Destra di Popolo.net

LA RISPOSTA DI CLASSE DELLA LAMORGESE ALLA MINACCIA DI DENUNCIA DI SALVINI

Gennaio 30th, 2020 Riccardo Fucile

“NESSUN RAPPRESENTANTE DELLE ISTITUZIONI SI DEVE SOTTRARRE ALLE PROPRIE RESPONSABILITA’, VALE PER LUI E VALE PER ME: FACCIA PURE LA DENUNCIA E SI VEDRANNO LE RESPONSABILITA'”

“Come ho detto per lui, lo dico anche per me: ritengo che nessuno si debba mai sottrarre alle proprie responsabilità , quindi semmai ci sarà  una denuncia si vedranno le responsabilità ”.
Così il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha risposto, a margine di un evento sulla Shoah a Roma, ai giornalisti che chiedevano un commento alle dichiarazioni dell’ex ministro Matteo Salvini, il quale ha annunciato di voler denunciare Lamorgese e il premier Giuseppe Conte per sequestro di persona relativamente alla gestione della nave Ocean Viking.
Nei giorni scorsi abbiamo spiegato perchè le due vicende sono imparagonabili.
La nave della Guardia Costiera italiana fu costretta a rimanere per giorni all’ancora nel porto di Augusta senza che alle 116 persone a bordo fosse concesso di scendere.
La Ocean Viking, oltre a non essere una nave dello Stato italiano ha invece ottenuto il porto di sbarco. Il caso in questione è particolare perchè il 26 gennaio (dopo aver tratto in salvo diversi migranti tra il 24 e il 25 gennaio) l’imbarcazione era già  in attesa di un POS con 223 naufraghi a bordo ma ha invertito la rotta per condurre altre operazioni di salvataggio.
La prima è avvenuta nella notte del 26 gennaio, la seconda il giorno successivo, il 27 gennaio. A conclusione di tutti questi eventi SAR (e diciamolo, ad urne chiuse in Emilia-Romagna) il governo ha concesso l’autorizzazione allo sbarco a Taranto assegnando il POS esattamente come prevede il diritto internazionale in materia di soccorso in mare.
Salvini forse non se ne è accorto
Salvini non ha ancora chiaro cosa significhi “sequestro di persona” e perchè sia indagato per quel reato in relazione al caso Diciotti.
Per poter parlare di sequestro di persona ci devono essere infatti delle vittime di quel reato. Il reato specifico definisce il sequestro di persona la privazione della libertà  personale di qualcuno da parte di un soggetto.
Se guardiamo al caso dei naufraghi a bordo della Gregoretti è evidente che quelle persone non potevano disporre della propria libertà : si trovavano a bordo di un’imbarcazione dello Stato italiano dalla quale non potevano scendere perchè qualcuno aveva stabilito che — pur essendo in porto — non dovevano farlo.
Di fatto, senza alcun ordinanza dell’autorità  giudiziaria i migranti erano “detenuti” a bordo di un’imbarcazione militare dello Stato Italiano, privati della loro libertà .
A differenza loro i migranti a bordo della Ocean Viking non sono sotto sequestro, sono infatti liberi a bordo di un’imbarcazione privata operata da due ONG (SOS Mediteranee e Medici Senza Frontiere).
Nel caso dei migranti a bordo della Ocean Viking i migranti non sono “sotto sequestro” per il semplice fatto che nessuno ha posto un veto allo sbarco.
Il tribunale di Catania scrive invece che per la Gregoretti si può parlare di sequestro di persona perchè Salvini «ponendo arbitrariamente il proprio veto all’indicazione di un “place of safety” al competente dipartimento per le libertà  civili e per l’immigrazione…determinando la forzosa permanenza dei migranti a bordo dell’unità  navale Gregoretti con conseguente illegittima privazione della loro libertà  personale». Inoltre, in base al Decreto Sicurezza (che è tutt’ora in vigore) Salvini non poteva limitare l’accesso e la sosta alla Gregoretti perchè il DL esclude esplicitamente il naviglio militare e le navi in servizio governativo.
A questo aggiungete che Frèdèric Penard, il direttore delle operazioni di Sos Mediterranee, ha chiesto ieri (27 gennaio) che venisse assegnato un Place of Safety “per sbarcare al più presto possibile”. Questa mattina il POS è stato assegnato.
Il sequestro di cui parla Salvini semplicemente non esiste.

