Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
BAMBINE COMPRATE PER UN PASTO O VIOLENTATE: QUESTI SAREBBERO I DIFENSORI DELLA CIVILTA’ OCCIDENTALE
Erano lì per aiutarli e invece hanno violentato centinaia di adolescenti, che hanno dato alla luce altrettanti bambini che ora vivono nella miseria, mentre le loro madri subiscono miseria e vergogna.
È l’ennesima onta sulla missione di peacekeeping Minustah dell’Onu ad Haiti, chiusa nel 2017 dopo 13 anni, al centro di uno studio condotto dalla professoressa dell’Università di Birmingham Sabine Lee e da Susan Bartels, che insegna invece alla Queens University in Ontario, pubblicato su ‘Conversation’, una rivista accademica internazionale sostenuta da un consorzio di università .
Lo studio è basato su interviste condotte nel 2017 con 2500 haitiani: di questi 265 hanno citato casi di bambini figli di Caschi blu.
Tra gli intervistati, alcuni hanno citato casi di stupro, ma più spesso lo schema prevedeva un rapporto sessuale con le minorenni in cambio di di un pasto.
Il risultato sono stati centinaia di “piccoli Minustah”, scrivono le ricercatrici, che hanno raccolto informazioni su “una serie di ragazzine di 12 e 13 anni messe incinte e lasciate a vivere nella miseria con un figlio tra le mani”.
Relazioni indotte con la forza o il ricatto — alle adolescenti venivano promessi cibo e medicine —, da cui sono venuti al mondo centinaia di bimbi, poi abbandonati dai padri, rimpatriati dopo la scoperta della gravidanza.
Già nel 2017, l’Associated Press aveva denunciato abusi su nove ragazzine da parte di 234 peacekeepers, avvenuti tra il 2004 e il 2007.
Poi, c’è stato l’affaire del colera, la cui epidemia post-terremoto è stata provocata involontariamente da alcuni caschi blu. Ora la nuova denuncia.
Le Nazioni Unite sarebbero state al corrente delle gravidanze e, ogni volta, avrebbero provveduto al rimpatrio del casco blu coinvolto. Ad Haiti — il Paese più povero dell’emisfero occidentale —, madre e figlio restavano in miseria.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
PER GLI INSULTI RAZZISTI I GENITORI HANNO SPORTO DENUNCIA… APERTO FASCICOLO CONTRO IGNOTI PER DIFFAMAZIONE AGGRAVATA DALL’ODIO RAZZIALE
È stato dato a Sondrio l’ultimo saluto alla piccola Mistura, morta in culla a soli 5 mesi di vita. Una tragica morte che ha scosso l’intera comunità valtellinese, e non solo, riunitasi in preghiera per sostenere i genitori della piccola, Helly e Abdul Rasaki, vittime, inoltre, di alcune offese a sfondo razzista ricevute mentre si trovavano al Pronto Soccorso cittadino proprio per salvare la loro figlia.
A presiedere il rito, una Liturgia della Parola, senza la Messa, visto che Mistura non aveva ancora ricevuto il sacramento del Battesimo, è stato don Giacinto Panfilo, direttore dell’Istituto salesiano di Sondrio.
Una celebrazione di rispetto, silenzio e commozione svoltasi presso la chiesa di San Rocco.
La tragica morte della bambina ha fatto discutere per il caso degli insulti razzisti rivolti da alcune persone presenti al pronto soccorso alla madre della piccola, che urlava per il dolore e la disperazione.
Una testimone ha sentito pronunciare nella sala d’attesa dell’ospedale commenti come “scimmia” e “tanto ne sfornano uno all’anno”. Parole che non sono state sentita dal personale sanitario dell’ospedale, che tuttavia non ha smentito l’accaduto e non ha mai sostenuto che si trattasse di una bufala.
Il compagno della donna e papà della bimba, un 40enne della Costa d’Avorio, ha presentato denuncia ai carabinieri sull’accaduto.
