Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
NO ALLA PROROGA DI SEI MESI……VENDETTA MATURATA ALL’INTERNO DELLA SINISTRA ITALIANA, SEMPRE PIU’ OCCUPATA AD ACCUSARSI A VICENDA
«È una carognata che parte dall’Italia e da Renzi. È anche un gesto di viltà di partiti socialisti, tranne l’Spd, residuali. I renziani sappiano che terremo a mente questa vicenda»: Peppino Caldarola, ex deputato dei DS, è davvero arrabbiato e su Facebook non nasconde la sua indignazione per quello che è capitato al suo amico Massimo D’Alema.
Cos’è successo? È successo che l’assemblea annuale della FEPS, l’organizzazione che racchiude le 37 fondazioni progressiste europee, ha bocciato la proposta dello stesso D’Alema che puntava a un prolungamento semestrale del suo mandato come presidente.
Raccontano le cronache sanguinarie e sanguinolente che nella sede della Foundation for European Progressive Studies di Rue Montoyer 40, nel cuore del quartiere comunitario di Bruxelles, D’Alema ha provato a resistere fino all’ultimo, ma la votazione è stata chiara: delle 45 fondazioni del Pse 15 si sono schierate con lui, 22 gli hanno votato contro.
Un evidente affronto al Lìder Maximo. Per di più effettuato con il voto segreto, cosa richiesta proprio dall’interessato, evidentemente convinto che nel segreto dell’urna il responso gli sarebbe stato invece favorevole
Non è andata così.
Soltanto in quindici tra le fondazioni socialiste alla fine hanno accordato la loro preferenza alla mozione D’Alema (cit.). E a nulla è servito che il suo fake su Twitter ricordasse che “dead wasp still stings” nè che Roberto Speranza ieri dichiarasse tutto il suo sgomento: «Oggi si è scritta una pagina nera della storia del Pse che rappresenta limpidamente la crisi drammatica del socialismo europeo. Si consuma una vendetta politica ordinata dall’Italia».
E ovviamente i renziani hanno respinto ogni ipotesi di complotto.
D’altro canto D’Alema non godeva più di buoni uffici presso il Partito Socialista Europeo da quando aveva annunciato il suo no nella campagna per il referendum voluto dal governo Renzi.
Lui all’epoca non si scompose, anzi: in tutta risposta rinfacciò a loro di aver preso posizione per il sì: «Gli italiani dovrebbero essere lasciati liberi di scegliere in una vicenda che non riguarda la stabilità dell’italia, bensì alcune delicate regole della costituzione repubblicana».
Poi nelle scorse settimane la situazione è precipitata. Sette fondazioni, guidate dai tedeschi, hanno chiesto a D’Alema di fare un passo indietro per la scissione del Partito Democratico che aveva provocato con la nascita di Articolo 1 — MDP.
Lui si è battuto come un leone: ha fatto sottoscrivere una lettera ad altre fondazioni in cui si chiedeva che il suo mandato fosse allungato fino a dicembre per portare a compimento il lavoro svolto.
A quel punto si è andati al voto come proposto dallo stesso D’Alema. Ed è arrivato il responso: 22 a 15 per il no. Al suo posto è stata eletta la deputata europea portoghese Maria Joao Rodrigues.
Scrive Repubblica che oltre a spagnoli, tedeschi e nordici contro di lui si è schierata anche EYU, la fondazione del Partito democratico.
Per lui avrebbero invece votato i socialisti francesi, l’Istituto Gramsci e le fondazioni Nenni e Giuseppe Di Vittorio della Cgil.
E alla fine lui e Speranza si sono dovuti anche sorbire la presa in giro di Francesco Bonifazi, tesoriere del PD e presidente della EYU: «Spiace che Roberto Speranza l’abbia presa male. Ringraziamo il presidente D’Alema per la sua abnegazione. Ma nella vita bisogna anche saper scegliere il momento giusto per andarsene. Auguri alla Rodrigues, un grande in bocca al lupo a Speranza».