(da “NextQuotidiano“)

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MARE IONIO, LA PROCURA SMONTA LA PROPAGANDA DI SALVINI SULLE ONG

Gennaio 30th, 2020 Riccardo Fucile

“LA LIBIA NON E’ UN PORTO SICURO, IL COMANDANTE HA RISPETTATO LA LEGGE”

Dopo il salvataggio dei 50 naufraghi nel Mediterraneo, avvenuto nel marzo 2019 la nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans “non poteva dirigersi verso la Libia”, ritenuta “porto non sicuro” ma neppure verso Malta “date anche le precedenti esperienze vissute dall’equipaggio della stessa nave Mare Jonio, poichè Malta non forniva le garanzie necessarie per poter portare a termine in sicurezza il salvataggio dei naufraghi”.
E’ quanto scrivono i pm di Agrigento nella richiesta di archiviazione per Luca Casarini e il comandante della Jonio, Pietro Marrone. “Allo stesso modo, anche la scelta di non dirigersi in Tunisia è giustificata e comprensibile”, dicono i magistrati.
“L’equipaggio del rimorchiatore Mare Jonio non ha violato regole e principi imposti dalle fonti di diritto sovranazionale che disciplinano le operazioni di salvataggio in mare”.
Così i pm di Agrigento nella richiesta di archiviazione per Luca Casarini e Pietro Marrone, rispettivamente capo missione e comandante della nave Mare Jonio.
Per la Procura “le condotte poste in essere da Marrone e Casarini” indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per avere disatteso un ordine della Gdf , “non possono dirsi antigiuridiche, perchè poste in essere nel corso di una doverosa attività  di soccorso di vite in mare e, pertanto, scriminate sia dallo stato di necessità  che dall’adempimento di un dovere giuridico”.
“La Libia non è un porto sicuro” perchè “i migranti recuperati dalla Guardia costiera libica e ricondotti in Libia sono stati sistematicamente sottoposti a detenzioni arbitrarie, torture, ed estorsioni,lavori forzati e violenze sessuali”.
A scriverlo, nero su bianco, sono i magistrati della Procura di Agrigento nella richiesta di archiviazione per Luca Casarini e Pietro Marrone, rispettivamente capo missione e comandante della nave Mare Jonio, indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per non avere rispettato, nel marzo 2019, un ordine militare.
Nella richiesta, visionata dall’Adnkronos, il Procuratore capo Luigi Patronaggio, l’aggiunto Salvatore Vella e la pm Cecilia Baravelli, ricordano di essersi rivolti lo scorso giugno scorso all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e. in particolare, all’ufficio della Rappresentanza Regionale per il Sud Europa, se la Libia possa essere considerata un “Place of safety”, cioè un porto sicuro.
La Nazioni Unite hanno risposto in data 3.10.2019 “allegando un rapporto nel quale, dopo aver ripercorso i conflitti in corso in Libia nell’anno 2019, esaminava la situazione di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in quei territori, evidenziando come alcune migliaia di loro si trovano in condizione di detenzione arbitraria e sottoposti a violazioni dei loro diritti umani”, si legge nella richiesta di archiviazione.
“Veniva rappresentato, inoltre, che in data 21.07.2019, in una lettera al Ministro dell’interno Libico l’Unione Europea, l’Unione Africana, Unsmil, Unhcr, i maggiori Paesi donatori coinvolti nella situazione della migrazione in Libia (Stati Uniti, Canada, Francia. Italia, Regno Unito, Olanda, Svezia. Spagna, Germania e Svizzera) e il Forum Ingo chiedevano la fine della detenzione arbitraria di rifugiati e migranti in Libia e la chiusura dei centri di detenzione”.
L’Unhacr “concludeva affermando che, alla luce delle descritte circostanze, dell’instabile situazione di sicurezza, degli abusi nei confronti di richiedenti asilo, migranti e rifugiati, dell’assenza di protezione da tali abusi e dell’assenza di soluzioni durevoli, la Libia si ritiene non soddisfi i requisiti per poter essere considerata come un luogo sicuro ai fini dello sbarco all’esito di soccorso in mare”.
“Nella medesima nota – ricordano i magistrati della Procura di Agrigento – l’Unhcr aggiungeva che: “ai comandanti, che si trovano ad assistere persone in situazioni di emergenza in mare, non può essere chiesto, ordinato, e gli stessi non possono sentirsi costretti, a sbarcare in Libia le persone soccorse, per paura di incorrere in sanzioni o ritardi nell’assegnazione di un porto sicurò
Le stesse posizioni vengono assunte nelle Raccomandazioni emanate dal Consiglio europeo nel giugno 2019, dove si afferma a chiare lettere che “la Libia non può essere considerata un porto sicuro”″.
I pm ricordano, quindi, che “a sostegno di tale assunto vengono citati gli studi effettuati dagli organismi delle Nazioni Unite, l’Alto commissariato per i diritti umani e l’Alto commissariato per i rifugiati, nonchè da diverse ONG, dai quali è emerso che i migranti recuperati dalla Guardia costiera libica e ricondotti in Libia, sono stati sistematicamente sottoposti a detenzioni arbitrarie, torture, estorsioni, lavori forzati, violenze sessuali, nonchè ad altri trattamenti inumani e degradanti”.