L’uomo si è recato al comando provinciale di Sondrio e ha riferito ai militari la sua versione di quanto accaduto. “La mia compagna mi ha raccontato che subito dopo che i medici le hanno riferito che nostra figlia non ce l’aveva fatta — si legge nel verbale di querela, secondo quanto riportato dall’Ansa — mentre si trovava nei pressi del bagno, disperata per la notizia, ha visto due persone, una stesa sulla barella con una maschera per ossigeno, ed una in piedi. Una delle due ha detto una frase di questo tipo: ‘Smettila di piangere anche se è morto il tuo bambino, vattene, fai troppo rumore. L’altra ha risposto: ‘Ma non hai cuore?'”. Nuovi dettagli che si sommano quelli già riferiti dai testimoni.
La Procura di Sondrio ha quindi apeto un fascicolo contro ignoti per diffamazione aggravata dall’odio razziale.
“A noi in questo momento non importa molto di quello che è stato detto. Abbiamo perso nostra figlia, pensiamo solo a questo”, è il pensiero dei genitori della bimba dopo le polemiche e l’indignazione montate a livello nazionale.
Sono stati svolti intanto gli accertamenti di rito e l’autopsia sul corpo della piccola. Si sarebbe trattato, quasi certamente, della cosiddetta morte in culla.
(da SondrioToday)
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Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
LE ACCUSE : “ASSOCIATO ALLA COSCA MANCUSO”… QUANDO LA MELONI SCRIVEVA: “LA NOSTRA COMUNITA’ CRESCE, BENVENUTO A PITTELLI, UN VALORE AGGIUNTO PER LA CALABRIA E PER L’ITALIA TUTTA”
Giancarlo Pittelli, ex parlamentare di Forza Italia poi passato a Fratelli d’Italia, è stato arrestato ieri mattina nell’operazione Rinascita-Scott che ha visto nove famiglie di ‘ndrangheta azzerate, intere cosche decapitate, beni per 15 milioni sequestrati, «il numero uno in Calabria» Luigi Mancuso di nuovo dietro le sbarre insieme ad altre 259 persone fra la Calabria e il Nord Italia, 70 ai domiciliari e 4 con il divieto di dimora.
Pittelli è un politico di lungo corso, tanto ben addentrato in certi ambienti da poter affermare che «per la formazione di Forza Italia, la prima persona che Dell’Utri avrebbe contattato fu Piromalli a Gioia Tauro» scrive il Ros in un’informativa. Racconta oggi Repubblica:
«Un affarista massone al servizio dei clan» si legge nelle pagine che ripercorrono le innumerevoli circostanze in cui si è messo a disposizione del clan.
Dall’intervento per far passare alla figlia del boss l’esame di istologia scomodando persino il rettore dell’Università di Messina, all’impegno per far assumere il figlio di un capo al policlinico Gemelli, dagli appuntamenti in tutti gli ospedali d’Italia per amici e parenti di boss, alle spintarelle per far promuovere funzionari pubblici vicini al clan, Pittelli non si è mai tirato indietro.
In più, per i giudici ha in generale «condiviso la modalità di conduzione della cosca, aderendo alla “politica gestionale” di Luigi Mancuso».
Insomma, anche senza battesimi e santini, agiva da affiliato. Anzi, svolgeva un ruolo più importante perchè come massone di alto rango «è stato in grado di far relazionare la ‘ndrangheta con i circuiti bancari, le società straniere, le università , le istituzioni». Ma usava le stesse cautele degli ‘ndranghetisti per incontrare Mancuso all’epoca irreperibile e mostrava la stessa arroganza negli affari, sbandierando il nome del clan. Identica poi l’ansia di reperire informazioni sulle indagini, che prontamente girava al boss.
Per questo poteva contare su una serie di investigatori travolti dall’inchiesta, dall’attuale comandante provinciale dei carabinieri di Teramo, Giorgio Naselli, al maresciallo della Guardia di Finanza, Michele Marinaro, persino in grado di “interrogare” il pentito Andrea Mantella su commissione dell’avvocato.