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
“PROPRIO ORA CHE ATTACCHIAMO LA LEGA SULLE BANCHE VENETE”
“Proprio ora che stiamo attaccando la Lega sulle Venete…”. Nella chat dei parlamentari M5S, sorge più di qualche dubbio.
E così un deputato chiede se sia opportuna o meno la partecipazione di Luigi Di Maio alla rassegna “Garda d’autore”.
E nel farlo allega la locandina dell’appuntamento di domani sera a Lazise che vede il candidato premier in pectore grillino intervistato dal giornalista Gianluigi Nuzzi ma alla kermesse, seppur in colloqui separati, ci saranno anche il segretario del Carroccio Matteo Salvini (sostituito forse da Giancarlo Giorgetti) e il coordinatore Pd Lorenzo Guerini. Il tutto in territorio Veneto e con il patrocinio della regione guidata da Luca Zaia.
Sono di pochi giorni fa le dichiarazioni dei pentastellati proprio contro i leghisti ed è per questo che secondo alcuni la presenza di Di Maio in un contesto simile sarebbe stata da evitare: “Nel crac delle venete ci sono i soliti ingredienti. La connivenza tra banchieri e certi ‘grandi’ imprenditori, ma pure la complicità clientelare di tutta la politica locale. Chi ha lungamente governato in quei territori, Lega Nord in testa, ora non può chiamarsi fuori, fare la sceneggiata e reagire scandalizzato. Non è possibile rifarsi una verginità a mezzo stampa da un giorno all’altro”, scrivevano gli eletti 5 Stelle.
E poi ancora, twittava Federico D’Inca: “Lega ammutolita alla Camera in prima battaglia su pregiudiziali a decreto che regala 5 miliardi a Intesa per #banchevenete. Coda di paglia?”.
Nella stessa chat, in cui alcuni deputati hanno appunto chiesto spiegazioni, c’è chi ha gettato acqua sul fuoco difendendo Di Maio e dicendo in sostanza che questi incontri sono importanti e che in fondo fanno parte del nuovo corso pentastellato.
“Ormai andiamo ovunque”, spiega un deputato interpellato in Transatlantico. E in effetti il tappo, che teneva lontani i grillini dai palchi con partecipanti non amici, è saltato.
Basti pensare al pranzo di un anno fa tra il vicepresidente della Camera e i vertici dell’Ispi, cioè i leader italiani della Trilateral.
È da allora che il vento è cambiato. Quindi pochi scrupoli anche se si tratta di partecipare a un evento insieme a Matteo Salvini, attaccato duramente dai grillini per la vicenda banche ma nello stesso tempo guardato con interesse in vista di quelle che in caso 5 Stelle vengono chiamate “convergenze post elettorali” per avere la fiducia in Parlamento se M5s dovesse risultare primo partito alle prossime elezioni.
In questo contesto di kermesse e tavoli anche con i poteri forti rientra la strategia illustrata ieri da Davide Casaleggio ai deputati.
Ovvero sottoporre alle categorie, ai sindacati e alle aziende il programma di governo pentastellato ed essere aperti anche ad eventuali modifiche.
Dunque ogni tipo di contatto può essere utile per allargare il consenso. E infatti qualcuno in chat ha fatto notare: “Questi incontri ci servono”.
Il problema però, nel caso dei tavoli di concertazione, sarà lo streaming.
Farlo o non farlo? Cominciano già a chiedersi negli uffici 5 Stelle.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
IL CONDUTTORE INDICA RENZI COME MANDANTE, MA FAREBBE BENE A DIRE CHE UN 3,5% DI SHARE E’ LA CAUSA PRINCIPALE DELLA DECISIONE DE LA7
Ieri sera Gianluigi «Bombatomica» Paragone ha annunciato urbi et orbi la chiusura de La Gabbia, il programma dal titolo profetico che conduce da qualche anno su La7. Nell’intervento di chiusura della trasmissione, che è diventato già un cult su Internet, Paragone ha cominciato a ringraziare tutti come di consueto e poi, di colpo, ha annunciato: «Ringrazio anche il nuovo direttore Andrea Salerno anche se La Gabbia non rientra più nei suoi piani editoriali. Va bene così. Quindi ci salutiamo, La Gabbia termina qui, chiude qui i battenti. Ha vinto il Ciaone. E con questo Ciaone ci salutiamo».