(da agenzie)

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SALVINI AL CITOFONO HA INTERFERITO IN UN’INCHIESTA PER DROGA

Gennaio 30th, 2020 Riccardo Fucile

AVREBBE INTRALCIATO L’ATTIVITA’ DI POLIZIA GIUDIZIARIA… IMBARAZZO DELL’ARMA DEI CARABINIERI PER IL MARESCIALLO COINVOLTO NELLA SCENEGGIATA

Salvini citofona e interferisce in un’inchiesta per droga. Lo scrive oggi Il Fatto Quotidiano, che aggiunge come il rischio sia che il Capitano abbia perfino intralciato l’attività  di polizia giudiziaria. Non sarebbe male per l’ex ministro dell’Interno che mette la “sicurezza”, vera o presunta, al centro della sua propaganda.
La situazione imbarazza un po’tutti nell’Arma dopo il coinvolgimento del terzo, in credibile protagonista della scenetta del citofono, finita sul Web poi rimossa da Facebook.
Dopo Salvini e la signora che l’ha portato davanti al portone di via Grazia Deledda, una donna che vive il lutto di un figlio malato e poi morto di eroina, ecco il maresciallo dei carabinieri.
È un sottufficiale “in convalescenza”non certo alle prime armi, anzi piuttosto noto a Bologna, già  comandante di varie stazioni prima di una recente inchiesta per stalking e depistaggio che l’ha portato alla sospensione dal servizio poi revocata dal Riesame (attende la Cassazione), una storia a metà  strada tra la goliardia pesante e cose peggiori che se confermata sarebbe tutt’altro che edificante.
L’Arma lo tiene lontano dall’attività  operativa e ieri ha confermato di aver avviato le “procedure preliminari volte a chiarire i termini della vicenda”della sceneggiata salviniana al Pilastro, “con esclusivo riferimento all’asserito coinvolgimento del carabiniere, che, per quanto adora risulta, era in licenza di convalescenza, dunque non in servizio all’epoca dei fatti”. Per dire che non ha il divieto di fare il galoppino dei Salvini boys.
Intanto tutti pensano alla scorsa estate, quando il Capitano era ancora ministro dell’Interno, e ai poliziotti che hanno portato suo figlio sulla moto d’acqua della polizia a Milano Marittima (Ravenna) e a quelli che hanno intimidito il giornalista di Repubblicache riprendeva la scena: la Procura di Ravenna ha chiesto l’archiviazione, il giudice deve pronunciarsi e poi siapriranno eventuali procedimenti disciplinari.