Pittelli, che era stato anche consigliere comunale della Democrazia Cristiana a Catanzaro, è indicato come «associato esterno» alla cosca capeggiata da Luigi Mancuso, il capo Crimine di Vibo, anche lui arrestato.
«Un’amicizia» la loro, non del «tutto disinteressata», che Pittelli non disdegna mai di far «pesare» nei momenti opportuni. Non erano meno cordiali i rapporti di alcuni politici e gli ‘ndranghetisti del territorio, pronti a dare una mano ad ogni elezione. Nelle intercettazioni riportate oggi dal Corriere della Sera si raccontano i contatti tra lui e il consigliere regionale Giamborino del Partito Democratico:
«È stato due volte deputato e una volta senatore… Con me siamo fraterni amici… se gli dico che si deve buttare dal ponte si butta dal ponte».
Poi gli investigatori dell’Arma hanno intercettato lo stesso Pittelli, che racconta passato e presente: «Dell’Utri la prima persona che contattò per la formazione di Forza Italia fu Piromalli a Gioia Tauro… Ci sono due mafiosi in Calabria, che sono i numeri uno in assoluto. Uno è del vibonese e l’altro è di Gioia Tauro, si chiama Giuseppe Piromalli…».
Abbandonata l’attività politica ufficiale, secondo l’accusa, l’avvocato Pittelli è diventato «l’uomo cerniera» tra l’altro numero uno della mafia calabrese, Luigi Mancuso, «e la cosiddetta società civile, mettendo a disposizione la sua fitta rete di rapporti conoscenze ed entrature, anche nel mondo istituzionale». Sfruttando pure la sua affiliazione massonica.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
L’EX COMMISSARIO ALLA SPENDING REVIEW ADERISCE AL COMITATO SCIENTIFICO DELLA NUOVA ASSOCIAZIONE… “LA POVERTA’ NON SI ABOLISCE PER DECRETO E L’INTERESSE NAZIONALE NON SI DIFENDE ATTACCANDO L’EUROPA”… “DICONO CHE SIAMO INUTILI? L’ULTIMA VOLTA CHE LO HANNO DETTO E’ QUANDO HO PRESENTATO LA LEGGE SULLO STALKING DI CUI VADO FIERA”
“Sarà un’avventura bellissima”. Mara Carfagna presenta così, alla Camera di commercio di Roma, “Voce libera”, la sua nuova “creatura”: un’associazione di “uomini e donne di buona volontà “, per chi, pur non volendo aderire a un partito politico, vuole impegnarsi per il ritorno a una politica più seria e competente.
Al primo atto la maggior parte dei riflettori erano puntati sul Professor Carlo Cottarelli, ex-commissario governativo alla spending review, che ha deciso di aderire al comitato scientifico, specificando però che “non si tratta di una discesa in campo” di natura politica, ma di un semplice contributo di idee.
Silvio Berlusconi dice che è un’associazione divisiva e inutile? “Questa associazione non nasce per dividere ma per unire – ha risposto la vicepresidente della Camera – Il nostro lavoro lo dimostrerà . Hanno detto che è inutile? Non potevano farmi un augurio migliore. L’ultima volta che mi hanno detto che qualcosa era inutile è stato quando ho presentato la legge sullo stalking ed è una cosa di cui vado fiera”.
“Noi pensiamo -ha insistito Carfagna- che ci sia un pezzo d’Italia che non si senta rappresentato nello scontro tra, da un lato, il populismo, lo statalismo, l’assistenzialismo; dall’altro, il protezionismo, il sovranismo, il nazionalismo, la ricerca di un nemico a tutti i costi. C’ è un’Italia che chiede serietà , noi a questa Italia vogliamo provare a dare voce”.
E lo strumento più adatto può essere un’associazione, perchè “può fare ciò che un partito non riesce a fare, perchè magari riesce a coinvolgere intelligenze ed energie preziose per disegnare il futuro che vogliamo, che però magari non accettano di indossare una casacca di partito. Personalità che possono avere lo sguardo lungo sul Paese senza avere l’ansia dei sondaggi elettorali”.