Il Giornale fa sapere che giornalisti, autori e operatori hanno appreso la notizia della cancellazione solo nel pomeriggio durante una riunione con Paragone.
La chiusura del programma arriva a poche settimane dalla nomina di Andrea Salerno alla direzione della rete televisiva di Urbano Cairo.
E anche il video di saluto di Gianluigi Bombatomica nelle sue poche parole ha un obiettivo ben preciso: velatamente, Paragone accusa il “Ciaone” e non può venire in mente a questo proposito il famigerato tweet del renziano Ernesto Carbone che si beava del mancato raggiungimento del quorum al referendum trivelle concludendo proprio con un #ciaone la frase.
Un complotto dei renziani per chiudere La Gabbia?
Questo sembra sostenere Paragone, che non è nuovo a uscite originali di questo genere — memorabile l’adesione alla teoria del complotto sulle matite cancellabili durante le elezioni — mentre le migliori menti della nostra generazione (cit.) sono già partite all’assalto.
Sul suo blog un preoccupatissimo Diego Fusaro parla di “decisioni dall’alto”…
Mentre un redivivo Paolo Barnard, che ha denunciato in più occasioni presunte cacciate da parte dello stesso Paragone, annuncia retroscena inquietanti.
La stessa cosa fa Elio Lannutti dell’Adusbef, che su Twitter parla dell’«informazione libera di Paragone, fastidiosa per Bankitalia, Draghi, Bce».
E mentre TvBlog sostiene che Massimo Giletti potrebbe prendere il posto di Paragone, visto che sembrerebbe aver deciso di lasciare la RAI, su Twitter parte la caccia ad Andrea Salerno, il quale, «allineato» insieme a Urbano Cairo «alla politica delle larghe intese», ha ucciso la creatura di pòro Gianluigi. Anche se non tutti sembrano dispiaciutissimi, anzi.
La solidarietà , soprattutto politica, è però innegabile. Salerno viene persino accusato di essere renziano, anche se soltanto qualche mese fa ha lasciato la Rai Tre renziana guidata da Daria Bignardi.
Su Twitter comincia a farsi strada l’hashtag #BoicottaLa7, che denunzia le orribile cenzure contro Paragone.
Ma è sulla pagina fan di Gianluigi che si vede il vero deesagio: «Anche Cairo si è venduto. Bene!!!! Boicotterà³ pure La7. Infami e traditori. Grande stima a Gianluigi Paragone, un grande giornalista con la schiena dritta», dice Giacomo; «Non è possibile che chiuda questa trasmissione. Non ti sei allineato col regime Gianluigi ecco perchè ti chiudono e ci chiudono questa bella trasmissione, una delle poche che dice le cose come sono», gli fa eco Marco; «Il primo giornalista che ha parlato di signoraggio bancario sul grande schermo. Top Gianluigi», sostiene Gianluca.
Insomma, c’è chiaramente complotto anche se l’arbitro non l’ha fischiato perchè cornuto.
Lo share medio de La Gabbia, tra il 3,1 e il 3,8%, interessa a pochi.
Insomma, La Gabbia chiude. Tutti quei matti ci mancheranno.
Anche se Mentana lancia il cliffhanger. To be continued?
La7 è come una strada di artigiani, in cui ognuno ha la sua bottega, coi suoi talenti e i suoi difetti: insomma con le sane differenze che rendono varia un’offerta. Capita che arrivi qualcuno da fuori ad aprire il suo spazio, ed è sempre ben accetto. Capita che qualcuno scelga di andare altrove, ed è il mercato. Ma dalla strada delle botteghe della 7 non si sfratta nessuno, nè lo si lascia nella bottega chiusa. Magari si cambia un’insegna, si mette in mostra un lavoro nuovo, ma niente epurazioni. Paragone chiaro?