(da “NextQuotidiano”)

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4.000 LEGHISTI HANNO VOTATO BONACCINI IN EMILIA ROMAGNA

Gennaio 30th, 2020 Riccardo Fucile

A DIMOSTRAZIONE CHE LA BORGONZONI ERA IMPROPONIBILE… ORA E’ RISSA NEL CENTRODESTRA SU CAMPANIA E PUGLIA

Matteo Salvini rifarebbe tutto in Emilia-Romagna e il centrosinistra spera ardentemente che lo rifaccia. Perchè l’ideona di candidare Lucia Borgonzoni, leghista sconosciuta al territorio e assenteista al comune di Bologna dove era consigliera oltre che senza alcun tipo di esperienza amministrativa ha portato, scrive oggi Francesco Verderami, giornalista del Corriere della Sera di solito molto attento alle ragioni di Giorgetti, 4000 diconsi quattromila elettori della Lega a disgiungere il voto e a dare la preferenza per la carica di governatore all’odiatissimo (dal Capitano) Stefano Bonaccini.
Un segnale che consiglierebbe al Capitano di mettere meno bocca possibile nelle candidature per le prossime elezioni regionali che si svolgeranno tra maggio e giugno, e infatti Salvini in queste ore sta picconando i candidati già  scelti dal centrodestra in Puglia e in Campania.
Salvini il 18 sbarcherà  a Napoli per una iniziativa contro De Luca e De Magistris. E tra le ipotesi in circolo a destra, c’è quella di un possibile spostamento di Fdi in Campania (si fa il nome di Edmondo Cirielli) al posto di Caldoro.
Ovviamente — è l’obiettivo di via Bellerio — per aprire le porte della Puglia alla Lega. È un pallino di Salvini quanto di Giorgetti — alla luce del 30 per cento dei sondaggi — conquistare una grande regione del Sud.
Meloni e Berlusconi piuttosto alzano le barricate, fin d’ora: Fitto e Caldoro non si toccano, la Lega corra da sola se non li vuole.
«Siamo il partito che è cresciuto di più e l’unico che è cresciuto sia in Emilia Romagna che in Calabria», ricordava ancora ieri sera Giorgia Meloni al Tg5.
Dentro Fdi e Fi circola anche uno studio dal quale emerge che la Lega governerebbe regioni in cui vivono 16 milioni di italiani, a fronte dei 7 milioni delle regioni a marchio Fi e 1,6 in quelle di Fdi (nonostante il 10 per cento della Meloni nei sondaggi, fanno notare).
Sbagliare è umano, perseverare è Capitano.

(da “NextQuotidiano“)

argomento: denuncia | Commenta »

SONDAGGIO EMG: CALA ANCORA LA LEGA, M5S PERDE UN PUNTO, PD CRESCE DI 1,1%

Gennaio 30th, 2020 Riccardo Fucile

FDI ROSICCHIA VOTI A FORZA ITALIA, STABILE ITALIA VIVA… LEGA 30,1%, PD 21,2%, M5S 14,3%, FDI 11,5%, FORZA ITALIA 6,1%, ITALIA VIVA 5,1%, CALENDA 2,7%, LA SINISTRA 2,5%

I sondaggi di EMG ACQUA pubblicati oggi da Agorà  su Raitre danno il Partito Democratico in crescita di un 1,1% dopo le elezioni in Emilia-Romagna, mentre perdono sia la Lega che il MoVimento 5 Stelle, addirittura sotto quasi di un punto percentuale.
Fratelli d’Italia è accreditato di un +0,3 all’11,5% e cresce a discapito di Forza Italia, ancora in perdita mentre Italia Viva di Matteo Renzi è stabile al 5,1%.
Per quanto riguarda i partiti minori, nessuno arriva al 3% anche se sono dati in crescita sia Azione di Carlo Calenda che La Sinistra.
Il campione di EMG si è espresso anche sul MoVimento 5 Stelle, dato in crisi o per finito dall’80% degli elettori (ovvero da quelli degli altri partiti, evidentemente), mentre la maggioranza del campione non è d’accordo con la scissione dei grillini tra i sostenitori dell’alleanza con la Lega e i sostenitori dell’alleanza con il PD.
Il 38% non è d’accordo con la scelta di Di Maio di dimettersi prima delle elezioni regionali, che ha consentito all’ex capo politico campione di salvataggi aziendali di non prendersi la responsabilità  della sconfitta.
La stragrande maggioranza degli elettori infine ritiene che la citofonata di Salvini alla vigilia del voto in Emilia-Romagna sia stata un errore. Va segnalato che c’è anche una buona percentuale di elettori della Lega (il 39%) che ritiene che lo sia.
Ma il dato che fa riflettere è quello che riguarda Fratelli d’Italia e di Forza Italia: la stragrande maggioranza degli elettori di quei partiti è d’accordo con il fatto che sia stata un errore. Evidentemente Salvini comincia a essere scarsamente amato anche all’interno del centrodestra.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: elezioni | Commenta »