“Noi pensiamo che questa Italia sia stanca, sia stufa della politica ridotta a uno scontro tra influencer: non siamo influencer, siamo rappresentanti del popolo. L’Italia è stanca di una politica che non è capace di avere uno sguardo lungo e una visione organica. C’è bisogno di una politica che faccia ciò che serve al Paese e non ciò che serve a se stessa per guadagnare qualche punto in più nei sondaggi”.
“Voce libera -ha concluso Carfagna- nasce per questo, per provare a dare un contributo in termini di serietà , di competenza, di affidabilità , per dire la verità ai cittadini: la povertà non si abolisce per decreto; questo non sarà un anno bellissimo; l’interesse nazionale non si difende attaccando l’Europa oppure facendo strani accordi con la Cina”
Tra i nomi noti hanno aderito a Voce Libera anche Stefano Parisi, segretario nazionale di Energie per l’Italia, e l’ex governatrice del Lazio Renata Polverini.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
I SUOI AVVOCATI PREOCCUPATI: GLI SCONSIGLIANO DI ANDARE IN GIUDIZIO … E CON LA LEGGE SEVERINO CHI VIENE CONDANNATO A PIU’ DI DUE ANNI NON E’ CANDIDABILE
Matteo Salvini è terrorizzato dall’eventualità di finire a processo davanti al tribunale dei ministri per il caso della Nave Gregoretti.
Lo si evince dal furbo tentativo di condividere la responsabilità con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, ma anche — e soprattutto — dall’intervista rilasciata a Marco Cremonesi sul Corriere della Sera in cui minaccia un po’ a vanvera sul decreto sicurezza ma accenna ai suoi avvocati che gli sconsigliano di andare in giudizio e soprattutto parla della legge Severino:
Perchè parla di onore
«Guardi, io in questi mesi sto conoscendo la doppia faccia di Conte e Di Maio. Però, se dovessi dire che sono sequestratori o che so io, non lo farei. Se loro invece ritengono che io sia un delinquente che merita 15 anni di carcere… Ma io li attendo al varco».
Su che cosa?
«Sul decreto sicurezza. Il Parlamento aveva tolto l’attenuante per “tenuità del fatto” in caso di aggressioni a pubblici ufficiali. Ora, mi dicono che la riporteranno nella legge. Ma io mi metto nei panni di qualsiasi poliziotto o carabiniere. E se provano a ridare fiato ai balordi e ai violenti, a quel punto si muove il Paese».
Il 20 gennaio si voterà l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Di Maio ha detto che i 5 stelle sono a favore. È preoccupato
«È una cosa surreale. Per un certo verso, anche se gli avvocati mi suggeriscono il contrario, sarei curioso di finire in Aula. Comunque, se decideranno, processo sia: idealmente in quel tribunale ci saranno con me milioni di italiani. Quanto a Di Maio, ha cambiato idea sui miei processi come l’ha cambiata su tante altre cose».
Perchè il processo sarebbe surreale? È la legge.
«È normale che si spendano soldi perchè ho difeso i confini? Io sarei peggio di uno stupratore: per lo stupro la pena è di 12 anni, per il sequestro gli anni sono 15. Detto questo, noi stiamo preparando tutta la documentazione. Al termine dei quattro giorni di presunto sequestro ottenemmo che 5 Paesi europei si suddividessero gli immigrati. Una cosa è certa: lo rifarei. E se gli italiani lo vorranno, lo rifarò. Sempre che non ci siano stranezze legate alla legge Severino».
Perchè Salvini accenna alla Severino? In primo luogo è curioso sottolineare che Salvini si stupisca perchè il sequestro di persona sia punito con più anni di carcere rispetto allo stupro: essendo un reato più grave, cosa c’è da stupirsi?