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
LA MANIA DELLO SPOTTONE GIOCA UN BRUTTO SCHERZO AL GABIBBO BIANCO E ALLO ZIO D’AMERICA: ERANO A UN CHILOMETRO DI DISTANZA, FACEVANO PRIMA A VEDERSI… E OGNUNO DA’ UN ALLARME METEO DIVERSO DALL’ALTRO
“Base luna chiama terra”. Nella prima prova a reti unificate della protezione civile, il sindaco Marco Bucci interpreta un astronauta che comanda una navicella malandata.
Nel corso del collegamento in videoconferenza si rompe un condizionatore e la sala operativa si allaga. Un vigile passa con un secchio.
Il presidente della Regione, Giovanni Toti, se ne accorge e lo prende in giro. “Piove dentro alla sede della protezione civile di Genova? C’è una perdita da un tubo? Avete un’emergenza locale?”.
Un brutto segnale, ma Bucci fa finta di niente. “Dove siete per mia curiosità ?”.
Lui è in via Di Francia 1, al Centro operativo comunale, e dalla Foce gli risponde Stefano Vergante, il dirigente della protezione civile regionale. “Siamo nella sala della protezione civile”.
Bucci è disorientato. “Dove?”. “In viale Brigate Partigiane, sindaco”.
Sono distanti un chilometro, ma sembrano anni luce.
È proprio per colmare quel buco nero che divide le due protezioni civili, che viene organizzato con Toti e l’assessore alla protezione civile regionale Giacomo Giampedrone un primo briefing in diretta con i colleghi al Matitone per “fare il punto sulle azioni congiunte e coordinate da mettere in campo in vista delle prossime allerte autunnali”.
Si ricomincia da zero: non devono capitare cortocircuiti come quelli di ieri, quando la Regione alle 12.15 dirama il prolungamento dell’Allerta Gialla fino a mezzanotte e il Comune informa i cittadini con gli sms alle 17.30.
“Buon pomeriggio sindaco, buon pomeriggio a tutti – dice al microfono Toti – come sapete l’allerta è stata prolungata. Pur essendo minore non è da sottovalutare. Sulla protezione civile possiamo innescare meccanismi sinergici, ragionare sul sistema della messaggistica che può essere uniformato
Bucci lo interrompe. “Giovanni non si sente bene!”. Problemi ai microfoni.
“Che tipo di collegamento abbiamo con gli altri comuni della Città Metropolitana? Sono integrati?”, gli chiede il sindaco. Risponde Vergante. “A livello comunale c’è il sindaco, a livello provinciale, è il prefetto che gestisce l’emergenza”.
Silenzio. “State parlando? Abbiamo problemi di audio, non si capisce bene, è una cosa che dobbiamo assolutamente mettere a posto”
A Bucci risponde Giampedrone. “La nostra sala operativa si occupa di mettere in campo i volontari. Credo che questo sia l’avvio di un percorso che dobbiamo implementare con una capillarità di informazioni tra regione e comune durante le allerte con lo scopo di intervenire nel minor tempo possibile. La nostra sala è operativa h24, rispetto alle varie emergenze di protezione civile abbiamo una copertura totale”
A Bucci piove in casa e di fronte a tanta macchina organizzativa, è imbarazzato. “Accelereremo l’integrazione con il 112”. Toti lo ringrazia. “Avere il numero della
polizia locale sarebbe perfetto”.
Magari la prossima volta meglio che ne parlino a voce direttamente.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
SONDAGGIO PIEPOLI: FIDUCIA PERSONALE SCESA AL 45%, IL GRADIMENTO ALLA SUA GIUNTA PRECIPITATA DAL 56% AL 31%
La Stampa pubblica oggi i risultati di un sondaggio non molto gradevole per Chiara Appendino, nel frattempo ufficialmente indagata per i fatti di piazza San Carlo:
L’Istituto Piepoli lo testimonia: nel giorno in cui taglia il traguardo del suo primo anno di mandato, la fiducia in Appendino è scesa al 45%. Il gradimento verso la sua amministrazione è al 31%; a settembre era al 56.
L’immagine della sindaca vive un momento di appannamento, certificano le statistiche. Però è ancora solida.