SANTANCHE’ INDAGATA PER ISTIGAZIONE ALL’ODIO RAZZIALE E DIFFAMAZIONE AGGRAVATA

Gennaio 29th, 2020 Riccardo Fucile

DISSE: “IL 90% DELLE DONNE CHE ARRIVANO IN ITALIA VANNO A FARE LE PUTTANE SULLE STRADE”… I DATI UFFICIALI DICONO CHE SU 2.644.666 DONNE STRANIERE IN ITALIA SOLO LO 0,28% SONO VITTIME DELLA TRATTA

La senatrice di Fratelli d’Italia Daniela Santanchè risulta ufficialmente indagata per diffamazione aggravata, propaganda e istigazione all’odio razziale dalla Procura di Genova dopo la denuncia di Aleksandra Matikj, Presidentessa del Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione.
Santanchè era stata denunciata per aver affermato, più di una volta, durante la trasmissione televisiva Cartabianca dello scorso 19 novembre, che «il 90% delle donne che arrivano in Italia vanno a fare le puttane sulle strade!». Avevo poi fatto rifermento, alzando ulteriormente il tono della voce, alle «nigeriane».
Alla conduttrice Bianca Berlinguer che le chiedeva: «E tutte le donne che vengono qua coi bambini che muoiono in mare?», Santanchè aveva risposto: «Le donne che arrivano in Italia sono messe sulla strada a fare le prostitute!».
La senatrice aveva ribadito il concetto il giorno successivo su Twitter, confermando che si trattava di una sua convinzione non d’una reazione d’impulso.
Secondo le statistiche ufficiali dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) nell’anno 2016 le donne straniere in Italia erano 2.644.666: di queste, le vittime accertate di tratta ai fini di prostituzione risultavano pari ad appena lo 0,28 per cento del totale.
«Non è accettabile che noi migranti, in particolare noi donne, siamo trattate con questa superficialità  da una rappresentante dello Stato italiano» — ha dichiarato Aleksandra Matikj — «da una donna, ci si attenderebbe la solidarietà  verso noi donne straniere. Vorrei ringraziare Bianca Berlinguer per averci difese nel corso della trasmissione televisiva, adempiendo al suo ruolo di giornalista seria e preparata».

(da Open)

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LA LEGA DIRA’ SI’ IN SENATO AL PROCESSO A SALVINI SULLA GREGORETTI

Gennaio 29th, 2020 Riccardo Fucile

I LEGALI HANNO SCONSIGLIATO A SALVINI IL PROCESSO, LUI VUOLE USARE ANCORA LA CARTA DEL “MARTIRIO”