In secondo luogo, ecco l’accenno finale alla legge sull’incandidabilità , perchè stabilisce che sono “ineleggibili e non candidabili coloro che sono stati condannati a più di due anni di reclusione per i reati punibili almeno fino a quattro anni”. Questo è un reato da 15 anni. Adesso si capisce da cosa sia terrorizzato il Capitano
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
CONVOCA UNA CONFERENZA STAMPA IN PIAZZA CON MINIMO PREAVVISO PER EVITARE CONTESTAZIONI, MA SI RITROVA APPENA 20 FAN
Matteo Salvini è sempre più in fuga dalle Sardine, ma così rischia di trovarsi davanti a piazze vuote.
Anche ieri, come era già successo a Ferrara e sempre a Bologna il 2 dicembre, ha annunciato all’ultimo momento la sua presenza per una conferenza stampa estemporanea davanti al Palazzo comunale insieme alla candidata leghista Lucia Borgonzoni.
Una ventina di fan intorno, qualche selfie e un coretto, «Matteo liberaci dalle Sardine» che lo hanno inevitabilmente ignorato.
Salvini ha negato il blitz per evitarle: «L’ho fatto perchè ho una cena elettorale a Parma. Si passa per Bologna e quando si passa sotto Natale e si è drammaticamente in arretrato con i regali, un’oretta per questa città bisogna trovarla».
Il tempo delle dichiarazioni («la partita qui è aperta»), la visita alla basilica di San Petronio e via. Ma, promette, «lunedì torno».
Il deputato del Partito Democratico Davide Baruffi ha pubblicato una foto della piazza
Il motivo del vuoto intorno al Capitano è squisitamente tecnico: per evitare contestazioni a Bologna ha annunciato solo mezz’ora prima la conferenza stampa:
La comparsata di Matteo Salvini sotto le Torri dura un’oretta.
Battuto sui numeri dalla piazza ittica, Salvini è da allora costretto a incursioni last minute per evitare confronti. Aveva chiesto la sala stampa del Comune, anche questa all’ultimo, sperava forse di farne scoppiare un caso quando gli è stata negata (ma, ha ricordato il sindaco Virginio Merola «Salvini non conosce le regole che impediscono di chiederla in campagna elettorale»).
Così il siparietto si consuma davati a Palazzo d’Accursio
(da “NextQuotidiano“)
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Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
DOVEVANO ESSERE ASSUNTI MA UN EMENDAMENTO DELLA LEGA HA CAMBIATO, A CONCORSO FATTO, I REQUISITI PER L’AMMISSIONE
Nella giornata di mercoledì 18 dicembre, i 455 idonei con riserva del concorso per agenti di Polizia, sono scesi in piazza per avere delle risposte dal Governo sulla complicata vicenda che li appunto vede coinvolti.
La manifestazione ha avuto luogo in Piazza dell’Esquilino in Roma. I motivi che hanno spinto i 455 giovani a scendere in piazza risiedono nel chiedere risposte concrete alla loro situazione.
Nel 2017 hanno partecipato al concorso per allievi agenti della Polizia di Stato; nel mese di febbraio 2019 un emendamento approvato nel “decreto semplificazioni” ha stabilito lo scorrimento della graduatoria del concorso del 2017 applicando tuttavia dei requisiti differenti da quelli indicati nel bando.
Sono stati così esclusi migliaia di candidati non in possesso del diploma di scuola superiore e di età superiore a 26 anni alla data del 1 gennaio 2019 (i requisiti indicati nel bando di concorso al quale avevano preso parte nel 2017 richiedevano tra i tanti la licenza media e non aver compiuto il trentesimo anno di età ).
Tramite il Tar i candidati che hanno presentato relativo ricorso amministrativo, sono stati ammessi in via cautelare allo svolgimento delle successive prove di selezione, dalle quali in 455 hanno conseguito l’idoneità .
Idoneità con riserva in relazione appunto al ricorso in atto. Il Tar del Lazio prima e il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale poi, li hanno ammessi alla frequentazione dei corsi di formazione iniziati il 29 agosto 2019.
Tuttavia non sono bastate le ordinanze degli organi giurisdizionali predisposti ad avviare i 455 idonei con riserva ai rispettivi corsi di formazione.