«Le persone la considerano onesta, determinata, integrata nel suo ruolo e concentrata nel pensare al futuro della città », spiega il professor Nicola Piepoli.
«Queste qualità fanno sì che nonostante il bilancio del suo primo anno non soddisfi il 45% dei torinesi, la fiducia resti alta, al livello- ad esempio del presidente del Consiglio Gentiloni. Significa che i torinesi, in virtù delle qualità che le riconoscono, la considerano in grado di migliorare le cose».
Per i fatti di piazza San Carlo, durante la finale di Champions League, un terzo degli intervistati ritiene che la sindaca avrebbe dovuto dimettersi.
C’è chi le imputa la mancanza di un piano di emergenza, chi la considera responsabile in prima persona.
Per contro il 53% è convinto che debba rimanere al suo posto perchè, assumendosi la responsabilità , ha dimostrato di essere un buon sindaco.
«Il dato rilevato indica una certa incrinatura nella fiducia della città verso il suo sindaco», ragiona Piepoli.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
SONDAGGIO IPR: “EFFETTI NEGATIVI SULL’IMMAGINE DELLA CITTA'”… L’ASSOLVE IL 47% DEI CITTADINI
I torinesi si dividono sulle responsabilità della sindaca sui fatti di Piazza San Carlo. Lo rivela il sondaggio che Ipr marketing ha realizzato per Repubblica Torino in occasione del primo anno di amministrazione Appendino che coincide con il 30 giugno.
Il 45 per cento dei torinesi considera che il sindaco è responsabile e che l’episodio abbia gravi ripercussioni sull’immagine della città .
Il 47 per cento invece “assolve” la sindaca attribuendo quanto accaduto la sera del 3 giugno in occasione della finale della Champions league tra la Juventus e il Real Madrid a “una tragica fatalità per la quale il sindaco è responsabile solo in minima parte”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
IN MOLTE DENUNCE INDICATA COME RESPONSABILE DELLA MANCANZA DI SICUREZZA NELLA GESTIONE DELL’EVENTO
Svolta nell’inchiesta di piazza San Carlo.
Sono infatti saliti a tre gli indagati per quanto accaduto la serata del 3 giugno alla finale di Champions League e tra loro c’è la sindaca Chiara Appendino, indicata in molte denunce dei feriti come responsabile della mancanza di sicurezza nella gestione dell’evento, che si è concluso con un fuggi fuggi che ha provocato la morte di una donna e il ferimento di un numero impressionante di tifosi, 1526, quasi tutti tagliati dai cocci di bottiglia che ricoprivano la piazza torinese a causa della mancanza di una ordinanza anti-vetro.
Iscritti assieme a lei nel registro degli indagati sono Maurizio Montagnese e Danilo Bessone, presidente e dirigente di Turismo Torino, la municipalizzata incaricata da Palazzo civico di organizzare l’evento.
I due manager hanno già ricevuto l’avviso di garanzia e, mentre il primo è già stato sentito dai pm Vincenzo Pacileo e Antonio Rinaudo, l’altro sarà interrogato nei prossimi giorni.
I magistrati e gli investigatori della Digos, che indagano per lesioni e per omicidio colposo, oltre a cercare di individuare che cosa abbia scatenato la psicosi di un attentato durante Juventus-Real Madrid, cercano di ricostruire anche la catena di comando che ha curato l’evento in tutte le sue fasi, dalla decisione di organizzarlo alla gestione della sua sicurezza.
Ma da Palazzo di Città precisano: “Non abbiamo ricevuto alcun avviso di garanzia, nè convocazioni in procura”.
L’iscrizione di Appendino sarebbe descritto come un atto dovuto dopo la denuncia di uno dei 1526 feriti che la chiamano direttamente in causa per quanto accaduto.
Dunque l’avviso non sarebbe frutto delle indagini investigative – coordinate dal procuratore capo Armando Spataro – e riguarderebbero dunque l’accusa di lesioni. Almeno per ora il nome della sindaca non comparirebbe nel fascicolo sull’omicidio colposo per la morte di Erika Pioletti, rimasta schiacciata nella calca e morta dieci giorni dopo.
(da agenzie)
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