La Lega terrà  il punto e dirà  di sì al processo a Matteo Salvini: la tecnica del ‘martirio’ continua, puntando a destabilizzare il governo puntando sulla ‘rivolta’ delle masse adoranti di Salvini.
E dopo il ‘digiuno’, la retorica populista continua: la Lega dirà  sì al processo al suo leader anche in Senato, dove l’Aula si riunirà  il 21 febbraio, per esprimersi sul caso Gregoretti.
I senatori dovranno votare la richiesta di dare il via libera al tribunale dei ministri di Catania, per processare Matteo Salvini per “sequestro di persona”, relativamente ai 131 miranti bloccati lo scorso luglio per quattro giorni al largo di Augusta, sulla nave Gregoretti, della Guardia Costiera
Erika Stefani, senatrice della Lega e membro della giunta per le Elezioni e le immunità , sarà  relatrice in Aula per la richiesta di voto a favore del processo all’ex ministro dell’Interno, dopo la bocciatura della proposta Gasparri di dire no ai magistrati siciliani
Il leader del Carroccio, Matteo Salvini, lo scorso 20 gennaio, dopo il via libera della Giunta al processo, con i voti decisivi dei 5 senatori della Lega (Stefani, Pillon, Pellegrini, Augussori e Urraro) aveva spiegato che “i nostri senatori voteranno per l’autorizzazione a procedere per Salvini anche nell’aula del Senato. “Sì, faccio di testa mia e non ascolto i legali” che hanno sconsigliato il processo.

(da agenzie)

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IL CONSIGLIERE REGIONALE LEGHISTA DOMANI A PROCESSO PER OMOFOBIA

Gennaio 29th, 2020 Riccardo Fucile

LA FRASE DI DE PAOLI: “SE AVESSI UN FIGLIO OMOSESSUALE LO BRUCEREI NELLA CALDAIA”

«Se avessi un figlio omosessuale, lo brucerei nella caldaia», a pronunciare questa frase, nel 2016, sarebbe stato il consigliere regionale ligure Giovanni De Paoli (Lega).
Quella frase venne pronunciata, secondo il presidente di Agedo Genova (Associazione Genitori di Omosessuali) Giovanni Vianello che all’epoca denunciò l’episodio, di fronte ad un gruppo di genitori di ragazzi omosessuali a margine di una audizione presso la commissione regionale salute e sicurezza sociale.
Da parte sua De Paoli smentì di aver mai detto quella frase e in una nota dichiarò: «non ho mai detto la frase che mi è stata erroneamente attribuita dagli organi di stampa, peraltro non presenti all’evento in questione. Al contrario la mia frase era esattamente opposta e nello specifico “se avessi un figlio gay non lo brucerei nel forno“».
Il PD chiese le dimissioni del consigliere regionale e pure la collega Stefania Pucciarelli (che poi sarebbe stata eletta al Senato nel 2018) sentì il bisogno di dissociarti da quanto detto da De Paoli augurandosi che fosse tutto il frutto di un fraintendimento. Molti invece furono quelli che criticarono l’uscita di De Paoli.
Aleksandra Matikj, Presidentessa del “Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione”, denunciò de Paoli e altrettanto fece Agedo.
A luglio del 2018 la procura di Genova chiese il rinvio a giudizio del consigliere regionale — che a maggio ha annunciato di aver lasciato la Lega per divergenze con la linea leghista sui rosari (ma dal sito della Regione che risulta ancora parte del gruppo del partito di Salvini) — che   venne rinviato a giudizio nel marzo dell’anno scorso.
La prima udienza del processo avrebbe dovuto tenersi ad ottobre del 2019 ma a causa di uno sciopero degli avvocati è stata rinviata a gennaio.
Domani quindi — salvo impedimenti dell’ultimo minuto — dovrebbe iniziare il processo contro De Paoli.   Aleksandra Matikj ha commentato la notizia ricordando che «in Italia manca ancora una Legge ufficiale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia ed in un Paese dei Diritti come l’Italia è il prossimo passo da compiere. Giunto è il momento che anche in questo Paese inizino a cimentarsi delle lotte ed a conseguire le vittorie contro chi per odio distrugge le vite innocenti altrui».
Il reato contestato a De Paolo è quello all’articolo 595 del codice penale con l’aggravante di aver commesso il fatto «per finalità  di discriminazione».