La cosa che più colpisce, al di là dell’esclusione in sè, è il fatto che ad oggi si trovino al corso di formazione candidati ugualmente idonei ma in possesso dei nuovi requisiti introdotti e applicati a posteriori (a distanza di due anni dallo svolgimento del concorso) con punteggi di gran lunga inferiori rispetto ai candidati con riserva attualmente esclusi.
Durante i lavori dei giorni scorsi sulla definizione della Legge di bilancio dello Stato, ben 6 emendamenti sono stati presentati praticamente da tutte le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione, ma che purtroppo non hanno avuto esito positivo, essendo stati inizialmente resi ammissibili e segnalati per poi essere ritirati o comunque non approvati.
Durante lo svolgimento dei lavori sul d.lgs. recante “disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di Polizia” Atto n. 119 il Governo si è impegnato formalmente con le parole del Vice Ministro Crimi ad individuare una soluzione al problema dei 455 idonei con riserva.
Da qui le motivazioni che hanno spinto i diretti interessati a scendere in piazza per avere delle risposte concrete e pratiche per risolvere la problematica che li vede in una fase di stallo burocratico e che impedisce loro nonostante i meriti di essere al corso di formazione.
Al fianco degli idonei con riserva sono scesi l’On. Emanuele Fiano (Partito Democratico) e l’On. Antonio del Monaco (Movimento 5 Stelle), rispetti relatori del d.lgs. sul riordino delle carriere che vede appunto gli idonei con riserva inclusi in un’osservazione.
Quello che hanno ribadito i relatori è stato il loro continuo e massimo impegno a risolvere complessivamente la questione, con l’intento di continuare la battaglia in Parlamento fino a che non sarà risolta.
Hanno preso parte alla manifestazione anche l’On. Deidda e i Sen. Rauti e La Russa di Fratelli d’Italia, l’On. Giannone (Gruppo Misto), il Sen. Damiani (Forza Italia) e il Sen. Richetti (Azione).
Il messaggio che hanno ribadito è quello di trovare il più presto possibile una soluzione all’evidente e grave ingiustizia che questi ragazzi hanno subito, facendo forza proprio sul Governo, tramite l’emanazione di un decreto che ponga fine al lungo e costoso contenzioso.
Da tenere ben presente, è stato fatto notare dai vari esponenti che hanno preso parola, la variabile tempo e cioè risolvere la problematica nell’immediato proprio per evitare che possa complicarsi ulteriormente.
In rappresentanza di tutto l’arco costituzionale è stato preso l’impegno da parte dei politici presenti di istituire un tavolo tecnico con il Ministro dell’Interno Lamorgese, per individuare una soluzione e per avere in ogni caso delle risposte sicure e certe.
Tra i presenti anche l’Avvocato Leone, rappresentante legale di numerosi idonei con riserva, che è sceso in piazza accanto ai ragazzi per ricordare quanto fosse importante esserci e che in democrazia tutti, compreso i ministeri, sono tenuti al rispetto della legge e dei provvedimenti del Giudice.
In piazza hanno sostenuto la causa anche numerosi sindacati di Polizia, e hanno preso parte esprimendo vicinanza e sostegno le sigle che ricordiamo: Silp CGIL, FSP, SAP, SIAP, Anip Italia Sicura.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
IL POLITICO CHE DIEDE IL VIA A RIMBORSOPOLI E’ STATO SOTTOSEGRETARIO CON BERLUSCONI
Cinquantanove anni, Roberto Rosso è il mattatore della politica torinese. Una lunga carriera iniziata a Trino Vercellese, di cui è stato sindaco in passato e vicesindaco ancora fino a pochi mesi fa), che lo ha portato a maggio a entrare nella giunta di centrodestra guidata da Alberto Cirio ottenendo, tra le altre, anche la delega agli Affari legali.
Muove i primi passi nella democrazia cristiana, ed è tra i primi a seguire Silvio Berlusconi nel 1994 quando nasce Forza Italia.
