici di questa terra.
Nato nella capitale da padre immigrato dall’India e madre irlandese, è passato dalla medicina alla politica qualche anno fa, scalando rapidamente posizioni nel partito e nel governo sotto l’ala di Kenny.
Varadkar, primo ministro a dichiararsi pubblicamente gay nella storia dell’isola verde, ha condotto del resto una campagna in cui la sua omosessualità , sottolineano gli esperti, è stata in sostanza ininfluente.
Mentre le riforme sociali proposte di recente in veste di ministro, alcune delle quali contestate, gli hanno dato visibilità più di quanto evidentemente non l’abbiano penalizzato.
Varadkar, nel discorso con cui ha accettato la designazione dinanzi a una platea di sostenitori in festa, si è detto «onorato», ammettendo di avere peraltro dinanzi «una sfida enorme» da affrontare.
Poi ha rivendicato la sua storia personale e le radici paterne. «Quando mio padre completò il suo viaggio di 5.000 miglia per costruire la sua nuova casa in Irlanda, dubito che abbia anche solo sognato di poter avere un giorno il proprio figlio leader di questo Paese», ha detto con accenti di commozione.
Ha quindi reso omaggio al rivale di partito Coveney, invocando l’unità del Fine Gael e dell’Irlanda.
«Facciamo sì – ha concluso fra gli applausi – che la nostra missione, ora, sia fare della Repubblica una terra di opportunità per tutti». Al di là dei colore della pelle, delle origini o degli stili di vita.
(da agenzia)
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