(da “NextQuotidiano”)

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DI MAIO USA CRIMI COME PRESTANOME, MA COMANDA SEMPRE LUI (PER ORA)

Gennaio 29th, 2020 Riccardo Fucile

DI MAIO PENSA SOLO A COME AZZOPPARE ASPIRANTI LEADER E A RINVIARE GLI STATI GENERALI… MA ORMAI IL MALCONTENTO DILAGA

Il reggente dei 5 Stelle non si scosterà  dalla linea politica impostata dal predecessore. «E così deve continuare a fare», aggiungono a denti stretti, coscienti che in Senato in molti stanno cercando di trascinare Crimi sul fronte degli oppositori dell’ex capo politico. L’unica preoccupazione di Di Maio, ormai, è quella di assicurare la propria eredità  interna, di tessere le fila per azzoppare aspiranti leader e tenere lontano il partito da Giuseppe Conte e dal centrosinistra.
Lo raccontano Federico Capurso e Ilario Lombardo su La Stampa.
Da Crimi sono già  arrivate rassicurazioni durante un vertice riservato tra i due, alla Camera, avvenuto ieri pomeriggio nelle stanze del governo. Il primo passo da compiere è la conferma di Alfonso Bonafede come capo delegazione al governo. E l’indicazione arriva in serata durante la riunione dei membri grillini dell’esecutivo. Sarà  il ministro della Giustizia dunque a partecipare al primo vertice in vista della verifica sull’agenda, previsto per domani
Così, Di Maio rinsalda la linea politica impostata prima dell’addio: «Nessun progetto di alleanza strutturale con il centrosinistra, nè a livello nazionale nè alle prossime Regionali». Non è un caso che dalla cerchia di Di Maio filtri un sentimento di forte irritazione nei confronti di Conte. L’apertura netta fatta dal premier a Nicola Zingaretti, invitando i Cinque stelle a prendere parte a un fronte anti-destre, viene letta come una pugnalata alle spalle: «Dire certe cose il giorno dopo le Regionali, con il risultato che abbiamo avuto, è stata una mossa scorretta. Così ci condanna a fare da stampella al Pd».
E questo nonostante Conte sia l’unico, al momento, in grado di tenere testa al leader leghista. Almeno nei sondaggi, o nei salotti tv, come ha dimostrato il record di share del premier a Otto e mezzolunedì sera.
Avere due uomini fedeli alla linea, però, potrebbe non bastare. Dai gruppi parlamentari è iniziato il pressing per correre in coalizione con il centrosinistra alle prossime Regionali di maggio, soprattutto in Campania, in Liguria e in Puglia.
Per questo Di Maio vorrebbe spostare più in là  gli Stati generali, attualmente previsti il 13 marzo, posticipandoli magari al 4-5 aprile, primo weekend utile dopo il referendum sul taglio dei parlamentari.
Agli Stati generali, infatti, i rapporti di potere interni potrebbero cambiare e rischia di passare una nuova linea filo-Pd. Trascinare ad aprile la fase congressuale e, di conseguenza, lasciare più a lungo Crimi come reggente, darebbe all’ex capo politico più tempo per organizzare le truppe e toglierebbe giorni preziosi alla fronda interna che ammicca al centrosinistra.
Le due fazioni si stanno armando. Il mirino dei fedelissimi di Di Maio è puntato contro il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, che infatti si tiene prudentemente fuori da ogni partita politica interna e molla la sfida per il capo delegazione.
Ma dopo l’ennesima batosta elettorale, e senza leader, con il M5S allo sbando, i gruppi aprono nuovi fronti di faida interna.
Gli eletti calabresi chiedono a gran voce l’espulsione del presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, reo di aver preso le distanze dal candidato governatore Francesco Aiello prima delle urne e di aver ammesso, poi, di non averlo votato.
Nel tritacarne finisce anche il ministro dello Sport Spadafora, colpevole di aver nominato Vito Cozzoli al vertice dell’ente Sport e Salute, braccio operativo del Coni. Cozzoli, che Di Maio aveva voluto con sè come capo di gabinetto allo Sviluppo, viene considerato dai 5S un uomo troppo legato alle sfere di potere romano, lontane dalle logiche di scelta dei grillini affidate ai curriculum.
Persino la nomina di Roberto Ciccutto alla guida della Biennale di Venezia suscita l’ira di alcuni, come la senatrice Michela Montevecchi. Segno che lotta interna non ha fine.

(da “Huffingtonpost“)

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