Nel 2001 si candida sindaco di Torino per il centrodestra e costringe Sergio Chiamparino a un inatteso ballottaggio da cui poi esce sconfitto. Durante la campagna elettorale, tra propone di cambiare nome a corso Unione Sovietica, ma viene subissato di critiche.
Arrivano poi incarichi nazionali, compreso il ruolo di sottosegretario al lavoro del Governo Berlusconi, nel 2004, poi il ritorno in Piemonte, come vicepresidente della giunta del leghista Roberto Cota.
E’ lui durante una diretta radiofonica, nel 2012, a far scoppiare la Rimborsopoli del Piemonte. Racconta ai microfoni di Telelombardia di aver ospitato per la settimana bianca in montagna un consigliere regionale del Piemonte che si faceva firmare le spese per ottenere il rimborso.
Sono i mesi delle inchieste su Belsito e sui consigli regionali di mezza Italia e anche il Piemonte di Cota viene travolto dallo scandalo. Non Rosso che nel 2016 con una lista civica corre di nuovo come sindaco a Torino e entra in consiglio comunale.
L’ultima avventura di Rosso è con Giorgia Meloni, per cui si candida alle regionali dello scorso maggio.
E’ il primo a partire con la campagna elettorale, tappezza la città di manifesti con il suo nome e alla fine è campione di preferenze a Torino, con 4 mila 777.
Una dote che gli consente di ottenere un posto da assessore, nonostante l’ostilità di un pezzo di Fratelli d’Italia. Oggi è assessore ai rapporti con il consiglio, alla semplificazione e ai diritti civili.
Sovranista ma istrionico. Un connubio minaccioso che infatti ha messo il suo nome in bilico fino all’ultimo nella squadra di Cirio.
Alla fine per lui si è trovato un posto “dignitoso, ma senza pericoli”, con un incarico che lui stesso ha ribattezzato di sottosegretario del governo regionale,
Anche da lì, comunque non sono mancate le gaffe. La prima a giugno, in occasione del gay pride, quando ha interrotto la tradizione degli ultimi cinque anni durante i quali gli assessori regionali del centrosinistra sfilavano accanto alle bandiere arcobaleno.
“Non ci vado, è una carnevalata” aveva detto sollevando un coro di proteste. Salvo poi compiere una totale giravolta, a novembre, quando si è presentato alla Trans freedom march, organizzata per commemorare le vittime della transfobia e per rivendicare i diritti delle persone transgender.
“Ho ritenuto che fosse giusto onorare la memoria delle oltre 300 vittime di transfobia nel mondo” aveva detto l’assessore regionale contestato dai manifestanti.
“Credo che sia doveroso essere presenti a questo tipo di cortei. Io sono un liberale e penso si debba dare spazio a ogni posizione. L’intolleranza è da condannare in ogni campo. Bisogna iniziare a non avere pregiudizi, a confrontarsi, a dialogare, pur mantenendo la propria idea e le proprie convinzioni”.
Nei sei mesi da assessore regionale ha cavalcato l’onda della semplicazione, varando un pacchetto per cancellare le tante leggi inutile. Ama le sceneggiate, Rosso che poco più di un mese fa, proprio per celebrare l’approvazione del “taglia leggi” ha fatto stampare le leggi da abrogare su risme e risme di carta e poi le ha portate al macero, insieme al presidente Cirio, per la soddisfazione di telecamere e macchine fotografiche.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
OTTO MISURE CAUTELARI… IL POLITICO, ACCUSATO DI AVER PAGATO 15.000 EURO PER UN PACCHETTO DI VOTI, SI DIMETTE DALLA GIUNTA… E’ IN QUINTO CASO DI UN ESPONENTE DI FDI IN RAPPORTI CON LA MAFIA
C’è l’assessore regionale del Piemonte Roberto Rosso, 59 anni, avvocato, rappresentante di Fratelli d’Italia, tra gli otto arrestati all’alba per scambio elettorale politico-mafioso.
Secondo l’accusa, avrebbe chiesto voti ai clan per essere eletto in Regione alle elezioni del 26 maggio, vinte dal centrodestra: avrebbe pagato quindicimila euro in cambio della promessa di un “pacchetto” di preferenze.
Rosso aveva le deleghe per i rapporti con il Consiglio regionale, Semplificazione, Affari legali e Contenzioso, Emigrazione e Diritti civili.
E’ anche capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio Comunale a Torino.
Originario di Trino, si divide tra il Vercellese e il Torinese, dove vive con la moglie a Moncalieri e dove stamani all’alba è stato arrestato.
Nel 2001 aveva sfidato Chiamparino nella corsa per diventare sindaco di Torino. A poche ore dal suo arresto Rosso ha rassegnato la dimissioni e il presidente Cirio assumerà le sue deleghe.
Lo spiega il coordinatore di Forza Italia Paolo Zangrillo: “Noi siamo garantisti e speriamo che Rosso possa dimostrare la sua totale estraneità ai fatti di cui è accusato. Ho parlato con Cirio, sarà lui ad assumere le deleghe dell assessore”.
Il politico piemontese viene silurato seduta stante anche dal suo partito: “Ha aderito a Fratelli d’Italia da poco più di un anno. Apprendiamo che stamattina è stato arrestato con l’accusa più infamante di tutte: voto di scambio politico-mafioso. Mi viene il voltastomaco”, dice Giorgia Meloni, leader di Fdi.
E spiega: “Mi auguro dal profondo del cuore che dimostri la sua innocenza, ma annuncio fin da ora che Fratelli d’Italia si costituirà parte civile nell’eventuale processo a suo carico. Ovviamente, fin quando questa vicenda non sarà chiarita, Rosso è da considerarsi ufficialmente fuori da FdI”.
Il centrosinistra intanto chiede spiegazioni. “Lunedì ci sarà Consiglio Regionale del Piemonte e se non lo farà il Presidente Alberto Cirio chiederemo noi le comunicazioni in Aula” annuncia il consigliere regionale del Pd Diego Sarno.
Il blitz delle fiamme gialle è scattato all’alba di oggi: i militari hanno eseguito sette delle otto ordinanze di custodia cautelare in carcere, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Torino.
In manette è finito anche l’imprenditore Mario Burlò, 46 anni, imprenditore, di Moncalieri, presidente di Oj Solution, un consorzio di imprese che opera nel settore del facility management. E’ anche vicepresidente nazionale di “Pmi Italia”, un’associazione che riunisce 200mila imprenditori in tutta Italia.
E’ molto conosciuto anche nell’ambiente sportivo, come sponsor di attività . L’accusa è associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico mafioso e reati fiscali per 16 milioni di euro: sono in corso sequestri per milioni di euro su 200 tra imprese, immobili e conti correnti in Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna. È lo sviluppo dell’indagine Carminius che aveva già portato ad arresti per ‘ndrangheta a Carmagnola e Torino.
Rosso, secondo l’accusa, avrebbe avuto i voti per le elezioni regionali del 26 maggio 2019, avvalendosi della mediazione di Enza Colavito e di Carlo De Bellis. Le indagini hanno messo in luce “ lo spessore criminale di Onofrio Garcea e Francesco Viterbo” che avrebbero riorganizzato gli assetti dell’organizzazione con Burlò, accusato di associazione esterna.
L’imprenditore avrebbe evaso il fisco attraverso la creazione di più società e indebite compensazioni di Iva, per oltre 16 milioni di euro. Il tutto “con il costante sostegno dei membri della cosca”.
Recentemente Burlò aveva comprato la villa del calciatore Arturo Vidal, oggi posta sotto sequestro. Rosso invece avrebbe avuto piena consapevolezza dell’infiltrazione mafiosa dei suoi interlocutori. “Per accaparrarsi i voti è sceso a patti con i mafiosi. Hanno stretto un accordo”, dice il procuratore generale Francesco Saluzzo
(da agenzie)
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